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UTLO 60Km 2019 di Gabriele Ianett

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È tutta colpa dell’Age. Rimasi colpito dell’entusiasmo di cui trasudava il suo racconto dello scorso anno. Scrissi su facebook che quest’anno “mi sarebbe toccato farla” e siccome mia nonna mi ha insegnato che “ogni promessa è un debito…”

UTLO acronimo di Ultra Trail del Lago d’Orta è un evento che nasce e muore nella ridente cittadina di Omegna, locata nel punto più nordico del Lago. L’organizzazione è di quelle importanti. Ci sono competizioni per tutti i palati: si va dal Trail per i bambini fino alla Ultra da 140Km con opzioni intermedie quali 17Km, 34Km, 60Km e 100Km.

In altri periodi dell’anno avrei scelto la 140Km senza alcun indugio, ma purtroppo in questo periodo la vendemmia non mi permette di fare allenamenti decenti per oltre un mese, quindi la scelta ricade sulla 60Km.

Riccardo l’ha messa nel mirino e quindi programmata già dall’anno scorso. Lui è un fottutissimo metodico nella preparazione delle gare. Lo invidio e lo odio al tempo stesso per questa cosa. L’anno scorso fece la 34Km, quest’anno punta alla 60Km. Durante i nostri trail estivi ne parliamo spesso. Io non posso dare conferma della mia presenza fino a quando non conoscerò con certezza le date di fine vendemmia. Intanto però l’organizzazione va avanti ed il gruppo Survival prende forma. Il caldo estivo, si sa, fa male e distorce le menti. Succede che anche quella del prode Leoncini, in verità già distorta per natura, subisce una Ultra Distorsione che lo porta ad iscriversi pure lui alla UTLO 60Km. Cioè il mio ammore va a fare la UTLO e io non so ancora se riuscirò ad esserci: disagio, anzi in questo caso disAge. Il gruppo Survival quindi si “allarga”.

Prima che la vendemmia abbia inizio, cerco di mettere nelle gambe più Km possibili. Correndo con Riccardo lo trovo molto migliorato sia nel passo che nella gestione mentale delle proprie risorse. Il prode Leoninci, Leovinci, Leoqualcosa, insomma Lui, è in netta ripresa. Ha già un buon ritmo e soprattutto sta ritrovando entusiasmo. Devo esserci, penZo.

Inizia la vendemmia, e con il maturare dell’uva, le mie corse tendono rapidamente a zero. C’è una sola eccezione datata Domenica 29 Settembre 2019: il Beer Trail. Evento Survival. Un qualcosa di storico che merita un racconto a se.  In realtà di quel giorno non ricordo molto. Però ho ben impresse nella mente due parole dette da mia moglie nel momento in cui faccio ritorno dal viaggio nelle profondità del mio Lato Oscuro: “Hai Vinto”. Ebbene sì, non me ne voglia il Presidente ma IO sono il Campione Italiano di Beer Trail. Punto. Tutto il resto è fuffa.

Ma torniamo alla UTLO. La vendemmia evolve, gli allenamenti no. Inizio a credere nella mia partecipazione. Il gruppo si è “allargato” e con la mia presenza arriveremmo ad essere in 11. L’ultimo giorno utile per iscriversi mi iscrivo. Sono dentro. Ovviamente nasce la Chat dedicata. Due settimane prima della gara iniziamo a scrutare le previsioni meteo con una certa angoscia. I primi “exit poll” parlano di uragani e inondazioni, maremoti financo a tsunami. Si prospetta un bel week end. Sarebbero dovute venire anche le famiglie, ma questa opzione inizia a vacillare. La prima famiglia a gettare la spugna è la mia. Io e il buon Pietro decidiamo di andare su e dormire nel furgone dei Cubi Rossi. Le previsioni intanto iniziano a migliorare, l’Apocalisse sembra essere rimandata. L’allerta arancione sparisce, e con lei anche il rischio di annullamento delle gare. Un comunicato dell’organizzazione garantisce il regolare svolgimento dell’evento, mantenendosi il riserbo di effettuare delle variazioni ai percorsi qualora si rendessero necessarie per garantire la totale sicurezza dei concorrenti. Le previsioni però rimangono di pioggia intensa per tutto il fine settimana della gara, quindi anche la famiglia Age alza bandiera bianca. Scatta al volo una riorganizzazione logistica che porterà lo scrivente, Pietro e il buon Luca Fabbrucci da Figline ad unirci a Riccardo nel suo appartamento. Tutto ecosesso guadagnato.

Ormai mancano pochi giorni, l’entusiasmo cresce anche grazie a quella generatrice di entusiasmo quale è Caterina. Il gruppo è completo e si presenterà al via con questa configurazione:

  • 60Km: io, Riccardo (Age), il buon Carletto Facheris (alla sua prima 60Km), Pietro e Luca Fabbrucci

  • 34Km: Alessandro Tonelli (Tonno), Caterina Pagano (Cate), Ivan Martorini (alter ego e marito di Cate), Alessandra Pinna (Ale) e due amici di Cate e Ivan.

Il Comandante Tonelli organizza tutta la logistica sul posto, ovvero decide e prenota dove mangiare e bere. Per chi non lo sapesse, l’Organizzazione Tonelli non ha eguali al mondo.

Io, Pietro e Age ci organizziamo per il viaggio. Il venerdì mattina lavoriamo tutti e tre, siamo gente seria noi! Partiamo nel primo pomeriggio.  Alle 14:20 sono sotto casa di Pietro, alle 14:30 imbarchiamo anche Age. Il Leoncini si mette dietro…brutto segno. Io e Riccardo iniziamo a parlare e proviamo a coinvolgere anche Lui. Inutilmente. Dopo pochi Km di autostrada è già steso che dorme. Poverino, è stanco. Noi ragioniamo di Survival, programmi ed idee. Intanto arriviamo a Genova. Dietro suggerimento di Google Maps, imbocchiamo la A7 per aggirare il tratto chiuso dell’ormai ex ponte Morandi. Dopo qualche Km il dormiente si desta, ci fa il cicchetto per non essere passati da dentro Genova (lui è un ex ed un futuro camionista, quindi sa) salvo poi tornare rapidamente nel suo torpore (Cit. Wikipedia – Torpore: negli animali il torpore è uno stato di attività fisiologica ridotta, caratterizzato, di solito, da una diminuita temperatura corporea e da valori metabolici più bassi. Il torpore permette agli animali di sopravvivere a periodi di minor disponibilità di cibo o a condizioni meteorologiche avverse). Attraversiamo parte della Val Padana: nebbia, pioggia ma soprattutto 0 D+. Che tristezza! Per uno che abita qua il trail è pura utopia. Sosta Autogrill: caffè per loro, spremuta per me, pipì per tutti. E si riparte. Ci avviciniamo alla zona dei laghi ed il paesaggio inizia a mutare. La vegetazione è più rigogliosa e ritrova un più naturale color verde. Finalmente arriviamo ad Omegna. La zona periferica ricorda più Calcutta ed è la brutta copia di quella bellissima parte della cittadina che invece si affaccia sul lago.

Ore 18:00 e siamo all’appartamento. Pietro si sveglia. Scarichiamo i bagagli, Age flirta con la proprietaria. Pietro flirta con me, ma io come al solito me la tiro. Terminati i flirtaggi, prendiamo il materiale obbligatorio per la gara ed andiamo a ritirare i nostri pettorali. In zona arrivo il nostro Capitano e Comandante Tonelli è già lì che ci aspetta. Baci&Abbracci, visita agli stand e ritiro di pettorali e pacco gara. Quest’ultimo consta di: maglietta, auricolari, buff ed una strana pomata del potere. Mentre siamo lì, arrivano quelli della 140Km che partiranno alle 20:00. Mi sento decisamente in colpa a non essere tra loro, mi viene il complesso del pene piccolo. Chiedo scusa al mio Ego da lunghe distanze. Ci rifaremo. Torniamo agli stand dove un bravissimo venditore cerca di convincere Age a comprare una super frontale che ad un misero costo di 100 euri è in grado di offrire una durata di ben due ore di luce, oltre ad essere automodulante, emolliente, rinfrescante, espettorante, accattivante. La frontale rimane lì, noi torniamo all’appartamento a farci belli per la cena. Prepariamo un po' di cose per la mattina dopo. Pietro giustamente è stanco e si fa un riposino. Usciamo giusto in tempo per andare ad assistere alla partenza della 140Km. Aspettiamo il gruppone in un punto tranquillo, 500m dopo lo start. Vedo sbucare due corridori da dietro una curva ed annuncio “eccoli!” …ma sono soltanto in due, quindi mi viene fatto notare che non possono essere della gara. Si avvicinano, uno è il buon Carletto Sorman, l’altro è Ornati (che corre in casa). Sono loro. Hanno un passo di 4’ al Km. Il terzo è a oltre 100m di distanza. La gara è già finita. Passa il gruppo: si narra che Sorman e Ornati siano già al primo ristoro.

Raggiungiamo gli altri al ristorante pizzeria selezionato dal Tonno. La serata è goliardica ed allegra, come sempre. L’acqua non è la benvenuta sul nostro tavolo, la Birra sì. Pizza, carne, patatine, dolci. Ce la godiamo. Poco prima delle 23:00 usciamo, giusto in tempo per andare ad assistere ad un’altra partenza, quella della 100Km.

Torniamo in appartamento, si unisce a noi anche Luca. Meno di 5 minuti e Pietro dorme già. Poverino, è stanco. La nostra partenza è comoda: ore 9:00. Puntiamo le sveglie alle 7:00. Io mi alzo 10 minuti prima ed inizio a fare colazione con calma. Pan Carré tostato con marmellata di more, Yogurt con fiocchi di avena e thè verde. Mi raggiungono anche Luca e Riccardo. Pietro dorme, poverino, è stanco. Alle 7:20 lo butto giù dal letto. Mettiamo sotto stress il water. Inizia la vestizione. Fuori piove, fa freschino ma non freddo. Opto per maglia a maniche lunghe e antivento smanicato. Pinocchietti sotto il ginocchio. Nello zaino ho un cambio completo, antipioggia a maniche lunghe, guanti, manicotti, 1 litro di acqua, frutta secca, miele, caramelle, barrette e panini al farro incartati nell’alluminio (in questi mesi non posso mangiare né grano né latte vaccino fresco, quindi per certe cose devo organizzarmi).

Alle 8:20 lasciamo l’appartamento. Alle 8:40 siamo in zona partenza dove ci ricongiungiamo con Carletto Facheris e il mai domo Tonno venuto ad assistere alla nostra partenza. Che omo! Foto di gruppo. 10 min prima della partenza ovviamente una nuova defecathio bussa al mio intestino. Per fortuna proprio davanti a noi sono allocati cinque bagni chimici. Espleto la funzione in modo ineccepibile. Torno in zona partenza. Siamo poco più di 400 al via. Pioviscola. Conto alla rovescia, tre, due, uno…

Partiti. Mi metto sulla destra del gruppo e cerco di recuperare un po' di posizioni. Riccardo mi ha informato di un imbuto che si forma dopo circa 2Km, all’imbocco del primo single track. Poco prima di questa strettoia mi affianca Riccardo. Ha un ottimo passo, grande. Arriviamo all’imbuto, ma non c’è fila. Iniziamo a salire. Il sentiero è stretto, si sale in file indiana o al massimo in coppia. Sembra una strada di montagna, bervi tratti di rettilineo rotti da continui tornanti. Già dall’inizio lo Spirito Trail si spreca: ci sono i fenomeni che si mettono a tagliare i tornanti “per fare prima”. Il serpentone che si forma è lunghissimo e l’andatura è lenta.  Per un po' Riccardo sale insieme a me, poi ci perdiamo. Sono contento ed ottimista perché l’ho visto bene, fisicamente c’è e soprattutto è concentrato. Cerco di trovare regolarità nel passo, ma è impossibile. Quando intravedo uno spiraglio di sorpasso, faccio un breve allungo e cerco di portarmi più avanti possibile, poi però mi devo riadeguare al lento incedere del serpentone. Purtroppo, si fa più fatica così anche se si va più piano, rispetto a salire costanti del proprio passo. Ma questo è. Arriviamo al primo dei molti paesi che attraverseremo, Quarna, suddiviso in Quarna di Sopra e Quarna di Sotto. Iniziamo a familiarizzare con il fango che brevemente si trasformerà in mota (mota: stato evoluto del fango in un miscuglio ancor più plastico, appiccicoso ed entropico). Una volta passato Quarna di Sotto, inizia la salita più dura della gara, quella che porterà in vetta al Monte Mazzoccone (1424m s.l.m.). l’incipit della salita è fantastico, una rampa ripida di mota dove si fa fatica a salire anche con i bastoncini. Mi viene in mente il Trail del Cinghiale, prossima gara in programma a fine novembre e capisco subito che la giornata di oggi sarà un ottimo allenamento in vista dei 90Km di mota che ci attenderanno a Palazzuolo sul Senio. Noi “bastoncino dotati” riusciamo a salire seguendo il sentiero, quelli “bastoncino sprovvisti” devono per forza passare dal bosco per aggrapparsi a rami, alberi, caviglie di quelli che li precedono, marmotte, liane ed i più fortunati a qualche cinghiale di passaggio. Sembra di essere a Giochi Senza Frontiere. E intanto piove. “Chissà se Pietro è stanco e si è fermato a fare un pisolino, penZo”. Piove. A mano a mano che saliamo, il sentiero, che per la maggior parte è in single track comincia a trasformarsi da boschivo a montano. E non so se fa parte della trasformazione, ma arriva anche la nebbia. Siamo ancora in formazione “serpentone” ed il passo è sempre il solito. Adesso però si aggiunge una nuova variabile: iniziamo a recuperare i concorrenti della 140Km. Questo è un problema, per loro e per noi. Più volte mi sono trovato a vivere questa situazione dall’altra sponda. So bene cosa si prova, quando si è stanchi ed abbiamo bisogno di silenzio, concentrazione e soprattutto di poter mantenere il nostro passo con costanza ed invece si è costretti a fermarsi di continuo per lasciar passare quelli che arrivano da dietro, più freschi e più veloci. Questa volta mi trovo a viverla dalla parte di quelli che arrivano veloci da dietro. Posso certificarvi (ISO, IFS, Bio, Vegan, ecc.) che è una gran rottura di palle da entrambi i punti di vista. Certe situazioni dovrebbero essere evitate. Si ha un enorme dispendio di energie mentali e di conseguenza fisiche, per entrambi. È un pò come ciclisti e automobilisti che su talune strade non possono essere presenti contemporaneamente, è un dato di fatto, finendo per disturbarsi a vicenda: tutti e due hanno ragione o nessuno dei due ha torto, come preferite.  Semplicemente in quel momento ci troviamo entrambi nel medesimo piccolo spicchio di mondo con esigenze e quindi punti di vista completamente differenti. Se invertissimo le due persone, entrambe inizierebbero a pensare nel modo esattamente opposto.

Loro frenano noi, noi interrompiamo il passo a loro. Però c’è rispetto, questa è una delle meraviglie di questo sport. Loro lasciano passare, noi ringraziamo e gli facciamo i complimenti. Già perché quando sono stato dall’altra parte, ho provato quanto faccia piacere avere una gratificazione ed un incoraggiamento dagli altri concorrenti. Ricordo alla Bora di una persona, che nel passarmi, mise delicatamente una mano sulla mia spalla e mi fece un sacco di complimenti. Gesti semplici che rimangono impressi. È proprio ripensando a questi gesti ricevuti, che mi sforzo a fare altrettanto con la maggior parte dei concorrenti delle gare lunghe che incontro lungo il percorso. Mentre mi avvicino alla vetta del Monte Mazzoccone, in mezzo a nebbia, pioggia ed un vento che disturba, passo una ragazza della 140Km, con un impermeabile azzurro, ed il cappuccio che le copre quasi completamente il volto. Mi lascia passare, la ringrazio, le faccio i complimenti e passo oltre proprio mentre mi sussurra “Gabriele, sono la Daniela…”. Mi giro, è proprio lei, Daniela Rausse, infreddolita e stanca. Non l’avevo riconosciuta. Le chiedo come sta, ma la faccia dice più di mille parole. È stanca ed ha intensione di ritirarsi al prossimo ristoro. Per fortuna manca soltanto un chilometro e mezzo di cui un chilometro di discesa. Le chiedo se ha bisogno di aiuto, mi dice di no perché ormai manca poco al ristoro. Io riparto perché sono vestito un po' leggerino e lì fa freddo. La vetta del Mazzoccone è immersa nella nebbia. Inizio subito la discesa che nel primo tratto è completamente ricoperta da una fitta coltre di paleo che agevola la corsa. Meglio quello delle rocce e della mota.

La discesa finisce al primo ristoro: Alpe Camasca, siamo al Km 13,5. C’è troppa confusione, prendo un thè al volo, un po di frutta secca e riparto. Adesso non piove, ma c’è nebbia e vento. Dobbiamo salire sul Monte Croce a oltre 1600m s.l.m.. Decido di mettermi l’antipioggia a maniche lunghe della Raid light. Uscito dalla calca del ristoro individuo una bella roccia piatta che scelgo come punto di pit-stop. Si aggregano altri due compagni di fatica con i quali scambio alcune battute. Saluto e riparto. Ci aspettano circa 500D+ in 3Km.

Intanto comincio a guardare il GPS e a fare due proiezioni. Il mio obiettivo era quello di arrivare in circa 8h, tempo impiegato al Mugello per fare 63Km. Capisco subito che sarà impossibile realizzarlo. In tre ore ho percorso solo 15Km, ovvero 5Km/h e se è vero che dopo il Monte Croce le salite dure saranno finite, con il fondo distrutto dalla mota, anche nelle parti corribili spesso si è costretti a camminare o addirittura a scendere con molta circospezione per evitare infortuni. Più volte mi torna in mente la distorsione dello scorso anno al Trail del Cinghiale, quindi appena trovo situazioni potenzialmente pericolose, metto da parte l’aspetto ludico del Trail nella mota, e scendo o salgo in modalità Safety. Voglio limitare al massimo il rischio infortuni.

La salita sul Croce è breve, ma ti guarda in faccia. Salendo, incontro una persona di una certa età, ha una respirazione affannata. La seguo per un pò, non si sposta, è troppo concentrata nel suo sforzo, nella sua sofferenza. Appena posso la affianco, la guardo in faccia. È concentrata, ha occhiali da lettura sulla fronte. Racchiude in se tutta la sofferenza e la passione per questo sport.

Sulla vetta del Monte Croce (1640m s.l.m.) c’è una croce. Che inaspettata sorpresa! È avvolta nella nebbia. Sulla vetta del Monte Croce (1640m s.l.m.) c’è un ristoro abusivo. Che inaspettata sorpresa! Però fa freddo e tira vento, quindi decido di non approfittarne e passo oltre. Il primo tratto di discesa è sempre su crinale roccioso. Scendendo rientriamo nel bosco per approdare nuovamente a motai traditori intervallati da forestali più corribili. Il prossimo ristoro si trova al Km22, Alpe Secchi. È il momento dei primi crampi, si inizia con l’adduttore della coscia destra. La scarsa preparazione unita alla durezza del fondo motoso, si fanno già sentire. Cambio stile di corsa e gestisco questa prima ondata di acido lattico. In questo tratto inizio a condividere il viaggio con una ragazza che ha un bellissimo stile di corsa e mi colpisce per la regolarità e costanza con cui mantiene il passo. Un metronomo… o metronoma? Decidete voi.

Arrivati al ristoro bevo thè caldo, mangio arance, frutta secca e cioccolato. Tolgo dallo zaino alcuni panini per spostarli nelle tasche laterali e mi ritrovo davanti una brutta sorpresa. L’alluminio si è sfatto ed è passato sul pane e sul companatico. Questa è una pessima notizia, perché viene meno la mia unica fonte di carboidrati. Me ne faccio di una ragione e riparto.

Altra piccola salita di circa 200 D+ fino alla cima del Monte Novesso (1410m s.l.m.). Dopo ci aspetta la discesa più lunga della gara. Siamo un gruppetto di 4-5 che corriamo più o meno assieme. La ragazza dal bel passo ha paura nelle discese motose e rallenta molto, salvo poi recuperarmi nei tratti più corribili. Cerco di rimanerle attaccato perché stando con lei ho un passo più regolare. Al Km28 però i crampi tornano galoppanti ai flessori di entrambe le gambe. Questa volta faccio più fatica a gestirli. Sembro pinocchio che corre i 100m piani. Stringendo i denti arrivo assieme al gruppetto ad Arola, base vita per le lunghe e terzo ristoro per noi (Km 31). Qui mi fermo e decido di darmi una calmata per far smaltire un pò l’acido lattico. Mangio un piatto di brodo e le solite cose degli altri ristori. La ragazza riparte e mi guarda come per chiedere “riparti anche te?”. Io la guardo come per dire “in bocca al lupo, io faccio con calma”. Un po mi pento della decisione, ma so che sarà quella giusta. Non ho l’allenamento per mantenere quel passo fino alla fine, troppo rischioso. Infatti da lei prenderò mezz’ora precisa.

Riparto da solo, con un passo più consono alla mia situazione e nella speranza che qualche cosa cambi, come accadde al Mugello dove ritrovai una corsa addirittura più efficace rispetto all’inizio. Sappiate che non avverrà, se non in minima parte negli ultimi 10-15Km. Ma per adesso torniamo al km35. Crampi ai flessori di entrambe le gambe e attenzione attenzione, abbiamo una new entry: il polpaccio destro. La situazione si fa imbarazzante. Faccio fatica a correre perché i crampi sono fetidamente latenti. Mi spaventa anche l’idea di dover arrivare alla fine senza poter più assumere carboidrati. Decido di camminare per un po. Voglio evitare  infortuni muscolari. Sarebbe veramente sciocco. In fin dei conti sono qui per divertirmi, e questo è il primo giorno di ripresa della preparazione, quindi non facciamo bischerate. Mi godo questo tratto di bosco, simile all’appennino e ricco di corsi d’acqua abbelliti da cascate e ponticelli in legno. Avendo ridotto il ritmo, ho più tempo per riflettere: mi accorgo di non aver mai praticato la nobile arte della defecathio in gara e di aver praticato una sola volta l’urinathio. Preoccupante. Comincio ad avere caldo e una vocina mi dice…togliti il Raid light e rimetti l’antivento smanicato. So che dovrei farlo, ma non mi fa voglia. Allora l’Universo si muove a compassione e crea l’occasione irrinunciabile per far si che ciò avvenga. Trovo davanti a me una ragazza della 100Km dotata di gonnellino e piegata ai fatidici 90° tutta intenta a fare un cambio di giacca pure lei. Magicamente decido di fermarmi pure io, proprio lì. Guarda te che caso. Lei riparte, io completo il pit-stop con una urinathio e riparto. La recupero, la stacco. I crampi mi ripresentano il conto. Lei mi recupera e se ne va. In questa fase faccio fatica a stare con i 100Kmtristi.

Il ristoro successivo è vicino, Boleto Km36. Prendo ancora brodo, frutta secca, arance, thè caldo e riparto. Cammino. I muscoli fanno ancora male, troppo acido lattico. Poco allenamento, non poteva essere diversamente. Cerco di pensare ad una soluzione. Mi drogo di miele, prendo qualche gel e qualche caramella. Parlo con i muscoli, ci ragiono con calma…sono un po permalosi in certi momenti. Mi fanno capire che oggi non c’è trippa per gatti. Allora faccio labbruccio io e dico, vabbé se proprio non si può fare di meglio camminerò fino alla fine… Arriviamo alla Madonna del Sasso da cui godiamo di un panorama vista lago veramente splendido. Vorrei fare qualche foto, ma piove troppo. Proseguo. Scendiamo giù fino al lago, lo costeggiamo per qualche centinaio di metri, poi deviamo sul prato di un cimitero ed iniziamo la penultima salita. Sono rassegnato al mio misero passo. Le proiezioni parlano di oltre 10h. Ormai non ci penso più. La prendo come allenamento e con spirito goliardico.

Continuo il mio dialogo con i muscoli, quando ad un tratto il genio…  “pensate se ci raggiunge il Leonc…” non faccio in tempo a finire il cognome che i crampi allentano la tenZione. Siamo a 15 Km circa dall’arrivo. Ricomincio a corricchiare. Sto meglio. Parliamoci chiaro, non è una corsa efficace, ma almeno non è una passeggiata da escursionista della domenica. Arrivo all’ultimo ristoro, Grassona. Chiedo quanti Km manchino all’arrivo perché non mi tornano i Km sul GPS con quelli della mappa. Il ristorante (addetto al ristoro) afferma che a tutti in quel punto risultano circa 48Km e non 46Km come da mappa, “comunque, dice, mancano dai 10 ai 14Km”. Una forbice minima via. Ho ritrovato fiducia, e decido di darmi un nuovo obiettivo: devo arrivare senza tirar fuori la frontale. Mi impegno a correre al miglior passo possibile. I crampi latenti sono sempre lì e i muscoli sono irritati, però adesso vado meglio. L’ultima salita è quasi tutta su asfalto e questa cosa stranamente mi rende felice. L’odiato bitume ad un tratto diventa un alleato strategico. Salgo regolare di buon passo, senza fare grossa fatica. Sono solo. In cima alla salita trovo una deviazione: 100Km e 140Km a sinistra, 60Km a destra. Inizia la discesa verso il lago. La luce sta calando, ma sono ottimista. Mancano 5-6Km di cui gli ultimi 3 sono lungo lago dove avrò dalla mia parte la luce dei lampioni. Attraverso un tratto di bosco e ritrovo il bitume. Mi illudo che il bosco sia finito. Invece no. Torniamo su sentiero in discesa, ripido e motoso. Un collega di fatica mi chiede: sarà il caso di prendere le frontali? Io rispondo “ormai ci siamo, io voglio arrivare senza” “anche io ci provo”, risponde lui. Scendiamo insieme. Incontriamo un gruppetto di 4 persone, ferme ed intente a mettere le frontali. Io e il mio collega arriviamo di buona lena, per cercare di uscire il prima possibile dal bosco buioso. Ma una dei quattro mi punta involontariamente la frontale negli occhi e mi dice “Ianett”… io rimango un attimo scioccato dalla luce e non capisco chi ho davanti… “sono Cate” … la riconosco dalla voce. Mi dice che non ce la fa più, io serafico le rispondo come lo gnomo alla gnoma: “gnamo gnamo mancano solo 3Km”. Proseguo la discesa con il compagno del momento perché ormai la luce è pochissima. Finalmente il bosco finisce, siamo su un tratto di sentiero largo che costeggia il lago. Luce c’è né. Ormai ci siamo. Da dietro inizia ad arrivare gente a tutto foo. Io più di tanto non riesco ad andare, ma soprattutto non ho voglia di distruggermi negli ultimi 3Km. Sono tranquillamente dentro le 10 ore e mi godo il lungo lago. Faccio un resoconto mentale della giornata: ho fatto un buon allenamento, non ho rischiato niente, non mi sono fatto male, ho preso acqua a secchiate… in definitiva mi sono divertito quindi entusiasmooooo.

Ormai si sente chiara la voce dello speaker. Ultima foto e siamo in dirittura di arrivo. Ultima curva, vedo il Tonno che mi incita. Oh, ma lui c’è sempre, è più costante del pi greco.png. È proprio un pi greco.pngonno Insuperabile…

Il rettilineo finale è sgombro, è tutto per me. La folla mi acclama. Fan impazzite, urlano come matte. Forse. Salgo sulla pedana dell’arrivo finendo questa fatica in 9h46’. Manco mi accorgo del fotografo (che infatti mi fa delle foto pessime). Una ragazza mi mette la medaglia al collo e guardandomi stranita mi chiede “Tutto bene?” “sì sì”. In effetti sono un po stordito. Faccio fatica a trovare l’uscita. Vorrei una birra, ma non la trovo. Vado a cercare il Tonno, ma non lo trovo. Passano i minuti, mi raffreddo, piove. Mi riparo sotto alle logge del comune e chiamo prima il Tonno e poi Flavia. Riprendo di buon passo la via dell’appartamento. Mi entra il freddo. Mi butto subito sotto la doccia calda. Ma ormai è troppo tardi: ho già preso la consueta congestione da freddo. E questa volta proprio a bischero. Nello zaino avevo un cambio completo ed asciutto. Sarebbe bastato sfruttarlo dopo l’arrivo. Ma ormai è tardi. Sto quasi mezz’ora sotto la doccia bollente e poi mi asciugo con il phon. Riesco a non vomitare e una volta asciutto mi distendo sul letto in attesa degli altri. Sto meglio. Inizio a leggere alcune delle centinaia di messaggi arrivati. L’effetto non è dei migliori. Torna la nausea più forte di prima. Nel frattempo arriva Riccardo e si butta anche lui sotto la doccia. Dopo un quarto d’ora ecco anche Pietro. Ci raccontiamo sommariamente le nostre gare. Dopo la doccia Pietro si fa un pisolino, poverino, è stanco. Riccardo lo trascina via per portarlo al Pasta Party. Io non sono in grado, ho lo stomaco ancora contorto e decido di rimanere a letto. Dormo un paio d’ore. Mi sveglia Pietro quando torna. Tempo cinque minuti ed è già a letto che dorme. Poverino, è stanco. Riccardo è rimasto a chiacchiera con Carletto. Nel frattempo mi si apre la voragine. Mi divoro 2 toast con brie e cotto che però non placano la fame. Arriva Riccardo e dopo poco anche Luca. Con questa fame ritrovata decido di accompagnare Luca al Pasta Party. Fuori piove, pace. Ho fame. Nel tendone del Pasta Party fa caldo e siamo in pochi. Io prendo Minestrone di verdure, arrosto di maiale (di quelli confezionati), fagioli, fagiolini e insalata. Una birra media e sono a posto. Spolveriamo ogni cosa e verso mezzanotte e mezzo torniamo in appartamento. Fuori piove, dentro Pietro dorme, poverino, è stanco.

La mattina Luca va via presto per problemi familiari. Noi ci alziamo con calma alle 8:00. Facciamo una lauta colazione e svuotiamo l’appartamento. Proviamo a togliere qualche Kg di fango sparso in giro e ripartiamo. Pietro vorrebbe guidare, ma lo vedo stanco. Infatti si mette dietro, si sdraia e dopo la sosta caffè si assopisce in un lungo sonno. Poverino, è stanco. Il viaggio di ritorno scivola via tranquillo e nonostante una sosta in Autogrill per un pranzo fugace, per l’ora di pranzo siamo a casa.

Finisce così un'altra bella avventura fatta di Trail e amicizia. Perché il Trail per noi è amicizia, condivisione, crescita. Noi siamo Survival e a noi piace così.

P.s.: se incontrate Pietro, fate piano, deve dormire. Poverino, è stanco.

UTLO 3

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