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Ultra Trail del Lago d'Orta

Domenica torno a gareggiare alla Ronda Ghibellina dopo più di 3 mesi che non indosso un pettorale, e la bellissima storia di Gabriele sulla sua corsa della Bora mi ha invogliato a scrivere qualcosina sulla mia ultima gara. 

Oh, io mica pretendo di fa 100 miglia come lo Iannett, però la mia ultima gara del 2018 è stata una gara bellissima, che vale la pena raccontare, perciò insomma ve la racconto. Non sono uno che si mette spesso il pettorale, quindi ho poco da raccontare, ma questa vale la pena.
La gara in questione è l'Ultra Trail del Lago d'Orta. Io non ho fatto nessuna delle varie gare Ultra, mi sono cimentato nella 34Km 2000D+ (che è una signora cazzutissima gara dove ti spari 2000d+ nei primi 16km). Avrei voluto cambiare iscrizione per tentare la 60 Km, sono stato tentato molto da questo cambio gara, ma i motivi che mi hanno spinto a rimanere iscritto alla 34 sono stati più d'uno: venivo da un'estate di allenamenti massacranti portati avanti come un soldatino puntuale che non sentiva discorsi, tutti con lo scopo di correre al meglio la mia prima Ultra ufficiale (il Golfo dei Poeti, ndr). Fare la 60km della UTLO avrebbe voluto dire non solo non riposarsi per nulla dopo i 44 Km devastanti e torridi del Golfo, ma anche aumentare di brutto il carico d'allenamento in un mese e mezzo dalla gara. Oltre tutto voleva dire anche mollare la mia compagna coi bimbi per 10 e rotte ore da sola ad Omegna, e mi dispiaceva far loro questo sgarbo. Glielo farò nel 2019, ho già deciso.

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Veniamo alla vacanza. Venerdì lavoro solo la mattina, e partiamo di rincorsa dopo aver preso Leonardo a scuola all'ora di pranzo.

4 Ore sparate sulla strada che da Livorno porta a Genova e da Genova porta fino sul lago d'Orta: un vero gioiello. Un lago di discrete dimensioni, a non pochi km dal bellissimo e enorme Lago Maggiore, situato in una conca di montagne: a Est il famigerato Mottarone, dove solo le bestie della 120 passeranno in notturna, a Ovest il complesso del Monte Croce, il punto più alto da cui passano tutte le gare.
La 34 è la mia gara, ma visto che ci sono quattro distanze (120, 82, 60, 34) parte di sabato a mezzogiorno. Arriviamo tranquillamente all'UTLO village, un agglomerato di una decina di stand che vendono roba da trail. Sto male, vorrei comprare qualsiasi cosa, ma Giulia giustamente mi tiene a freno. Compreremo solo le felpe della gara.

Arriva Carlo, mio compagno di squadra, che parteciperà assieme a me alla 34. Ha molti dubbi, perchè si è allenato poco, ma lui è un folle e se ne sbatte dell'allenamento. Io, da buon soldatino, pur riducendo i carichi, da dopo lo scarico post Golfo non ho sgarrato un allenamento.
Andiamo a cena: bistecche e patatine, birra a volontà. Prezzi altissimi, siamo sul lago d'Orta, a 5 km da noi c'ha il ristorante Antonino Cannavacciuolo, ci siamo passati la domenica ed è uno schiaffo alla miseria, perciò insomma ci sta di spendere 30 euri a testa per un primo e un secondo.
Andiamo, dopo cena, a goderci la partenza alle 23:00 della gara da 120km. Grande clima, il paese di Omegna è addobbato a festa per questa grandissima gara che da tanti anni attira i più forti atleti del panorama italiano ed internazionale. E' emozionante vedere un tizio (che secondo me scoppierà dopo poco) partire a razzo dopo il via della 120, seguito da una folla di quasi 400 atleti che schiamazzano per le vie di Omegna, ricambiati dal pubblico. E' bellissimo, mentre si torna a casa, vedere da Omegna la colonna di luci che sale nel buio sul Mottarone.
Basta. Si dorme, a mezzogiorno tocca a me. L'obiettivo è finire prima che venga buio, cioè all'incirca prima delle 18. 6 ore di gara.

 

La Gara
Dopo aver ritirato il pettorale all'UTLO village inizia a salire la voglia di correre. Io non la chiamo tensione, perchè tensione è una cosa negativa.
Ci fanno accedere al cancello di partenza. Do un bacio ai bimbi, ed entro. Non si scappa più. Indosso i miei poco fidati sandali nuovi, Minimal Sandals, perchè la mattina mi sono accorto che dall'ultimo lungo sull'Appennino uno dei due lacci dell'infradito è leggermente mollato dal suo aggancio nella suola. Spero che regga, li stringo bene e sento che sono stabili. Ma io quest'anno ne ho già strappati 4 paia diversi, di sandali, ed il timore che questo sia il quinto c'è.

Via.
Sfiliamo lungo la via transennata dalla piazza del paese, per un po' sto insieme a Carlo poi nel marasma dei 400 partecipanti della 34Km lo perdo. Lui ha intenzione sicuramente di tenere un ritmo più blando, io no: mi sono sfondato di ripetute in salita su due strade dure delle nostre colline, e si vede che da giugno ho iniziato a correre in salita. Poco dopo la sfilata inizia una salita non troppo lunga su asfalto ma dove il gruppone di camminatori rallenta: io non sento discorsi e mi metto sul passo da corsa in salita, ne stacco tanti e poi tanti, contavo di levarmi dal gruppone.
Ma il gruppone è veramente enorme, ed all'ingresso sul primo sentiero della gara si crea un imbuto. La salita del primo sentiero fa tipo 400 m in meno di 2Km e tutti camminano. Io mi imposto su una camminata veloce, ma è difficile superare su quel single track strettissimo a zig zag. Qualcuno lo supero, ma fondamentalmente non mi cambia nulla. 
Spiana, si corre, saliscendi corribile, si corre, poi piano piano si arriva alla prima pettata: la salita per il monte Mazzoccone. Andremo da 500 a 1500m d'altezza e aimè il sentiero è più stretto di prima. Vorrei pestare forte, in salita, camminando ovviamente, ma i camminatori più lenti mi rallentano. E nel tentativo di superare da un lato un po' sassoso avviene il primo danno: il sandalo verso il 7Km si incastra su un sasso e l'infradito si inizia a sfilare. 
Perdo la stabilità sul sandalo destro, lo stringo e spero che non si strappi, non ora, sono solo al 7km devo fare una delle salite più dure del mio giro ed al 13esimo c'è il ristoro: lo riparo lì, ma ci deve arrivare. La salita fino al monte è sempre più ripida, ma ce la faccio. Inizia una discesa dove potrei pestare, sentiero bello liscio e morbido, largo per superare la gente, ma un sandalo balla, e quindi non posso sparare.

L'arrivo all'Alpe Camasca, ristoro dei 13Km, è accolto in pompa magna da un numero altissimo di casinisti dotati di campanacci, tamburi e robe simili. Tutti che vanno a mangiare, io me ne sbatto e vado dai volontari: "avete un po' di scotch, del nastro, qualcosa di appiccicoso?" Un ragazzo mi porta del nastro isolante da elettricisti nero. Faccio circa un milione di giri intorno all'infradito, lo avvolgo bene, lo stabilizzo come non mai, forse più dei sandali originali, a costo di coprire un po' di tacchetti della suola e perdere un po' di grip su quel piede, ma i sentieri sono facili ed asciutti, il grip oggi serve a poco, per fortuna. Prendo l'acqua e riparto, alla volta del Monte Croce, 1600m. Carlo dopo circa mezz'ora dalla mia partenza arriverà al ristoro e si ritirerà per crampi.

La salita del Monte Croce è meno dura di quella del Mazzoccone. Sale più dolce, ed il sentiero in alcuni punti è più largo. 
Quindi, coi sandali che vanno, inizio di nuovo a superare gente. In cima al Croce c'è un nebbione, però fa caldo. Siamo partiti tutti in magliettina, e per ora va bene così. Nonostante sia fine ottobre e siamo a 1600m (un anno ha nevicato lassù), quest'anno si sta bene.
Superato il Croce, inizia una bellissima discesa lunghissima stile sentieroni di crinale dell'Appennino. Vado giù, tranquillo. Il sandalo tiene, e si corre bene fino al secondo ristoro, quello del 22esimo: Alpe Sacchi. E' quasi fatta ma...
Dal 22esimo km inizio ad accorgermi che quell'agglomerato di nastro intorno al sandalo sta cedendo, e mi scappa dalla ciabatta.
Mi fermo e lo rimetto a posto. Si riparte per circa 1km.
Mi fermo e lo rimetto a posto. Si riparte per un altro km.
Questo tira e molla mi fa perdere tempo, non corro fluido come vorrei, mi dimentico di mangiare la barretta proteica e taaaac! Su una salitina corribile crampi. Mi fermo, mangio, bevo sali, rallento. Risolti. Altro tempo perso. Ma per lo meno ho risolto i crampi.

Ma non si risolve per niente invece il problema del sandalo. Superato il bivio dove la 34 taglia verso Omegna rispetto alle altre quattro gare (dove un bollito della 80 si era perso andando lungo invece di girare), continua il mio calvario con questo sandalo fino a che, al 27, il laccio dell'infradito cede e si strappa definitivamente.
Vediamo: il mio nastro è sempre buono, stringe abbastanza. Mi ingegno un po', da buon Survival. Lego il laccio dell'infradito al nastro, così lui non scenderà più e il sandalo terrà un altro po. Mancano solo 7 km, dai sandalo maledetto resisti.

No. Al 30 si strappa il nastro. Stavo venendo giù come un sasso, prima che si rompesse abbiamo percorso un bellissimo sentiero in discesa in un castagneto, stavo recuperando posizioni a ruota. E lui mi tradisce.44696038 10217231466686797 9183756937848684544 o

Però, c'è un però.

Io corro scalzo, tranquillamente, sia su asfalto che su trail. Quindi? Fanculo i sandali, finisco "barefoot". Mancano 4Km, ne ho fatti 14 sul trail di Storm the Castle quest'estate, andiamo a tagliare quel maledetto traguardo che il sole è ancora alto in cielo.
Il problema è che sotto ai castagni ci stanno i ricci, e non posso tenere la stessa andatura di quando avevo la minima protezione. Rallento, gli scarpati inevitabilmente mi superano in tanti, ma sono solo 2km di sentiero e resisto, perchè il finale della gara è una bellissima passerella sul lungo lago di circa 2km.
Così, dopo aver detto circa 250 volte a circa 250 persone che correvo scalzo perchè mi si erano rotti i sandali, aver ricevuto complimenti ed insulti, e molti sguardi straniti della gente, arrivo sul lungo lago, dove gli sguardi aumenteranno. Sono stanco, perchè nonostante le pause ho dato veramente tutto, ma tengo un 6' a km che mi va più che bene.

A 3-400 metri dall'arrivo li vedo: Leo, Giulia e Tommy che mi aspettano.
Leo smania per partire con me verso il traguardo: mi faccio vedere da Giulia e Leo passa sotto alle transenne.
Guardo il cronomentro. Corri maledetto nano, corri, che siamo a 5h e 38 e voglio fare il colpaccio.
Leo, un po' a fatica, tiene il mio ritmo mentre lo tiro tenendolo per mano.
E arrivati alla passerella, sfiliamo insieme sotto al traguardo. Bellissimo, la gente che applaude, lo speaker che annuncia il mio arrivo insieme a mio figlio: faccio dare a lui la medaglia di finisher e mi godo la birra che Carlo mi da subito dopo l'arrivo.
Sono contentissimo: 5h 39 min, arrivato abbondantemente prima rispetto al mio obiettivo. Sarebbero stati 20 di meno, forse, se non avessi avuto problemi col sandalo, sarebbe stato un tempone, ma anche così per me va benissimo. Manca ancora un bel po' al tramonto.
Sono stracontento perchè ho dimostrato ancora una volta a me stesso e forse a chi mi ha visto che le scarpe fondamentalmente sono solo un ausilio, si corre coi piedi e con la testa.

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Ad oggi, insieme al Mugello Trail, una delle gare più belle che abbia mai fatto.
Sentieri bellissimi, pieni di qualsiasi cosa che una gara di Trail possa offrire: salite corribili, salite spaccagambe, discese corribili, tratti tecnici, tratti in piano dove recuperar la gamba e posti spettacolari. Un'organizzazione di gara che fa capire come mai questa sia una delle gare più famose d'Italia: non un pezzo fuori posto.
Sono rimasto a sognarla per molti giorni, dopo aver tagliato quel traguardo. Vero è che questa, come il Golfo dei Poeti, senza gli allenamenti duri del coach Iavagnilio, senza il seguito alimentare e dell'allenamento funzionale del coach Rigoli ma soprattutto la megapazienza di Giulia quando sparisco per 10 ore nel bosco, non l'avrei finita con questi tempi.

Mi è piaciuta così tanto che la rifarò. L'anno scorso ho avuto il rimpianto di non tentare di fare la 60.
L'anno prossimo Omegna mi rivedrà di sicuro.

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