Tuscany Crossing - 160 km - 2023 di Fabiano Picco
Scritto da Fabiano Picco. Pubblicato in Trail
Tuscany Crossing 2023
161 km e 5850 di dislivello positivo
Prima gara strong dell’anno, tutti quanti la metterebbero come gara obbiettivo. Io che sono un mona, la programmo come gara di preparazione per poi fare qualcosa di peggio.
Perché la faccio a livello sportivo: per portare a casa una 100 miglia, per stare sulle gambe almeno 1 notte e almeno 30 ore, per riabituarmi a mangiare regolarmente mentre corro.
Perché la faccio in realtà: per andare in ferie con mia moglie e le bambine, per vedere dei posti fantastici e perché mi piace soffrire.
Arrivo sulla linea di partenza ben determinato, con i miei obbiettivi della gara:
1) Non morire (obbiettivo desiderabile)
2) Finirla
3) Finirla entro 32 ore
4) Finirla sotto le 30 ore (come i top-runners)
5) Riuscire a non avere problemi di stomaco
Sono molto perplesso, l’organizzazione prevede un tempo massimo di 32 ore per concludere la gara. Mi sono fatto 2 conti e sarà veramente dura finire nei tempi imposti dall’organizzazione. Per non rischiare, mi faccio una tabellina per affrontare il percorso in 29 ore, in questo modo avrò margine se dovesse succedere qualche imprevisto. La tabellina e l’altimetria me le stampo e le sigillo in una busta forata trasparente per raccoglitori ad anelli. La porterò sotto il pettorale, sempre pronta per un rapido consulto.
Ore 17:00, a 15 minuti dal via sono sulla zona partenze a Castiglione d’Orcia, affiancato dalla mia famiglia che mi supporta, mi metto proprio ultimo nel gruppo, baci, abbracci, sto lì, bello bello assieme agli amori della mia vita, lo speaker dà il via, io non vorrei partire ma vado comunque… seguo il gruppo per questa matta avventura di 160 km.
Si sale leggermente in paese e poi ci si tuffa in una discesa blanda di 6 km. Ovvio che non voglio strafare da subito, ma questa strada è semplice e chiama le gambe a dare qualcosa in più. Così comincio a sorpassare, per la gioia della mia mente che capisce che oggi sono forte.
Arriviamo al primo guado in tempo 0, mi ero programmato di togliere le scarpe, vedo gente che si tuffa dentro a piena corsa, altri che usano sacchi delle immondizie come stivali. Dopo 2 secondi di incertezza decido di seguire il programma: mi siedo e tolgo le scarpe. Guado con le scarpe in mano, esco su un fango scivoloso che rimuove la crema anti-vesciche messa solo un’ora prima. Mi risiedo, rimuovo il pantano alla meno peggio e mi rimetto le scarpe, con gente che mi supera guadando con le scarpe ai piedi…
Riparto, mi sento molto competitivo e tengo un bel passo anche in salita, a 12 km sono al primo ristoro. Mangio, bevo la mia prima birra (quasi l’unica che mi concedo durante tutto il percorso, ma mi fa capire che ho il morale alto) e riparto. Sento come un sassolino nella scarpa dx, ma non ho voglia di fermarmi a toglierlo, non sia mai che qualcuno mi sorpassi… smuovo la scarpa perché si sposti in un posto dove non dà fastidio.
Luoghi meravigliosi, colline verdi, campi di fiori gialli, casolari marrone terra-di-siena, alcuni senza serramenti (non ho biglietti da visita sennò ne lascerei per proporgli un preventivo…), cipressi che chiudono con una cresta le varie colline. Mi sento veramente in pace. In pace e competitivo, corro bene. Mangio uno snack ogni tanto, sono diligente.
Scendiamo in strada, almeno 5 km prima del 2° ristoro in cui incrocio varie macchine. Magari qui sono abituati ai pedoni sulla strada, visto che facciamo vari pezzi della via Francigena, ma magari queste macchine non sono di persone del luogo, o magari sono di persone che hanno fatto il giro delle cantine bevendo vino… non mi piace molto questa situazione. Secondo ristoro, sono nei tempi, il sole sta scendendo e recupero la frontale, i manicotti e la fascia scaldacollo dallo zaino. Mi prendo un pezzo di pane con la mortadella e uno con l’olio, li unisco a mò di panino e mangio un boccone… purtroppo l’olio era in realtà miele… l’abbinamento non è dei migliori, ma lo mangio tutto ingollandolo aiutandomi con la coca-cola. Riparto va… Smessaggio a casa e affronto quest’inizio di notte. Per ora c’è ancora un po’ di chiarore all’orizzonte, ma avrò più di 9 ore di buio completo e questo pensiero non mi piace molto, cerco di non pensarci. La strada è sempre facile, sempre corribile. Mi rendo conto che sto correndo troppo, i battiti spesso sono andati sopra soglia, ma mi sento così bene, così atletico… speriamo di non fare danni nel lungo periodo.
Quasi a Montalcino, ad un incrocio vedo due macchine che sfrecciano in discesa, mi sento fortunato di non dover passare per quella strada. Invece il percorso gira su quella strada… sono bravo a scacciare il pensiero di eventuali altre macchine che scendono alla stessa velocità delle prime due. Affronto una salita su strada di cemento bella impegnativa, senza pensarci comincio a salirla tagliando a zig-zag per ridurre la pendenza e in un attimo sono in cima ed entro a Montalcino. Sono le 21:00 e c’è un po’ di movimento, saluto 3 ragazze ma il mio fascino non le rapisce… strano. Entro nel portone in cui hanno allestito il ristoro, in un androne interno, cortile in ciottolato, un pozzo nel mezzo, le arcate al primo piano, il cielo stellato sopra e uno che mi dice “vuoi pasta?”: che figata di posto! Prendo un piatto di pasta e mi siedo per la prima volta, mangio masticando bene. Uno seduto in parte a me guardandomi dice: “aspetto ancora un attimo”, lo guardo, annuisco, non so chi sia, non so perché lo dica a me. Prendo un bicchiere di coca, mi risiedo e mi dice di nuovo “è un po’ che sono qui ma aspetto ancora un attimo”. Bravo, che ti devo dire…
Riparto e mi ritrovo il tipo ciarliero a fianco, mi chiede le mie esperienze nel mondo del trail, mi dice che ha dovuto aspettare 30 minuti per riprendersi, dopo 2 minuti di chiacchiere mi dice che mi seguirà a ruota per tutto il resto della gara. Allarme Dolce-Candy: questo sta cercando una crocerossina che lo accompagni fino all’arrivo. Metto in atto il piano “piazza la bomba e scappa” in versione soft, lo tranquillizzo e gli dico che la gara è alla sua portata, deve solo stare attento a gestirsi bene, poi, dopo 3-4 km, quando il tipo si sente più sicuro di sé, gli dico che corrucchio un po’ di più, che mi fanno male le ginocchia in discesa se vado piano e ci rivediamo dopo: parto a 3:20/km per seminarlo!
Attraverso Castelnuovo dell’Abate, al ristoro bevo e mangio continuando a correre per non farmi prendere dal tipo e vado, mi rituffo nella notte senza accorgermi che ho già fatto la prima maratona. E’ mezzanotte e gli uccelli negli alberi cinguettano imbrogliati dalla luce della mia frontale, urlo al buio: “dormite, che è notte!”, mi diverto insomma. Probabilmente ne ho svegliati più urlando che con la frontale, ma mi diverto.
Mi sento che sto facendo bene, sento le gambe un po’ dure, lateralmente sulle cosce e nei polpacci, sento di avere ancora il sassolino che rompe, sento che ho le scarpe da stringere un po’, ma rimando i problemi al prossimo guado, non dovrebbe mancare molto. Arrivo a 52 km ma il guado non c’è, ci hanno deviato su un ponte perché il ruscello si è ingrossato per una montana. Vuoi fermarti per sassolino e stringere le scarpe? Ma dai, ormai arrivo alla base vita di 59… Salgo con passo veloce, addirittura ogni tanto corrucchio in salita (sono mona…) ma mi sento di poter fare bene, perché non spingere…
Arrivo a Castiglione d’Orcia, zona partenza e luogo della prima base vita. Sono ancora nei tempi del programma di 29 ore… sono un grande!
Tolgo le scarpe e i calzini… ho una grande vescica sotto all’alluce dx, dove si era parcheggiato il sassolino. Le unghie di entrambi gli alluci sono sollecitate. Decido di intervenire solo sulla vescica, mi fascio con il tensoplast, cambio scarpe e calzini, mangio. Decido di massaggiarmi le cosce e i polpacci, 3 minuti che forse mi salveranno la gara, da lì in poi non avrò più mal di gambe anche senza creme. Arriva il tipo dell’allarme Dolce-Candy, alla luce del ristoro non mi riconosce. Ha uno che lo supporta, lo aiuta a cambiarsi e a mangiare, esce in 10 minuti netti. Aspetto 2 minuti e riparto: mancano solo 103 km!
Dopo 4 km arriva il fatidico guado su pietroni, tolgo le scarpe, attraverso il fiume rischiando di scivolare, vedo poco anche con la luce dei riflettori della protezione civile, mi siedo per rimettere le scarpe e sento un po’ di trambusto dietro di me. Riparto, dopo 30 minuti mi raggiunge uno che mi dice di essere caduto nell’acqua, mi dice che sta gelando. Io sono ancora in maniche corte, i manicotti li ho arrotolati ai polsi, si sta bene. Povero lui, tutto bagnato.
Trotto bene, attraverso Bagno Vignoni con le sue terme a cielo aperto che fumano nella notte. A 69 km sono a San Quirico, dove ho la famiglia a dormire, sono tentato di fare una deviazione di 200 metri, andare a svegliarle (sono le 4 di mattina) per dire che sono un cog.ne felice ma mi trattengo e continuo il percorso. Ho un tempo ancora in linea con le 29 ore senza strafare (Sarà vero?).
Arrivo a Pienza, che sta per albeggiare, ho una botta di sonno e ho freddo, ristoro: non hanno niente di caldo. Non c’è un posto dove sedersi. Prendo una fetta di pane con nutella, avvilito. Il volontario dopo 2 minuti mi dice: “ma sì, ti faccio una foto, va…” bhe, troppa grazia… Arriva il tipo che si era tuffato nel guado, va in un angolo e vomita, mi fa pena ma cerco di fare pensieri felici che la strada è ancora lunga. Mangio un’altra fetta e parto, a cercare il sole, prossimo ad uscire (manca ancora mezz’ora, ma ormai ci siamo, dai). La botta di sonno non sono riuscito a mandarla via e continuo a ciondolare corrucchiando. Cerco di distrarmi accendendo l’applicazione del GPS: che figata, si vede tutto: eccomi lì, dietro ho altri 2, uno si chiama Szimons o qualcosa del genere, davanti nessuno. Metto in tasca il telefono e mi supera uno, sto quasi per dirgli “ciao Sxiümons”, come lo conoscessi da una vita intera, poi mi trattengo: mi stava simpatico solo fino a quando era solo un puntino viola sullo schermo dell’applicazione, adesso che mi sorpassa mi sta pure un po’ sul c…
Dai, diamoci una mossa, ormai il sole mi sbatte in faccia. Devo arrivare al prossimo ristoro per mettere la crema solare. E non farebbe male un po’ di crema anti-abrasioni “dove so solo io”, e un po’ di crema all’arnica nelle ginocchia.
I panorami sono di nuovo stupendi, presumo fossero fantastici anche durante la notte ma nel buio mi sono accontentato di spegnere la frontale un paio di volte per farmi baciare dalle stelle.
Al ristoro di Monticchiello sono le 7.15, cominciano ad arrivare i messaggi dei miei amici che si svegliano e vedono a che punto sono. Mi cremo con 3 tipi diversi di crema in vari posti del corpo e mi ritrovo con le mani impastricciate impossibili da pulire, me le sgrasso alla meno peggio sui pantaloni più volte nell’ora successiva, senza tanto risultato. Da qui in poi comincerò a rallentare, un po’ previsto e un po’ non ce la faccio ad andare come vorrei, ho passato gli 88 km e la stanca si fa sentire. Mi riprogrammo di farmi una borraccia di sali al prossimo ristoro, stupidamente ogni volta che trovo un’idea per ovviare ad un problema non la metto in pratica subito ma rimando di un paio d’ore. Un po’ è per non perdere tempo, in realtà è perché non mi fido molto delle mie sensazioni e preferisco essere sicuro della realtà di un problema prima di prendere delle iniziative, il mio corpo sa mentirmi per riposare.
I paesaggi sono stupendi e devo farmi violenza per non fotografare ogni skyline che mi si presenta davanti. Nel mezzo del sentiero un concorrente che mi ha preceduto ha approfittato del buio della notte per scaricare direttamente in strada, effettivamente non c’è un posto al riparo per km… però…
La gara della 103 km e della 53 km è iniziata da qualche ora e ci sono vari concorrenti che mi superano con prepotenza già da un po’.
Arrivo ad un paese che si chiama Gallina, sto patendo moltissimo il caldo, sono le 10 di mattina ma sudo tantissimo. Mangio bene pasta e mi danno uova sode (uova di gallina di Gallina, presumo). Mi faccio finalmente una borraccia di sali, mentre riparto la bevo a piccoli sorsi e mi rinsavisco. Ho avuto proprio una bella idea, visto che adesso mi aspetta una bella salita. Prima di affrontarla mi mangio anche un mezzo paninetto che mi ero portato da casa, sono furbo.
Le cose cominciano a diventare più difficili, sento la stanca, sento le gambe un po’ pesanti, anche a Gallina mi sono massaggiato cosce e polpacci per sicurezza ma sono 18 ore che sono in piedi, non ho dormito e tutto richiede un po’ di impegno. Comincio a capire che le 29 ore totali saranno impossibili, mi do un po’ di tregua e mi adeguo ad un passo più umano e permissivo.
Mezzogiorno e sono alla seconda base vita, mi cambio solo i calzini e la maglietta sopra, l’intimo lo tengo. Le unghie degli alluci ormai sono andate nei primi 60 km, dopo le scarpe erano perfette e non hanno generato altri problemi, l’unghia di quello sx è proprio andata, il pollicione fa malissimo. Mangio 2 piatti di minestra di verdure, non sembra molto sostanziosa ma non hanno pasta. Gente che ha vesciche e vari problemi, i volontari hanno finito garze, compeed, cerotti, tutto. Io ho il mio kit medico nella borsa del cambio, sto per proporre a uno di prestargli un po’ di cerotti ma alla fine combina da solo non so come, gli ho visto i piedi: è pieno di piaghe e vesciche per colpa dei guadi. Riparto e dico a lui e a suo fratello (penso, sono identici) che ci vediamo ai guadi, ci accordiamo per fare un po’ di festa là, io devo portare le birre. Ridere per non avvilirsi. Scopriremo che di guadi in tutto ce ne saranno 8 in cui ci si tuffa fino al polpaccio, più altri in cui si riesce a rimanere in bilico sulle pietre.
Da qui in poi mi si affiancano più persone, anche chi fa la 103 km ha quasi il mio stesso passo e faccio 2-3 km in compagnia di varie persone. In questo modo diventa tutto più facile, si sente meno la fatica.
Mi avvicino alle terme di Bagni di San Filippo, me ne accorgo perché c’è odore di uovo marcio tipico già 1 km prima. Un casino di gente dentro e fuori dall’acqua, l’umore è alto e il clima è piacevole. Arrivo al ristoro, c’è un bambino volontario, con i guanti che palpa tutti i cubetti di prosciutto, li impila, li usa come costruzioni e si diverte. I cubetti palpati hanno un gusto stupendo. Arriva il mio amico che era caduto in acqua nella notte, beve un goccio di coca e subito lo vomita nel cestino, a 20 cm da me, mi giro velocemente dall’altra parte per non vomitare a mia volta. Riparto per non farmi prendere dall’angoscia: mancano solo 40 km!!!
Comincio ad essere stufo di mangiare quello che trovo nei ristori, di barrette cioccolatose che ho nello zaino ne ho già mangiate 7-8… lo stomaco comincia a darmi noia ma resisto. Arrivo al ristoro di Vivo d’Orcia dove stanno cuocendo salsicce solo per i volontari e a noi danno solo crostata e acqua naturale. Mangio le ennesime fette di crostata (avrò mangiato più di 2 crostate intere dall’inizio…) e vado, conscio che avrei bisogno di qualcosa di sostanzioso da mettere in corpo.
La salita più impegnativa l’ho appena passata, ma me l’aspettavo e non mi ha dato problemi. La prossima invece proprio non vorrei farla, anche se solo di 400 D+. Tiro fuori dallo zaino 4 striscette di salame, larghe come matite, per mangiare qualcosa di diverso e sostanzioso. Ma le mastico a lungo, le sento dividersi in bocca a pallini piccoli, ma sono impossibili da ingoiare, non riesco a scioglierle un po’, le butto giù aiutandomi con l’acqua. Ne mangio 2, poi le altre 2 le butto nel bosco che mi sta partendo la nausea… Ho la bocca unta, mi viene un senso di vomito impellente. Respiro a bocca aperta, e salgo in questa salita che sembrava facile sulla carta ma che è bella pendente. Respiro, salgo, nausea, salgo.
Arrivo finalmente in cima ma sono uno straccio, mi partono conati di vomito. Ho sforzato troppo. Non scarico niente ma sono in difficoltà. La discesa la prendo con calma, cercando di riprendermi dallo stress.
Dai, manca 1km al ristoro. Ci arrivo un po’ provato, mi propongono un po’ di pasta, ne prendo mezzo piatto ma non riesco a mangiare più di 2 forchettate. Sono molto preoccupato. Bevo almeno due bicchieri di the caldo. Scrivo a chi mi segue che mi sento finito, che ho 5 ore per fare 17 km e me la prendo con calma, non sto bene. Non sto niente bene, ma non voglio prendere nulla perché ho la sensazione che prendere aspirine o altro sia come imbrogliare. Arrivano i fratelli delle vesciche che avevo visto alla base vita, 25km prima. Anche loro sono allo stremo, li vedo che arrancano, poveretti. Dai, sono meglio io, credo… riparto trascinando i piedi.
Faccio 100 metri e poi mi convinco che prendere un Oki non è imbrogliare: perché devo farmi ulteriore male se non sto bene. 3-4 km in discesa, l’Oki entra in circolo e io rinasco, trotto, diventa buio, mi affianco ad un altro concorrente, chiacchieriamo un po’ e scopro che sta facendo anche lui la 100 miglia. Mal comune mezzo gaudio, cominciamo ad aumentare il passo, forti del fatto che non siamo più soli. Un po’ chiacchieriamo, molto stiamo in silenzio, concentrati sul percorso e sul passo dell’uno e dell’altro. Sento ormai che è finita, anche se mancano 10-15 km. Mi sento bene, i dolori allo stomaco sono passati. Il mio nuovo amico Danilo mi racconta di gente finita che lui supera e che dopo magicamente si ritrova fresca al ristoro successivo. Mi dice che gli è capitato in varie gare di trovare questi furbi, che fanno pezzi in macchina per non si sa quale motivo, per dire in giro che ha fatto una gara di 50, 100 o 150 km e poi invece non è vero… cosa ne guadagnano non si sa. Arriviamo assieme all’ultimo ristoro, mancano 9 km sulla carta, Danilo intavola lo stesso argomento con i volontari, anche loro infervorati con gente che arriva in orari strani (non scendo nei particolari per evitare polemiche). Io sparo cazzate a raffica… dico che in realtà siamo nascosti dietro la siepe a fianco al ristoro da ore, per sbucare solo ora che non davamo fastidio ai volontari…
Ripartiamo con il sorriso, cerchiamo nel buio in alto la Rocca di Castiglione, che a detta degli organizzatori si vedeva bene negli ultimi km. Siamo un po’ disorientati, ma spingiamo come pazzi sulle cosce per riuscire a stare sotto le 30 ore, il nostro nuovo obiettivo. Superiamo 1 o 2 dispersi nel buio, della 100 km. Finalmente si vede la rocca, mancheranno 4 km? Siamo a 29 ore e 10, dobbiamo per forza accelerare il passo visto che abbiamo anche 400 D+ da fare.
Pompiamo.
Sembriamo una via di mezzo tra due scappati di casa e due ultra-runner al primo km.
Spingiamo.
Cerchiamo di capire, questa strada dovremmo averla fatta già durante la gara… sì, è quella della discesa a 60 km! Farla adesso in salita non è facile allo stesso modo. Usciamo sull’asfalto, troviamo una concorrente, la superiamo in velocità… stiamo correndo in salita… che deficienti…
Un altro concorrente (della 100km?), lo prendiamo? Lo prendiamo e lo superiamo.
Quanto manca? Se manca 1 km ci stiamo dentro facilmente. Ma se mancano 2 km? I muscoli bruciano ma continuiamo a spingere.
Finalmente capiamo precisamente dove siamo, mancano solo 500 metri, un ultimo strappetto. Ci stiamo dentro. Ma vuoi rallentare adesso? Entriamo nella zona storica e adesso mancano 200 metri di discesa, trotterelliamo e chi troviamo davanti?
Davanti a noi, a metà strada dall’arco ci sono i due che avevamo lasciato al ristoro dei 15 km, che camminano lenti.
Come hanno fatto ad essere davanti a noi se non ci hanno superato?
Dai, lì a pensar male. Hanno usato il teletrasporto, in dotazione assieme al GPS! (poi ho controllato nelle tracce del GPS, sembra che siano ripartiti dal ristoro prima di noi, ma in quel momento il dubbio della truffa c'era).
Danilo, li superiamo? “Proviamoci”
I due si accorgono di noi e iniziano a corrucchiare.
Danilo, li prendiamo? “se tu ne hai, sei in dovere di prenderli”
Vado silenzioso con passo spedito, senza farmi sentire, corro corro corro e a 3 metri dall’arco rosso li supero con uno scatto e passo sotto l’arco prima di loro. Mi vedono, io rallento ma c’è qualcosa che non va… c’è una doppia curva e poi un altro arco giallo davanti… non siamo arrivati! Riaccellero, uno dei due accellera con me e mi dà una spallata per bloccarmi la strada… evito di impattare contro le transenne per miracolo ma corro, lui corre e mi dice “ma tu hai corso 160 km???” un po’ sorridendo e un po’ accusando. La strada fa la seconda curva, c’è un marciapiede, lui stringe la curva, io mi accorgo di avere paura che provi nuovamente a buttarmi a terra e decido che il gioco non vale la candela, gli cedo il passo e arrivo comunque ad una velocità di 3.16/km al traguardo (!!?!!).
29 ore e 52! Sono pieno di adrenalina, c’è mia moglie e le bambine ad accogliermi. Baci e abbracci, selfie e mi copro che c’è aria. Mia moglie mi dice che ho uno sguardo freschissimo! Ritiro la medaglia, facciamo 100 metri e andiamo al ristoro, mi siedo e tutta la stanchezza di 30 ore mi arriva addosso prepotente. Mia moglie mi dice che adesso ho la faccia di uno che ha fatto 160 km. Rivedo e saluto alcuni compagni di viaggio che ho conosciuto sul percorso, Nicola, Ivo, Danilo e poi vado orgoglioso a nanna, è quasi mezzanotte.
Che figata!
Tags: Trail, Picco
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