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INFERNO DEL GRAN SASSO di Alessandro Tonelli

INFERNO 🔥 del GRAN SASSO. 63k 4000D+

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A distanza di 45 giorni dalla traversata dei Carpazi mi ripresento in un altra zona tra le più selvagge d’Italia : il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

L’iscrizione è stata fatta perché nel caso avessi fallito al Transilvania ( 108 km … se avete voglia di leggere la storia è stata pubblicata in un post del 5 giugno 2023) qui c’era l’opportunità di passare dalla 63k che ho fatto,  alla 103k,  per superare la fatidica quota 100.

La Transilvania poi è stata superata e quindi ho optato per la distanza più corta ( si fa per dire 😅🥵 ).

Un piccolo inciso su uno stereotipo comune quando vai a correre in paesi che secondo il tuo grado di giudizio sono meno organizzati di quello che facciamo noi in Italia .

Ho criticato aspramente l’organizzazione del Transilvania 100, per il grado di sicurezza che era veramente superficiale, per le indicazioni del percorso che in alcuni tratti avevano le sembianze di una caccia al tesoro, per dei ristori non altezza di una gara del genere…. Ebbene tutto questo è stato pareggiato se non superato in questa terza edizione dell’Ultra Trail del Gran Sasso.

L’unica giustificazione che posso dare è data dalla giovane età di questa manifestazione che è solo alla terza edizione.

Mentre scrivo questo articolo, mi è arrivata una mail direttamente dall’organizzazione abruzzese che si scusava delle tante (troppe) cose che non hanno girato per il verso giusto.

Troppe pecche hanno minato la pazienza dei partecipanti…. Dalla tracciatura del percorso che non combaciava con le segnalazioni visive, ai ristori che erano inadeguati per affrontare certe distanze, soprattutto a livello idrico visto le temperature del periodo ..al pochissimo personale presente sul percorso.

Un pacco gara deludente malgrado uno sponsor prestigioso come La Sportiva.

Insomma tutte cose sperimentate abbondantemente in Romania… ma sai sei in Romania e quindi lo giustifichi… È no !

Tutto il mondo è paese e quindi mettiamo nel cassetto certi pregiudizi e critichiamo sempre in maniera obbiettiva.

Le parole scritte dall’organizzatore rendono chiara la situazione :

“Senza entrare nello specifico di alcune scelte sbagliate ed errori di valutazione vi porgo le mie più sincere scuse. A due giorni dalla fine dell'edizione 2023 ancora non posso credere di avervi messo in difficoltà: ho reso una gara difficilissima, impossibile”

È un buon inizio aver riconosciuto i propri errori, e sono certo che porranno rimedio, perché avere dei posti così meravigliosi è una fortuna per pochi.

Un trail durissimo che ti riempie comunque di soddisfazione.

Molti mi domandano su quali parametri scelgo di partecipare a questa o quella gara.

La risposta è unica : i paesaggi che vado ad attraversare. 

Il trail è uno sport di sofferenza, che ti porta se hai la testa giusta, a superare dei limiti che mai ti saresti immaginato e quindi per bilanciare tutto il disagio hai bisogno di circondarti con la  massima espressione che ti da madre natura.

È il Gran Sasso ne ha da vendere di tale bellezza. Illuminato dai primi raggi del sole è davvero maestoso. 

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Un posto magico quasi surreale quando attraversi i suoi fitti boschi, i suoi altopiani verde smeraldo,  circondati da montagne grigie e dure come l’acciaio.

Creste infinite, lunghissime salite che ti fanno tremare le gambe,  compensate da alcuni nevai ancora presenti malgrado le alte temperature.

Ai blocchi di partenza non potevano mancare i Survival Trail Runners.

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Cena dello sportivo alle 18.30 del venerdì con riso integrale, barbabietola e pollo.

Il mio pensiero positivo va però alla cena del sabato,  dove vige la regola  “Liberi Tutti”.

Cibo e alcool in abbondanza 😋😂

Sono le 2.15 quando ci incontriamo nell’area adiacente alla partenza.

La temperatura è già gradevole, cosa preoccupante 🥹.

Partiamo in 110. 

Mi aspettavo più partecipazione visto che si corre in centro Italia. Una buona parte dei corridori è locale.

La fatica è ai massimi livelli perché dopo 34 km gestiti allegramente arriva un conto salatissimo da pagare.

Ci arrivo in circa 5 ore seguendo i consigli nel briefing pre gara,  che consiglia di bere oltre che ai ristori previsti nel percorso, anche alle numerose fontanelle posizionate sulla prima parte del tracciato.

Qui inizia completamente un altra storia, che mi porta a coprire la distanza rimanente nel doppio del tempo impiegato sino a quel momento.

Sono le 8.15 del mattino e visto che siamo partiti alle 3.00 decido di chiamare Cristina per avvisarla che sta andando tutto bene.

Le sue parole mi danno ulteriore carica sotto un sole che inizia a fare capolino ; prima in maniera gentile quando attraverso ancora dei sentieri boschivi ma poi diventa ignorantissimo quando la vegetazione scompare.

L’acqua inizia a scarseggiare in maniera preoccupante.

Il prossimo ristoro è lontanissimo e questo non va assolutamente bene. La maggior parte degli atleti percorre quel tratto tra le 11 e mezzogiorno quando il sole è allo zenit 🥵

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Non riesco a idratarmi come vorrei… al 40 km vengo colpito da un crampo improvviso e doloroso. Ho una bustina di integratori che rimediano per un po’ di tempo.

Al km 42 l’acqua finisce e devo fare ancora 4 km con una pendenza molto importante.

Sopraggiunge una forte nausea. 

Non  posso nemmeno mangiare perché il cibo mi cresce in bocca , faccio fatica a deglutirlo senza un goccio d’acqua.

Mi adeguo e cerco di mantenermi calmo; non guardo più l’orologio, ma osservo il rifugio come un miraggio in lontananza.

Finalmente sotto un sole cocente arrivo al rifugio Campo Imperatore.

C’è una fiumana di turisti che ti guardano come un marziano.

Corro a prendere l’acqua… è calda 😩. Nemmeno temperatura ambiente… ti chiedono il numero di pettorale alla consegna della bottiglietta… quasi come se fosse contata. Li guardo allibito e gli dico di darmene subito almeno 3.

Con due riempio le borracce e una la consumo di botto.

Mi danno un piatto con del pane e olio e dei pezzettini di parmigiano, ma il mio stomaco è ancora sofferente anzi compromesso visto che non riuscirò più a toccare cibo sino all’arrivo.

Decido di ripartire perché di lì a poco ci sarà un altra salita di quelle veramente toste.

L’orario è proibitivo ma bisogna proseguire per entrare nei cancelli orari previsti. Ho circa 1ora e trenta minuti di vantaggio, ma tra il percorso segnato male, l’approssimazione dei ristori e le mie attuali condizioni non c’è da stare allegri… la salita al Passo del Cannone, appena sotto al Corno Grande diventa come la passione di Gesù sul Golgota.

Sole…Sole…Sole…Sali…Sali…Sali.

Ci sono ancora piccoli nevai che diventano preziosi per inginocchiarsi e rinfrescarsi le gambe. 

Batto la neve con i bastoncini per renderla morbida; una parte la metto sotto il cappello.. una goduria.

La bellezza del paesaggio circostante è da mozzare il fiato.

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Si arriva nel punto più alto a 2700 metri dove una voce femminile rassicurante ti dice che le salite sono finite… ma non specifica che la sofferenza è ancora lunga.

Mancano circa ancora 8 km.

La discesa inizia con un lungo tratto su cavi in acciaio dove sono presenti anche delle guide alpine gentilissime, pronte ad aiutarti nel caso di bisogno.

Logicamente perdi parecchio tempo perché sei costretto a scendere in maniera contraria rispetto al senso di marcia ( culo rivolto a valle 😅 ).

La discesa è super impegnativa. Come nei km precedenti il fondo delle discese è roccioso ( tipo i nostri sentieri Apuanici ).

Molti sassi si frantumano al passaggio ; bisogna prestare la massima attenzione. 

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È lungo questa discesa che faccio due incontri che mi hanno reso questa competizione più gradevole.

La prima persona è Valentina una ragazza di Pescara ; la riconosco dalla sua bandana gialla che mi ha accompagnato per buona parte del percorso.

In salita è un mulo. La vedo allontanarsi diverse volte in maniera importante. Diventa spesso un puntino nero ma il copricapo giallo la mette sempre in risalto.

Riesco a recuperarla quando ci sono le discese.

Anche lei tira giù una bella serie di moccoli ( maledizioni ) per il percorso tracciato alla belle meglio e così si affida al mio intuito.

Poco più giù c’è Lorenzo un ragazzone di Cattolica. Le sue gambe sono alte quanto la mia altezza totale 😂.

È immerso nella nebbiolina che verso le 16.30/17 ha iniziato a coprire gli impianti di risalita da Prati di Tivo.

Sta seguendo una bandella impiantata nel terreno ; cerca un sentiero percorribile ma è difficile orientarsi.

C’è un enorme pratone che può portare ovunque. Purtroppo gran parte delle persone hanno sbagliato strada.

A questo punto provo a riaffidarmi alla traccia scaricata sul telefono, ma invece che seguirla come indicata ( visto che non era per niente affidabile ) traccio un sentiero che ci porta al traguardo.

Loro hanno già superato di gran lunga i 60 km io sono leggermente sotto, ma ci proponiamo di fare almeno la lunghezza prevista senza barare.

In un minuto traccio il nuovo percorso…. E via verso il traguardo attraverso un bosco millenario. 

Ogni tanto mi chiedono se sono certo di quello che faccio : “ Alessandro Survival sei sicuro veroooo ?!”

Ed io : “ Ehi ragazzi sono un Caposquadra nonché Vicepresidente dei Survival Trail Runners, avanti marsh !!! 😂😂

È così dopo 15 ore passate all’Inferno 🔥 tagliamo il traguardo, ci prendiamo la nostra medaglia serigrafata in legno e ci scambiamo i rispettivi numeri telefonici.

Il lato meraviglioso del Trail è proprio questo. È bastato poco più di un’ora in mezzo al bosco per fare amicizia perché 

quando  sei in difficoltà c’è sempre qualcuno pronto ad aiutarti ma anche a condividere gioie e fatiche.

Piccola nota a margine :

Nella distanza dei 100 km : Nono della classifica assoluta, in 23 ore, 31 minuti e 22 secondi, l’emiliano Gaetano Laberenti, 67 anni. Chi pensa che il trail sia uno sport riservato ai giovani è servito 😉

Sudato come non mai scendo a piedi verso l’appartamento che ho affittato con un solo pensiero : stasera porzione gigante di lasagne con funghi, scamorza e salsiccia !

La nausea è passata 😂😂

Capitan Tonno

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Transilvania 100.. Odissea tra i Carpazi 🏔️di Alessandro Tonelli

I racconti solitamente partono dall’inizio del viaggio ; la preparazione dell’ equipaggiamento, l’incontro con il tuo compagno di squadra, il viaggio che ci porta all’aeroporto di Bergamo destinazione Bucarest, il battesimo di volo per Teo, il noleggio dell’auto che ci porta a Bran e la mini vacanza di 3 giorni che ci concediamo in Transilvania ; terra gentile ed ospitale malgrado il suo retaggio dovuto a quel genio di Bram Stocker.

Il paesaggio è simile al Chianti… strade che disegnano S su dolci colline, costellate da covoni di fieno, casette indipendenti e recinti che custodiscono animali.

Tutto molto bello…. quindi tranciamo subito questa trama da libro Cuore e andiamo al km 95.

Sveliamo il finale in modo da essere più affaticati quando accenderemo lo start per la partenza di questo Trail di autentica sopravvivenza.

Sono circa le 6 del mattino di domenica , abbiamo appena scollinato un sentiero in mezzo alle brughiere. L’aria è impregnata con l’odore della terra bagnata e l’umidità inizia a farsi sentire. La noto sulla superficie della giacca anti vento che indosso.

Ci attende una specie di check point non previsto ( di cose non previste ce n’è un elenco della spesa 😖 ).

Le mie gambe non riescono più a correre da circa 20 km; andiamo a passo trekking quindi i 5 km mancanti saranno percorsi in poco più di 1 ora.

I miei calcoli iniziali di chiuderla in 24 ore saranno posticipati di circa 2 ore, ma con quello che ho subito a livello atletico e mentale è per me un grande risultato.

Basta pensare che al km 75 eravamo ( per colpa mia logicamente 😂😂) al 110/111 ^ posto su 208 partecipanti.

Le nostre (sante) moglie seguivano in diretta l’evento tramite un applicazione e ci aggiornavano.

Teo il mio compagno di viaggio l’avrebbe chiusa diverse ora prima di me, ma aveva deciso di accompagnarmi qualunque cosa fosse accaduta.

È l’evento drammatico è arrivato proprio ad un passo dal traguardo come nei migliori thriller.

I due tipi al check point ci informano che il percorso è stato allungato di 7 km con altri 600 metri di dislivello. Sorridono e alzano le spalle quando chiediamo il motivo.

Non ci voglio credere ma il cervello ( ebbene si lo possiedo 😅) miracolosamente accetta la sfida. Quelle che invece non l’accettano sono le mie gambe che non si alzano più. Posso camminare ma alzare la gamba mi procura dolori molto forti.

Altri 12 km in quelle condizioni sono uno strazio. Mi attendeva una dolce discesa e mi ritrovo oltre che un muro di salita anche a scavalcare diversi tronchi caduti sul sentiero. Teo mi sprona come un gladiatore nell’arena. Ma ci vogliono un paio d’ore a salire su. La discesa finale logicamente ha una pendenza da brivido e le gambe sono quelle di un automa. Sono talmente svuotato che non sudo nemmeno. Da circa 25 km non riesco a deglutire nulla a causa di una gola infiammata dovuta alla frequentissima respirazione fatta attraverso la bocca.

Un brutto raffreddore prima della partenza non mi permetteva bene di respirare dal naso.

Uno sparuto gruppo di persone ci supera, a coppie o gruppi. Persone che viaggiano da sole ne abbiamo viste pochissime e c’è da crederci visto l’altissimo numero di ritirati.

Sono le 11 della domenica mattina quando vediamo Bran e l’ultimo pezzo di asfalto che ci condurrà al Castello.

Teo riesce a mantenere sorridente il mio morale sino alle fine. Il viale che porta al Castello, dice che me lo hanno dedicato visto che si tratta di una bella scalinata a salire. Ecco la tua Liguria ! Dai che ci siamo !

A quel punto l’adrenalina mi fa prendere Teo per mano negli ultimi 700 metri.. provo a correre per dargli almeno la soddisfazione di tagliare il traguardo sorridenti.

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L’abbraccio dopo il traguardo è lungo e intenso, le lacrime calde e salate solcano il mio viso. Non finirò mai di ringraziarlo… senza il suo supporto non l’avrei mai finita questa competizione.

A volte non è necessario avere lo stesso sangue per essere fratelli.

La sintesi del racconto è questa ma c’è molto di più per descrivere questa odissea.

La speranza è quella di avervi messo sulle spalle un po’ di stanchezza almeno pari al mio zaino che mi sono dovuto sorbire per tutto il viaggio.

La raccomandazione era assoluta sul materiale obbligatorio, ma come spesso succede vedo gente che parte con abbigliamento minimal infischiandosene del regolamento che prevedeva :

circa 1 litro di acqua

800k/cal corrispondenti a qualche gel e barretta energetica

Pantalone antipioggia

Giacca antivento

Bicchiere

Cappello o scalda collo

Guanti

Occhiali

Bastoncini

Ramponcini ( solo loro 1/2 kg )

Piccolo set di pronto soccorso

Torcia frontale con ricambio

Cellulare

Telo sopravvivenza in alluminio

Insomma qualche kg sulle spalle c’è…

Partenza suggestiva sotto il Castello di Bran. Siamo in 200 sulla 100 km e 115 sulla 80 km. Musica suggestiva come nelle migliori tradizioni… 10.9.8.7….3..2..1 Viaaaa.

Dopo 1 km Teo sbraita perché l’orologio gli si è impallato e deve resettare il tutto 😂.

Si parte a buon ritmo per attaccare dopo un paio di km un autentico muro . 1300 metri in meno di 8 km.

Siamo freschi e lo affrontiamo bene…quasi arrivati in cima c’è la roccia soprannominata la Sfinge dei Carpazi, quasi un monito a quello che dovremmo affrontare successivamente. Arriviamo sul primo Omu ( uomo in rumeno… ma inteso come cima ) in poco più di 2 ore. La neve è già presente ma ci accoglie gentilmente perché ile montagne sono sgombre da nuvole.

Tonelli 2Diversamente sarà per la seconda salita che ti accoglie in un ambiente drammatico e ostile. Le nuvole di fanno basse, bisogna coprirsi e affrontare a testa bassa un sentiero appena accennato. Si entra in una gola profonda che inghiottisce uno ad uno i concorrenti.

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Il rischio di scivolare e fare strike con le persone che ti seguono è molto alto. Si susseguono le cadute, fortunatamente in avanti, è questo impedisce problemi più seri.

Inizia a venire giù un misto di pioggerella mista neve finché non si raggiunge la seconda cima.

Il fotografo della competizione scatta a raffica. Il mio viso è tutto un programma.

Siamo solo al km 16 km con oltre 2000 metri di dislivello.

Finalmente si scende. Entriamo in un vallone innevato. Cielo e rocce sono del colore del piombo. I gruppi di persone iniziano a staccarsi. Anche Teo si fa ammaliare da questo paesaggio e inizia a scattare foto.

Siamo in mezzo al nulla ; sembra di rivivere la metafora del film la Storia infinita dove il nulla è il vuoto che ci circonda, pronto ad assorbirti e a far sparire qualsiasi traccia del tuo passaggio.

Aumentiamo il ritmo ed ecco che al km 23 improvvisamente mi prende un accenno di crampo all’adduttore destro. Non è possibile ! Caxxo… stiamo scherzando ? Manca ancora una vita ! Senza pensarci due volte mi fermo e prendo un prodotto specifico che quasi miracolosamente mi fa sparire il tutto. Prego ma sono preoccupato che possa ripetersi magari dopo qualche km.

Fortunatamente lo fa sopire per tutto il viaggio. Ne do una bustina anche al mio compagno che sente un leggero fastidio muscolare. Il prodotto si chiama Leg Cramps ed consigliato dai miei coach . Efficacissimo.

La terza salita consecutiva viene affrontata con migliore determinazione sia dal punto di vista fisico che mentale.

Il tratto che ci porta al primo serio ristoro è il più pericoloso in assoluto. Lo affrontiamo percorrendo ripidi pendii innevati. Spesso e volentieri Teo scolpisce con i talloni il sentiero per creare un minimo di sicurezza dove appoggiare i piedi.

In quel contesto i ramponcini sono solo un pagliativo rispetto alle pericolosità del sentiero. Molte persone si bloccano non riescono ad andare ne avanti né indietro. Due persone scivolano per un centinaio di metri più a valle davanti ai nostri occhi.

Una viene recuperata da Teo, che fortunatamente avendo prestato servizio nei reparti alpini dell’esercito ha esperienza da vendere. È andata bene perché il vallone è privo di rocce e spunzoni.

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Una ragazza scivola in una buca sino al collo. Paralizzata dalla paura è stata aiutata da alcuni concorrenti. Le passiamo accanto e dice che gli si è fermato il cuore dalla paura.

Nessuna corda di sicurezza sul tracciato, saracchi di neve che ti ritrovi sulla testa sperando che rimangano lì ..mi sembra tutto molto approssimativo per questo tipo di trail. Mi domando ancora se le scope ( persone che chiudono la fila durante il percorso) siano presenti. Dubito !!

Sull’intero percorso non c’è personale al quale chiedere aiuto o informazioni . Sono presenti solo nei check point predisposti ( 10 in tutto il tracciato ).

Si avanza molto molto lentamente ma prima di tutto viene la sicurezza, ci mancherebbe.

Finire di sotto è un attimo. Sarò scivolato una decina di volta sbilanciandomi sempre sul lato monte. Lo stress inizia a farsi sentire quando affronti un tipo di gara alla quale non sei assolutamente abituato.

La discesa che ci porta alla base vita è priva di indicazioni. Teo decide di tagliare dritto per dritto giù dal monte. Questo ci consente di tagliare qualcosa ma le gambe devono sopportare uno sforzo decisamente pesante..

E così dopo circa 11 ore faticosissime dove ci siamo sciroppati circa 3500 metri di dislivello in 45 km arriviamo alla base vita.

Questo dovrebbe essere il punto di ristoro più importante. Un luogo asciutto, dove consumare un pasto caldo, cambiarsi gli indumenti ; nei trail seri la possibilità di farsi un massaggio per riprendere la seconda parte del percorso in condizioni almeno accettabili.

Quando arriviamo rimango basito. C’è un semplice gazebo all’aperto ( non voglio pensare lontanamente se arrivavamo con pioggia e freddo cosa sarebbe successo ) con un tavolino e tre sedie di plastica. Siamo circa 20 persone che si guardano pensando ad uno scherzo.

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Recupero il mio zaino di ricambio e mi cambio sull’asfalto appoggiato ad una rete metallica. Il morale non è dei migliori ma il fisico è ancora in buone condizioni.

Consumiamo una porzione di pasta al sugo dentro il nostro bicchiere !!! Non c’erano ne piatti di plastica né tantomeno posate di plastica. Nessun avvertimento nel regolamento di portarti una gamella o ciotola con relativa posata.

Mangio la pasta sorseggiandola come un drink… non ho parole.

Sciacquo il bicchiere che comunque rimane bello unto e mi faccio dare un caffè. Il risultato è disgustoso. Si riparte !!

Ci aspetta a seguire una bella salita di circa 700 metri che passa attraverso un bosco. Sono circa le 16.30.

Le posizioni in classifica rimangono immutate.

E veniamo ad un altra critica dal punto di vista organizzativo.

Se mi obblighi a scaricare una traccia GPS pena squalifica, e questa traccia risulta sbagliata; beh a questo punto vuol dire che la gravità dell’episodio non può passare inosservata. Ti obbligano a portarti dietro una mappa cartacea e un pettorale dove è tracciato l’altimetria che alla fine non risulta esatta. Quello che mi fa incazzare è che non si tratta di una gara breve ma di un trail lungo, complicato e pericoloso.

Non si può accettare la superficialità di certe scelte.

Diverse persone le abbiamo corrette sul tracciato del percorso. Una in special modo ha sbagliato nel giro di 10 minuti per 3 volte.

Lo stress inizia a impadronirsi di te quando le cose sono organizzate all’acqua di rose ed è facile perdere la lucidità.

Non voglio nemmeno immaginare perdere l’orientamento su quelle montagne o foreste. Oltretutto con una traccia errata sul tuo dispositivo.

Comunque si affronta questa ennesima salita e il sole inizia a fare capolino.

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In alcuni tratti il verde della foresta è quasi abbagliante. Tiro fuori la GoPro ( davvero pochi i filmati fatti, quasi tutti nella prima parte visto che le mani dovevano essere impegnate in tutt’altre cose ! ) e inizio a riprendere.

Mi accorgerò più avanti che l’obiettivo è rimasto girato verso la mia mano… primi sintomi di stanchezza ? 😅

Attraversiamo pratoni interminabili tagliati di netto da un sentiero che purtroppo è

pieno d’acqua e quindi impraticabile. Ci tocca correre su un terreno dissestato. Pazienza.

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Intanto Cristina e Maria ci informano che siamo rispettivamente al 108/109 in classifica. Teniamo duro.

Raggiungiamo un gruppo di tre spagnoli e successivamente un gruppo di polacchi.

Le persone che viaggiano singole di contano sulla punta di una mano.

Meglio stare uniti… la foresta ci attende.

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Ed ecco tirare fuori dallo zaino uno strumento obbligatorio nel regolamento : il Fischietto.

In questo parco nazionale sono stati censiti circa 8.000 orsi.

Questi animali vogliono evitare il contatto umano, quindi la raccomandazione nelle aree boschive è di fare rumore , gridare, battere le mani, fischiare ect ect. Così Teo si è trasformato in un arbitro del bosco ed io in un tenore. 😂.

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Km 60 attraversiamo una parte di asfalto che delimita una grossa diga. Si trotterella.

Allento un po’ il ritmo. Ci aspetta un altra salita bella impegnativa che ci porterà al penultimo ristoro solido e liquido.

Inizia ad alzarsi il vento. Una figura spunta tra la bruna, vestita completamente di nero… non è Dracula. Mi saluta in una lingua sconosciuta .. la sua lucina si affievolisce e piano piano sparisce nella notte. È solo. Lui contro il Transylvania 100. Complimenti.

Ed eccoci al km 80 dove ci attende un altro carico di carboidrati con la classica pasta al pomodoro confezionata dentro una busta di plastica. Aver respirato quasi esclusivamente con la bocca durante il tragitto mi ha infiammato notevolmente la gola. Purtroppo arrivavo da una settimana di raffreddore e solo prima della partenza ho potuto darmi un decongestionante per liberare il naso. L’effetto è durato solo qualche ora.

Risultato : non riesco a deglutire nulla; anche i gel fanno fatica a scendere.

Essermi alimentato con barrette, gel, frutta secca per così tante ore mi provoca anche nausea. Ho delle capsule dietro lo zaino ma provo a resistere visto che mancano appena 20 km. Già da qualche km comunico a Teo che non riesco a correre ma posso mantenere un andatura sostenuta. Entriamo in un altro bosco dove fatichiamo a trovare le bandelle che dovrebbero indicare la direzione ( i famosi punti luminosi e fosforescenti che avrebbero dovuto aiutarci…nemmeno l’ombra) e ricomincia il nostro concerto di fischi e versi più o meno umani. Incontriamo una discreta impronta di orso lungo un sentiero. È fresca…. La banda Brancaleone con le sue performance lo devono aver allontanato 😅.

Superiamo diversi recinti fino ad arrivare in un paesino sperduto. Entriamo dentro un circolo fatiscente dove eroicamente dei volontari ci assistono con caffè e della banana che riesco con qualche sforzo ad inghiottire. Teo mi dice se voglio riposare ma preferisco riprendere velocemente.

Se mi fermo ho paura di non ripartire più.

Affrontiamo delle nuove salite non previste dal percorso tra imprecazioni e maledizioni.

Teo avverte il mio nervosismo e non dice nulla, mi lascia sfogare.

“ Manca poco Teo…. Non mollo siamo quasi arrivati ! “.

Poi arriva il km 95 e si materializza l’incubo narrato ad inizio racconto.

Il resto è storia… una storia di amicizia, di fatica, di sacrifici.

L’obbiettivo è stato raggiunto. È difficile paragonare certi tipi di situazione ai classici Trail che ho corso in Italia ma anche in Francia e Svizzera.

Il contesto è stato magnifico, quasi surreale ma per il resto vedo tante, troppe lacune.

Alla fine si torna a casa mettendo nel cassetto dei ricordi un altra piccola grande impresa.

La medaglia finisher è imponente e pesante.

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Appena l’attacco al resto delle mie medaglie viene giù tutto. Mi chino a raccoglierla e penso “ Alla fine la fatica non è mai sprecata. Soffri, ma sogni.

Tonno Ultra Runner

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Tuscany Crossing - 160 km - 2023 di Fabiano Picco

Tuscany Crossing 2023

161 km e 5850 di dislivello positivo

 

Prima gara strong dell’anno, tutti quanti la metterebbero come gara obbiettivo. Io che sono un mona, la programmo come gara di preparazione per poi fare qualcosa di peggio.

Perché la faccio a livello sportivo: per portare a casa una 100 miglia, per stare sulle gambe almeno 1 notte e almeno 30 ore, per riabituarmi a mangiare regolarmente mentre corro.

Perché la faccio in realtà: per andare in ferie con mia moglie e le bambine, per vedere dei posti fantastici e perché mi piace soffrire.

Arrivo sulla linea di partenza ben determinato, con i miei obbiettivi della gara:

1) Non morire (obbiettivo desiderabile)

2) Finirla

3) Finirla entro 32 ore

4) Finirla sotto le 30 ore (come i top-runners)

5) Riuscire a non avere problemi di stomaco

Sono molto perplesso, l’organizzazione prevede un tempo massimo di 32 ore per concludere la gara. Mi sono fatto 2 conti e sarà veramente dura finire nei tempi imposti dall’organizzazione. Per non rischiare, mi faccio una tabellina per affrontare il percorso in 29 ore, in questo modo avrò margine se dovesse succedere qualche imprevisto. La tabellina e l’altimetria me le stampo e le sigillo in una busta forata trasparente per raccoglitori ad anelli. La porterò sotto il pettorale, sempre pronta per un rapido consulto.

 

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Ore 17:00, a 15 minuti dal via sono sulla zona partenze a Castiglione d’Orcia, affiancato dalla mia famiglia che mi supporta, mi metto proprio ultimo nel gruppo, baci, abbracci, sto lì, bello bello assieme agli amori della mia vita, lo speaker dà il via, io non vorrei partire ma vado comunque… seguo il gruppo per questa matta avventura di 160 km.

Si sale leggermente in paese e poi ci si tuffa in una discesa blanda di 6 km. Ovvio che non voglio strafare da subito, ma questa strada è semplice e chiama le gambe a dare qualcosa in più. Così comincio a sorpassare, per la gioia della mia mente che capisce che oggi sono forte.

Arriviamo al primo guado in tempo 0, mi ero programmato di togliere le scarpe, vedo gente che si tuffa dentro a piena corsa, altri che usano sacchi delle immondizie come stivali. Dopo 2 secondi di incertezza decido di seguire il programma: mi siedo e tolgo le scarpe. Guado con le scarpe in mano, esco su un fango scivoloso che rimuove la crema anti-vesciche messa solo un’ora prima. Mi risiedo, rimuovo il pantano alla meno peggio e mi rimetto le scarpe, con gente che mi supera guadando con le scarpe ai piedi…

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Riparto, mi sento molto competitivo e tengo un bel passo anche in salita, a 12 km sono al primo ristoro. Mangio, bevo la mia prima birra (quasi l’unica che mi concedo durante tutto il percorso, ma mi fa capire che ho il morale alto) e riparto. Sento come un sassolino nella scarpa dx, ma non ho voglia di fermarmi a toglierlo, non sia mai che qualcuno mi sorpassi… smuovo la scarpa perché si sposti in un posto dove non dà fastidio.

Luoghi meravigliosi, colline verdi, campi di fiori gialli, casolari marrone terra-di-siena, alcuni senza serramenti (non ho biglietti da visita sennò ne lascerei per proporgli un preventivo…), cipressi che chiudono con una cresta le varie colline. Mi sento veramente in pace. In pace e competitivo, corro bene. Mangio uno snack ogni tanto, sono diligente.

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Scendiamo in strada, almeno 5 km prima del 2° ristoro in cui incrocio varie macchine. Magari qui sono abituati ai pedoni sulla strada, visto che facciamo vari pezzi della via Francigena, ma magari queste macchine non sono di persone del luogo, o magari sono di persone che hanno fatto il giro delle cantine bevendo vino… non mi piace molto questa situazione. Secondo ristoro, sono nei tempi, il sole sta scendendo e recupero la frontale, i manicotti e la fascia scaldacollo dallo zaino. Mi prendo un pezzo di pane con la mortadella e uno con l’olio, li unisco a mò di panino e mangio un boccone… purtroppo l’olio era in realtà miele… l’abbinamento non è dei migliori, ma lo mangio tutto ingollandolo aiutandomi con la coca-cola. Riparto va… Smessaggio a casa e affronto quest’inizio di notte. Per ora c’è ancora un po’ di chiarore all’orizzonte, ma avrò più di 9 ore di buio completo e questo pensiero non mi piace molto, cerco di non pensarci. La strada è sempre facile, sempre corribile. Mi rendo conto che sto correndo troppo, i battiti spesso sono andati sopra soglia, ma mi sento così bene, così atletico… speriamo di non fare danni nel lungo periodo.

Quasi a Montalcino, ad un incrocio vedo due macchine che sfrecciano in discesa, mi sento fortunato di non dover passare per quella strada. Invece il percorso gira su quella strada… sono bravo a scacciare il pensiero di eventuali altre macchine che scendono alla stessa velocità delle prime due. Affronto una salita su strada di cemento bella impegnativa, senza pensarci comincio a salirla tagliando a zig-zag per ridurre la pendenza e in un attimo sono in cima ed entro a Montalcino. Sono le 21:00 e c’è un po’ di movimento, saluto 3 ragazze ma il mio fascino non le rapisce… strano. Entro nel portone in cui hanno allestito il ristoro, in un androne interno, cortile in ciottolato, un pozzo nel mezzo, le arcate al primo piano, il cielo stellato sopra e uno che mi dice “vuoi pasta?”: che figata di posto! Prendo un piatto di pasta e mi siedo per la prima volta, mangio masticando bene. Uno seduto in parte a me guardandomi dice: “aspetto ancora un attimo”, lo guardo, annuisco, non so chi sia, non so perché lo dica a me. Prendo un bicchiere di coca, mi risiedo e mi dice di nuovo “è un po’ che sono qui ma aspetto ancora un attimo”. Bravo, che ti devo dire…WhatsApp Image 2023 04 21 at 21.59.49

Riparto e mi ritrovo il tipo ciarliero a fianco, mi chiede le mie esperienze nel mondo del trail, mi dice che ha dovuto aspettare 30 minuti per riprendersi, dopo 2 minuti di chiacchiere mi dice che mi seguirà a ruota per tutto il resto della gara. Allarme Dolce-Candy: questo sta cercando una crocerossina che lo accompagni fino all’arrivo. Metto in atto il piano “piazza la bomba e scappa” in versione soft, lo tranquillizzo e gli dico che la gara è alla sua portata, deve solo stare attento a gestirsi bene, poi, dopo 3-4 km, quando il tipo si sente più sicuro di sé, gli dico che corrucchio un po’ di più, che mi fanno male le ginocchia in discesa se vado piano e ci rivediamo dopo: parto a 3:20/km per seminarlo!

Attraverso Castelnuovo dell’Abate, al ristoro bevo e mangio continuando a correre per non farmi prendere dal tipo e vado, mi rituffo nella notte senza accorgermi che ho già fatto la prima maratona. E’ mezzanotte e gli uccelli negli alberi cinguettano imbrogliati dalla luce della mia frontale, urlo al buio: “dormite, che è notte!”, mi diverto insomma. Probabilmente ne ho svegliati più urlando che con la frontale, ma mi diverto.

Mi sento che sto facendo bene, sento le gambe un po’ dure, lateralmente sulle cosce e nei polpacci, sento di avere ancora il sassolino che rompe, sento che ho le scarpe da stringere un po’, ma rimando i problemi al prossimo guado, non dovrebbe mancare molto. Arrivo a 52 km ma il guado non c’è, ci hanno deviato su un ponte perché il ruscello si è ingrossato per una montana. Vuoi fermarti per sassolino e stringere le scarpe? Ma dai, ormai arrivo alla base vita di 59… Salgo con passo veloce, addirittura ogni tanto corrucchio in salita (sono mona…) ma mi sento di poter fare bene, perché non spingere…

Arrivo a Castiglione d’Orcia, zona partenza e luogo della prima base vita. Sono ancora nei tempi del programma di 29 ore… sono un grande!

Tolgo le scarpe e i calzini… ho una grande vescica sotto all’alluce dx, dove si era parcheggiato il sassolino. Le unghie di entrambi gli alluci sono sollecitate. Decido di intervenire solo sulla vescica, mi fascio con il tensoplast, cambio scarpe e calzini, mangio. Decido di massaggiarmi le cosce e i polpacci, 3 minuti che forse mi salveranno la gara, da lì in poi non avrò più mal di gambe anche senza creme. Arriva il tipo dell’allarme Dolce-Candy, alla luce del ristoro non mi riconosce. Ha uno che lo supporta, lo aiuta a cambiarsi e a mangiare, esce in 10 minuti netti. Aspetto 2 minuti e riparto: mancano solo 103 km!

Dopo 4 km arriva il fatidico guado su pietroni, tolgo le scarpe, attraverso il fiume rischiando di scivolare, vedo poco anche con la luce dei riflettori della protezione civile, mi siedo per rimettere le scarpe e sento un po’ di trambusto dietro di me. Riparto, dopo 30 minuti mi raggiunge uno che mi dice di essere caduto nell’acqua, mi dice che sta gelando. Io sono ancora in maniche corte, i manicotti li ho arrotolati ai polsi, si sta bene. Povero lui, tutto bagnato.

Trotto bene, attraverso Bagno Vignoni con le sue terme a cielo aperto che fumano nella notte. A 69 km sono a San Quirico, dove ho la famiglia a dormire, sono tentato di fare una deviazione di 200 metri, andare a svegliarle (sono le 4 di mattina) per dire che sono un cog.ne felice ma mi trattengo e continuo il percorso. Ho un tempo ancora in linea con le 29 ore senza strafare (Sarà vero?).

WhatsApp Image 2023 04 22 at 05.50.14Arrivo a Pienza, che sta per albeggiare, ho una botta di sonno e ho freddo, ristoro: non hanno niente di caldo. Non c’è un posto dove sedersi. Prendo una fetta di pane con nutella, avvilito. Il volontario dopo 2 minuti mi dice: “ma sì, ti faccio una foto, va…” bhe, troppa grazia… Arriva il tipo che si era tuffato nel guado, va in un angolo e vomita, mi fa pena ma cerco di fare pensieri felici che la strada è ancora lunga. Mangio un’altra fetta e parto, a cercare il sole, prossimo ad uscire (manca ancora mezz’ora, ma ormai ci siamo, dai). La botta di sonno non sono riuscito a mandarla via e continuo a ciondolare corrucchiando. Cerco di distrarmi accendendo l’applicazione del GPS: che figata, si vede tutto: eccomi lì, dietro ho altri 2, uno si chiama Szimons o qualcosa del genere, davanti nessuno. Metto in tasca il telefono e mi supera uno, sto quasi per dirgli “ciao Sxiümons”, come lo conoscessi da una vita intera, poi mi trattengo: mi stava simpatico solo fino a quando era solo un puntino viola sullo schermo dell’applicazione, adesso che mi sorpassa mi sta pure un po’ sul c…

Dai, diamoci una mossa, ormai il sole mi sbatte in faccia. Devo arrivare al prossimo ristoro per mettere la crema solare. E non farebbe male un po’ di crema anti-abrasioni “dove so solo io”, e un po’ di crema all’arnica nelle ginocchia.

I panorami sono di nuovo stupendi, presumo fossero fantastici anche durante la notte ma nel buio mi sono accontentato di spegnere la frontale un paio di volte per farmi baciare dalle stelle.

Al ristoro di Monticchiello sono le 7.15, cominciano ad arrivare i messaggi dei miei amici che si svegliano e vedono a che punto sono. Mi cremo con 3 tipi diversi di crema in vari posti del corpo e mi ritrovo con le mani impastricciate impossibili da pulire, me le sgrasso alla meno peggio sui pantaloni più volte nell’ora successiva, senza tanto risultato. Da qui in poi comincerò a rallentare, un po’ previsto e un po’ non ce la faccio ad andare come vorrei, ho passato gli 88 km e la stanca si fa sentire. Mi riprogrammo di farmi una borraccia di sali al prossimo ristoro, stupidamente ogni volta che trovo un’idea per ovviare ad un problema non la metto in pratica subito ma rimando di un paio d’ore. Un po’ è per non perdere tempo, in realtà è perché non mi fido molto delle mie sensazioni e preferisco essere sicuro della realtà di un problema prima di prendere delle iniziative, il mio corpo sa mentirmi per riposare.

I paesaggi sono stupendi e devo farmi violenza per non fotografare ogni skyline che mi si presenta davanti. Nel mezzo del sentiero un concorrente che mi ha preceduto ha approfittato del buio della notte per scaricare direttamente in strada, effettivamente non c’è un posto al riparo per km… però…

La gara della 103 km e della 53 km è iniziata da qualche ora e ci sono vari concorrenti che mi superano con prepotenza già da un po’.

Arrivo ad un paese che si chiama Gallina, sto patendo moltissimo il caldo, sono le 10 di mattina ma sudo tantissimo. Mangio bene pasta e mi danno uova sode (uova di gallina di Gallina, presumo). Mi faccio finalmente una borraccia di sali, mentre riparto la bevo a piccoli sorsi e mi rinsavisco. Ho avuto proprio una bella idea, visto che adesso mi aspetta una bella salita. Prima di affrontarla mi mangio anche un mezzo paninetto che mi ero portato da casa, sono furbo.

Le cose cominciano a diventare più difficili, sento la stanca, sento le gambe un po’ pesanti, anche a Gallina mi sono massaggiato cosce e polpacci per sicurezza ma sono 18 ore che sono in piedi, non ho dormito e tutto richiede un po’ di impegno. Comincio a capire che le 29 ore totali saranno impossibili, mi do un po’ di tregua e mi adeguo ad un passo più umano e permissivo.

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Mezzogiorno e sono alla seconda base vita, mi cambio solo i calzini e la maglietta sopra, l’intimo lo tengo. Le unghie degli alluci ormai sono andate nei primi 60 km, dopo le scarpe erano perfette e non hanno generato altri problemi, l’unghia di quello sx è proprio andata, il pollicione fa malissimo. Mangio 2 piatti di minestra di verdure, non sembra molto sostanziosa ma non hanno pasta. Gente che ha vesciche e vari problemi, i volontari hanno finito garze, compeed, cerotti, tutto. Io ho il mio kit medico nella borsa del cambio, sto per proporre a uno di prestargli un po’ di cerotti ma alla fine combina da solo non so come, gli ho visto i piedi: è pieno di piaghe e vesciche per colpa dei guadi. Riparto e dico a lui e a suo fratello (penso, sono identici) che ci vediamo ai guadi, ci accordiamo per fare un po’ di festa là, io devo portare le birre. Ridere per non avvilirsi. Scopriremo che di guadi in tutto ce ne saranno 8 in cui ci si tuffa fino al polpaccio, più altri in cui si riesce a rimanere in bilico sulle pietre.

Da qui in poi mi si affiancano più persone, anche chi fa la 103 km ha quasi il mio stesso passo e faccio 2-3 km in compagnia di varie persone. In questo modo diventa tutto più facile, si sente meno la fatica.

Mi avvicino alle terme di Bagni di San Filippo, me ne accorgo perché c’è odore di uovo marcio tipico già 1 km prima. Un casino di gente dentro e fuori dall’acqua, l’umore è alto e il clima è piacevole. Arrivo al ristoro, c’è un bambino volontario, con i guanti che palpa tutti i cubetti di prosciutto, li impila, li usa come costruzioni e si diverte. I cubetti palpati hanno un gusto stupendo. Arriva il mio amico che era caduto in acqua nella notte, beve un goccio di coca e subito lo vomita nel cestino, a 20 cm da me, mi giro velocemente dall’altra parte per non vomitare a mia volta. Riparto per non farmi prendere dall’angoscia: mancano solo 40 km!!!

Comincio ad essere stufo di mangiare quello che trovo nei ristori, di barrette cioccolatose che ho nello zaino ne ho già mangiate 7-8… lo stomaco comincia a darmi noia ma resisto. Arrivo al ristoro di Vivo d’Orcia dove stanno cuocendo salsicce solo per i volontari e a noi danno solo crostata e acqua naturale. Mangio le ennesime fette di crostata (avrò mangiato più di 2 crostate intere dall’inizio…) e vado, conscio che avrei bisogno di qualcosa di sostanzioso da mettere in corpo.

La salita più impegnativa l’ho appena passata, ma me l’aspettavo e non mi ha dato problemi. La prossima invece proprio non vorrei farla, anche se solo di 400 D+. Tiro fuori dallo zaino 4 striscette di salame, larghe come matite, per mangiare qualcosa di diverso e sostanzioso. Ma le mastico a lungo, le sento dividersi in bocca a pallini piccoli, ma sono impossibili da ingoiare, non riesco a scioglierle un po’, le butto giù aiutandomi con l’acqua. Ne mangio 2, poi le altre 2 le butto nel bosco che mi sta partendo la nausea… Ho la bocca unta, mi viene un senso di vomito impellente. Respiro a bocca aperta, e salgo in questa salita che sembrava facile sulla carta ma che è bella pendente. Respiro, salgo, nausea, salgo.

Arrivo finalmente in cima ma sono uno straccio, mi partono conati di vomito. Ho sforzato troppo. Non scarico niente ma sono in difficoltà. La discesa la prendo con calma, cercando di riprendermi dallo stress.

Dai, manca 1km al ristoro. Ci arrivo un po’ provato, mi propongono un po’ di pasta, ne prendo mezzo piatto ma non riesco a mangiare più di 2 forchettate. Sono molto preoccupato. Bevo almeno due bicchieri di the caldo. Scrivo a chi mi segue che mi sento finito, che ho 5 ore per fare 17 km e me la prendo con calma, non sto bene. Non sto niente bene, ma non voglio prendere nulla perché ho la sensazione che prendere aspirine o altro sia come imbrogliare. Arrivano i fratelli delle vesciche che avevo visto alla base vita, 25km prima. Anche loro sono allo stremo, li vedo che arrancano, poveretti. Dai, sono meglio io, credo… riparto trascinando i piedi.

Faccio 100 metri e poi mi convinco che prendere un Oki non è imbrogliare: perché devo farmi ulteriore male se non sto bene. 3-4 km in discesa, l’Oki entra in circolo e io rinasco, trotto, diventa buio, mi affianco ad un altro concorrente, chiacchieriamo un po’ e scopro che sta facendo anche lui la 100 miglia. Mal comune mezzo gaudio, cominciamo ad aumentare il passo, forti del fatto che non siamo più soli. Un po’ chiacchieriamo, molto stiamo in silenzio, concentrati sul percorso e sul passo dell’uno e dell’altro. Sento ormai che è finita, anche se mancano 10-15 km. Mi sento bene, i dolori allo stomaco sono passati. Il mio nuovo amico Danilo mi racconta di gente finita che lui supera e che dopo magicamente si ritrova fresca al ristoro successivo. Mi dice che gli è capitato in varie gare di trovare questi furbi, che fanno pezzi in macchina per non si sa quale motivo, per dire in giro che ha fatto una gara di 50, 100 o 150 km e poi invece non è vero… cosa ne guadagnano non si sa. Arriviamo assieme all’ultimo ristoro, mancano 9 km sulla carta, Danilo intavola lo stesso argomento con i volontari, anche loro infervorati con gente che arriva in orari strani (non scendo nei particolari per evitare polemiche). Io sparo cazzate a raffica… dico che in realtà siamo nascosti dietro la siepe a fianco al ristoro da ore, per sbucare solo ora che non davamo fastidio ai volontari…

Ripartiamo con il sorriso, cerchiamo nel buio in alto la Rocca di Castiglione, che a detta degli organizzatori si vedeva bene negli ultimi km. Siamo un po’ disorientati, ma spingiamo come pazzi sulle cosce per riuscire a stare sotto le 30 ore, il nostro nuovo obiettivo. Superiamo 1 o 2 dispersi nel buio, della 100 km. Finalmente si vede la rocca, mancheranno 4 km? Siamo a 29 ore e 10, dobbiamo per forza accelerare il passo visto che abbiamo anche 400 D+ da fare.

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Pompiamo.

Sembriamo una via di mezzo tra due scappati di casa e due ultra-runner al primo km.

Spingiamo.

Cerchiamo di capire, questa strada dovremmo averla fatta già durante la gara… sì, è quella della discesa a 60 km! Farla adesso in salita non è facile allo stesso modo. Usciamo sull’asfalto, troviamo una concorrente, la superiamo in velocità… stiamo correndo in salita… che deficienti…

Un altro concorrente (della 100km?), lo prendiamo? Lo prendiamo e lo superiamo.

Quanto manca? Se manca 1 km ci stiamo dentro facilmente. Ma se mancano 2 km? I muscoli bruciano ma continuiamo a spingere.

Finalmente capiamo precisamente dove siamo, mancano solo 500 metri, un ultimo strappetto. Ci stiamo dentro. Ma vuoi rallentare adesso? Entriamo nella zona storica e adesso mancano 200 metri di discesa, trotterelliamo e chi troviamo davanti?

Davanti a noi, a metà strada dall’arco ci sono i due che avevamo lasciato al ristoro dei 15 km, che camminano lenti.

Come hanno fatto ad essere davanti a noi se non ci hanno superato?

Dai, lì a pensar male. Hanno usato il teletrasporto, in dotazione assieme al GPS! (poi ho controllato nelle tracce del GPS, sembra che siano ripartiti dal ristoro prima di noi, ma in quel momento il dubbio della truffa c'era).

Danilo, li superiamo? “Proviamoci”

I due si accorgono di noi e iniziano a corrucchiare.

Danilo, li prendiamo? “se tu ne hai, sei in dovere di prenderli”

Vado silenzioso con passo spedito, senza farmi sentire, corro corro corro e a 3 metri dall’arco rosso li supero con uno scatto e passo sotto l’arco prima di loro. Mi vedono, io rallento ma c’è qualcosa che non va… c’è una doppia curva e poi un altro arco giallo davanti… non siamo arrivati! Riaccellero, uno dei due accellera con me e mi dà una spallata per bloccarmi la strada… evito di impattare contro le transenne per miracolo ma corro, lui corre e mi dice “ma tu hai corso 160 km???” un po’ sorridendo e un po’ accusando. La strada fa la seconda curva, c’è un marciapiede, lui stringe la curva, io mi accorgo di avere paura che provi nuovamente a buttarmi a terra e decido che il gioco non vale la candela, gli cedo il passo e arrivo comunque ad una velocità di 3.16/km al traguardo (!!?!!).

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29 ore e 52! Sono pieno di adrenalina, c’è mia moglie e le bambine ad accogliermi. Baci e abbracci, selfie e mi copro che c’è aria. Mia moglie mi dice che ho uno sguardo freschissimo! Ritiro la medaglia, facciamo 100 metri e andiamo al ristoro, mi siedo e tutta la stanchezza di 30 ore mi arriva addosso prepotente. Mia moglie mi dice che adesso ho la faccia di uno che ha fatto 160 km. Rivedo e saluto alcuni compagni di viaggio che ho conosciuto sul percorso, Nicola, Ivo, Danilo e poi vado orgoglioso a nanna, è quasi mezzanotte.

Che figata!

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Istria 100 - 2022 di Fabiano Picco

Istria 100 BLUE 2022

128km D+5600

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Avrei dovuto fare la 168 km, ma 3 settimane prima ho avuto un lampo di genio e ho chiesto di cambiare per fare la più corta… corta poi… sempre 128 km sono…

Ho paura per le ginocchia, ancora in difficoltà da 6 mesi a questa parte. 3 settimane fa ho fatto una gara da 65 km e 2500D+ come test.  Prima della gara mi sono fatto mettere il taping da San Nicolas Pressacco dei Fisioterapisti: visto che il trattamento mi è tornato molto utile opto per un bendaggio-tape preventivo. Nicolas mi ha spiegato come fare per scotcharmi alla meno peggio, ho comprato tutto il neccessario e prima di presentarmi alla partenza le bambine di 8 e 10 anni mi hanno messo il tape alle ginocchia mentre Michela mi metteva il bendaggio protettivo al metatarso dei due piedi (la parte sotto dei piedi, vicino alle dita…).

WhatsApp Image 2022 04 09 at 23.51.02Bello come il sole, tutto nastrato e infiocchettato mi presento a Umago alla zona partenza autobus con la mia famiglia. Salgo sull’autobus in attesa di essere portato alla partenza… mi ritrovo seduto dal lato in cui fuori ci sono le mie figlie, che salutano dal vetro con la manina… straziante… 5 minuti in cui mi verrebbe voglia di scendere e mandare a fanzùlo tutto per stare con loro… Finalmente l’autobus parte, direzione Lovran, dall’altra parte dell’Istria. Io sono rimasto seduto sull’autobus.

Quasi due ore di corriera, dormicchio un po’, per adesso non ho nemmeno mal di gambe, faccio 100-120 km seduto, senza fare fatica…

Arriviamo verso le 20.00, la gara parte tra un’ora. Mangio qualcosa, vado a prendere un gelato (l’unico posto vicino in cui non avrei speso tutte le 100 Kune che mi ero portato dietro, dannato il cambio che non capivo… mi ero portato dietro solo 12 euri…) e mi siedo in attesa dello start.WhatsApp Image 2022 04 14 at 11.59.582

30 minuti allo start, una banda di percussionisti inscena uno show fichissimo, tutto un Tun-TUM-Tun-glin-glin (c’erano anche dei campanacci), il sangue pompa nelle vene e ci si gasa moltissimo.

15 minuti prima dello start comincia a piovere, i tamburatori tamburano, io opto per mettere già l’impermeabile per non prendere freddo per niente.

Partiti! Ci sono 1400 metri di dislivello da fare in 8 km da subito!

Cerco di stare quasi ultimo per non lasciarmi prendere troppo dall’agonismo.

10 minuti e tolgo l’impermeabile, mi scaldo troppo e rischio di sudare e disidratarmi, piove ma è meglio bagnarsi di pioggia che sudare troppo.

Sto dietro a uno, lasciandomi guidare al suo ritmo, per non sforzare troppo le gambe. Dopo 5 minuti però questo si sente tallonare troppo e mi lascia passare… io vado… raggiungo quello dopo per farmi guidare il passo, ma mi lascia passare e io vado… ne supero un 5-6 che non volevo superare, non riesco ad andare all’andatura “piano-piano” che avevo in testa.

La salita è lunga, dopo un’ora mi trovo completamente da solo.

Folate di vento sopra il bosco, cadono gocce grosse dalle fronde e mi cadono in testa, hei! Non sta piovendo! Chissà da quanto tempo non sta piovendo… Per fortuna avevo tolto l’impermeabile quasi subito…

Ogni tanto vedo qualcuno, in questa notte ognuno è solo gambe nel buio, con una frontale che fa luce nei suoi 3 metri davanti, mentre sorpasso non so se uno è maschio, femmina, grasso, magro, bello, brutto o che… Saluto con un “Doberdan!”, che dovrebbe voler dire buongiorno in croato, detto alle 10 di sera deve suonare veramente bene…

Il vento fischia sopra gli alberi, ogni tanto il sentiero è un pelo più esposto e lo sentiamo addosso, ma normalmente siamo al coperto e si sta bene.

Raggiungo un gruppetto di 3 persone, uno tira un peto improponibile, probabilmente si è ca..to addosso… passano 30 secondi e ne tira un altro, passano altri 30 secondi e uno dei tre va avanti dritto su un tornante, lo richiamano indietro, poretto, sarà svenuto per le esalazioni… Supero tutti e tre mentre armamentano con gli zaini… chissà perché stanno mettendo gli impermeabili.

E 20 metri dopo usciamo dal bosco perché siamo vicini alla cima… raffiche di vento fortissime che mi strappano il pettorale dalla cintura, lo giro attorno per trovare una posizione a favore di vento… niente… le bandierine che segnano il percorso a terra girano vorticosamente da tutte le parti… nebbia, folate di vento… come ci si diverte! Arrivo a una bandierina a testa bassa, alzo la testa e cerco la successiva, la trovo, abbasso la testa e procedo inerpicandomi sulle rocce scivolose, cccheccoglione… sono con canotta termica, maglietta e manicotti, paracollo e aria dappertutto. Procedo veloce, sperando che la situazione dell’ambiente cambi, non potrei comunque provare ad aprire lo zaino per prendere l’impermeabile con questo vento. Mi godo il momento, manca solo che chiamino il Kraken e poi la scena apocalittica è completa. Ma per fortuna la cima non è lontana, scollino e entro quasi subito nel bosco, c’è un sentiero in mattoncini lavorati (???) con tanto di bordino in cemento che scende… vai a vedere che questa è la stradina dorata del mago di Oz… Bhe, se la strada porta a U-mago siamo giusti… che trip mi sto facendo… certo che questa stradina è strana… c’è una nebbia… e usciamo sull’asfalto, in parte c’è una costruzione, probabilmente un ripetitore o qualcosa del genere… se fossimo alla seconda notte mi godrei l’allucinazione, ma dopo 2 ore di corsa è ancora tutto troppo reale.

La strada asfaltata me la tengo stretta, siamo dentro le nuvole e, anche se le bandierine sono ogni 10-15 metri, spesso non si riescono a scorgere nonostante abbiano un nastro catarifrangente. La strada asfaltata mi dà sicurezza. Ma dura poco, rientriamo nel sentiero, la pioggia di mezz’ora a inizio gara ha bagnato le pietre, in discesa si rischia di scivolare, lascio passare uno e da fermo mi scivola il piede destro in avanti… non si ferma più fino a quando sbatto le mani a terra con le gambe in posizione di spaccata… quello che mi ha appena superato si spatascia a terra a 5 metri da me. OK! Andiamo piano.

Procedo nel buio e si arriva a Poklon in un attimo. Hanno messo (o hanno lasciato???) le luci di natale sugli alberi per indicare il ristoro, entro nel tendone, mangio pancetta, pane, formaggio, coca e mi rituffo nel buio. Lo stomaco mal sopporta ma mi sforzo di mangiare bene.

La batteria del cellulare si sta scaricando troppo velocemente, probabilmente per colpa del freddo. Vediamo come va, ma a breve mi toccherà spegnerlo. Smessaggio a Michela che mi segue anche di notte.

Tratto semplice senza salite di rilievo, forse anche noiosetto. Corro dove si può. Cammino sempre in salita, anche se è blanda, non voglio cuocermi subito. Rumori nel bosco, in parte a me, non sempre mi giro a vedere se ci sono belve che stanno per attaccare…

Il vento va e viene.

A 4 ore e 40 mi sorpassa uno della gara rossa, che idealmente ha fatto 60 km in 8 ore e 40 mentre io ne ho fatti 22 in più di metà del tempo… Non so se sono passati altri prima che stanno facendo la 100 miglia, ma da quel momento ce ne saranno di continuo, in tutta la gara…

Sento rumori strani sul lato del bosco, tipo di qualcosa che si strappa, mi volto e inquadro uno/una chino/a con un pacchetto di fazzoletti a fare le sue cose… mi volto imbarazzato e decido che non mi volterò più a guardare nel bosco.WhatsApp Image 2022 04 09 at 06.50.471

Corro bene l’ultimo km prima del ristoro, assieme ad altri 4 che si sono affiancati. Non so se siano in gara con me, ma ci spingiamo a vicenda e arriviamo al ristoro col fiatone… non riuscirei a mangiare niente, se non me lo imponessi. Mangio lento, stando seduto e cercando di masticare bene. La nausea è dietro l’angolo, ma la gestisco bene.

Riparto, questo tratto avrà 3 scollinamenti di 300-400 metri e l’abbiocco comincia a farsi sentire… Tra le 3 e le 4 mi ritrovo più volte con la percezione di aver chiuso gli occhi per un attimo.

Le donne che sono alla seconda gravidanza sentono i calci del bambino già a 3-4 mesi, mentre quelle che sono alla prima li sentono a 5-6. Che caxxo centra? Bhe… ho una percezione lontana di allucinazioni, che mai avrei detto che sarebbero state allucinazioni, ma avendole già avute in gare passate le identifico…

Sono incinta!

Ah, no… sono allucinato!!

Ecco…

Per fortuna sono blande, e appena il sentiero diventa un po’ più interessante se ne vanno. Procedo con gusto.

Alle 4 ho decisamente freddo, ho l’impermeabile addosso già dall’una e sotto sono tutto bagnato di sudore. Tiro fuori la maglia a maniche lunghe dallo zaino… ma se la metto a contatto con la maglietta la inzuppo… la infilo sopra l’impermeabile! Che colpo di genio! Risolto il problema.

Arrivo in cima ad una collina, nebbia improponibile, ci ritroviamo in 5-6 sulla cima a cercare il sentiero e le bandierine. Uno ha una pila in mano che tiene bassa a mo’ di faro-fendinebbia!!! Bell’idea, ma le bandierine non si trovano. Provo ad avanzare e trovo una specie di sentiero, lo seguo e finalmente ecco una bandierina, chiamo tutti e parto in bomba. Uno mi viene subito dietro e facciamo un bel pezzo assieme, in quello che è un non-sentiero al buio e nella nebbia, alla ricerca della prossima bandierina, probabilmente io davanti a lui faccio il doppio della strada, con tutti gli avanti&indietro, ma come mi diverto!

La batteria della frontale si scarica, la frontale va in modalità riserva, fa meno luce ma mancano 2-3 km al ristoro e non ho balle di fermarmi, procedo, mi sorpassa uno e finalmente arriviamo al ristoro alle 5.50, con un cielo che sta già schiarendo.

Minestrina con pastina e verdurine tipo busta liofilizzata, poi pancetta, formaggio e cerco di trovare un po’ di serenità… quando si avanza al buio comunque un po’ di pensieri negativi ci sono sempre. Vedo due seduti sotto al fungo riscaldante, con una coperta di lana sulle gambe e sguardo triste. Mal comune, mezzo gaudio, faccio una battuta in inglese e sorrido, non so se mi capiscono.

Mi siedo mentre mangio la minestra, di fronte a me un inglese fa ad un altro: “What a pleasure night we had!” con un sorriso sornione, l’altro lo guarda spiazzato e gli risponde: “Maybe a little windy… pointly…” (che nottata piacevole abbiamo avuto! – forse un po’ ventosa, a momenti…). Sti inglesi e il loro umorismo inglese… sorrido dentro di me… pian piano mi piscio addosso dal ridere e mi alzo molto determinato: in fondo ho avuto una notte stupenda, con qualche difficoltà che l’ha resa ancora più piacevole e bella da raccontare! Riparto correndo, il cielo sta schiarendo e alla prossima tappa ho il cambio vestiti! Ma che bello il mondo!

Salita infinita fino all’ultima cima vicino ai 1000 mslm, non infinitissima, 500 metri D+, ma è di quelle salite che sembra di essere arrivati e invece quando arrivi in cima c’è un altro pezzo di montagna, per 3 volte, le gambe rimangono imbrogliate… voglio arrivare in cima per l’alba e effettivamente ce la faccio, riesco a scorgere addirittura un raggio di luce tra i nuvoloni. Il resto del sole rimane imprigionato nel cielo grigio. Saluto i volontari che stanno baciando il vento da ore e parto in discesa.

WhatsApp Image 2022 04 09 at 07.09.04Discesa infinita.

Fino ad ora, a parte i due ristori e il ripetitore, ho visto solo bosco. Ho passato i 50km. Questa Istria è veramente poco popolata…

Passo per un paese di 5 case deserto, al centro del “paese” c’è un albero del diametro di almeno 150 cm, nel mezzo è aperto, c’è un passaggio di almeno 70 cm, probabilmente bruciato o andato marcio… dentro lo hanno rattoppato con mattoni e cemento… macchecazz??? Vorrei fermarmi a fargli una foto, mi dispiace che ho poca batteria…

WhatsApp Image 2022 04 09 at 09.14.02Arrivo al ristoro dei 60 km, Buzet, prendo la borsa del cambio, vado al centro palestra dove ci sono i tavoli per mangiare, mollo la borsa e vado a chiedere a due ragazze a 5 metri da me dove posso cambiarmi. “Anche lì”, non c’è uno spogliatoio. Bene: “non sbirciate, eh!”, sorridono, non so se le ho divertite o se le ho spaventate… mi cambio, va. Asciugamano attorno alla vita, calo le mutande, alzo lo sguardo e c’è una signora sui 60-65 anni che mi fissa… si volta imbarazzata… oh, ma non è che posso attirare una 20enne patonza ogni tanto? Mi accontento. Mangio pasta scotta, patate, sugo, pollo, metto sopra un’aggiunta di sale che aiuta adesso. Sono le 8.30 di mattina e questa colazione è ottima. Non vedo l’ora che venga ora di pranzo! Riparto, tutto cambiato e asciutto, scarpe comprese. La puzza resta però.

Esco e una ragazza ben sotto i 50 mi incita e mi fa i complimenti dal 4° piano di un palazzo. Bene, gli anni calano finalmente. Facendo i conti, tra un’oretta dovrei finalmente beccare quella di 20 anni.

Alle 10.00 inspiegabilmente comincia ad esserci molto sole. Avevano messo nuvolo tutto il giorno… il caldo aumenta. Saliamo, scendiamo.

Verso le 11 passo in una vallata, si attraversa un fiumiciattolo 1, 2, 3 … 8 o 9 volte, ho perso il conto! Incredibilmente riesco a non bagnarmi le scarpe, sarebbe un bel danno dover fare 60 km con le scarpe stonfe.

Faccio amicizia con un austriaco, ci superiamo più volte, lui supera in salita, io in discesa. Scambiamo 2 parole ogni volta, tipo ogni 40-50 minuti.

12.15, ultima salita prima del ristoro. Sono con un gruppetto di 5-6 persone, arriviamo in una piazzetta e tutti si accaniscono su una fontana d’acqua. Capisco che se gli altri sono in difficoltà potrei esserlo anche io. Solo che io acqua ne ho ancora. Finisco le mie due borracce, apro lo zaino e tiro fuori la bottiglia di Sali di riserva, do una bella ciucciata e riparto determinato.

12.50 ristoro a Butoniga, il caldo è tanto. Non hanno sali… da mangiare praticamente solo frutta fresca e frutta secca. Prendo una minestra liofilizzata per mangiare qualcosa di semisostanzioso. Sono a 75 km, Michela mi scrive che sono 59° (!!!?!??!) è il momento di aumentare!WhatsApp Image 2022 04 12 at 10.09.45

Parto corrucciando con ritmo molto buono (a 7min/km sul piano…) dopo 1 km di rettilineo mi giro a vedere se ho qualcuno dietro e mi ritrovo travolto dai primi 5 corridori della gara GREEN di 68 km, dei mostri che al momento hanno fatto solo 16-17 km. Dopo 20 minuti di salita arrivano il 6° e il 7° e dopo altri 30 minuti arriva l’8° e poi tutti gli altri, cacchio se i primi 5 erano veloci…

Fa veramente caldo e mi accorgo che mi sto spegnendo. Nelle borracce ho solo acqua e questo non aiuta. Mi fermo, mi siedo, tiro fuori una busta di sali minerali e trasformo l’acqua in vino (!!!). Bevo una bella sorsata di sali e riparto più sereno. Il sole batte in testa.

Prima di partire per questa gara, guardando l’altimetria sul sito, mi immaginavo un percorso con saliscendi inutili, fatti tanto per aumentare il dislivello. Invece ogni salita mi da qualcosa, alcune più bruttine e altre più meritevoli ma comunque un percorso piacevole. La salita a Montona è molto bella, il paese in cima merita una seconda visita da fare con la famiglia, così come il panorama che si vede dai vari colli. A Montona vedo per l’ultima volta il mio amico austriaco, fermo al bar con compagnia, non so se poi ha continuato. In più di qualche colle, in cima, c’è un villone nuovo di qualcuno che si è scelto un posto fighissimo per fare la casa di villeggiatura. Peccato che entri nel bosco e a 200 metri ti trovi i rifiuti di cantiere buttati giù dalla riva… che orrore… ma come si fa…

Il sole continua a battere fino alle 2 circa, poi si annuvola pian piano, magari arriverà la tanto promessa pioggia. Scendo veloce da una discesa infinita, sto assieme a 4 Green-runners per 1 km ma dopo mi rendo conto che non è il caso e li lascio andare rallentando un po’.

Mi guardo l’orologio, sono a 83 km, mi gongolo un po’ e guardo l’orologio ogni 30 secondi, fino a quando segna 84,43. Sono a 2 maratone! Me ne manca solo una! Sono passate 18 ore. Salgo la pendenza blanda di adesso trotterellando, ho lo stato d’animo di un puffo che sta andando a raccogliere le puff-bacche. Scambio due battute con sconosciuti in lingue che non conosco.

WhatsApp Image 2022 04 09 at 10.36.31Procedo bellamente, salita e poi discesa, facendomi i conti di quanto manca, oramai sono arrivato. Cosa vuoi che siano altre 9 ore. So di avere qualche energia nascosta e ho intenzione di usarle tutte. Mi sento veramente bene, o meglio… ho un doloretto addominale/anca destra che mi da delle sfilettate, ho le ginocchia che sento che sono sotto stress, ho le scarpe che grattano sui talloni in salita e probabilmente mi hanno fatto la vescica e la stanno per rompere. Ma mi sento gasato e positivo.

Ultimi 2 km prima del ristoro, si alza un vento abbastanza forte. Corro sull’asfalto, il vento aumenta e cammino, cala e corro, e aumenta… Si sta trasformando in bora. Arrivo al ristoro, ristoro senza cose salate. Sono le 16.30, è dalle 9.00 che non mangio salato (a parte il brodo). Mangio un po' di frutta secca e mi prendo un thè caldo, l’aria ha cambiato decisamente la temperatura e fa freddo. Raffiche di vento che smuovono il tendone, dei volontari trattengono i teloni che fungono da porta in posizione aperta. E’ arrivato il momento: farò la cacca! Vado verso il bagno chimico, spero che il vento non rovesci il cassone chimico con me dentro… sai il divertimento… per fortuna esco indenne, mi incappuccio il cappello nell’impermeabile, alzo il buff sul viso e parto verso i prossimi 37 km.

Comincia una bella salita, le raffiche sono veramente forti e a momenti alzano mucchi di foglie e me le buttano addosso. Sorrido, penso “La xe una bavisela!” (=c’è una bava di vento), tipica descrizione delle giornate ventose che si usa a Trieste per definire un vento forte ma che non riesce ad alzarti di peso…

Salgo a testa bassa, incapucciato, qualche goccia grossa scende ma non si azzarda a piovere. Vento, salgo.

Sento battere colpetti sul cappuccio e sulle spalle, a terra però non ci sono gocce, sono palline bianche… sta grandinando. Roba piccola, 5 mm, un quantitativo e una dimensione che rende ancora questa situazione relativamente piacevole. La misura è l’ideale per un Mojito, lo comunico ad una concorrente che mi sta superando, ma lei non ne capisce la magia. Probabilmente non si è portata una bottiglia di rum nello zaino e quindi è disperata. Io mi godo il mio mojito virtualmente mentre salgo sorridendo.

Si capisce che sto scollinando perché le raffiche di vento aumentano, ho un vento contro che mi blocca l’avanzata, mi piego quasi a 90° per superare la cimetta e scendo 5 metri fino ad una strada asfaltata. La strada corre sulla cresta per 500 metri, dobbiamo correre lì, in balia dei venti. Sul lato c’è una fila di cipressi, alcuni vecchi e grandi, altri giovani e appena piantati, probabilmente qui il vento forte c’è spesso e capita che spezzi gli alberi. Testa bassa e procedo, cercando di corrucciare con il vento che spinge da davanti/destra, dove ci sono i cipressi. Una folata più forte piega velocemente un cipresso giovane che mi dà una frustata in testa mentre passo: sono stato cipressato! Sorrido e corruccio, sorpasso qualche corridore spaventato dalla situazione.

Rientriamo praticamente subito nel bosco, riparati dall’aria. A momenti grandina nuovamente, frammisto a qualche fiocco di neve che svolazza dove lo porta il vento.

Procedo e faccio due battute con uno che sta facendo la RED, scopro che è italiano e intavoliamo due parole, facciamo 2-3 km assieme e arriviamo al ristoro di Groznian assieme. Il vento è veramente forte, fa freddo. Chiediamo qualcosa di caldo ma non hanno niente. Mi metto la maglia sotto all’impermeabile, stiamo fermi 4 minuti netti ma così siamo gelati, lui non riesce a chiudere due laccetti sul cappuccio perché gli tremano troppo le mani, lo aiuto. Vado a farmi mettere acqua nella borraccia, ma non riesco a tenerla ferma, lascio tutto alla volontaria e me la riempie e chiude lei. Metto i guanti e decidiamo di partire a razzo, l’unico modo per scaldarci. Il percorso adesso è facile e si può correre, facciamo 2 km correndo e 300 metri camminando, poi riprendiamo a correre (velocità disumane sotto i 7 min a km…). Si affianca un altro italiano che fa la GREEN e facciamo un tratto assieme, poi se ne va. Si rientra nel sentiero, continuiamo a tenere un’andatura veloce per evitare di raffreddarci, il vento entra da tutte le parti. Io a momenti addirittura sudo.

Arriviamo in tempo 0 a Buje, ultimo ristoro: non hanno niente di caldo… Prendo solo una fetta d’arancia. Smessaggio a Michela, stiamo trottando benone, mancano 13 km, potrei essere lì in 1 ora e mezza! Rimango solo mentre smessaggio e provo a riprendere l’italiano RED… vado a 5.30 (!!!) in discesa su asfalto. Riesco a riprenderlo, partiamo assieme ma adesso il percorso è fango, fango a destra, a sinistra, nel centro. Pantano appiccicoso, dopo 10 passi ho 5 cm di terra sotto ogni suola. Non si può correre. Cerchiamo di appoggiare il passo su ogni ciuffo d’erba o sasso che vediamo, ma così siamo lentissimi. Ogni tot sul lato c’è un po’ d’erba e ci saliamo per aumentare il passo. Poi di nuovo fango appiccicoso. Ad un certo punto hanno buttato ghiaino per 5-6 metri, giustamente prima si mette l’uovo sulla bistecca e poi lo si passa nel pangrattato. Ho le scarpe panate…

Dove si può, puliamo le scarpe, per poi riimpasticciarle.

Si fanno alcuni attraversamenti di strade asfaltate, in quei 3 metri tutti hanno lasciato chili e chili di terra. Corrucciamo nel bosco, ma poi la strada è tutta pantano e erba.

Il vento comincia a calare, per fortuna.

Comincio a sentire l’affanno, il mio amico RED vorrebbe stare sotto le 30 ore, quindi deve andare ad un’andatura media sotto i 9 min a km. Ma io non riesco più a tenere un ritmo decente… lo lascio andare. Mancano 7 km. Ho sforzi di vomito, non so se per il freddo o perché ho sforzato troppo negli ultimi 20 km.

Fango, erba, dolori allo stomaco. Accenno 2-300 metri di corsetta e poi cammino, respirando a bocca spalancata per evitare di vomitare.

A 5 km finalmente il percorso è di strada battuta. Mi rilasso. Decido di fare pipì, mi accosto, predispongo il tutto e spengo la frontale per non farmi vedere, mi addormento 2 secondi in piedi... sveglio! Riparto veloce, una mi urla in croato, la mando a cagare frustrato per essermi addormentato e perché non capisco cosa dica. Faccio 200 metri di strada sbagliata prima di accorgermi che mi diceva che avrei dovuto girare...

Ritorno sui miei passi, dovevamo girare per tornare sul sentiero fangoso… che gusto…

Provo a bere dalla borraccia per rilassare lo stomaco ma mi parte una fitta al ventre. Trattengo… trattengo… ok… procedo.

Smessaggio a Michela che ritardo, mi dice di prendermela comoda che ormai sono arrivato, lei aspetta.

Sono assieme ad altri 3, non so di che gara, siamo lenti, io e un’altra proviamo a corrucciare qua e la e rimaniamo davanti da soli.

Provo a ribere, sta volta trattengo il liquido in bocca un attimo prima di mandarlo giù per scaldarlo e così non mi dà noia.

Un tempo infinito, guardo l’orologio, mancano 2 km, vorrei correre sempre ma il mio fisico non ce la fa. Le luci di Umago ormai sono in vista da un po’.

WhatsApp Image 2022 04 10 at 15.26.07E finalmente si arriva alla strada asfaltata, ormai mancheranno 500 metri! Ci puliamo le scarpe, tolgo gli ennesimi 5 centimetri di terra da ogni scarpa, procedo per 100 metri slittando sull’asfalto per raschiare il residuo e schivando i grumi di terra lasciati da altri corridori prima di me. E poi corro! Attraverso la strada e entro nello stadio, mezzo giro di pista, provo a tirare gli occhi nel buio per trovare le bambine che dovevano fare gli ultimi 50 metri con me ma non le trovo, faccio la curva, ci sono una quindicina di spettatori che mi applaudono nel freddo e nel buio, si meritano che le ringrazi e aumento… aumento… aumento (arriverò a 4 min/km… ho controllato sul garmin…), boato dalla “folla” per il mio impegno, arrivo stremato, mi fanno una foto bruttissima, sembro veramente disintegrato, il fotografo mi prende bonariamente in giro. Vado da Michela che mi fa i complimenti, io sorrido (forse) e trattengo il vomito. Mi faccio fare una foto da lei sull’arrivo e poi vado a ritirare la medaglia. C’è un mini ristoro ma non riesco a mangiare niente, mi faccio dare un bicchiere di cocacola, sorseggio, esco e la rovescio nell’erba. Non ce la faccio a bere.

Dove si può andare a mangiare con il buono pasto? “Fai 300 metri, poi giri a sx, altri 100 metri e c’è una Konoba dove…” A posto così, grazie. Altri 400 metri? Ma siamo pazzi???

 

WhatsApp Image 2022 04 09 at 23.55.09Le bambine sono rimaste in camera, è tardi.

Andiamo a ritirare la borsa del cambio. soddisfazione, felicità a 1000. Ma sono stremato. Provo a parlare alla volontaria ma non riesco, mi chiede il numero di pettorale in inglese, non so dirlo, non so che numero sono… le faccio vedere il pettorale mentre Michela lo dice correttamente. Sono proprio fritto. Ho spento tutto.

Andiamo verso la macchina, sarebbe meglio che vomitassi adesso prima di salire ma alla fine trattengo, cambio le scarpe e mi siedo in macchina. Da seduto mi passa ogni male. Adesso qualcun altro vedrà di me!

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In camera le bambine stavano dormendo, è mezzanotte ma trovano la forza per aprire gli occhi e farmi i complimenti.

WhatsApp Image 2022 04 10 at 00.00.07Adesso sì, adesso sono contento.

 

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Ultrabericus 1-2-3 di Fabiano Picco

Riporto qui le esperienze di questa gara, troppo corribile, ma troppo insostituibile visto che in questo periodo dell'anno gli ultra scarseggiano...

Le metto tutte assieme così ci si rende conto che con gli anni che passano divento anche più ciacarone...

 

Ultrabericus 2019

65km D+2500

Una gara che consideravo facile, forte dei miei "successi" sul Prealba, a San Pietro al Natisone e a Tarvisio recenti.

Mi sono fatto una scaletta di tempi per arrivare in 10 ore e parto.

Parto "come uno di 20 anni", là davanti (tipo 300-400° su 1000) pompando troppo per 20 km per averne 65 in tutto, se tengo questo ritmo arriverei in 8 ore e mezza...

Dopo 20 km comincio ad accusare il colpo, rallento, sono stato sopra la soglia anaerobica per 2 ore, cattivello...

La testa dice "stai male, decidi tu cos hai, ma trova un motivo per cui stai male".

Comincio a farmi sorpassare, cammino, corro, cammino. In queste gare è probabile che si vada in crisi... Non pensavo di arrivarci così presto... colpa mia, me la sono cercata.

La primavera si sta imponendo sull inverno, alberi fioriti, primula, viole. Nel bosco a un certo punto alberi con fiori bianchi profumatissimi, inebrianti, tanto che pensi se c è anche ossigeno o solo profumo in quell'aria che sto respirando. Poco verde, ovviamente, per la stagione.

Dalla 3° alla 9° ora non riesco a mangiare praticamente niente. Ogni cosa che metto in bocca mi dà sforzi di vomito. Bevo, perlomeno. Il pessimismo scende su di me ritmicamente, faccio alcuni chilometri entusiasta per poi risprofondare nel pessimismo. Voglio ritirarmi a 25, 33 e 46 km. A 46km sono proprio in un punto di ritiro... La voglia è tanta... tremo come una foglia, non riesco a mangiare, mi danno una tazzina di caffè e ne rovescio un pò perché tremo molto...

Chiamo mia moglie per rincuorarmi.

Incontro 2 miei amici, che mi danno supporto morale, uno con crampi, l' altro con ernia inguinale. Ma vanno avanti. Se vanno avanti loro... io sono bianco come la cera, a digiuno da 5 ore. Mi affianco a uno dei due per un paio di km, ho deciso di andare avanti, con i denti ma la finisco.

Dopo 2 km a Stefano ripartono i crampi. Io decido di procedere con il mio ritmo. Accellero. A 50 km mi sento bene, corro, ritmo 6 e mezzo a km, fisso, non cammino più. Comincio a superare, a 56 km ristoro dove riesco a buttar giù qualcosa annaffiando con Menabrea  , e riparto, positivo, mancano solo 10 km.

Continuo a superare, gente che corre o zombie che annaspano in cerca di un motivo per procedere. Penultimo km, scalinata lunghissima in discesa, stile Castelmonte, 5-6 scalini e pianerottolo, quante volte l ho fatta in bomba con i miei cugini da bambino, la tecnica l ho imparata lì, per arrivare per primo alla bancarella dei dolci, supero ancora, alla fine della scalinata la bancarella dei dolci non c è. Ma manca 1 km. "Accellero".

Supero altri 2 che camminano. Sento le cosce che mi chiedono se sono pazzo, ma sono a 300 metri.

La gente

La gente che mi urla che sono bravo

Ma chi vi conosce?

Urlo grazie

Ma chi vi conosce...

Praticamente vi nominerò nel mio testamento da tanto che vi voglio bene

Mi applaudono

Batti 5

Mi dicono bravo

SONO BRAVO

grazieee!!

E volo gli ultimi 300 metri

Arrivo

Mi registrano il Chip. Mi danno la maglietta da finisher. Guardo la signora: " dov è la mia birra?". Risate. Mi sciolgo.

Prendo la mia birra, non riesco a mangiare niente ma la birra me la sono meritata.

10 ore e 12. Se gestivo bene i primi km dosandomi probabilmente chiudevo in 9.30. Sono comunque contento.

Organizzazione super, protezione civile, volontari, tutti.

Colli berici non meritano un altro giro per il panorama. Ma la rifarei anche solo per il numero di persone che ti supportavano durante la gara. Complimenti

 

 

 

Ultrabericus 2021

65km D+2500

Riprovo questa gara, dopo averla sudata nel 2019 perché ho bisogno di caricare chilometri e perché mi faranno compagnia i miei 2 amici Danieli.

Terza uscita in montagna in 2 settimane con lunghezze sopra la maratona. Devo abituarmi alla fatica e al logorio di gare lunghe di più giorni.

Devo per forza di cose dosare le mie forze per vari motivi:

  • mi sono vaccinato per il Covid 2 giorni prima;

  • è una gara decisamente corribile, mi ricordo 2 anni prima come mi sono cotto nei primi 20 km, in questa gara vale la regola della tartaruga e la lepre;

  • il lettore più attento si ricorderà che 4 righe fa ho scritto che è la terza uscita di Ultra in 2 settimane, non vale la pena spingere per spaccare tutto, ginocchia comprese.

Prima della partenza bevo un caffè al bar con i miei due amici Danieli, uno parla continuamente senza fermarsi a respirare, l’altro nervosissimo che muove le gambe da seduto come se stesse già correndo… il Garmin gli segna 3 km che deve ancora finire il caffè… Normale: sentono l’agitazione pregara. Io, invece, rilassato… sono lì a girare il mio cucchiaino nella tazzina, rendendomi conto che la sto prendendo decisamente tranquilla.

Ci fanno partire in batterie da 200 persone, 800 o 1000 in tutto, ci hanno diviso in base alle nostre prestazioni passate, io sono nella seconda batteria, i due Danieli e il mio amico Marco sono nella terza. Oggi sarebbe giusto che mi mettessero nella 4^, ma non si può decidere… parto con i semitoprunner…

Partenza molto ben organizzata: ognuno si mette al suo posto già 10 minuti prima, il numero di pettorale è indicato su un tappeto fissato a terra, sembriamo la batteria di cavalli schierati alla partenza all’ippodromo, ognuno stipato nel suo box metallico, in attesa che la portella si apra per liberare le zampe che fremono. E l’adrenalina sale… lo speaker incalza, la musica pompa, vedi gli altri cavalli in parte che fremono, per forza di cose inizi a fremere anche tu, il cuore batte più forte e finalmente il via!

Ma io sono diligente, dopo 100 metri mi sfilo dalla bolgia, mi lascio superare, dopo 500 metri sono già quintultimo, assieme a quelli che corrono con le pedrillas e quelli che hanno deciso di correre con le mani a terra e la testa in giù. Siamo ancora sull’asfalto che parte la prima salita decisa, io tengo il passo ma non esagero, vedo che gli altri mi lasciano indietro. Metto da parte l’orgoglio e vado piano. La gara è di 65 km.

Discesa vivace, supero 4-5 persone (quelli con il deambulatore e quelli che si erano iscritti per sbaglio che dovevano solo comprare il giornale e avevano sbagliato l’entrata dell’edicola) e poi il sentiero spiana, corrucchio piano, a metà rettilineo di 500 metri guardo avanti e dietro, non c’è nessuno… a 2 km dalla partenza sono già solo… sarà una lunga giornata.

E vado con il mio passo, strada troppo corribile e tengo il freno, controllando i battiti.

A 37 minuti di orologio arriva il primo della 3^ batteria, mi ha già dato 10 minuti. Lascio passare, in 5 minuti mi superano 15-20 persone, applaudo, dico bravo e mi tegno. I primi non rispondono, i primi devono respirare, dopo il 15-20° cominciano a dirti ciao o salutare, ma i primi non hanno ossigeno da sprecare. Io saluto tutti, i miei polmoni devono adeguarsi.

In salita becco una di 70 e passa anni, nome di fantasia Pasqualina, una rompicollioni incredibile, si accodano varie persone e lei: “i francesi sono stronzi ma chiedono permesso, gli italiani sono solo stronzi”. Mi fermo in parte e mi faccio superare da 4-5 persone per non averla vicina, l’impulso di buttarla nel fosso è alta… Appena il sentiero spiana la supero per non vederla più.

1 ora circa, primo ristoro, prendo un pezzo di banana e mi incammino. Uscendo dal ristoro vedo la zucca di Daniele1, lo chiamo, facciamo un pezzetto insieme, mi ha preso a 1:07 mie, 0:57 sue. “sto correndo troppo?”, bha, vedi tu, prendila con calma che questa gara è traditrice. E riparte.

1:13 mi prende Daniele2 “se ti ho già preso vuol dire che sto correndo troppo”, lo guardo confermando con lo sguardo cambiando discorso. Ne hanno sicuramente più di me, ma si sono fatti fregare dal tracciato troppo corribile. Lo lascio andare.

E continuo ad essere diligente.

Km 14, riprendo Daniele1: “oh, sono morto, ho pompato troppo?”… bhe, che dire… Gli suggerisco di stare un attimo in parte a me, per recuperare prima di ripartire. Fa il bravo e sta lì con me un km, poi riparte in quarta ma lo riprendo subito. Vai piano, e finalmente va piano.

Mi prende il mio amico Marco, saluto e lascio andare. Cacchio, come sono bravo a lasciar andare oggi. E accadrà la stessa cosa con Costatino, che avevo conosciuto alla Due Rocche.

20 km, arriva Daniele1 da dietro ma comincia la discesa al ristoro di 3 km e io libero le gambe superando un po’ di persone che mi avevano lasciato indietro. Bello sfogarsi un po’ e mollare il freno, con il vento che finalmente mi spettina la criniera. Vabbè, mi devo convincere che non sono un cavallo… anche voi… che musi lunghi…

23 km, ristoro, ci sono 3 tavoli in fila, vado sul primo e prendo due bicchierini con dentro cubetti di formaggio fresco. Vado nel secondo e prendo 5 bicchierini di cubetti di formaggio. Vado nel terzo… e vuoi non provare anche questo, prendo 3 bicchierini di cubetti di formaggio sudatissimo. Troppo? Bhe, nell’ultimo tavolo non andava nessuno, c’erano i volontari tutti avviliti, l’ho fatto per risollevargli il morale. Bevo abbondante cocacola per sturare il blocco caseario che mi sono creato nell’esofago.

Una ragazza con il pettorale è che piange nel furgoncino della protezione civile, dice a un volontario “non so dove sono”, non capisco se parla di se stessa o di qualche suo amico, perso per i monti berici, mi sposto dalla scena per evitare di farmi prendere dall’ansia… poverina…

E via che si sale, assieme a Daniele per un pezzo, mentre cerco di mandare un po’ di sangue a digerire la forma di formaggio che ho mangiato…

Dopo un po’ Daniele1 prende coraggio e va.

Io sto ancora attento e mi tengo.

Comicia a fare decisamente caldo, a ogni fontana che si trova (una ogni ora…) ci si ferma per mettere la testa sotto. A 28 km vedo uno che si è tolto scarpe e calzini e sta facendo un pediluvio in un ruscello. Ogni volta che si esce dall’ombra del bosco si corre più veloci, sotto il sole battente, per rituffarsi all’ombra il prima possibile.

30 km mi affianca uno con il fisico da non corridore, un po’ avvilito perché ha paura di non farcela nei tempi. Lo rassicuro, ha fatto 30 km in 4 ore e mezza, ha ancora 8 ore e mezza per farne 35. Gli infondo un po’ di coraggio (così mi sembra) e poi lo saluto lasciandolo indietro (alla fine ho controllato, ce l’ha fatta. Mi fa decisamente piacere quando qualcun altro di non alteticissimo riesce a sfidare se stesso e le proprie paure).

33 km, uno di 70 anni che va avanti e indietro, parlando con uno dietro di me, che è suo nipote. Protesto vivamente: “nonno, avrai già fatto tutto il percorso due volte”, lui ride ma continua ad andare avanti e indietro. Il nipote non ce la fa a proseguire. Km 35, ristoro, il nipote si ritira e il nonno parte in quarta da solo.

Al ristoro becco Marco, becco Costantino, tutti e due che accusano il colpo di aver corso troppo, ma poi ripartono prima di me. Io me la prendo con calma, alternando cubetti di formaggio alla frutta. Poi riparto. E comincio tranquillamente a superare anche in salita, adesso anche gente con le scarpe di ginnastica regolari. Si vede che sono stato diligente fino ad ora.

42 km, passo lo scoglio mentale della maratona.

43 km becco Costantino seduto, avvilito. Lo sprono a ripartire, facciamo 500 metri assieme e poi lo lascio indietro. Sono sicuro che si riprende. Alla Due Rocche ha fatto 30 km sanguinante dopo essere caduto. Non è uno che molla.

Ristoro dei 45 km, qui due anni fa volevo ritirarmi, quest’anno praticamente mi sento che devo ancora partire, prendo un piatto di minestra, faccio comunella con chiunque, tanto che dopo 5 minuti devo ancora cominciare a mangiare perché sto parlando troppo… mi concentro, mangio, bevo cocacola e parto. Cocacola e brodo… abbinamento Gourmet…

Salita interessante e poi discesona, fanculo i freni: adesso corro tutto quello che non ho corso fino ad ora. Via, supero a palla, dopo 2-3 km supero Marco che mi urla dietro, poi il sentiero spiana e ho Marco dietro che mi fa il pistolotto perché sto correndo troppo (lui sa cosa sto preparando e che dovrei andare piano)… vabbè cammino… che noia… ghghgh.

Facciamo un pezzo assieme, parlando del più e del meno: lui nella minestra sbriciola i crackers, così l’abbinamento con la cocacola è ideale… cacchio… Marco dovrebbe scrivere un libro di ricette per Trailers…

Km 50, siamo vicino ad un lago, non ricordo il nome ma era di acqua, nel mezzo del bosco. Si sente uno che canta a squarciagola vicino al lago, da tenore, un po’ stonato, decisamente stonato. Probabilmente lui non ha bevuto cocacola.

Ci sorpassa un cane, di taglia media, correndo: rimane davanti a noi per un po’, si gira felice e continua a correre, si rigira verso di noi e comincia a preoccuparsi, lo vedi che si agita, aumenta il passo, si ferma, si gira e vedendoci parte a razzo per scappare, questa tiritera dura almeno 5 minuti. Sono in angoscia per il poveretto, riuscirà a infilarsi tra gli alberi per “salvarsi”? Finalmente non lo vediamo più e mi rilasso, non vorrei avere un cane sulla coscienza.

30 minuti dopo lo ribecchiamo, riparte scappando… poverino…

Altri 30 minuti e lo vediiamo ad un incrocio, bloccato da un volontario che ha già chiamato la padrona… anche Fufi stava facendo l’Ultrabericus: se non fosse stato per il volontario, Fufi avrebbe vinto la gara. Dannati cospiratori, c’è sicuramente l’intervento dei poteri forti che non vogliono che i cani vincano le gare!

E con Marco continuo, cercando di tenermi, camminiamo molto, corrucciamo in discesa.

Arriviamo al ristoro dei 55 km, chiediamo birra, non ce l’hanno… sponsor Menabrea e quest’anno non hanno birra… ma io non so…

Andiamo tranquilli, conosciamo un giudice di gara che la sta correndo, parlando scopriamo che ha fatto il Tor des Geants 2 volte. E lui e Marco mi cullano nella mia ignoranza, raccontandomi le storie di un mondo lontano in cui le persone corrono giorno e notte sui monti lontani abitati dai lupi per giorni e giorni senza stancarsi…

Che robe che deve essere questo Tor des Geants…

E arriviamo a Vicenza, correndo con qualcuno il tempo vola, i problemi non esistono, la strada è breve.

Ormai manca poco. Adesso posso "liberare la belva": discesa a gradoni, volo, alla base della gradinata vedo quelli da battere nella volata finale. Il resto della gara non conta. Non so quando sono partiti, non mi interessa. Adesso la gara è tra me e questi 4-5 che incontrerò, tutte le gare devono chiudersi con la volata finale.

Affianchiamo questo gruppetto, frase di circostanza di incoraggiamento che in realtà vuol dire “visto, che ti sto sorpassando? Adesso arrivo prima di te”. E via, al rettilineo finale accelero, sento passi dietro di me, qualcuno sta cercando di sorpassare e io accelero ancora, poi butto l’occhio e vedo Marco che cerca di tenere il mio passo, mi dice “tu vai” e io gli rispondo di non mollare, continuiamo la nostra folle corsa degli ultimi 500 metri a una velocità normalmente facile, ma che dopo 65 km è improponibile, tra gli applausi di qualche spettatore che probabilmente passava di là per sbaglio, dopo essere stato a fare aperitivo, brillo, che vede uno che corre e per non combattere il proprio istinto si lascia andare all’applauso come gli avevano insegnato le suore all’asilo.

Gli applausi comunque sono meritati e fanno bene al cuore, da chiunque arrivino. Sorrido, alzo le braccia 50 metri prima dell’arrivo, ma non ce la faccio a fare 50 metri così… per la stanca devo abbassarle prima del traguardo, ma il sorriso non me lo toglie nessuno.

Trovo Daniele2, appena arrivato e Daniele1 stufo di essere all’arrivo da mezz’ora, birretta assieme di rito.

Vado a cambiarmi alla macchina, mi spoglio in strada, con l’asciugamano in vita, passa una pattuglia di polizia proprio mentre ho le mutande calate, cerco di “tuffarmi” in macchina per lasciar passare e mi ritrovo in una posizione assurda, con i crampi che stanno per partire, il sedere fuori dalla macchina parzialmente coperto dall’asciugamano e le mutande calate… per fortuna i poliziotti passano cercando di guardare dall’altra parte…

 

 

 

Ultrabericus 2022

65km D+2500

Avevo detto che l’Ultrabericus non lo facevo più…

26 dicembre 2021, ricomincio a fare allenamenti duri e dedicati per gli ultra-trail. Rutto panettoni e prosecco ma ci do dentro quasi ogni giorno.

31 dicembre 2021, risulto positivo al Covid, blocco gli allentamenti… Riprendo gli “allenamenti da casa” con i panettoni e il prosecco.

01 gennaio 2022, augurii!!! buon anno!!!

11 gennaio 2022, riprendo con grande calma gli allenamenti, accusando un po’ di fatica perlomeno per un paio di settimane.

06 Febbraio 2022, sono seriamente preoccupato: tra 2 mesi ho una gara di 168 km e non sono ancora riuscito ad allungare gli allenamenti, tra un motivo e l’altro.

Probabilmente sono solo poltrone io, ho difficoltà ad alzare il culo da divano, fa freddo, ho sonno, devo lavare la macchina, mi scade lo jogurt... O mi do una regolata o non ce la farò mai…

21 febbraio 2022 mi iscrivo al Trail delle Valli e all’Ultrabericus da fare come allenamenti. Almeno sono obbligato a fare queste due prima dei 168 km.

28 febbraio faccio il trail delle valli (27km e 1500 D+) con dignità, quasi con gesto atletico!

05 marzo faccio un allenamento in piano di 21 km e mi si blocca il ginocchio…

Cosa non fare se ti si blocca il ginocchio:

- aspettare che passi da solo senza provare a massaggiarlo attivamente o fare un po’ di ginnastica dolce;

- fare allenamenti di rinforzo una settimana prima di un ultratrail;

Io le canno entrambe, ovviamente, che mona... A 4 giorni dalla gara chiedo aiuto al mio santo protettore San Nicolas Pressacco dei Fisioterapisti. Ovviamente c’è poco da fare e gli chiedo solo un taping di protezione alle ginocchia da fare il giorno prima per evitare danni alle rotule. Tanto scaltro quanto mona, eh! Problema risolto, per questa volta.

19 marzo 2022, mi presento a Vicenza, parcheggio nello stesso posto dell’anno scorso, che era vicino alla partenza e in zona gratuita. Ma era vicino alla partenza dell’anno scorso… 2 km dalla partenza di quest’anno… tanto orienteering quanto mona…

E così vado a ritirare il pettorale (2km), torno alla macchina a cambiarmi (2km), torno alla partenza (2km) e sono pronto a partire, con già 6 km nelle gambe.

Sono in maglietta tecnica e pantaloncini corti, per sfoggiare i nastri alle ginocchia fattimi da Nicolas nonostante faccia freschino. Sono quasi le 10, quasi tutti i concorrenti si mettono in battuta di sole per non prendere troppo freddo in attesa dello start. C’è una ragazza in parte a me con solo mutanda tecnica e canotta, con la pelle d’oca alle gambe… almeno io ho 2 cm di grasso su tutta la carrozzeria a proteggermi! Tanto ciccio quanto al calduccio!

Sono sereno, non sento l’ansia della gara, in fondo devo solo stare attento a non esagerare e portarla a casa con dignità. Mi metto dietro a tutti.

Si parte! Certo che è sempre emozionante una partenza, con la gente in parte che ti dice bravo e ti applaude! A 1 km guardo la velocità media, siamo a 5.10/km, un po’ troppo, ma va ben così, finché c’è gente che ti guarda…

Usciamo da Vicenza, mi sento bene, so di aver superato già un bel po’ di persone nei primi 4-5 km, arriviamo in mezzo ai campi, strada a zig-zag, vedo a occhio 300 persone davanti, mi giro convinto di essere a metà dei concorrenti e invece dietro avrò si e no 70-80 persone… mannaggia se sono indietro… ma la gara è con me stesso e me ne frego, almeno un po’.

Saliamo, una concorrente si ferma davanti a me con i conati di vomito, Tutto bene? Risponde tossendo “Sti moscerini di mmmerda!”, un altro concorrente decanta le proprietà delle proteine nobili contenute nei moscerini mentre proseguiamo con il sorriso.

Il percorso è molto collinare, ci sono tratti in salita e tratti in discesa, tratti con fondo uniforme e tratti con pietrame, ognuno spinge in modo diverso sui vari tipi di terreno e ci si supera a vicenda più volte. A me sembra di superare più di quanto vengo superato, magari è solo un’impressione ma fa bene al cuore e vado avanti sereno.

Quest’anno la gara è al contrario rispetto all’anno scorso, cerco di orientarmi, praticamente dove l’anno scorso c’era la salita, adesso c’è la discesa e viceversa. Immagino la mole di lavoro che hanno dovuto sostenere quelli dell’organizzazione, geologi, ruspe, catterpillar, gru e poi di nuovo piantumare alberi e piante. Arrivo al ristoro degli 11 km e faccio notare la cosa ad un volontario facendogli i miei complimenti: “MMASSEICOGGNOME?”, abbasso le orecchie e dissimulo naturalezza, affondando i miei pensieri nel mio bicchiere di coca-cola…

Parto dal ristoro, veloce il giusto, arriviamo al lago che, facendo il giro in senso orario, si vede molto spesso e si capisce che è bello grande. Gli anni scorsi l’avevo sì e no notato...

Dopo il lago c’è la salita più pendente di tutta la gara, non grandi robe, sarà 300 metri di dislivello in tutto, ma vedo gli altri che arrancano e io vado con il mio sorrisino sereno e supero più di qualcuno che probabilmente non è abituato a fare montagna.

Il clima è caldo, si sta bene con i pantaloncini corti e la maglietta tecnica, non fa troppo caldo, non fa troppo freddo.

I boschi sono tempestati di fiori, si vede che sta arrivando la primavera, ci sono primule, viole bianche e viole viola, ragazze con il gonnellino tecnico e la mutanda stretch che camminano davanti a te in salita, margherite, erba trinità (sì, esiste, l’ho cercato sul web il nome… non sono un fioraio), ragazze con il gonnellino…, bucaneve, .. e insomma ci sono anche le ragazze e adesso smetto di dirlo, ma è difficile concentrarsi sulla corsa, io da galantuomo mi sento in dovere di sorpassarle immediatamente senza rimanerci incantato, che sennò mica respiro… ah… la primavera...

Continuo a correre dove si può correre e cammino solo dove non si può spingere, mi chiedo quanto posso durare così. Effettivamente a 26 km comincio a sentire un po’ la stanca.

Un concorrente davanti a me ha la maglietta con scritto "vai papà 19/03/2022", mi viene un po’ di malinconia a pensare alle mie bambine che volevano stare con me nel giorno della festa del papà...

Al ristoro dei 35 km non mangio molto e devo buttare nel cestino un pezzetto di formaggio che non riesco a masticare.

Questo ristoro è a metà gara, riparto ma comincio a rallentare e la gente che avevo attorno a me cambia, visto che mi supera più di qualcuno che non vedrò più. Mi sento in diritto di poter rallentare, o perlomeno me la so raccontare così. Oh, mi rode lasciar passare gli altri!! Ma sento di avere i crampi alle gambe prossimi a scattare e sento lo stomaco che comincia a fare i capricci.

Adesso procedo, bevo un sorso d’acqua dalle borracce ogni tanto per distrarmi e vado ad un andatura più lenta, mi faccio due conti guardando l’orologio: in base a quanto sto rallentando rischio di stare sopra le 11 ore totali. Non benissimo.

Però, conoscendomi, so che se sto facendo i conti di km, ore, minuti, tempi e velocità vuol dire che sono entrato nel mio mondo di fantasia, usuale mentre faccio trail a lunga percorrenza, un mondo in cui sto bene, dove numeri e grafici che creo nella mente si legano e si confondono con radici, speroni, rocce e pantano. Quanto sono felice di “essere arrivato qui”. Mi godo questa miscela di pensieri nella mente, la sensazione è come quando fai una corsa a perdifiato a freddo, e senti che la tua saliva ha cambiato sapore, dura magari un attimo: ha il sapore di qualcosa misto tra il sangue e la felicità, ti senti vivo e deficiente. Nell’ultratrail questa sensazione dura di più, le ore passano e io viaggio con i numeri, i pensieri, i vuoti, i silenzi, i paesaggi. Parlo con altri mentre avanzo. Arranco e sudo mentre salgo. Me la godo quando sorpasso e digrigno i denti quando mi passano. Quanto mi mancava questo strano mondo…

Si sale bene, siamo appena passati vicino a quello che l’anno scorso era un ristoro mentre quest’anno non lo è. Ho gente dietro, tengo il passo, un ragazzo mi incalza, gli dico di passare e lui mi dice che mi sta dietro perché gli detto il passo. Mi sento in dovere di non calare l’andatura, ma così sto soffrendo. Vento contro, pendenza, lo stomaco mi fa notare che sta andando in sofferenza, ancora qualche metro mentre lo stomaco sta per avere la meglio, ancora qualche metro e finalmente sono in cima. Mi accosto e lo lascio passare, mi accodo a lui e lo seguo in piano. La salita è finita giusto giusto un attimo prima dell’inevitabile patatrack… Respiro, scambio una battuta, abbiamo girato verso di percorrenza ma il vento è ancora irrimediabilmente contro… mi faccio baciare dal vento e prendo addirittura a correre, mi sento vivo, anche se ho difficoltà sono felice e corro.

Arrivo al ristoro dei 45 km, ho lo stomaco chiuso. Brodo con la pastina, ci sbriciolo un pacchetto di crackers dentro come fanno i veri ultratrailers. Smessaggio a casa che va tutto bene.

Scambio due battute con uno che sta facendo la 100 km, gli faccio i miei complimenti.

Ho freddo, c’è vento, correndo andava bene la maglietta, ma visto che voglio fermarmi 2-3 minuti tiro fuori l’impermeabile. Non lo tolgo quando riparto che ho freddo, le calorie nel mio corpo scarseggiano.

Ora, parlando del brodo con la pastina, probabilmente tutte le gare seguono un ricettario comune, la pastina sa sempre di cartone ovunque io sia andato… probabilmente la cuociono assieme alla confezione, oppure cuociono solo la confezione e buttano la pastina… Me li immagino i bambini, figli dei volontari, che si trovano il giovedì pomeriggio in oratorio a tagliuzzare le confezioni di cartone per fare i filini... bevo il brodo, mangio i crackers e butto la pastina cartonata che proprio non riesco ad ingerire. Ma non riesco a ingerire nemmeno altro, forse sono io, prendo una merendina ma non ce la faccio ad addentarla. Riparto, va…

Incrocio quello della 100 km, che cammina e parla con un altro della sua stessa gara, gli faccio una battuta e l’altro mi zittisce dicendomi che visto che non sto facendo la 100 posso andare avanti e non fermarmi con loro, ci mancava solo il nonnismo tra le gare… ghghghgh

Mentre corriamo parlo un po’ con una, sui 50 anni, ha fatto un po’ di volte il passatore, gara su asfalto sui 100km, è il suo primo trail che fa. Parla decisamente tanto, io sono in difficoltà, di solito quello che parla sono io… e dopo un bel pezzo, quando ha finito di parlarmi delle sue cose mi dice “bon, tu vai adesso!”. E allora vado, col sorriso di uno che ha fatto scannare una facendola parlare troppo senza farla respirare, senza effettivamente averne colpa visto che ha fatto tutto da sola…

Si sta facendo sera, sono a 51 km, non dovrebbe mancare troppo al ristoro e non vorrei tirar fuori la frontale mentre corro. E’ quasi buio, mi affianco a uno, scambiamo due battute e mi suggerisce di mettere la frontale o di stargli vicino. Io ho intenzione di superarlo e quindi la tiro fuori. Ma non riesco a superarlo… sono stanchino… Ci ammucchiamo in 4-5 persone, tra queste c’è Natalina, quasi 70 anni, che sta litigando con la sua frontale che non ne vuole sapere di accendersi. Provo ad aiutarla ma la lampada non si accende, le suggeriamo di stare in mezzo a noi, poi dopo 3 minuti di magheggi riesce ad accenderla. Continuiamo comunque a stare assieme, siamo animali che avanzano al buio, stanchi e sudati che cercano il conforto di altri animali per farsi coraggio (gli animali normalmente non sudano, ma noi siamo animali che sudano, va bene???).

Natalina ci diletta con alcuni pensieri da ultrarunner 70enne. Da citare sicuramente quando fanculizza il Ministro Speranza che la vorrebbe catalogare tra i soggetti fragili: “che venga qui a correre con me, e vede se sono fragile!”, con l’aggiunta di qualche parolina colorita ma elegante che non riporto.

Continuiamo in gruppo, a 56 km siamo sfiniti e non siamo ancora al ristoro, incontriamo un volontario, che dice che mancano 600 metri. A 57,5 km non siamo ancora arrivati… ma pooork… condividiamo la frustrazione e la stanca, arriviamo al ristoro a 58km, al buio, al freddo, un po’ avviliti (perlomeno io…).

Si ipotizza che manchino ancora 9 km, ho lo stomaco chiuso, affronto un pezzetto di banana e bevo 2 bicchieri di the caldo zuccherato e riparto subito, vediamo di finire prima possibile che sono stanco e a star fermi fa freddo. Natalina era già partita da sola, lascio gli altri 3 del gruppetto al ristoro.

Il the aiuta, trovo energie che non sapevo di avere e inizio a superare qua e là gli zombie davanti a me. Corruccio spesso.

e ogni tanto cammino…

Vedo i cerchi di 6 luci frontali davanti a me sulla strada, nei prossimi 500 metri di rettilineo, vorrei superarle, ma sto camminando e non le prenderò mai… mi supera uno, gli faccio i complimenti e si ferma a fare due chiacchiere, proseguiamo assieme per 3-4 km accelerando il passo e superando varie persone che assieme non si sente la stanca. Arriviamo ad un incrocio, il mio amico chiede quanto manca, un volontario dice “3 chilometri!”, e io mi ritrovo a correre perché le mie gambe hanno capito che manca poco. Senza volerlo lascio indietro il mio nuovo amico, supero varie persone, uno fermo con sforzi di vomito.

Mi meraviglia ogni volta constatare che io rispetto ad altri, nel finale, ho sempre un pelino di energia che avevo tenuto da parte per gli ultimi minuti. Volo giù per la gradinata di 150 gradini raggrupati 5 a 5, sbuco dall’Arco delle scalette, una volontaria mi indica di girare a destra, io approfitto per dirle “Ha visto quanto andavo veloce?”, “Certo, velocissimo, una scheggia!”, che bravi i volontari a raccontar balle! Proseguo per le strade di Vicenza, le poche persone che mi incontrano mi applaudono e viene voglia di spingere ancora, l’ultima salitina prima dell’arrivo però non riesco a correrla, e poi arrivo finalmente al traguardo!!!

Lo speaker ha letto il mio nome sul pc che esce automaticamente dopo che il lettore ha scansionato il mio chip e mi chiama per nome con nonchalance guardandomi negli occhi, gli chiedo scherzoso se mi ha riconosciuto, “certo, riconosco tutti e 1400 i concorrenti di faccia!”. Ritiro il premio finisher, dico alle volontarie che sono arrivato tra i primi 3, non sono molto convinte ma mi fanno i complimenti.

Certo, sono stanco, ma fa freddo e non ho voglia di fermarmi troppo.

Ritiro il panino che funge da pasta-party e mi incammino verso la macchina, ho ancora 2 km da fare… C’era la possibilità di spostarsi lì vicino a fare la doccia e mangiare qualcosa di caldo, ma non me la sento di fare 2km +2km per prendere il borsone, mi organizzerò meglio la prossima volta. Vado via fiero di me stesso, seguendo i 2 km che porteranno al parcheggio in culonia, asciugandomi il palato con il panino che mi hanno dato, non ho abbastanza saliva per masticarlo, ma che soddisfazione!

Google maps: cerca MC drive qui vicino, ecchecatzo.

Stanotte mi girerò nel letto pieno di crampi. Le ginocchia hanno retto benissimo ma non ho assolutamente l’allenamento per portare a termine una 100 miglia in questo periodo.

L’indomani mando richiesta per trasformare la 168 km dell’Istria in una più gestibile 128. Una maratona in meno: che furbo che sono!!! …

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Tor des Geants 2021 di Fabiano Picco

TDG – I giorni prima

BorsoneA casa ho preparato il materiale per il borsone, usandone uno leggermente più piccolo di quello che mi daranno per fare le prove. In questo modo sono sicuro che tutto il materiale ci starà dentro anche dopo 3-4 gg di roba sporca o riuscirò ad infilarcelo quando sarò poco lucido e al buio di un dormitorio.

Ho optato per fare sette sacchetti zip-loc con il nome della base vita, in ogni sacchetto c’è mutanda, canotta termica, maglietta, calzini, fascia scaldacollo, manicotti. Poi sacchetti con maglie a manica lunga, pantaloni, calzini, ramponicini… materiale che si usa una o più volte. Un “beauty-case” da 20x15x8 da elettricista portacavi, in tessuto, con i settori e cernierine, molto ordinato e accessibile, ci ho messo dentro dal power bank al cottonfiocc, passando per le creme antiabrasioni e i medicinali di emergenza.

Arrivo a Courmayeur il venerdì pome, l’aria odora di grande sfida, tutti sfoggiano le loro magliette/giacche dei grandi eventi a cui ha partecipato, LUT, UTMB, prima comunione, Mortadelethon e corsa coi sacchi delle elementari.

Li vedo tutti magri, persino il pizzaiolo della pizza al taglio è bello asciutto e tirato, sono fuori luogo con la mia panzetta e i miei chili di troppo.

Sabato mattina giro in paese, l’aria ha un profumo misto di festa e caghetta, voglia di cominciare, paure, ci si sente grandi. Si cerca di stare seduti più possibile, non bisogna stancarsi il giorno prima.Giorno 1

Nel pomeriggio ritiro sacca al village, ti mettono un numero sul petto e quel numero sarà il tuo ticket di ingresso, bighelloni in giro in attesa che l’APP dica che tocca a te. Niente code infinite. Bene.

Vedo Bosatelli, mi saluta come si salutano i Visps, io ricambio con un “ma chi ti conosce?”… non sono credibile, eh? Vabbè… gli faccio io una foto di nascosto, a questo gigante tra i giganti. Mi sento un po’ un pulcino bagnato nel mezzo di questi mostri del Trail…

 

 

Prima tappa Courmayeur-Valgrisenche

giorno 1 bAlle 9.00 c’è l’appuntamento per l’ingabbiamento pregara, senza molta ressa si entra tra le transenne, si vive il momento con serenità, ci sono atleti che salutano i loro cari o il gruppetto di tifosi. La musica e gli speaker pian piano incalzano e aumentano il ritmo, le emozioni aumentano, si respira a fondo, sia per ricordarsi il momento che per tranquillizzarsi, stretching, zips che si aprono e si chiudono, ultimo controllo degli oggetti a portata di mano, piedi che non vogliono stare fermi, gli speaker che ci iniettano nelle vene la voglia di spaccare tutto e finalmente il via: partenza attraverso il centro da favola, 2 km di corridoio di gente che urla, suona campanacci, applaude, siamo come tori a Pamplona, ma più cazzuti, io comincio a singhiozzare, non vedo un cacchio, ho le lacrime agli occhi, urlo, rido, corruccio anche ma le gambe è bene che facciano il loro lavoro da sole adesso, che io mi sto sconquassando tutto dalle emozioni e sto cercando i visi di mia moglie e delle bambine, sbattendo gli occhi per mandare via le lacrime. Mi tengo indietro per riuscire a vederle ed evitare la folla di corridori. Finalmente le vedo, do un bacio a tutte e tre, saluto e parto, non è più il momento di crogiolarsi, abbiamo 350 km da fare.

Puntualizzo che sono nel primo gruppo di partenza, quello dei top runners. Il motivo è che 2 anni prima ho vinto una gara di 120 km, dove eravamo solo in 5 persone. Questo ha fatto in modo che ho un punteggio ITRA veramente cazzuto, ma sopravvaluta le mie capacità, quasi tutti quelli che sono attorno a me sono più fighi, lo so e lascerò sfilare tutti e mi terrò indietro per evitare di sfinirmi da subito.

Dopo 3 km c’è il famoso imbottigliamento a inizio sentiero, vicino a me c’è quello che deve spiegare tutte le regole per sopravvivere al TDG e continuerà ad elencarle per tutti i 350 km. Mi infilo più avanti nella coda, per tenermelo lontano un po’ e non sentirlo.

L’atmosfera è quella di una uscita domenicale, si parlucchia, si avanza anche un po’ determinati ma non c’è ansia da prestazione.

Dopo 500 metri di dislivello tengo monitorato il cardio sull’orologio, stiamo pompando troppo, lascio passare, lascio passare fino a quando non mi trovo addirittura ultimo, assieme ad una tailandese, la strada è carrabile e dietro a me c’è una Jeep che chiude la gara, averla dietro dà un po’ fastidio, avanza fino a noi e poi si ferma un minuto per poi ri-raggiungerci… Finalmente la strada diventa sentiero e la macchina deve fermarsi, mi concentro sul sentiero con il mio passo costante, supero 4-5 persone con calma e arrivo in cima al Col Arp, esulto, invoco un po’ di casino tra la 30ina di persone ferme a pranzare dopo la loro scampagnata, ricevo urla, applausi, incitamenti e riprendo ad andare in discesa sorridendo. E’ la mia prima discesa del Tor, non so come prenderla… corruccio/cammino, poi corro, poi camminuccio… cacchio se è difficile tenersi…

Ristoro, sembra un plotone di accoglienza, pieno di volontari pronti a servirti, assaggio la cocacola di tutti, per non fare torto a nessuno.

Si continua a scendere, per ora troppo asfaltoso, ma mi fa sentire più tranquillo, chissà cosa mi credevo di trovarmi come terreno.

Gente che incita, dappertutto è una sagra di paese, in fondo è domenica e c’è gente in gita ovunque.

Ristoro in valle, le regole Covid qui si rispettano ancora decentemente. Mangio, dimentico i bastoncini, riparto. Ritorno indietro di 300 metri a prendere i bastoncini, saluto tutti e riparto di nuovo.

Seconda saGiorno 1 elita, si sale prima dentro il bosco, poi pian piano aumenta la pendenza, fino ad uscire allo scoperto, dopo i 1000 metri di dislivello, dietro a noi, una valle creata da un ghiacciaio, di traverso rispetto alla discesa, ampia e larga, con un piccolo bordo che sembra sia stato molto coraggioso a suo tempo nel contenere questa discesa di ghiaccio. Nel mezzo un ruscello che avanzava in modo molto irregolare e forma un laghetto. Molti se lo saranno perso, in questa fase si gareggia e non si guarda in giro.

Conosco un francese che ha 26 anni, ha fatto il tor 2 anni fa e l’ha chiuso facendo gli ultimi 20 km in retromarcia per un problema muscolare, quest’anno la fa senza convinzioni, ha avuto un aneurisma ed è già contento di poter partire… che gentematta….

Discesa a gradoni, salto e balzo come uno stambecco, forse sto esagerando ma mi diverto un casino e non mi ferma nessuno fino al ristoro.

giorno 1 fTerza salita, tra le piante di mirtillo, poi sentiero, il colle non arriva più, tra i pietroni. Il sangue pompa nelle cosce e finalmente in cima! invece no: è solo una sella e adesso si viaggia sulla cresta di destra, aiutati da corde nei punti più impegnativi, scalini di lastre di roccia spaccata. Arriviamo in cima con il buio, mettiamo la frontale e parto correndo nell’aria frizzante della sera, le teste sono ancora sgombre, i pensieri sono leggeri. Passo davanti ad un monumento, è qui che è morto il concorrente giapponese nel 2012 o giù di lì, mi fermo un attimo a salutarlo e poi riparto.

Nel buio supero uno, con conati di vomito. Gli chiedo “need help?”, mi risponde di no e procedo. Supero varia gente che ormai ha deciso di non correre più fino all’arrivo alla prossima base vita. Arrivo all’asfalto e decido anch’io che è il momento di rilassarsi un po’, qualcuno mi recupera. Ristoro, mancano 5 km alla base vita, ho lo stomaco chiuso, bevo mezzo bicchiere di coca ma ho difficoltà, mi impongo di chiudere lentamente, per non farmi danni già alla prima tappa.

Arrivo a Valgrisenche dopo 10 ore e 50, quasi 2 ore prima del previsto.

 

 

Seconda tappa Valgrisenche - Cogne

giorno 1 gFinito la prima tappa di 52 km e 3900 D+. Mangio bene, pasta al pomodoro con aggiunta di patate, tonno, prosciutto, fontina a pezzi, cracker, tutto nello stesso piatto, la volontaria mi guarda perplessa negli occhi “non mi giudicare…” le dico. A completamento joghurt e una bella birrazza. Vedo molte persone sfinite in base vita, io invece mi sento bene, chiamo mia moglie per dirle come sto andando, non capisce una cippa di quello che dico, sarà il segnale, sarà che parlo a bassa voce per non disturbare gli altri, sarà che ho la bocca piena, “ti richiamo amore”. Non avrei dovuto dormire qui, ma visto che sono in anticipo voglio concedermi un po’ di riposo. Doccia veloce e provo a mettermi giù. Ma l’adrenalina è tanta e c’è un cogl…ne che continua a rovistare nel borsone: non riesce a infilare tutti i suoi sacchetti di nylon dentro, non riesce a chiuderlo, preme ogni singolo sacchetto di nylon rumoroso, muove la zip, ritira fuori tutto, schiaccia a suon di pugni, rimette dentro… 20 minuti così… mi alzo dalla branda e me ne vado seccato, chissà come farà alla 6^ tappa con più roba sporca…

Mi trovo due principi di vesciche nei talloni, non ne ho mai avute in vita mia… mi metto il Compeed. Mi ricremo i piedi con la pasta Fissan per evitare vesciche, mi metto la crema all’arnica da caviglie alle anche per evitare problemi muscolari e di giunture. Ho le ginocchia leggermente affaticate dalle discese.

Richiamo mia moglie dopo la doccia e la semi-nanna, me ne ero dimenticato, non capisce una cippa nemmeno adesso, poretta, è l’una passata di notte, stava dormendo tranquilla ormai…

Mi sono imposto di stare almeno 20 ore in questa seconda tappa, inizialmente prevista in 16, per riposare un po’ le ginocchia e per godermi un po’ di più il viaggio, visto che sto tirando come un dannato. E’ la tappa più lunga e con più dislivello di tutte, 56 Km e 4100 D+, rallentare un po’ non mi farà male.

Nonostante sia notte fonda riesco mentalmente a pensare che c’era un ieri e che ora c’è un oggi, sono all’indomani, sono fresco.

Ho un’illuminazione, obiettivo del giorno: trovare un vigile o un poliziotto e dirgli “agente, cos’è successo, stavo correndo troppo???” (non troverò un agente di nessun tipo fino all’arrivo, purtroppo, la battuta la conservo per un altro trail…)

giorno 2 fenetreSalita al Col Fenetre, al buio, da solo. Non ho paura a stare da solo, le prossime notti magari avrò bisogno di compagnia, ma non la prima, adesso sto bene. Arrivo al rifugio Chalet Epee in un attimo, trovo un altro che sta vomitando dopo aver cercato di mangiarsi mezza arancia, siamo a 3 persone che vomitano davanti ai miei occhi, io per evitare continuo a mangiare lentamente e solo cose che mi allettano e mi sembrano leggere (prevalentemente minestra, per capirci…). Scambio due battute e riparto. Siamo ancora poco sgranati, in salita conosco varie persone che poi rivedrò, o che non vedrò mai più, ma nella notte è più facile scambiare battute o parlare, diventiamo più ciarlieri e facciamo amicizie. Nell’ultimo pezzo faccio tre pause di 30 secondi prima di arrivare in cima, da tanto che tira questa salita. E sono al Col Fenetre. Foto di rito e riparto allegro, ma la discesa è un muro verticale, si scende a zig-zag su una parete ripida, il sentiero è molto polveroso, quando si fa la traversa va anche bene, sia la zig che la zag, ma quando si gira è dura, ci sarà una pendenza del 50% del terreno, è proprio quel trattino tra lo zig e lo zag che frega. Gente che mi supera, io proprio non mi arrischio… come faranno… Dopo almeno 30-40 tornanti il terreno spiana leggermente, ma io sono smonato e non ho voglia di ricominciare a correre, vado piano, quando arriva qualcuno da dietro mi fermo a fare pipì o a sistemarmi una scarpa per farlo passare. Sono rimasto piuttosto impaurito da quella pendenza, il giorno prima era un carnevale di Rio in confronto. Discesa lenta e inesorabile fino a Rhemes de Notre Dame, senza fretta, recuperando un po’ di sicurezza. Che poi non mi stanno superando in molti, eh… L’effetto caghetta deve essere stato più o meno uguale per tutti.giorno 2 nanna 2 Arrivo al ristoro, mi siedo, mangio la mia minestra gourmet con dentro questo e quello, oltre alla pastina. In parte a me si vedono i primi che dormono appoggiati, braccia sul tavolino, dietro a me c’è uno con l’assistente personale con 2 borsoni, lo cambia di tutto punto e gli prende da mangiare, praticamente è il suo Sheerpa. Rimango un po’ perplesso, che gusto c’è a farsi servire e riverire… stai facendo un endurance trail, ci si diverte a sporcarsi le mani…

Riparto per il col Entrelor, pian piano albeggia e poi schiarisce, parlo con Aline, svizzera e tutta d’un pezzo, parlo con Aldo, valdostano che conosce la zona. E’ giorno in cima. Ci arrivo con le mie difficoltà alle 8:30, tardi per vedere l’alba assieme ad una gnocca e limonare… vabbè. Salita veramente dura, per fortuna la discesa non è impegnativa, anche se lunghissima. Continuo a cercare di non correre, faccio il bravo.

Conosco Filippo il siculo e reincontro Aldo il valdostano in discesa, poi provo a lasciarmi andare un po’ lasciandoli indietro, supero alcune mucche e un toro che cercava di ingropparsi le mucche del pascolo … accelero per sicurezza per evitare di diventare troppo attraente agli occhio del toro.

giorno 2 vista montagneArrivo al ristoro di Eaux Rossex, fa caldo, bevo senza mangiare, fa molto caldo. E si parte verso la cima più alta di tutto il TOR, col Loson, con i suoi 3.300 metri di altitudine. Si sale in gruppi, mi unisco ad Aldo e a Filippo, ci si ferma spesso, a 2.500, poi a 2.800, poi a 3.000. A 2800 mi sparo una barretta tarocca del LIDL e mi bevo mezzo litro di sali. Dai 3.000 in poi è un vai/fermati continuo. La mancanza di ossigeno e l’aria fredda si fanno sentire. Ho le mie prime allucinazioni, sono convinto che in parte a me ci sia una baracca, mi giro, non c’è, guardo giù e ho la percezione nuovamente che ci sia, ma non c’è. Questo per 3 volte. Sole, fatica, altitudine. Amen.

Il terreno alla fine è fatto di pietrame spaccato, ghiaino spigoloso e scivoloso, si avanza lentamente, tutti si fermano varie volte, sembra una via crucis. Finalmente in cima, foto di rito, dietro la cima c’è un bivacco in plexiglass, salutiamo il volontario e partiamo in giù subito, troppo vento per fermarsi.

Dopo 500 metri di dislivello provo l’ebbrezza di fare pipì controvento con l’aria freddissima. La privacy imponeva di non far vedere il pipo agli altri e quindi controvento sia… per fortuna evito di p…rmi addosso.

Parlo con Filippo, non ha mai fatto ultra prima dell’iscrizione al TOR, da marzo ha fatto un 45 e un 60km, oltre ad allenamenti specifici snervanti di palestra. Non mi convince molto la sua situazione, gli auguro ogni bene ma la sua presenza nel TOR è decisamente azzardata.

Discesa infinita, con Filippo che in discesa proprio non va benissimo. Io mi rompo le scatole di camminare e comincio ad andare anche se ho le ginocchia leggermente infiammate, Filippo comincia a starmi dietro. Ci supera Carlo, tipo 65 anni, che va come un capretto. Lo tengo davanti a me e facciamo un bel pezzo assieme, correndo in discesa, Filippo sempre al seguito. Io e Filippo ci mettiamo d’accordo di ripartire assieme, io propongo 3 ore di sosta, lui 4… malvolentieri ma vada per 4, prevediamo arrivo a Cogne per le 20.00, partiremo a mezzanotte, mi chiede di svegliarlo se rimane addormentato (???).

Arriviamo all’asfalto/carrabile, Cogne dista ancora quei 5 km, qui camminiamo veloci senza correre. In fondo, non dobbiamo arrivare prima di Bosatelli.

A 2 km da Cogne una coppia ci propone un sorso da un bottiglione di dubbia provenienza, glissiamo elegantemente, poi io lascio indietro Carlo, Filippo e un altro che si era unito e corruccio, voglio arrivare. Arriviamo alle 19.30. Dico a Filippo di partire per le 23.30, mi manda a quel paese che ha cose da fare…

 

 

Terza Tappa Cogne - Donnas

giorno 2 minestra prosciuttoMangio l’ennesima minestra “potenziata”, sono a 8 minestre in 36 ore, doccia, tolgo i compeed in doccia e faccio un macello, sangue dovunque… sembra una macelleria… vado in infermeria, mi faccio medicare, mi bendano e mi massaggiano, dovevano mettermi il tape alle ginocchia ma ormai avevano messo crema massaggio per errore… Io tendo a scherzare con chiunque e questo forse fa in modo che i volontari facciano passare prima quelli incazzosi: a me di alzare la voce non va, i volontari stanno facendo un ottimo lavoro e preferisco aspettare sparando cazzate e divertendomi, perdendo un po’ più di tempo. Finito vado a nanna, tra una cosa e l’altra sono passate già 2 ore da quando sono arrivato. 2 ore complete di sonno in branda, lusso. Dormo benissimo.

Sveglia alle 23.45, alle 24.00 sono all’ingresso.

Cambio le scarpe e metto le ghette: opto per la versione protettiva per i piedi. Se partivo così non avrei avuto ancora vesciche a questo punto. Adesso ne ho anche tra le dita e sotto la pianta. A saperlo prima…

Filippo non si vede.

Lo cerco dovunque, chiedo a chiunque. Dopo 25 minuti di ricerca avviso in dormitorio, in refettorio, in zona partenza che io vado, che lo avvisino che l’ho cercato… non sono la mamma…

Questa tappa sarà la più facile, una volta su e poi giù fino a Donnas. 50 Km e 1500 D+.

Dispiace per i Tape, che in discesa avrebbero aiutato ed evitato di fare danni.

Sono abbastanza incacchioso per l242765124 10219580867180390 4329159375824603855 na mancanza di Filippo alla base vita, di conseguenza trotto molto e al primo ristoro di Lillaz raggiungo 4 toscani (3 toscani e un adottato, per la precisione), che accompagnavano il conosciuto Aldo, mi accodo a loro e mi faccio tirare, poi tiro a mia volta e saliamo con una certa velocità il colle. Si parla, nel buio, si scherza. Arriviamo al rifugio Sogno in pochissimo tempo, veramente dei treni.

Al Sogno c’è gente che dorme su un divano, si mangia finalmente una minestra non di dado, con pezzi di verdura vera dentro. Si vede che ci mettono un po’ di cuore. Qui per l’ennesima volta incontro il Texano, uno che nei sentieri lo senti a 2 km di distanza, da quanto urla, lo saluto e scambio due battute. Stiamo fermi 45 minuti, troppo per i miei gusti, vorrei andare ma aspetto il gruppo con cui sono venuto fino a qui. Arriva Filippo, mi chiede scusa, si era fermato a farsi fare un massaggio… (!!!) ed è partito mezz’ora dopo di 242797578 10219580869740454 2426289458158797965 nme (praticamente quasi all’1.00). Partiamo, ancora nel buio, senza Filippo. Si arriva al colle in poco tempo, la strada non è lunga. Foto di rito e si riparte in discesa, adesso ci si sgrana, davanti io, Aldo e il Toscano adottato Mauro, gli altri 3 rimangono indietro. Passiamo il rifugio Miserin, chiuso di notte, incontriamo subito dopo il gestore che stava andando ad aprire a piedi, arriviamo al Dondena che albeggia. Qui sul bancone avevano una boccia di latte fresco… una gola… chiedo un caffelatte… me lo servono in una tazza di ceramica… VERA… prendo 12-15 biscotti, mi siedo e mangio quello che sarà ricordato come il piatto più buono di tutto il TOR: caffelatte con i biscotti. Divoro tutto mentre guardo 5-6 persone abbattute sul divano in un angolo a fare un pisolo. Io non ho sonno, sono in paradiso con il mio caffelatte. Talmente buono che vado a prendere il bis e mi risiedo nella mia postazione, mentre guardo gente dormire.

Saluto la congrega toscana, ho la famiglia che arriverà a Donnas e voglio arrivare prima possibile.

Ormai c’è luce, parto corrucciando in discesa, allegrotto.242851585 10219580870860482 1842276356065109146 n

30 km di discesa, infinita, ma tanto è solo discesa.

Arrivo dopo 12-13 km a Chardonney, mangiucchio, bevo, saluto, “ancora 15 km e sarai a Donnas, tutta discesa.”, parto correndo. La famiglia aspetta.

242821919 10219580874500573 8024574429895642547 nPoint Bosses “bene, bravo, da qui in poi c’è un bello strappo di 500 D+, poi si scende.” COOOSA? Ma dai…. Tutta discesa, no?242833667 10219580877020636 5911780794060385078 n Vabbè… bevo un the caldo e assisto alla simpatica diatriba tra due volontari ultra 70enni, uno ha fatto l’alpino a Artegna e Venzone, l’altro ha fatto l’artigliere a Tolmezzo, fanno a gara a chi ce l’ha più lungo. Ho la brutta idea di uscirmene con un: “hei, io sono friulano!” ed entrambi fanno a gara a raccontarmi le loro avventure nominandomi giudice per definire chi dei due merita più onore… perdo 3 ore di orologio ad ascoltarli, col sorriso, che bella cosa le persone. Riparto senza rilasciare verdetto, accompagnato da un altro corridore friulano, che perderò poco dopo. La salita non me l’aspettavo, veramente infima, ormai le gambe si erano spente… oltre a questo fa veramente caldo, siamo scesi ben sotto i 1000 metri di altitudine e si sente l’afa… non sono più abituato, dopo 4 gg che sono sopra i 1300. Superiamo 3 ponti assurdi, con equilibrio instabile, uno peggio dell’altro, in uno salgo assieme all’altro friulano, io faccio saltare lui e lui fa saltare me mentre camminiamo sulle uova, pardon, sulle assi instabili… senso di mare mosso incredibile… ma sono a norma sti tratti qua??? Finalmente finisco lo scollinamento, scendo verso Sant Martin, arrivo in centro, sono sul marciapiede, vedo una ragazza tutta indaffarata che chiude il portoncino a chiave velocemente, cammina sul vialetto preoccupata, esce sul marciapiede, mi guarda, cambia espressione e con un sorrisone deciso mi dice “Forza!” facendo moto con il pugno a mezz’aria. Cacchio, sta qua, incasinata nella sua vita, trova un attimo di serenità per donarmela e farmi andare avanti… mi viene un groppo alla gola per l’umanità di questa ragazza, attraverso verso una fontana e mi sciacquo la faccia e le lacrime. Alzo la faccia e uno mi fa: “ciao, sono di Radio punto TOR, posso intervistarti in diretta?”… “sì, ma piangerò tutto il tempo”… va bene… e mi intervista, racconto quanto sono contento di essere qui, quante lacrime ho già versato, quanto mi sta dando il popolo della Valle d’Aosta e che mi aspetta la mia famiglia a Donnas. “Vai, allora, corri dalla tua famiglia!”.

Non me lo faccio ripetere due volte, cerco di guardare la strada attraverso le lacrimone bloccate sugli occhi e corro, ci sono altri 3 km di strada in paese, molto belli e suggestivi, sento mia moglie al telefono, condivido la posizione su whatsapp. E alla fine della zona storica di Bard sono lì, due scricciole che mi corrono incontro urlando “papà!”… io che piango e non riesco a dire niente… le abbraccio, le bacio, nel frattempo arriva mia moglie, bacio anche lei, c’è anche mia suocera ma a lei basta un ciao, che di baci ne ho dati abbastanza. Cerco di concentrarmi sulla gara per bloccare un po’ la crisi di pianto, facciamo 30 metri assieme, piango, rido, bacio, abbraccio, facciamo altri 20 metri assieme e poi gli dico di andare alla base vita che ormai ci siamo.

Passo davanti ad una scuola, la porta è aperta, sento la maestra che urla e sbraita agli alunni, sono 2 giorni che è iniziata scuola e già urli… sono le 12.20… la tentazione di entrare in classe e urlare “ricreazioneeeee!!!” è forte ma mi trattengo e procedo.

Becco 4 della gara, uno prima e uno dopo, che sono stufi e non vedono l’ora di arrivare in base vita, li supero: ho chi mi aspetta, io.

Arrivo alla base vita, negozio l’entrata delle bimbe e di mia moglie nella zona autorizzata con l’alpino volontario e gli allungo un centone per lasciar fuori mia suocera, sto mezz’ora con la famiglia, che bello, che pace. Parlo un po’ con loro, non ci diciamo praticamente niente, ma saranno momenti che mi caricheranno molto. Poi, come sono arrivate, se ne vanno. Scaccio subito pensieri tristi e mi riconcentro sulla gara. Ho 4 ore e mezza di pausa adesso.

 

 

Quarta tappa Donnas - Gressoney

242815702 10219580879180690 6826364261793057520 n242911481 10219585248809928 1652573085492840696 nQuesta base vita è all’interno di quella che potrebbe sembrare una specie di palestra, forse la peggio organizzata, ci sono 4 docce, senza un ripiano dove mettere la roba asciutta, tutte in una stanza. Provo a salire a dormire ma hanno 20 brande e la coda di persone che aspetta di andare a dormire, “dormi sul palco”… ok… vado sul palco, ci sono i massaggiatori che vanno su e giù, e muovono le assi del palco… mangio sereno, abbondante, mi metto in coda per i bendaggi alle vesciche, ma la coda è infinita. Poi compilano un elenco di chi ha bisogno di bendaggi/massaggi/tape e mi mandano a dormire, sempre sul palco. Dopo un tempo indefinito mi mettono il tape ma non hanno più bendaggi e devo aspettare… il materiale arriverà alle 16.30, io avrò aspettato tutto il tempo senza dormire, mi bendano e dormo finalmente 15 minuti mentre sono sul lettino dei bendaggi… Sto partendo per la tappa più lunga, ho fatto più di 48 ore di corsa con 2 ore e 15 di sonno, non bene. Ho una tosse infima, dovuta all’aria fredda in cima. Chiedo al medico presente e mi dice di prendermi Tachipirina e Fluidomucil Mucolitico che avevo con me.

E parto, praticamente senza dormire.

Se fino ad ora la gara era qualcosa di “atletico” da ora in poi si trasforma, diventa effettivamente una gara di endurance… pura resistenza.

Parto in salita assieme al gruppo toscano, ma comincio ad avere bruciore di stomaco, probabilmente dovuto ai due medicinali presi assieme. Li lascio andare e mi unisco a un certo Doriano, facciamo un tratto assieme. Arrivo a Sassa che sto pensando seriamente di ritirarmi. Col senno di poi mi rendo conto che avevo sonno e che il bruciore di stomaco era solo uno dei motivi per cui volevo ritirarmi. A Sassa provo a mangiare un po’ di pasta, ma ho sforzi di vomito e lascio perdere, prendo the caldo e molto zuccherato. Dico a Doriano che non sono bene e lui “Prenditi tutto il tempo che vuoi, ti aspetto”, una frase che mi rasserena molto e mi rimette in gara quasi in serenità. Saliamo assieme al rifugio Coda, la sua presenza mi aiuta. Sono ancora in equilibrio precario.

Al Coda: “c’è un posto dove dormire un attimo?” “No, se volete potete appoggiarvi sul tavolo”… il rifugio è chiuso agli atleti, hanno montato un gazebo svolazzante davanti al rifugio, vari atleti con la testa piegata sul tavolo che dormicchiano, c’è una che dorme sotto il tavolo con un sacco termico… la scena è molto triste e sconsolante. Quest’atteggiamento di chiusura dei rifugisti sconsola molto, la voglia di mandare a fancuore tutto è veramente tanta. Comincio a sentire la botta di sonno, mi vesto di tutto punto e mi butto sul tavolo, 25 minuti di sonno. Mi sveglio intorpidito e con voglia 0 di qualsiasi cosa… Chiedo cos’hanno di caldo, mi propongono le solite cose, ma in più una pasta panna e prosciutto, chiedo quella tentato dalla novità. La panna è qualcosa di spettacolare, mangio avidamente la pasta, raccolgo con la forchetta quanta più panna riesco, lasciando lì il prosciutto. Quella panna merita il secondo posto nella classifica dei piatti migliori del TOR, ci si aggrappa a ogni pensiero positivo per poter andare avanti, è dura…242886820 10219585253010033 2352129253070526201 n

Ripartiamo assieme, io e Doriano. La ragazza è ancora che dorme nel sacco termico sotto al tavolo.

Doriano mi dice che lui non corre su un sentiero in discesa se ci sono sassi. Ma proprio non cammina, si trascina. E’ caduto non so nemmeno quando una volta e adesso ha paura. Dopo 3 km sono lì che lo aspetto, lo incito, ma non ce la fa. Io non voglio lasciarlo, lui ha aiutato me e io aiuto lui. Mi suggerisce più volte di andare, che lui viene con il suo ritmo, rifiuto. La scena che si ripete varie volte è questa: vado avanti 100 metri, mi giro, non lo vedo, mi siedo e aspetto, arriva, riparto e vado avanti 100 metri… dopo 7-8 volte gli dico che così non ce la faccio, rischio di addormentarmi seduto, ho freddo. Per l’ennesima volta mi dice di andare, che arriva con calma. Alla fine non ce la faccio più e dopo un colpo da 100 metri vado avanti di altri 100 senza aspettarlo, mi giro, vedo la sua frontale e vado avanti per 100 e 100, ormai procedo, ma il sonno mi ha raggiunto, comincio a chiudere gli occhi mentre vado, il sentiero è di sassoni, le gambe vanno sicure ma non sono io che le guido, non vedo dove vado. Quanti km ho fatto? Quanti km sono passati? L’orologio segna tipo 170 , ma è un numero che non capisco, 170 cosa? Non possono essere km, è un numero che non capisco… Fino ad ora mi sono concentrato su tappe di 50 km e 170 proprio la mia testa lo rifiuta. Ho 8 km dal Coda al ristoro di dopo, ma quanto faccia 165+8 non lo so. 8 km che non finiscono più. Tiro fuori il GPS, ma non capisco nemmeno quello. Brancolo nel buio, occhi semichiusi, procedo, non vedo, fa freddo. Ho anche uno stimolo corporale, ma non è il momento, fa freddo, ho sonno, non riuscirei a reggermi con le gambe nel vuoto. Potrei usare un ramo per sedermi. Sono passati almeno 12 km dal Coda, c’è qualcosa che non torna, non capisco i numeri. Trovo un ramo, potrei metterlo a cavallo tra due rocce e sedermi sopra, ma è pieno di spuntoni, non è il caso, procedo. Ho voglia di piangere, sto morendo, sto morendo di sonno e se scivolo batto la testa e la finisco qui. Le gambe però, le gambe non tentennano, le gambe procedono, sante queste gambe, i piedi non sbagliano l’appoggio, non so come facciano, io non vedo. Passo davanti ad una stalla abbandonata, mi metto dentro 10 minuti? E se da casa con il GPS si accorgono che c’è qualcosa che non va? Mi viene da piangere, ma procedo per non far preoccupare qualcuno (mi immagino chi guardava il mio puntino alle 4 e mezza di mattina, ma questo pensiero era al momento insormontabile). Procedo e finalmente dopo 20 km faccio quei caxxo di 8 km tra il Coda e il Barma. Respiro, ho un groppo in gola enorme. Avanzo dentro, vedo una volontaria: Posso appoggiarmi a dormire da qualche parte? “vieni, ti porto”, no scusa ma prima devo andare in bagno “vieni, ti porto”. Mi accompagna in bagno, il cuore ricomincia a battere speranzoso, la vita forse non è finita qui. Dopo la pausa in bagno torno dalla ragazza, dove posso dormire? “vieni, ti porto”, mi accompagna in dormitorio, mi offre un letto vero, VERO, io la guardo disperato, non posso dormire lì, sono sporco, impantanato e sudato, non me lo merito, “togliti le scarpe e infilati sotto le coperte, hai un’ora”.

In quel momento ho provato tutte le gioie del mondo. Ero un rifiuto, una mer.a, tutto sporco, e questa ragazza mi ha detto “vai bene così come sei”. Mi sono messo a dormire come un bambino, sereno, chiudo gli occhi e mi svegliano subito “è passata un’ora”. Guardo l’orologio, sono le 6.02, effettivamente ha ragione, l’ora è passata senza che me ne accorgessi, mi alzo mi metto le scarpe, mangio qualcosa, lentamente, esco dal rifugio che il cielo comincia a schiarire, con un alba nel cuore. Prima di addormentarmi volevo ritirarmi, adesso sto uscendo da un momento molto buio, ma vedo la luce davanti a me. Cammino avanti, ragiono su quello che è successo, comincio a piangere, ho rischiato grosso, non è possibile che si arrivi a questi livelli, respiri profondi, vado in iperventilazione, ho una specie di attacco di panico, respiri profondi, caccio indietro le lacrime, i piedi vanno, iperventilo, annaspo, lacrime agli occhi. Passo davanti ad una malga, sono le 7, esce il malgaro, vedo solo la sagoma nera, mi guarda, gli dico buongiorno, “Vuoi un caffè?”, cioè, cazzo, ti sei appena svegliato, hai le tue robe da fare, vedi un minchione qualsiasi e gli apri casa tua? Caccio giù un groppo alla gola e “grazie, l’ho appena bevuto”. Mi chino e raccolgo un sasso, lo metto in tasca per ricordarmi di quel posto speciale. Cerco di tranquillizzarmi, respiro a fondo e decido di mandare un vocale all’ultima persona che se lo sarebbe aspettato: mio papà. “Ciao papà, qui tutto bene, ho appena passato la metà della gara!”, chissà se è capace di sentirlo. Ma io ne avevo bisogno, di dirgli che sono ancora vivo, che suo figlio non è morto prima di lui. Dopo un ora mi scrive mia mamma dicendo che mio papà è andato da lei per ascoltare il messaggio più volte, contento.

Adesso procedo, cazzuto più che mai. Spacco tutto.

Ci sono vari su e giù, vari colli, avanzo tranquillo e beato, il momento dell’Orcolat (l’uomo nero) è passato, da inizio gara a ogni colle ho raccolto un sasso, faccio una specie di collezione alternativa, ho messo i sacchetti con i nomi dei colli nel borsone e a casa avrò una pietruzza per ogni fatica. In questa tappa ne dovevo raccogliere 6, più uno a Barma per aver superato l’Orcolat.

242901773 10219585256570122 614471476513438662 nPioviggina, ma non importa, so che verso Courmayeur prevedono temporali, qui l’acqua che scende non è un problema e la vivo con serenità.

Lago chiaro, scambio due battute, parto e faccio 500 metri in discesa, dopo mi accorgo che ho lasciato i bastoncini indietro… cacchio, torno su, raccolgo i bastoncini e riparto. Scendo un attimo e incontro Valentino, corridore barbuto, scambiamo due battute, viene con me un pezzo che non ce la fa. Comincia la salita alla Crena du Ley e Valentino parte là davanti come uno stambecco, ho difficoltà a stargli dietro, la salita è impegnativa, tengo il ritmo mantenendo una distanza di 20-30 metri. Arriviamo al passo, lui è al telefono che dice che adesso non riesce a venire giù, in salita ce la faceva ma adesso… bhe… potevi pensarci prima di arrivare quassù… adesso che fai? Lo lascio al telefono e scendo, c’è molta aria sulla sella e piove bene.

Scendo trotterellando, mi supera una, la riconosco, è Emanuela Ita, sta facendo il Glaciers, parliamo un attimo, le racconto la nottata, lei mi dice che ha fatto tutta una ferrata con gli occhi chiusi la notte scorsa, senza moschettoni… d’un tratto quello che io vedevo come “momento vicino alla morte” lo percepisco come una cosa da poco… forse non è una cosa strana… forse questo mondo gira così…

243008379 10219585257370142 6706129324936705594 nArriviamo insieme al ristoro del col della vecchia, lei mangia pasta dopo un lungo periodo di digiuno perché le si era chiuso lo stomaco. Io non voglio. Entro sotto la tettoia-gazebo, hanno appena fatto la polenta… prendo un piattone di polenta fumante, mi ci buttano sopra una scaloppa di bistecca di collo grigliata, esco dalla tettoia strappando un pezzo di carne, tirando con i denti, le papille gustative che attaccano il sugo della carne unta, la carne è dura ma io lo sono di più, mastico, rido, mi faccio vedere da Emanuela e la invito a prenderne un pezzo, ricordo dopo che lei è vegetariana, ma un pezzettino se lo concede, visto l’inferno che ha passato. Finito il piatto non la vedo più, è già partita con il suo passettino silenzioso. E il podio dei piatti più buoni del TOR si chiude con il terzo posto proprio qui.

Scendo verso Niel, con calma, un po’ cammino, un po’ corro, un po’ cerco di farmi uno stuzzicadenti da un ramone per sfilare un pezzo di carne incastrato tra i premolari, dopo mezz’ora ce la faccio e vado avanti sereno.

Smette finalmente di piovere, arrivo a Niel accolto da dei mega campanacci, non ho fame, mi siedo e saluto Elia, “hei, io parto adesso, vieni con me?”… sono arrivato adesso… vabbè, mangio uno joghurt veloce e lo seguo, senza fermarmi.

242906637 10219585260450219 7740480680204436792 nTrottiamo veloci, è assieme ad una amica che abita a Courmayeur, in salita tirano come disgraziati, dopo aver fatto 700 metri di dislivelli a una velocità impossibile e prima che io tiri le cuoia li saluto e rallento. Mi rimetto l’impermeabile, non piove ma fa fresco, salgo e penso che un pisolino ci starebbe, visto che questa salita è veramente lunga, che sono abbastanza in basso, che non piove, che c’è un bel prato. Sveglia 10 minuti e provo il mio primo microsonno programmato. Ogni 2 minuti passa uno a chiedermi come va, io alzo il pollice senza effettivamente svegliarmi. Dopo 10 minuti sono rinato, mi alzo e vado su, ho proprio un bel passo, raggiungo altri, quasi in cima mi arriva il torpore del sonno, fuori luogo, faccio un bel pezzo in cui viaggio molto bene, ma vedo e sento tutto ovattato, come dietro ad un vetro lavorato della doccia. Ma le gambe vanno, e chi se ne frega. Arrivo in cima sul col Lasoney, attorno ai 2300 m, foto, sasso e parto in giù. La discesa adesso passa per la valle di Loo, una valle scavata da ghiacciai, dicono che 50 anni fa c’era ancora il ghiacciaio qui, sono dentro una nuvola, c’è molto vento e la temperatura percepita è quella di un ghiacciaio, cerco di corrucciare per lo meno per non prendere freddo, ho pantaloni antipioggia, maglia, impermeabile, guanti e sopraguanti, ma ho freddo. E ho sempre questo sentore di mondo ovattato. Corro nel prato in discesa, arrivo al rifugio a 2000 di altitudine.

Ora, non so se ho salutato con un Hola all’inizio, ma mi scambiano per spagnolo, parlo in italiano, mi rispondono in inglese, faccio dei discorsoni in italiano e gli dico che sono di Madrid e mi credono. Facciamo discorsoni, parliamo di frollatura di costata di manzo, ci mettiamo d’accordo di rivederci 17 giorni dopo, quando la carne sarà pronta per la cottura. La mia testa ormai è in pappetta ma non lo do a vedere. Tolgo i guanti e parto, vedo due ragazze salire in canotta, avviso che su si gela, in bocca al lupo…

243127198 10219593713221533 4955889387934487311 n

Voglio correre gli ultimi km, ma le gambe non ne vogliono sapere… A Gressoney ci sarà di nuovo la famiglia, per tornarmi i power-bank carichi. Chiamo la moglie, le dico che sarò giù per le 18.00. Scendo, ma dopo la discesa si trasforma in un sali-scendi sfiancante, i km non finiscono più e io inizio a sentire la stanca, arriverò 45 minuti dopo, sfinito. Ma vuoi mettere l’emozione di quelle due scricciole che stanno correndo verso di me? Corro verso di loro, le abbraccio, piango. Che bella roba…

 

 

Delle bandellette e dei cerotti

Faccio una breve pausa, mettere questo post alla fine sarebbe troppo scontato e non gli darebbe la giusta importanza.

Al TOR è impossibile arrivare senza essersi fatti male da qualche parte.

Bisogna aver fortuna per non farsi male troppo e doversi fermare. Fortuna con la C maiuscola.

E bisogna anche aver carattere (la C maiuscola non faceva riferimento al carattere… ma ci sta bene anche qui) per andare avanti nonostante tutto.

Le vesciche fanno male, le contratture fanno male, le giunture fanno male, lo stomaco fa male. Bisogna sopportare e andare avanti.

Ho avuto vesciche dalla prima tappa, dalla seconda tappa ho cominciato ad usufruire dei fisioterapisti e volontari. Alla seconda tappa la fisioterapista è sbiancata vedendomi le piante dei piedi tumefatti, mi ha fatto un bendaggio perfetto, con questo mi pareva di non sentire niente, me lo sono fatto rifare altre 2 volte prima dell’arrivo, man mano che me lo rifacevano coprivano altre parti, bucavano vesciche, curavano, proteggevano. Mani sante che hanno curato i miei piedi, che mi hanno aiutato ad arrivare.

Alla terza tappa mi hanno massaggiato le ginocchia troppo sollecitate, messo a posto le bandellette e messo il tape sui tendini tra polpacci e cosce, alla quinta e alla sesta massaggi e sistemazioni varie, alla 6^ mi hanno messo il tape alle ginocchia, ormai al limite della sopportazione. Partito, mi sentivo le rotule in gola, ma questo ha fatto in modo che io riuscissi a spingere oltre ogni previsione, correndo fino alla fine.

Più passavano i km e meno coordinato ero, ovviamente. Ho sbattuto i piedi contro ogni roccia, messo male i piedi e tirato le caviglie.

Non ci si può concentrare sui dolori, bisogna andare avanti. Bisogna fare finta che non ci siano.

Se non c’erano i volontari non arrivavo a Courmayeur. Possiamo quasi considerarlo un mezzo imbroglio? Bho…

A Valtournenche e a Ollomont ho fatto 30 minuti di nanna sul lettino, mentre mani sante mi curavano e rimediavano ai danni che mi ero procurato.

Ringrazio i fisioterapisti, che hanno rimesso le ali ai nostri piedi, oltre alle bende.

A Ollomont c’era un infermiera che scrutava negli occhi tutti quelli che arrivavano e chiedeva: “Come va?”, se non eri capace di mentire abbastanza ti fermava e non ti lasciava andare avanti. Ringrazio anche questa infermiera, che aveva la responsabilità di salvarci da noi stessi, all’occorrenza.

Ringrazio gli angeli volontari, che vedono di noi, che ci fanno una battuta, che risollevano gli spiriti, che ci rinfrancano come possono.

 

 

Assistenza

Avere qualcuno che ti assiste è come fare un altro TOR.

L’assistenza arriva a tutti, in vari livelli.

Può essere quella dei messaggi da casa, di cui ho fatto tesoro, mi sono ritrovato a rileggere messaggi alle 3 di notte, al buio. Hanno fatto più questi di molti piatti di pasta.

Può essere quella di parenti e amici che ti vengono a trovare, o ti cambiano la borsa/zaino, ti sostituiscono in tutto e per tutto per alcuni momenti. Questa è l’assistenza vera e propria, ti salva la vita e sicuramente può farti guadagnare 10 ore di TOR.

assistenzaIo ho avuto una semi-assistenza in gara.

Mia Moglie Michela Marina Mior (5M in tutto) è venuta da me a Donnas come da accordi, mi ha aiutato a sistemare lo zaino, ha tolto le cose sporche dal borsone e mi ha dato i sacchetti dei vestiti per il giorno dopo. Mi ha preso i power bank da caricare e mi ha preso la frontale scarica. Le è sembrato quasi di fare poco, ma quell’attimo di respiro è stato indispensabile.

E’ venuta poi a Gressoney, lì l’effetto pit-stop Ferrari è stato splendido, mi ha sistemato le garze, mi ha ripulito le gambe, montato la luce, tornato il power bank, fatto lo zaino. 20 minuti che sono valsi 2 ore, che mi hanno permesso di andare avanti.

Il TOR io l’ho fatto e finito con 5M.

Il TOR inizia quando cominci a pensare di premere “preiscriviti”, da quel momento cominci a tartassare 5M con tutte le tue seghe mentali, tabelle, considerazioni, paure, tecnicismi. 5M magari non capisce tutto, ma ascolta e dà spazio. 5M è lì, subisce i tuoi allenamenti, subisce i weekend mancati al mare perché tu devi fare un lungone o sei in carico. 5M è santa.

Poi 5M passa 9 giorni a Courmayeur, pregando che torni vivo, in silenzio. Fa quello che può, va in farmacia a prenderti le garze, ti gira le tabelle che le hai mandato su whatsapp 2 settimane prima e non capisce, ti rincuora, ti risponde a messaggi incomprensibili.

Finisce il TOR e piange più di te, tu sei ancora ubriaco e non capisci cosa sta succedendo, ma lei si commuove per te.

Il TOR io l’ho fatto e finito con 5M, la medaglia è anche la sua. Il sudore è anche il suo.

Amo Michela e la ringrazio. Non vuole che la chiami “mia moglie”. Azzardo un 5M, spero non si arrabbi, o perlomeno spero che sia più felice che la ringrazio di quello che è arrabbiata.

 

 

Quinta tappa Gressoney-Cretaz Valtournanche

L’incontro con la famiglia qui sembra un pit-stop della Ferrari, avevo concordato tutto con 5M (mia moglie, Michela Marina Mior) al telefono per evitare di perdere tempo in base vita. Evito la doccia e i bendaggi. Cedo i bastoncini curve a mia moglie, uno dei due ha perso il chiodo, ho quelli di riserva nel borsone giallo. Le bambine mi puliscono le gambe dal fango con le salviette, mia moglie mi tira fuori i cerotti, pulisco tutto, metto crema, mi cambio, cambio le pile e recupero quelle robe che mia moglie mi ha lavato e asciugato. Sistemo lo zaino. Cambio la batteria nella frontale. In 15-20 minuti faccio quello che avrei fatto in base vita in 2-3 ore. Saluto, bacio, abbraccio e entro in base vita, dispiaciuto che non possa stare di più con loro. Non so quando le rivedrò.

In base vita mi cambiano il rilevatore GPS, ormai scarico.

Vado a mangiare: hanno verdura fresca!!! Mi faccio un piattone di insalata, radicchio, carote, pomodori. Questo piatto lo percepisco stupendo ma non entra nella top 3. Ormai la top 3 è conclusa: HO fatto parte della gara respirando a bocca aperta, ho fatto lunghi tratti con la parte finale della bocca completamente asciutta, ogni tanto me ne accorgevo, chiudevo la bocca e cercavo di portare un po’ di saliva in quella zona, sembravo un vecchietto senza dentiera, per capirci. Da qui in poi non sentirò molto i sapori e quindi se mangerò cose molto buone non me ne accorgerò, purtroppo. In compenso the caldo e sale li sentirò che grattano in gola.

Finita l’insalata vado nuovamente al buffet e faccio un giro di sola carne, mi giustifico con il volontario facendogli vedere che ho il piatto sporco di verdura, prendo arrosto di tacchino, salame, bresaola, crudo, cotto… e una birrazza per annaffiare tutto.

Prendo e vado a buttarmi su un materassone della palestra, nella stanza destinata al dormitorio. Smessaggio a 2-3 persone, metto la sveglia e dormo. Per la prima volta devo stare attento al cancello orario, a Donnas avevo tipo 9 ore di anticipo sul cancello, qui con 2 ore e mezza di sonno partirò con solo 30 minuti di vantaggio. Cosa vuol dire dormire/non dormire… Se sono troppo cotto procedo comunque, ma lentissimo. Conscio di questo mi metto la sveglia dopo 2 ore e mezza. Questo sonno aiuterà ad andare più veloci.

Dopo 1 ora e mezza, ciclo di sonno completo, apro gli occhi e guardo l’orologio… mi impongo di dormire ancora, dopo un'altra mezz’ora però sono in piedi, non ho sonno. Me la prendo con calma, passo per il bagno, mangiucchio ancora qualcosa e parto per la prossima tappa, semplice-semplice, due su e due giù.

Al punto ristoro chiedo se piove ancora, no, non piove. Perfetto.243138860 10219593710981477 3905551281878209324 n

Uscendo faccio due battute con i volontari rilevatori di chip, mi cazziano perché sono in pantaloncini corti, mi danno dell’irresponsabile, fuori piove. Mah, mi hanno appena detto che non piove… “ah, non piove?” eh… no… “allora va bene…”

Esco, è una bella serata post pioggia, si sente l’aria umida e calda post pioggia, la temperatura è confortevole e in pantaloncini e maglietta termica si sta da dio. Ovviamente è buio, sono le 22.30 di sera. Tipo 5 km di asfalto in leggera salita, vado deciso, mando due messaggi a questo e quello, conforto 5M che sta andando tutto alla grande (sempre mia moglie, Michela Marina Mior) e la ringrazio per l’assistenza di prima. Sento Marco, quello la cui colpa è stata farmi iscrivere al Tor, scambiamo due battute e mi incoraggia, mi dice che su SpiritoTrail stanno tifando per me.

Finito l’asfalto sono in parte ad un francese, gli dico subito “Je ne parlè Fransè: 1) Abatjour 2) Garage” e faccio motto con le mani che ho finito lì le mie conoscenze. Lui l’inglese proprio lo mastica male, ma la magia del TOR fa in modo che io e questo Greg francese ci facciamo un mega discorsone sulla capacità del nostro corpo a sopportare le situazioni limite, mi racconta che a Gressoney era senza borsone giallo perché gliel’avevano perso, e mille altri discorsi. Ci raggiunge il suo amico francese Alain, che puntava alle 130 ore ma che ha avuto problemi fisici e adesso si accontenta di arrivare.

Comincia il sentiero, andiamo avanti un pezzo assieme, senza accordarci. Arriviamo al rifugio Alpenzou già un po’ divisi, li saluto e gli dico di andare. Riparto con il conosciuto Doriano, io sempre in pantaloncini e maglietta confortevoli.

Si sale un po’, ma Doriano da subito è in difficoltà, da quel che ho capito non ha dormito molto fino ad ora. Io sono forte e fresco con le mie 4 ore e 25 di sonno, anche se è la notte tra mercoledì e giovedì, quindi ho superato le 86 ore di gara. Procediamo abbastanza bene, ma sopra i 2000 mi dice che deve fare un microsonno, si alza il cappuccio sulla testa, si appoggia ai bastoncini, chiude gli occhi, “quanto ho dormito?” 40 secondi… avanziamo 3 minuti, “devo fare un altro microsonno”, chiude gli occhi di nuovo, “quanto ho dormito?” 1 minuto… così 5 volte fino ai 2500, io mi vesto bene a questo punto, che aspettare fermi a queste altitudini di notte non aiuta. A ogni sosta prende qualcosa di diverso, gel, barrette, oki, mi impunto un po’ che fare microsonni a queste altitudini fa più danni di quello che aiuta. Finalmente arriviamo alla cima, foto di rito, ma se in salita non ce la faceva in discesa è uno strazio. Io continuo a cercare di tirarlo, lo aspetto, mi sento sempre in debito, se al Sassa lui non mi avesse aspettato non sarei qui a tirarlo, sarei già a Courmayeur senza braccialetto.

Pioviggina, a momenti, mai niente di serio, ci si bagna un po’, io ho impermeabile e pantaloni antipioggia, non ho paura di niente.

La discesa è un supplizio, prende qualsiasi cosa per restare sveglio, se all’1 aveva gli occhi chiusi, adesso sembra che la faccia gli si sia contorta verso il centro in un unico punto, ha gli occhi vicinissimi al naso e la bocca altissima sulla faccia. Sembra un cartone animato di Braccio di Ferro, quando danno un pugno nel naso a uno, faccia avviluppata. Non so come abbia fatto a contorcersi così, lo si vede che sta soffrendo. Io non lo mollo, anche se sono molto tentato anche solo per evitare l’abbiocco che sta scendendo su di me. Guardo l’orologio, guardo Doriano, magari sono anche un pelo severo, ma sembra che se “alzo un pelo la voce” mi segue e accelera. Ritorno alla civiltà, attraversiamo un paesino di montagna, vediamo un corridore che si fa una pennichella su uno sdraio di una casa, in parte ai bidoni dell’immondizia. Inutile dire che questo tran-tran comincia a mettere ben sonno anche a me. Arriviamo alla strada carrabile, ormai ci siamo e dico a Doriano che la strada è diventata facile, ci vediamo al rifugio. Dopo 1 km torna ad essere sentiero, ma non ho balle di fermarmi, mi si stanno chiudendo gli occhi, accelero invece, è tutta la discesa che ho allucinazioni visive da un bel po’ (nei sassi o nei rami a terra vedo animali stilizzati, facce di persone, fate, teschi…). Un altro km e si arriva alla periferia di Champlouc.

Qui ricorderò il momento più HOT di tutto il TOR, mi giro a SX e vedo una finestra al primo piano illuminata di rosso, guardo dentro e vedo una ragazza, bionda, che sta facendo la vasca con la schiuma, nuda. Mi giro incredulo verso la strada, guardo l’orologio, sono le 4 e mezza di mattina. Penso subito ad un allucinazione, sono a posto. Però…

Riguardo verso la finestra, è lì, con la sua schiuma e il braccio alzato che sta insaponando. Impossibile. Continuo a procedere, senza più guardare. Dopo 30 metri mi dico: “se ti giri adesso non vedrai niente, neanche la luce rossa”. Mi giro, la casa ormai è inclinata, ma la luce rossa si vede ancora. Chiederò poi ad altri concorrenti, molti hanno notato la luce rossa di notte, solo io ho visto la donna nuda. Ma tutti tifano perché quello che io ho visto fosse la verità. Rimango con il parziale dubbio.

2-3 km di centro, infinito, quanto lungo è questo Champlouc, non potevano chiamarlo Champ-cort…

Arrivo al ristoro, ben poco accogliente visivamente, chiedo un posto dove dormire, hanno le brandine, chiedo alle due ragazze volontarie una ninna nanna, mi guardano negli occhi e mi dicono che non serve, effettivamente… vengo svegliato mezz’ora dopo, come richiesto. Dormo bene, vedo in parte a me Elia che sta dormendo, naturalmente non lo sveglio. Esco dal dormitorio, chiedo se c’è un infermeria, mi dirigo dall’infermiera, le chiedo di darmi una scotchata all’alluce SX che mi si sta staccando un unghia. Visto che sono col fiatone nel rimettere la scarpa, mi controlla con il saturimetro, tutto a posto. Mi propone di prendere qualcosa per il dolore all’unghia. “Che dolore?” “All’unghia, visto che è alzata ti farà male” “Sinceramente no, non ho tempo e voglia di sentire il male…”, “ok, non prendere niente… contento tu”. Non sono un supereroe, ho fatto gli ultimi due mesi prima con una mezza influenza, curata con l’OKI, poi ho preso 15 giorni di antibiotico perché mi era comparso il cerchio tipico del morbo di LYME, dopo aver avuto vari morsi di zecca, e ho avuto una bella influenza nella seconda metà di agosto, ho cercato di prendere medicine il meno possibile e ho finito di fare l’aerosol 2 giorni prima del TOR. Ho cominciato il Tor che ero stufo di prendere medicinali e ne ho preso solo uno a Cogne come indicazioni del medico per poi pentirmene per il mal di pancia.

Chiedo un the caldo e una pasta. La pasta la lascio lì, dura e asciutta, sembrava mi aspettasse da almeno 3 ore nel piatto. Vedo Doriano, la faccia è ancora in versione-popeye. Lo scruto tra le fessure della pelle, dove dovrebbero esserci gli occhi, e gli dico “vai a dormire, 1 ora, poi ti alzi, mangi e riparti fresco” Ha tutto il tempo per farlo, è partito 2 ore dopo di me, non ha cancelli che incalzano (scoprirò dopo parlando con Elia che non lo ha fatto, ha fatto 20 di semisonno sul tavolo ed è ripartito).

Parto, ancora mezzo rintronato, i primi km sono in un parco/bosco, con statue di legno intarsiate ogni 30-50 metri, molto bello, se non fosse che sono completamente rincoglionito. Ma il cielo sta schiarendo, e la luce del sole porta via il buio e il rincoglionimento. Ci sono ancora nuvole. L’orologio mi segna 250 km, probabilmente canna 5-10 km in più, mi ha dato qualche problema a 230 km e ha sfarfallato un attimo, ho dovuto togliere l’auto-lap perché continui a registrare. A Gressoney cmq segnava 210 km, penso correttamente. Alla fine della gara mi segnerà 440 km. Dopo tutti questi numeri, il succo è che adesso segna 250 km e come da accordi giro la foto ai miei amici di casa, tenuti a fare un brindisi ogni 50 km. Questa gara può generare grossi problemi di alcolismo…

243155546 10219593714301560 1192088595985880127 n

 

243156779 10219593719021678 483965319510696174 n243165104 10219593714861574 6839669856171661762 nMi sono spogliato, fa caldo, mi sto un po’ troppo trascinando, mi raggiungono il gruppo dei 3 toscani, Matteo, Luca e Federico, già conosciuti in precedenza, facciamo la salita assieme, a patto che non tirino troppo. E invece… tirano. Facciamo una mezza pausa per fare la foto al Cervino, su cui ha nevicato sta notte. La pausa consiste nel rallentare 2 passi per tirare fuori il cellulare, loro non fanno tutti le foto, uno dei tre è delegato a fare le foto, per ottimizzare i tempi, dopo 2 passi “lenti” ripartono a palla. E io dietro, sorrido, protesto senza troppa convinzione. Arriviamo a 2500, chiedo una pausa per mettermi qualcosa addosso, e loro accelerano il passo… così ci si scalda senza bisogno di strati… disgraziati… Arrivo al Grand Tournalin, campane di mucche che suonano a manetta, ristoro, saluto il gestore (gestrice, si dice?), dovrei bere una grappa per un mio amico, ma sono le 9.00 e opto 243148111 10219593713941551 5468316043279138130 nper un the caldo. Salita al col di Nana veloce e poi discesa assieme ai toscani, si parla del più e del meno, uno ha la mezza sotto l’ora e 20 e la maratona ben sotto le 3 ore, ma cosa ci faccio io qui con loro… Chiedo della ragazza che faceva la vasca nuda, hanno visto la luce rossa, hanno il mio appoggio, ma non hanno visto la ragazza.

Si scende dal col di Nana veloci, la vista è stupenda, le nuvole a ciuffi cotonosi lasciano spazio ad un cielo azzurro, timido, ma c’è e dà energia. Si scende bene, assieme. In 3 ore siamo a Cretaz-Valtournenche, senza accorgerci del tempo che passa mentre parliamo.

Ho di nuovo 7 ore di vantaggio sul cancello orario, cosa vuol dire dormire bene…

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Sesta tappa Cretaz Valtournanche – Ollomont

E’ mezzogiorno, arrivo alla base vita determinato, non voglio farmi fare massaggi, non voglio fare la doccia, mangio, mi curo da solo, dormo e parto.

E invece…

Passo davanti alla zona massaggi, che si trova sul palco di un teatro, non c’è nessuno che occupa i lettini, do il mio numero di pettorale, tolgo i bendaggi ma non i tape, vado a fare l243263829 10219598198533663 4484619915755948370 na doccia, torno e salgo subito sul lettino. Una ragazza (sarà innamorata di me, sarà affascinata dal mio atteggiamento maschio, sarà che ci mette passione in quello che fa, più probabilmente) si prende cura di me, le dico: “tu lavori e io dormo?”, “vai tranquillo”. Mi massaggia, mi mette a posto la bandelletta destra, mi sistema un po’ il gonfiore alle ginocchia, mi sussurra “puoi abbassarti un po’?”, le dico che può anche svegliarmi in modo più grintoso, che con il sussurro non è detto che mi sveglio, mi inizia il bendaggio ai piedi, mi sussurra “puoi girarti?” continua con i suoi lavori, mi massaggia, fa il bendaggio ai talloni. Sarei rimasto a dormire lì in eterno, ma dopo 20 minuti arriva il suo “capo” e dice “questo qui è stato abbastanza”, mi manda via, io ringrazio, scendo dal palco e guardo l’ottimo lavoro, è rimasto scoperto l’alluce con l’unghia alzata, chiedo un pezzo di cerotto e me lo scotcho da solo. Ottimo lavoro.

Metto i calzini per evitare di rovinare i bendaggi, metto le infradito… le infradito sui calzini, sui bendaggi, sui piedi gonfi… non ci stanno… cammino scalzo con le infradito in mano fino al tendone, mangio, comincia a piovere bene e dopo esco dal tendone con le infradito “ai piedi”, senza bagnarmi nei 3 metri dal tendone al teatro/palestra-dormitorio. Scalino di 40 cm fatto con una certa difficoltà, con le mie calzature da hawaiano, ma non mi bagno. Destinazione nanna. Mi metto il piumino, mi metto il scaldacollo sugli occhi e mi butto in branda per 2 ore meritate di sonno, mentre la pioggia batte sul tetto della palestra.

Dopo 45 minuti arriva Elia, mi sveglia: “Hei, prevedono tempo peggiore tra un po’, è meglio partire subito”

(cioè… mi hai svegliato per…)

(45 minuti di sonno per…)

“Grazie.”

Richiudo gli occhi.

Ma ormai il tarlo del brutto tempo si è insinuato nel mio cervello… E chi dorme più…

Quel “grazie” che suonava molto come un “vaffancu.o” non detto… non si può svegliare uno che sta dormendo durante un ultratrail…

Mah, ormai non dormo più.

Mi alzo. Piove.

Metto i pantaloni da corsa per la prima volta, ho freddo. Vado in bagno e mi sento ridicolo. Vedo Aldo, che sta per partire, ha i pantaloncini e le gambe unte. Vedo i toscani, anche loro con i pantaloncini.

Evacuare in base vita: Entri in bagno, ovviamente si tratta di una turca e soffri già al pensiero di dover utilizzare i tuoi quadricipiti a sorreggere il tuo peso dopo 260 km mentre tu sei un pelino costipato.

Chiudi la porta, ma la porta non si chiude (oh, sono falegname, non ho trovato una porta in tutta la valle d'aosta che chiudesse bene... potrei aprire una sede in VDA, farei i soldi), non è che non si chiude a chiave, l'anta non sta nemmeno vicina, rimangono 2 cm di fessura...

Farò veloce.

Trovo una posizione adeguata, chino e mettendo la mano dietro tra la schiena e il muro, dovrebbero inserire questa posizione tra quelle che ti insegnano a yoga, la posizione dello str..zo. (=struzzo). Praticamente sono "quasi seduto".

Fatto? Fatto.

6 rotoli di cartaigienica aperti disposti a torre, raccolgo il primo dalla pila mentre rimango nella posizione dello struzzo. Ovviamente la manualità non è delle migliori, prendo il primo ma il secondo cade e subito rotola via... srotolandosi per terra nel bagno, mi alzo con i pantaloni chinati e gli corro dietro a 90, lo prendo e nell'esatto momento che l'ho preso si spalanca la porta, OCCUPATO! sollevando la mano con il rotolo impugnato malamente che parte con una traiettoria y=-x²-4X+2 a parabolissima, la porta si chiude, il rotolo vola e va ad atterrare magicamente al centro della turca.

Vabbè, parto, va…

Tolgo i pantaloni lunghi, mi ungo bene per far scivolare la pioggia. Quei 5 minuti con i pantaloni lunghi mi ha ridato comunque il calore corporeo di comfort. Per non parlare dell’apporto dell’imbarazzo

Mangio una robina, per dare grinta al cervello, non ho fame visto che ho mangiato 1 ora prima.

E parto con i toscani, sotto la pioggia.

1 ora e mezza di pioggia battente, poi smette.

1 ora e mezza che potevo dormire.

1 ora e mezza che se dormivo non mi sarei bagnato.

Non si può svegliare uno che sta dormendo in un endurance… ognuno si fa i suoi programmi e nessuno può dire agli altri cosa è bene o non è bene fare. Soprattutto non può dirglielo quando dorme… mannaggetta… Pace, ormai la pioggia l’ho presa.

243252746 10219598198893672 2369600457856460361 nIn quest’ora e mezza ho passato i 17696 metri di salita, due Everest, giro il messaggio a 5M, mi risponde con un messaggio di sole immagini whatsapp, bottiglie, facce che ridono e piangono, io mi lascio andare a un momento di commozione e piango a dirotto. Ho lasciato andare i toscani per godermi il momento.

Si passa sotto un muro di una Mega Diga, sopra c’è il rifugio Barmasse, dove mi fermo un attimo, ci sono vari turisti abbastanza brilli che mi osannano, bevo qualcosa di caldo, saluto due compagni di avventura (uno dei due sa dove si trova Flaibano, stranamente non gli ho chiesto se conosce Buriano) e parto.

Questa tappa è bella lunga, ha un dislivello con i contrococones, ma è tutto un saliscendi, senza troppi strappi lungoni… io preferisco quando le salite sono 3 ma sono massacranti, invece di 5-6 piccole. Non mi rendo conto di quanto manca così. Sono sicuro che manca tanto, ma in testa non riesco a figurarmi questi 50 km e 4000 di dislivello, come si svilupperà. E’ snervante.

243269229 10219598200973724 5735445501571915199 nIl lago davanti al Barmasse è bello, pioviggina ancora una mezz’oretta, poi si rasserena e si vede il cielo azzurro, che pian piano diventa buio. Arrivo allo scollinamento della Fenetre d’Ersaz senza frontale, mi fermo per tirarla fuori dallo zaino, faccio due foto, saluto due francesi che mi superano, respiro l’aria della sera a pieni polmoni, sono felice di essere qui.

Riparto camminando, bastoncini alla mano, tic-tic tic-tic, un francese si gira verso di me e mi fa motto di fare silenzio. Io smetto di respirare e cammino in punta di piedi fino a loro, a 5 metri da noi c’è una volpe, enorme per essere una volpe, avrà 50-60 cm al garrese, la sua sagoma in cima ad una collinetta, ci guarda, uno dei due francesi fa qualche foto e poi partono, io armeggio un po’ col cellulare, la foto viene uno schifo e mi accontento di godermi questo momento di intimità unico con la natura, saluto la volpe, continuo leggero e silenzioso come sono arrivato. Mi sento fortunato.

243286968 10219598204693817 140314980802082111 nNemmeno un km e siamo al rifugio Vareton, è quasi buio, fa freddo. Ci invitano ad entrare in una stanza 3x3, c’è una stufa a legna, tutti hanno messo qualcosa attorno alla stufa ad asciugare, siamo in 7 seduti attorno al tavolo 1x1, impossibile che ci stiamo tutti, ma ci stiamo. Mi portano una minestra calda, che non ho chiesto, ma che accetto volentieri. Dopo 2 parole capisco che sono l’unico italiano, 6 francesi presenti, ciò nonostante tengo banco e scambio battute con tutti. Uno si fa portare ghiaccio per il ginocchio, chiedo “mojito?” e giù a ridere, 6 francesi e un italiano stanchi, vicino ad una stufa accesa, a 2300 mslm, di notte. Che mondo meraviglioso. Mi accordo per partire con i 2 francesi della volpe, esco, prendo i bastoncini, armamento un attimo con lo zaino e non so più se loro sono già partiti o se sono ancora dentro.

Parto veloce per prenderli, raggiungo altri 3 del gruppo di 6, chiedo dove sono, sono davanti.

Cerco di tenere il passo ma pian piano il buio è completo e il sonno torna a farsi sentire… 5 ore e 40 di sonno su 270 km, su 110 ore di viaggio, non benissimo. Per fortuna la luna mi accompagna, una luce flebile che sostituisce, per quel che può, il sole.

I 3 francesi pian piano mi staccano, io guardo le loro luci davanti, cerco le bandierine, mi concentro sul sentiero. Sento delle urla dietro a me, mi giro, uno sta correndo in salita, dove io farei 3 passi lui ne fa 1, urla “Oouuu? Ma come ti permetti? Delinquente!!”, non capisco con chi ce l’abbia, si avvicina sempre più “Perché togli le bandierine? Disonesto!!” (ometto parolacce e bestemmie, le frasi erano più colorite). Ma di cosa parli? E dove dovrei avere le bandierine che tolgo? “Le strappi dal terreno e le butti per terra!!” Cerco di farlo ragionare, pian piano si calma, gli faccio notare che i bastoncini delle bandierine sono tutti masticati dalle mucche, che i cristiani non masticano i bastoncini così, gli parlo un po’ in veneto adattandomi a lui e si calma. Lo ringrazio perché mi ha svegliato dal coma, effettivamente non avrò più sonno per 3 ore…

Sella Fenetre du Tsan, foto e parto in discesa, il veneto urlante procede veloce davanti a me, non lo vedo più, per 2 km non vedrò nemmeno una bandierina e il sospetto che si sia vendicato si insinua in me, per fortuna c’erano varie mucche a lato sentiero, il sospetto si è subito dissolto. La discesa pian piano spancia, diventa meno pendente, ho la luce frontale scarica e devo usare quella meno potente, avere poca luce non aiuta, due concorrenti mi superano e io mi unisco a loro, cercando di non perderli, sguardo fisso sulle loro schiene per evitare di addormentarmi. Arriviamo assieme al rifugio Magià. Sono in coma.

Entro, prima ancora di chiedere se c’è un posto dove dormire, sento che rispondono ad un altro corridore “abbiamo un letto a partire dall’1.30”. Guardo l’orologio, sono le 0.08, non posso aspettare 1 ora e mezza per dormire un’altra ora… ormai la domanda l’avevo in testa e chiedo comunque “c’è un posto dove dormire?”, la risposta ovviamente è no. Ci sono solo 4 brande, nella stanza destinata al ristoro, pur sempre al caldo dentro al rifugio. Mi sposto lentamente, tolgo le scarpe pronto a dormire appoggiato al tavolo, prendo un the nel mio bicchiere di silicone, ci sono fondi di tutto, cocacola, zucchero, sali, è un mondezzaio questo bicchiere. Il the bollente magari igienizza qualcosa, mi siedo con lo sguardo spento.

Arrivano due, chiedono se possono dormire sul tavolo, gli rispondono di sì e questi si mettono distesi, uno sopra e uno sotto. Probabilmente il rifugista non aveva capito bene cosa intendevano, lo vedi stranito dalla conseguenza della sua risposta, io mi appoggio con i gomiti a 10 cm dalla testa di quello sopra e sto attento a non calpestare quello sotto… Morfeo mi conquista verso le 0.45 mentre sento il rifugista padre dire “c’è troppa gente qui, ma io non posso mandarli fuori, devono poter riposare”. Santo uomo, da quel che ho capito ha aperto una camera per accogliere altra gente, mi sveglio alle 1.10, c’è molta meno gente in stanza, i due del tavolo non ci sono più, sono partiti all’1. Io sono cadavere, ho gli occhi aperti ma il corpo sta ancora dormendo. Il rifugista figlio mi guarda, se vuoi ti do una branda all’1.30… non voglio perdere tempo, ma non posso andare avanti così. Sosta in bagno, ok, all’1.30 mi stendo. Vedo Doriano, appena arrivato, gli dico: “dormirò in branda un ora”. Bevo un the, guardo quelli stesi, chissà chi farò alzare per mettermi giù, quasi mi sento in colpa… chissà come funziona, il rifugista lo butterà giù e metterà me sotto le coperte… ore 1.25 Greg il francese mi dice in francese “noi andiamo via adesso, vuoi venire con noi?” Guardo la branda, guardo Doriano, sono un pelo impaurito dal dover fare un’altra notte da paura in sua compagnia, guardo Greg… Ok, vengo con voi. Mi accontento dei miei 25 minuti di sonno. In caso tra poco ci sarà il Rifugio Cuney, se non ce la faccio, dormo lì.

243271161 10219598206853871 2687031691504970343 nVia nella notte, insieme ai due francesi Greg ed Alain. Saliamo di buon ritmo al Cuney. Qui il rifugio è chiuso, si entra nel gazebo in parte, hanno un cannone che spara aria calda collegato ad una bombola GPL, non si sta male, ci sono 4 sdraio, 2 sono occupate dai miei due compagni di nanna sul tavolo di prima, fanno altri 15 o 30 minuti di sonno. Greg ha dolori alla pianta del piede, gli do una mia bustina di gel per massaggi, Alain che lo conosce già da 30 ore (!?!) gli fa un massaggio per recuperare la pianta dolorante, come se fossero amiconi di vecchia data. Che bella cosa il TOR. Io mi metto un attimo davanti al cannone a scaldarmi, mangiamo e ripartiamo.

Il col Chaleby dista uno sputo, e poi c’è un altro sputo per arrivare al Bivacco Clermont. Ma di notte è tutto più difficile, arriviamo al Clermont, si entra in un bivacco diviso in 2 stanze, 2x3 ciascuna, una ha 2 letti a castello stipati dentro (non si capisce come li abbiano portati dentro, probabilmente hanno fatto il bivacco attorno ai letti), letti occupati da gente stremata. L’altra stanza ha un tavolo e due cassepanche a piena stanza, uno spolert, due rifugisti dal cuore grande e 8 persone dentro. Ci si schiaccia, ci si sposta e si sta tutti, al caldo. Mangiamo di nuovo bene, Greg sembra stia un po’ meglio.

Comincio ad essere poco lucido e facciamo i conti di quanto manchi al cancello orario di Oyace. Non ce la faremo mai. O tiriamo come disgraziati oppure ci fermeranno perché siamo troppo lenti. Facciamo due considerazioni in inglese assieme, siamo nella cacca.

Dopo una pausa di 15 minuti ripartiamo, il col Vessonaz è subito dopo ma siamo (o sono?) molto agitati per la mancanza di tempo. Sul colle per la prima volta non faccio la foto, ogni secondo per me è importante. Gli altri due invece si fermano per millemila selfie… forse non hanno capito l’urgenza.

Scendiamo veloci, “veloci”…

243379630 10219598208933923 8650895434544713049 nPian piano schiarisce, parlo con Greg dicendogli dell’ansia del cancello, mi da ragione, poi Greg e Alain parlano tra di loro, in francese, che io nuovamente non capisco… Il loro discorso mi crea sonnolenza, anche se il cielo ormai è chiaro. Sono stufo, voglio arrivare ad Oyace. Corro davanti a loro, chiudo gli occhi e corro a occhi chiusi, braccia pronte con i bastoncini in mano, mi inciampo a dx e la mano dx scatta, dà un colpo di bastoncino, mi raddrizzo e mi sveglio di soprassalto… richiudo gli occhi dopo pochi secondi e la cosa si ripete a sinistra… 2 km di tortura… Niente di provato, niente di voluto, il mio corpo adesso è sveglio e la mia mente e i miei occhi dormono… come avrò fatto a rimanere in piedi…

Greg fa una pausa tecnica tra i cespugli, mi si avvicina Alain, mi dice che Greg così non riesce a procedere, chiedo se si ritira, no: chiama la ragazza, che chiama il medico, la ragazza lo richiama e lo autorizza a prendere un antidolorifico, lo tira fuori dallo zaino e lo prende. Aspetta che faccia effetto e parte zoppicando… In Francia non prendono medicine senza l’autorizzazione del medico... Ti va di culo che alle 7.30 il medico ti ha risposto… Ha prenotato subito una visita da un medico vero (vero?) dell’ASL per farsi controllare, non si fida dei medici (finti?) dell’organizzazione, lo porterà alla visita la sua ragazza da Oyace. Che robe complicate i francesi… L’antidolorifico fa effetto e mi lasciano indietro nell’ultimo km verso il ristoro di Oyace. Io mi rifaccio i miei conti e scopro di essere più di 4 ore in anticipo, la lucidità sta notte non era mia amica. Non vedrò più i francesi, scoprirò all’arrivo che il medico ha detto a Greg che era tutto un problema di testa, e arriverà all’arrivo quasi un’ora prima di me…

Bevo cocacola da un volontario che sbagliava ogni cosa che gli si chiedeva, vado in bagno, dormo un’ora in branda, potrei azzardare qualcosa di più, ma manca solo uno scollinamento alla base vita, non voglio mangarmi tutto il vantaggio qui. Parto fresco, c’è il sole, vedo bambini che giocano, gente che sorride, Oyace meriterebbe una visita più lunga. Supero qualcuno e vado avanti deciso, il sonno di 1 ora è stato una manna.

243240576 10219598212254006 8324353311820415591 nArrivo in cima al terzultimo colle, Col de Brison, sono le 2 del pomeriggio… comincio a sentire che quest’avventura sta finendo, mi viene un po’ di malinconia, anche se mancano più di 60 km… Smessaggio a 5M, sempre pronta a rispondermi subito per dirmi che sono un figo. Aiuta, eh!

Incontro altri 2 francesi dei 6 di prima, quello del ghiaccio sta scendendo all’indietro perché ha troppo male al ginocchio. Scoprirò dopo che ha fatto 3 ore dal medico a Ollomont, e indovina-indovinello… il medico ha detto al francese del Mojito che era tutto un problema di testa, e arriverà all’arrivo comunque prima di me… sti francesi e le loro teste…

Scendo veloce. Arrivo correndo al ristoro di Berio Damon, ho come l’impressione che manchi solo io, che sia l’ultimo, non vedo nessuno, ringrazio i volontari, esco. Un vecchietto mi dice dove devo andare, gli presto la massima attenzione, non perché io non veda le bandierine, ma perché a lui sembrava di aiutarmi e io mi faccio aiutare volentieri dai vecchietti che gli sembra di aiutare. Il popolo della VDA mi ha dato tanto, torno un po’ di quello che ho ricevuto.

Arrivo ad Ollomont poco prima delle 16.00, il cancello d’entrata era alle 17.00, tutto a posto, calcolato. Voglio farmi medicare e fare un ora e mezza di sonno. Devo ripartire prima delle 19.00.

 

 

Settima tappa Ollomont- Courmayeur

La zona massaggi è dentro al dormitorio, in un tendone da sagra, è praticamente deserta, “fatti la doccia e vieni qui”, scatto. Le docce sono in degli sgabuzzini all’aperto: la mia porta, che ovviamente non si chiude bene, è davanti alla finestra della cucina, sapessi a questo punto quanto me ne frega di farmi vedere nudo… entro in doccia, mi spoglio, apro, prendo quello che mi serve dalla panchina davanti, chiudo, riapro, saluto il cuoco che mi guarda perplesso. Vado in zona massaggi, ci provo anche qui: “tu lavori e io dormo? Perfetto”. 20 minuti di nanna nel lettino, mi fanno i bendaggi nuovi, mi mettono i tape nuovi, frontali per aiutare le ginocchia, sento le rotule in gola ma aiuterà molto. I tape nuovi sono neri e bianchi, sono vestito a festa!

Mangio e mi metto in branda, sotto 2 strati di coperte, oltre al piumino. E’ pomeriggio, non fa freddissimo ma siamo a 300 e passa km e adesso il corpo ha bisogno di un po’ di assistenza.

3 minuti che sono lì, quasi addormentato. Arriva “il mio amico veneto”, entra urlando in dormitorio, dice tutto quello che deve dire ai massaggiatori: da quel che ho capito da Oyace è salito al Brison, ha avuto un problema muscolare e invece di continuare a Ollomont ha seguito il suggerimento di una signora incontrata sul percorso che gli ha detto che a Oyace c’erano i massaggiatori, è ritornato indietro, non trovando nessuno… Naturalmente mi toglie il sonno. Mi alzo e parto, ho dormito 1 ora a Oyace e 20 minuti in zona massaggi, programmo altri 30 minuti al prossimo rifugio Champillon, che dovrei raggiungere al tramonto.

Sono fuori con 1 ora di anticipo sul cancello, non avrei potuto dormire molto comunque.

243387872 10219601824984322 5837656045559357595 nSalgo di buona lena, arriviamo ad un pascolo stupendo, faccio foto, vedo il pastore, gli dico che è fortunato ad essere qui, “non c’è internet e quando piove è un puttanaio, ancora una settimana di questa mer.a”… punti di vista… io farei firma.

Salgo ancora, il Champillon è là davanti, il sole sta scendendo, accelero anche se faccio gli ultimi 300 metri praticamente al buio. Vedo il rifugista, comincio a parlare, mi schiarisco la gola e poi dico “c’è un posto dove dormire una mezz’ora?”, dal tono sembrava fossi disperato, il rifugista premuroso mi dice che posso salire, vado nella camera con i letti a castello, sono le 20.20, metto la sveglia alle 21.00. Sento urlare tra rifugisti fuori, protestano che hanno troppa gente a dormire, sposto la sveglia alle 20.50 per correttezza.

“Ehi! Sveglia! Sei qui da un’ora!” Coooosa? Guardo l’orologio… 20.40… sono 20 minuti… “ah, scusa, mi sono confuso con un altro…”

Ormai… mi alzo.

Con questo siamo a 3 risvegli non desiderati nelle ultime 30 ore. Non bene.

Vado sotto la tettoia dedicata al ristoro, fa calduccio, scambio due parole con uno, mi dice che farà 1 ora di pausa a ogni ristoro d’ora in poi, seduto, senza dormire. Bevo un the zuccherato e mangio frutta disidratata, mi decantano la minestra di qui, sembra gustosa ma ormai sono al dolce e ho lo stomaco un po’ chiuso. Andiamo, va…

Il sentiero sale bene, ma incredibilmente, dopo 300 km e più di 22.000 metri di dislivello fatti, i muscoli rispondono perfettamente, non mi pesa la salita, anzi. Sono arrivato al punto che io “discesista di professione” preferisco la salita alla discesa. 300 metri di dislivello su meno di 1 km, fatti. Arrivo al penultimo colle, “ogni biel bal al stufe”, ogni cosa se fatta troppo a lungo stufa. Foto e sasso al Col Champillon, scrivo a 5M e vado, lei tifa per me. Anche Marco mi dice che se ho bisogno, di chiamarlo a qualsiasi ora. Mi sento le spalle coperte.

243450716 10219601830744466 5377798901306674537 nDal colle cominciano le allucinazioni. E’ l’ultima notte, sono a 8 ore e 05 di nanna in 131 ore di viaggio. Vedo immagini di qualsiasi cosa sui sassi, ad un certo punto mi rompo le scatole, tiro fuori il cellulare e ogni “faccia” che vedo la fotografo (nessuno a casa nelle foto vedrà quello che ho visto io questa notte… quegli occhi, quegli sguardi da terra… che ansia…). Mi sorpassano in due, uno prima e uno dopo, metto via il cellulare che non sono venuto qui solo per fotografare allucinazioni.

Ogni sasso mi fa vedere qualcosa, è una situazione pesante, cerco di non fissarli, ma devo guardare il sentiero per forza, che fatica.

Mia mamma, santissima donna, mi manda una registrazione di una canzone di chiesa per supportarmi… ho un burrone profondo 500 metri sulla SX, ho un muro di roccia sulla DX e sto ascoltando una musica di messa… “Signôr, cjolmi cumò!”, Signore, portami in paradiso adesso…

Mi concentro sulla discesa, va. Si vede laggiù il ristoro di Ponteille Desot, ci sono delle luci, si vedono le luci delle frontali davanti a me per tutta la discesa, in questo momento si vede bene quante povere anime siamo in giro sui monti, cacchio, tutti davanti a me… procedo, fa caldo, scendendo di quota però la temperatura scende, passiamo sopra un fiume e c’è una corrente d’aria veramente fredda, il ristoro non arriva più, ho paura di aver sbagliato strada, chiedo, ma sono giusto, guardo indietro, la montagna è tempestata di lucine, aaaah, allora non sono l’ultimo…

243364266 10219601831464484 4238147882577146547 nArrivo al ristoro, griglia accesa, “ti facciamo un panino?” yeeessssss! Capocollo e zucchine unti, bevo coca, mangio il panino, ma fa un casso di freddo, indosso impermeabile, pantaloni antipioggia, guanti, sopraguanti, ma fa freddo, c’è tanta aria. Mangio di corsa e scappo, se fosse più caldo mangerei ancora qualcosa. Il panino deve essere stato delizioso, ma ho la gola in fiamme e deglutisco con difficoltà quel ben di dio senza sentirne troppo il sapore.

Parto verso la discesa più lunga del tor, magari sembra a me, entro in trance, mi sembra di essere un deportato o un prigioniero, mi stanno obbligando a spostarmi da un posto ad un altro, infinito, procedo veloce camminando ma odio tutto e tutti. La discesa è blandissima, 200 metri in giù su 10-12 km di strada sterrata, o poderale che dir si voglia. Ma è infinita. Sono in coma. Raggiungo Doriano, mio compagno delle notti di coma… non aiuta molto, eh… è con gli sforzi di vomito, non vede bene dove va. Ma meglio che stare da soli. Gli racconto delle mie allucinazioni, mi suggerisce di stare sulla corsia di DX, lontano dal burrone, ottimo suggerimento.

243441703 10219601848704915 3616102826689751961 nGli faccio notare che davanti alla luna le nuvole sono a forma di trattore, disegnato come lo potrebbe disegnare un bambino, proprio ben disegnato con un pennarello, lui non lo vede. Figurarsi quando gli faccio vedere che adesso si vede uno slittino e una ballerina distesa sopra… Disegnato bene, nitido sul cielo, Doriano mi guarda di traverso. Mi godo da solo i successivi trip, senza condividerli, se non sono apprezzati…

Continuo ad avere questa sensazione di ansia di deportato…

Doriano ogni tot si ferma, con sforzi di vomito, non scaricherà mai. Io ogni volta approfitto per togliere o rimettere i pantaloni antipioggia, ho caldo, ho freddo, in realtà sto soffrendo per il sonno e il corpo mi manda messaggi assurdi, sperando che per un motivo o per l’altro io mi fermi.

Arriviamo a Saint Remy, il ristoro mi sembra di vederlo nel mezzo, là sotto, facciamo un giro infinito prima di arrivarci, mi sento torturato, quanto ci fanno girare per arrivare qui sotto… magari me lo sono immaginato ma mi è sembrato che ci facessero avvicinare a spirale, 2-3 km di giro-giro assurdo. Ma arriviamo.

243451410 10219601834264554 6939855135405999268 nTendone da sagra in piazza, entro, c’è uno, brutto e grosso che mi guarda, peserà 150 kg (oh, senza offesa, ma non so se vedo bene, questa era la mia impressione da allucinato…), mi chippa, chiedo dov’è un bagno, mi risponde descrivendo il percorso infinito che ha fatto Ulisse per tornare a Itaca, ringrazio, esco dal tendone e vedo una ragazza, sembra gentile, le chiedo dov’è il bagno, mi risponde “lì”, indicando una porta in parte a me. Lodata sempre sia la ragazza gentile. Entro, la luce non va, l’interruttore non c’è, cacchio se sono in trip. Poco male, accendo la frontale e faccio quello che va fatto. Esco dal bagno e entro nel tendone, il chippatore mi guarda in cagnesco, lo supero schivandolo, chiedo a uno dove posso dormire, “dove vuoi!” muovendo il braccio a ventaglio con la mano aperta mostrando tutto il tendone… mi guardo in giro, per terra hanno messo linoleum a coprire i sampietrini della piazza, c’è gente che dorme sopra tavoli, sopra le panche, per terra, gente seduta appoggiata alle braccia sul tavolo. Eccolo, il lager dei deportati. Per fortuna non ho chiesto delle docce… (battuta magari triste, ma capitemi…).

243444022 10219601832504510 532780755351172003 nCerco un buco dove appoggiarmi, uno si alza da sotto il tavolo, gli chiedo se posso distendermi lì, “certo!”, che culo, mi ha lasciato il posto! Per terra sotto al tavolo… Quello in parte a me ha 3 teli sopra, uno termico e due di nylon rumoroso. Il tendone è scaldato da un cannone, si accende ogni 2 minuti per 30 secondi, ogni volta che si accende i teli di nylon si alzano a vela, il tipo li blocca e se li porta giù, fa un fracasso incredibile e dorme.

Ho troppo sonno, mi addormento, nel sonno ogni tanto sento rumori di nylon che si stropicciano, ma dormo. Suona la sveglia 30 minuti dopo, il tipo del nylon è ancora lì, mi alzo, non è il momento di temporeggiare. Mangio mezza mela (sono stato 1 settimana senza frutta…), Doriano non c’è più (avrà mai dormito in tutto il TOR?). Parto da solo, abbandonando il lager. L’ansia del cancello orario del prossimo punto di Merdeux incalza, non so quanto manchi. Il cancello sarà alle 8, o alle 6, non capisco bene quello che mi manda Marco da casa. Sono le 3 di notte, dovrei farcela più o meno facilmente.

Avanzo spedito, sono fresco adesso, dopo 2 km mi giro e vedo una decina di luci dietro di me, faccio da apripista, sento il texano che sarà indietro di 500 metri, che sbraita al buio. Accelero il passo, supero 2 persone, in due punti diversi, che dormono a bordo sentiero. E il cervello torna a spegnersi… di nuovo le allucinazioni, ho la percezione che ci sia una casa in sasso sulla DX e che ci sia un cavalcavia sopra di me, ogni volta che sposto lo sguardo per metterli a fuoco non c’è niente, a dx prato o alberi, sopra stelle. Che aria pesante.

Passo in parte ad una casa, sarà Merdeux? Urlo, chiamo “c’è qualcuno?”, un cane in casa comincia ad abbaiarmi, vado avanti e indietro, un altro cane comincia a latrare assieme al primo, sempre chiusi in casa, per fortuna. Ok, se qualcun altro si fosse fermato qui, i cani erano già incacchiati prima del mio arrivo, procedo.

Non vedo niente, anzi, vedo le bandierine che riflettono, i catarifrangenti aiutano, quando alzo lo sguardo vedo tante lucine, alcune frontali, vedo il ristoro là davanti, forse… o forse è tutto buio e mi sto immaginando tutto…

Arrivo ad una mega stalla… che sia Merdeux? Ma un nome più carino potevano dare a sta mer.a di posto che devo raggiungere… non è sicuramente Merdeux, vedo uno che esce dalla stalla, sta iniziando la sua giornata di lavoro, al buio, mi fermo per farmi vedere, ma non mi dice niente, non mi caga, ok se qui dovevano chipparmi mi avrebbe detto qualcosa. Avanzo 30 metri, ma poi mi viene il dubbio, magari non mi ha visto… macchecazzo… un cane mi guarda incuriosito, sull’angolo della stalla… vabbè… vado avanti, va… non ci sono gli striscioni tipici della gara e mi convinco a procedere.

Lucine, si vede là lontano che ci sono le luci del rifugio, di una tonalità più calda rispetto ai catarifrangenti, abbasso lo sguardo, lo alzo, ci sono i due rifugi, uno dietro l’altro, Merdeux e Frassati, ok, pompo, alzo lo sguardo, si vede proprio il contorno delle finestre del Merdeux, la volta successiva che guardo, però, il primo ristoro è scomparso. Ci sono lucine catarifrangenti, belle allineate, troppo allineate, le sto immagginando. Mi incacchio, questo sentiero non porta da nessuna parte, sto crollando, sto morendo. Fanculo (si può dire?), mi siedo e tiro fuori il cellulare.

Mi sveglio, sono seduto con il cellulare in mano… cazzo, mi ero addormentato.

Apro il programma GPS del cellulare. Non c’è internet. Apposto.

Guardo whatsapp, Marco mi ha scritto 1 ora e mezza prima che dovevo arrivare a Merdeux entro le 8. Gli scrivo “Ma dola ca l è?”, dov’è? Sono in panico, sono stanco. Non posso andare avanti così. Devo dormire in sicurezza, altrimenti mi addormenterò in piedi. Avanzo, cerco un posto in cui non si rischi di rotolare giù dalla montagna (sì, sono in pendenza, non so quanto pende sta montagna, ma se cado addormentato non la racconterò a nessuno sta cacchio di notte…), trovo un posto ideale, mi metto giù di traverso sul sentiero, zaino addosso, incassato dentro un cespuglio di rododendri per tenermi bloccato. Metto la sveglia dopo 10 minuti. Dopo 9 minuti mi sveglio, mi stanno scavalcando in 3 corridori, chiedo scusa, aspetto la sveglia e mi alzo.

Fermo, in piedi.

Per terra c’è la brina.

Cazzo, fa freddo.

Fa molto freddo.

Penso “ipotermia”

Penso “devo essere aiutato?”

No, cacchio, ho freddo, ma non sto congelando. Batto i piedi, scuoto le mani, saltello. Freddofreddofreddo. Tiro fuori un TWIX tarocco dallo zaino, mangio avidamente, veloce, mentre attacco la salita in rapidità, per generare difficoltà al mio corpo, il mio cuore pompa sangue a palla per gestire i miei stimoli e mi scaldo velocemente.

Maddovecazzoèstomerdeux…

Meno di 10 minuti e sono davanti al Frassati… non capisco bene perché sono già al Frassati, ma entro, sto pensando che ho saltato il chippamento del Merdeux. Io indietro non ci torno, MI RITIRO. Ma magari torno lo stesso indietro, il cielo sta schiarendo e forse il coraggio da qualche parte lo trovo… per tornare a Merdeux…

Mi chippano, due concorrenti seduti in parte mi guardano e mi dicono che è tutto a posto… a posto cosa…COSA?

Merdeux quest’anno non era un cancello orario, non chippavano. Io non capisco.

Sono confuso.

Esco a guardare l’alba del nuovo giorno, non so se ho freddo, non so se sono vivo.243452992 10219601836184602 3887108816031543611 n

Vedo l’alba, non mi sembra sia lì per me. Bella come non mai, ma io non posso godermela, il cielo non sta schiarendo per me, io sono da un’altra parte, forse.

Esce il responsabile dei Chip, deve chipparmi, mi hai già chiappato, “ok”, rientra.

Lo seguo con lo sguardo, i miei piedi lo seguono, non so se il resto del corpo segue i miei piedi ma mi ritrovo dentro.

Sono ancora vivo.

Esisto.

Mi metto vicino ad una stufa a legna accesa.

Mi guardo in giro.

Facce stralunate con dei pettorali. Ok, mi sto orientando, sto facendo una gara. Assurda, ma sto facendo una gara.

Mi tocco lo zaino. Cacchio, ho ancora i 50 euri che mi ero messo in zaino per i momenti neri. E’ un momento nero. E’ “IL” momento nero.

Vado al bancone. Voglio premiarmi. Esco con una battuta per chiedere una crostata, non mi viene bene, il barista mi guarda stralunato, probabilmente ho detto una cosa tipo “Ciao, sono un non-morto, voglio succhiare il tuo sangue”, o qualcosa del genere, vedendo la sua espressione. Mi schiarisco la voce, rinuncio alla battuta, riformulo e dico: “cappuccino, succo, crostata, pago”.

243389395 10219601840024698 2938949480523904300 nMi siedo ad un tavolo, con un altro concorrente, mi guarda male, cosa sto mangiando? Non potevo accontentarmi del buffet standard del ristoro? Mah, guarda, ho pensato: “stavo per morire, non sono morto, se morivo sti 50 euro non li avrei spesi. E’ giusto spenderli adesso, in onore della vita”. Non gliel’ho detto, ho pianto pensandoci, soffocandomi con la crostata che mi sono sudato. Tossisco e finisco la colazione del campione, pagata.

Mi rimetto davanti alla stufa, mi scaldo. Cacchio se sono cazzuto. Montano in me tutte le emozioni del mondo, un orgia di emozioni, a momenti mi sento un dio.

Esco, vado a godermi l’alba. La guardo, mi dice che è lì per me. Scendono lacrime, silenziose. Faccio due foto. Sono vivo ancora, anche oggi. Non è uscito ancora il sole, c’è una skyline stupenda, sotto nuvole, davanti la linea di montagne, sopra un cielo rosaaranciato. Io sono qui. Lo sguardo resta qui, ma io procedo, fluttuando sul sentiero. Mi accorgo che sto già guardando il Malatrà, avanzo. Saluto uno della gara del Tor des Glaciers, mi rigiro, finalmente esce il sole, io sono già in moto e non mi ferma nessuno.243434324 10219601841784742 4890698671948152392 n

Volto le spalle all’alba, ultimo scollinamento sull’erba, davanti ho un arco invalicabile di montagne burbere, grigio nera, pietrame, l’ambiente è sterile e freddo.

Sono già stato qui?243519692 10219601842904770 3360807755502379095 n

Ommioddio! Sono a Mordor! La somiglianza di quest’angolo di Valle d’Aosta allo stereotipo di Mordor del Signore degli anelli è straordinaria… Incute timore. Mi sento Samvise Gamgee. Non Frodo, non sono protagonista, sono quello con la pancia sfigato che mai avrebbe avuto il coraggio di fare quest’avventura. Ma cacchio se l’ho fatta. Sono qui, sono cazzutissimo. Se mi vedesse il mio gaffiere…

243503102 10219601844264804 4996042371179234040 nAvanzo tra il pietrame, che scivola sotto i miei piedi, senza paura, arrivo al pertugio, all’ultima sella da scalare, senza timore, c’è una coppia di anziani salita prima dell’alba per vedere noi sopravvissuti all’ultimo scollinamento, mi applaudono. Il fotografo ufficiale mi plaude. Il Col Malatrà è fatto, mi sento ormai nella storia. Ora, sola discesa.

Smessaggio, mi godo due risposte arrivate al volo, corro in discesa.

E prendo Doriano…

Doriano che non riesce ad avanzare sui sentieri di sassi… che mi toglie il sogno di una volata finale…

Lo accompagno un pezzo, non mi sento più in dovere ma lo accompagno. Mi sento di avergli tornato tutto, con gli interessi, ma non lo mollo. Metto da subito le cose in chiaro: io voglio fare gli ultimi 15 km da solo, me lo devo, voglio rivivere i momenti di quest’avventura e stamparli nella mia anima. “Ma non hai corso fino adesso da solo?”

Cacchio, non vorrei si offendesse, ma mi sembra quasi che stia facendo i capricci…

Ho pagato sangue per quest’avventura, ho sudato, mi sono sacrificato, voglio goderne.

Da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano, per citare un telefilm che guarda mia figlia piccola Ginevra. Da soli però si percepisce tutto in modo più forte, le emozioni sono più forti, sei più vulnerabile e ti lasci investire da tutto, paure, soddisfazioni, gioie e ansie. Insieme ad altri crei uno strato, una protezione, tu sei più forte e non vivi a pieno le sberle o le carezze che ti arrivano. E’ tutto più facile ma meno gustoso. Oh, insomma, praticamente ho preso sberle da solo per 340 km, le carezze le voglio vivere a pieno.

Guarda, ti accompagno fino al Bertone, ma dopo la strada sarà in solitaria.

Accetta, quasi malpagato.

Si mette a tagliare i tornanti dei sentieri (!?!) sull’erba in una pendenza assurda, cade, scivola, ma insiste fuori sentiero, gli dico che così io non riesco, le mie ginocchia soffrono. Seguo il sentiero, faccio 3-4 volte tante il suo percorso, ma avanziamo assieme da quanto è lento e cade.

Arriviamo al punto più basso, il sentiero risale, lo saluto, ma rimango ancora un attimo con lui, poi Doriano rallenta e quasi mi sfugge, io vorrei quasi rimanere ma le mie gambe vanno, le mie gambe sono stronze il giusto, le mie gambe pompano e non sentono le ragioni del mio cuore e della mia mente che dicono di aspettarlo.

Arrivo al ristoro, bevo solo cocacola e chiedo com’è la strada adesso: “7 km in discesa con 800 D-, un saliscendi di poca importanza e di nuovo 7 km in discesa con 800 D-, totale 14 km”.

Cacchiooooooooo! I miei piedi partono, le mie gambe pompano, io sto ancora bevendo cocacola al ristoro ma la parte bassa è già che corre là davanti! Non ho già fatto 340 km, sono partito adesso. Corrissimo.

Guardo whatsapp, scrivo a tutti che dovrei arrivare tra l’una e le due.

Leggo il tifo dei miei amici, cacchio se sono gasato!

Il Bertone lo vedo in parte ma non lo cago nemmeno.

Pompo subito, tutto quello che ho, sorpasso!

Ma… c’è qualcosa che non va, mollo le ghette, ho le scarpe slacciate, sistemo, ripartooooooooo!!!

Risorpasso

Mi fermo, tolgo l’impermeabile.

Risorpasso

Mi fermo ancora, mavaffancuuulooo, tolgo pantaloni antipioggia e maglia, tolgo tutto, che adesso si pompa e ho caldo.

Risorpasso quei poveri 3 che si sono visti sorpassare 4 volte dallo stesso minchione che poco dopo si ferma… ma sta volta volo fino al traguardo, e prendetemi se ci riuscite!!!

Via! via, senza un domani, non ho il polpaccio sinistro che sembra si stia aprendo dallo sforzo, non ho le vesciche che stanno per esplodere nelle scarpe, non ho le ginocchia che battono ferro contro ferro sullo stinco. Ho 20 anni, sono appena partito e spacco tutto!!!

Scendo, inciampo ma corro.

Arriva il su e giù: sul “su” corro lo stesso, cacchio se sfondo tutto. Secondo “su” corruccio… Terzo “su” cammino veloce spingendo con i bastoncini… cacchio se questi “su” sono tanti… sorpasso ancora ma pian piano rallento, cacchio. Forse “cacchio” l’ho già detto ma il vocabolario a 350 km si riduce, CACCHIO. 5 km di su e giù.

E la gente, la gente che ti dice che manca poco. E allora tu vai.

E la gente che ti dice che mancano 500 metri al ristoro. E tu vai ancora.

E invece mancavano 2 km, ma non torni indietro a imprecare contro quello dei 500 metri, lo maledici, ma con poca convinzione. E vai ancora.

Ristoro, sorrisone. “Manca pochissimo”, non sono convinto. “Sì, guarda, da quello spuntone si vede Courmayeur.”, io vado a controllare se si vede, faccio 10 metri in più ma non mi faccio fregare di nuovo. Courmayeur è là!!! “4 km di discesa, asfalto e sei arrivato”

Cooooorrroooooo! Scendo!

Ci sono pietre sul sentiero, il piede davanti salta la pietra, il piede dietro non riesce quasi mai ad alzarsi abbastanza, do delle pedate assurde alle pietre, mi sto sfasciando la parte sopra dei piedi, ma fanculo, vado!!!

Famiglie intere che mi sentono arrivare, si fermano, si spostano e applaudono! A me? Sì, a me!… piango… corro. Sto facendo 15 km correndo come un pazzo…

Incontro Collè, il primo arrivato con 66 ore e bruscolini, già 3 giorni prima, mi urla “Bravo!”.

Mi fermo.

Lo guardo in faccia.

Eh, no, cazzo, Franco, bravo tu. (testuali parole)

Lui bofonchia qualcosa, sul fatto che io sono bravo per altri motivi. Non capisco molto bene, ma mi convince. Sono bravo.

Corro in discesa, una ragazzina di 14 anni mi insegue, con il suo zaino rosa inadatto.

Finisco il sentiero, faccio due passi camminando sulla poderale, mi giro e le faccio i complimenti, “non fermarti, corri!”

Mapporcamiseria, non si può respirare in questa gara… vabbè corro!!!

E giù, la strada entra in paese, diventa asfaltata, le signore del sabato mattina che mi dicono:

“Bravo”, grazie!

“Bravo”, grazie!

“Bravo”, niente, alla terza signora non ce la faccio, sto piangendo e non riesco a parlare.

Con un rantolo di voce chiedo a due bambini da che parte, “di là”, giro entrando nel parco Bollino. 30 bambini, con le bandierine che urlano, io urlo di più: EEEEEEEEEEEEEEEE! E loro rispondono urlando, scendo in picchiata tra di loro, le nostre voci diventano un tuttuno, loro corrono in discesa con me, mi sento un dio, EEEEEEEEEEEEEEEEEEEE, il cuore tra un attimo mi esplode, avrò i battiti a 2000, urlo, sembro una cometa con la mia scia di scintille, 30 scintille urlanti! Che figata!!!

Esco sull’asfalto, giro verso il centro, gente che applaude, gente che ha gli occhi puntati su quello sfigato che corre come un pazzo dopo 146 ore…

C’è un matrimonio, la sposa sta salendo in macchina, urlo VIVA LA SPOSAAAA! Urlano tutti, con me, che mondo meraviglioso!

Corro, un simpaticone amico della sposa mi chiede se posso fermarmi per fargli una foto, rido, avanzo tra le viuzze del centro, la gente si sposta per me, mi applaude, che robe… arrivo alle transenne, vedo le mie piccole e Michela 5M, butto i bastoncini a terra, prendo le mani delle mie figlie, mia moglie ride e singhiozza, corro con le bambine tra le transenne, arriviamo alla pedana gialla, ho paura che non ce la facciano a salire e quasi le sollevo, facendo gli ultimi 2 metri di dislivello! Urlo! Siamo arrivati! Non ho più lacrime! Le mie bambine sono vicine a me, manca solo… eccola! Scendo a baciare Michela, non mi accorgo che mi stanno mettendo la medaglia, bacio Michela, lei sta piangendo e singhiozzando, io sono fatto, ubriaco e non capisco più un caxxo. La mia vita è qui, in un metro quadrato attorno a me. Sono felice. Il mondo può anche finire adesso.

 

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PS: quanto ho corso nell’ultimo pezzo? Bhe… al Pas Entre deu Saux non hanno rilevato il passaggio di Collè… Guardo quello del secondo classificato: Jonas Russi ci ha messo 2 ore e 46 dal Pas a Courmayeur… io ci ho messo 2 ore e 40… capite… insomma, stavo correndo.

PPS: Approfitto per fare i ringraziamenti, senza essere troppo prolisso o sentimentale:

Ringrazio la mia famiglia per la pazienza e l’aiuto indispensabile

Ringrazio Marco (farco), Gigante 2019, per tutte le dritte, la compagnia e il supporto dato

Ringrazio i miei amici di corsa di Codroipo del Niu Cube, per il tifo e per gli allenamenti fatti assieme

Ringrazio mia suocera, perché tocca e perché se non ci fosse stata anche lei sarebbe stato tutto un po’ più difficile.

Ringrazio l’azienda di famiglia in cui lavoro, per avermi lasciato lo spazio di vivere quest’avventura.

E un grazie lo lascio qui, per chi mi sono dimenticato di ringraziare

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