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Prove di Petalo n.4 di Gabriele Ianett

Potrei star qui a raccontare che stamattina volevamo provare il Petalo n.4 della QTMP, tanti progetti e belle idee. Fiumi di bla bla bla. Mentirei. Stamattina dovevamo giustificare la colazione alla pasticceria di Calci. Ecco. Belli rilassati, facciamo pendant con i pensionati indigeni. Cornetto, sfoglia e caffè per me. Cornetto, sfoglia e cappuccino per lui. Bene, adesso però dobbiamo bruciare almeno queste calorie: è qui che entra in scena il Petalo n.4.

Non partiamo dal vero inizio del petalo, perché arrivare fino a Campo di Croce è fati’a. Quindi decidiamo di salire, IN MACCHINA, fino al Conventino. Mentre saliamo, mi viene la malsana idea di andare a fare una ricognizione della strada che dovevamo fare, una volta scesi dal 129. Più o meno è come ritrovarsi in un cartone animato/Horror. La strada inizia a stringere sempre di più. Devo fare una curva a novanta gradi per immettermi su un ponticello strettissimo. Ci passo per meno di un pelo…ah già, dimenticavo: siamo con la Station Wagon. Finisce il bitume e inizia un sentiero. Ormai non si torna più in dietro. Pietro ride, io guido. Vorrebbe guidare lui. Mavvedrai…arriviamo ad un antichissimo tratto di strada mulattiera. Wowww. Sale e termina nell’aia di una casa, lì arroccata. La strada/sentiero fa un angolo a 180° e prosegue in salita. Ovviamente. Me la cavo con tre manovre nell’aia. Sto sperando che esca qualcuno dalla casa per offrirci colazione, ma ho paura che aprendo la porta di casa, possa sbattere sulla macchina. Proseguiamo. Sentiero. Ad un certo punto, su una curva stretta troviamo anche un simpatico paletto rosso messo lì per dispetto, perché non vi è altra spiegazione, oltre al dispetto. Pietro prova a toglierlo. Nulla da fare. Lo spazio tra il muretto e il palo è poco, ci passerò? L’alternativa è rifare gran parte della strada a marcia indietro.  Ma come succede in questi casi, solo a me e Pietro, appare un angelo. E’ una signora Ucraina, più o meno. Non quella che pensate voi, e soprattutto quella che speravamo noi. Peccato. Ella però ha un impatto notevole sul proseguo della nostra giornata. Ci chiede se è tutto ok. Noi le facciamo notare che con quel simpatico paletto non ci passiamo. Lei con garbo ci dice che passiamo…”il proprietario della casa poco più avanti ci passa con un’astronave”. Deh, allora sarà un UFO, penso. Mi punge sull’orgoglio. Non è tanto una questione di fiducia, quanto del dopo…ve lo immaginate il Piter? Sicché rimonto in macchina e con qualche indicazione dex/sin del Piter e sotto lo sguardo vigile dell’ucraina, riesco a passare lasciando la fiancata indenne. Ringraziamenti di rito. Proseguiamo su strada a questo punto direi banale, fino al Conventino, quello che talvolta viene erroneamente considerato l’inizio del 135. Un po' come la storia dello Sperone di Santallago. Insomma, noi si parcheggia lì e si parte da lì. E si ritornerà lì.

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Iniziamo l’erta ascesa, quando scorgo sulla sinistra una zona di vegetazione in sofferenza. Da buon Agronomo faccio una rapida ispezione e trovo la causa in una scarsa concimazione del suolo. Provvedo immediatamente a fare un rapido ed adeguato intervento di concimazione. Le colonie di zanzare indigene ringraziano calorosamente. A modo loro.

Riprendiamo a salire. A modo nostro. Siamo ghiacci, si chiacchiera, la colazione si vaporizza. C’è un po' di K. A mano a mano che saliamo però ci sciogliamo ed iniziamo ad aumentare il passo. Di poco però. Pietro prende confidenza e ci prova. Ho mal di testa.

Fatto così, di primo acchito e con passo leggiadro, il 135 scivola via che è una meraviglia. Arriviamo in cima, scrutiamo Pisa dal punto panoramico. Proseguiamo. Ci tocca la forestale che ci riporterà a Campo di Croce. E’ una bella forestale. Attraversa un bosco di castagni, il paesaggio è proprio bello. L’aria è fresca. Il mal di testa mi impedisce di fare sesso con Pietro. Peccato. Per lui. Arriviamo ad una curva a gomito. Più o meno nella zona dell’Olecrano del gomito (e ora voglio vedere quanti sanno cos’è…prima di andare a controllare su internet), scorgiamo una traccia che va verso delle rocce in belvedere. Stoppo il GPS. Seguiamo la traccia, al di fuori della nostra traccia. Dopo poche decine di metri, sulla sinistra scorgiamo un elegante capanno di dispensatori di bossoli. Come li chiamano? Ah, sì…cacciatori. Praticamente siamo nel paradiso del cacciatore. Prima ci godiamo il paesaggio, dopo ci immaginiamo la nostra giornata ideale di caccia in quel luogo. Torniamo sulla nostra traccia. Riaccendo il GPS. I pensieri erotici ringalluzziscono il Pietro, che parte a tutto fòò. Lo lascio andare…un pochino, ma non troppo. Ci ricongiungiamo a Campo di Croce sorseggiando acqua e fotografando bossoli sparsi in terra.

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Lì, proprio lì, ma solo lì, il Piter si rende utile. Suggerisce una validissima variazione alla traccia originale. La applichiamo. Il giro ringrazia. Arriviamo all’inizio del 129. Lui non lo aveva mai fatto integralmente io sì, qualche settimana fa. Per caso. Mi era piaciuto assai. Darà la stessa sensazione anche a lui. Scendiamo nel bosco boscoso di castagni. Aria fresca, profumi di natura selvaggia. Incrociamo una forestale. Ne percorriamo un piccolo tratto fino a Campo a Noce. Pietro rimpingua la sua borraccia dalla fonte. Io faccio qualche foto. E’ un posto da famiglie, ottimo per picnic. Ma noi dobbiamo ripartire.

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Il sentiero, segnato da apposito cartello, scende nuovamente nel bosco. In 100 metri lineari, forse meno, passiamo da un bosco di castagni, anche detto castagneto ad uno di pini anche detto pineta. E’ tutto in single track. Ganzo, deh!

Incrociamo una strada in cemento. Siamo costretti a scenderne un tratto di 200 metri, prima di rientrare in uno stretto single track che costeggia un torrente. Ancora qualche centinaio di metri in discesa e troviamo l’asfalto di Castelmaggiore. Giriamo a sinistra, ormai perfettamente eruditi dalla ricognizione autogestita (nel senso che è stata fatta con l’auto) di due ore prima. Arriviamo al bellissimo tratto di antichissima strada mulattiera. Foto. Pietro si mette a carponi, si immedesima in un antico cavallo e la ripercorre in spirito storico. Io ne approfitto, e lo cavalco. Non è vero.

Arriviamo ad un torrentello abbellito da una graziosa cascatella più su a monte. Pietro abbandona la nostra traccia e comincia a risalire il torrentello verso la cascata. Non aspettavo altro. Spengo il GPS e lo seguo. Più saliamo e più il posto ci piace. Facciamo foto.

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Dispiace, al solito, che dalle pietre di antiche strutture ormai abbandonate ed in parte franate, si possa e si debba immaginare la bellezza di questo posso se fosse stato mantenuto pulito e decorosamente in essere. Ma si ritorna ai discorsi dell’acquedotto pisano. Tutti guerrieri i pisani, finché si tratta di andare allo stadio. Per il resto, un ammasso di menefreghisti. Mi fa sorridere vedere tutte queste persone che urlano “Pisa nel cuore”…lo vedo infatti. Forse però, prendendo per buone le parole del buon De André, a Pisa ci sono troppi nani.

Torniamo verso la nostra traccia. Io mi percorro un buon tratto di torrente con i piedi nell’acqua. E penso al buon Riccardo. Riaccendo il GPS. Comincia a fare caldo. La strada bitumosa sale. In un tratto assai irto, trovo dei ciclisti in crisi. Li saluto e li svernicio. Sai com’è…

Arriviamo nuovamente al Conventino. Il giro è finito. Semplice, breve, bello e divertente. Poco meno di 10Km e 550D+. Per oggi siamo contenti così. Ci reidratiamo con calma e con altrettanto sentimento torniamo verso casa.

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