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Un’avventura per due di Alessandro Tonelli

Questo “viaggio trail” inizia a ottobre dello scorso anno durante una delle innumerevoli uscite per i boschi.

Ci siamo fatti prendere subito da un entusiasmo che ci ha contagiato in pochi minuti.

Io venivo dall’esperienza del MOT , un trail a tappe fatto in Val Maira durato 4 giorni percorrendo 180 km. Un esperienza talmente positiva che l’ho trasmessa subito al mio compagno di viaggio che in men che non si dica si è lasciato subito conquistare.

Tempo un paio di giorni e si era subito prenotato il viaggio in treno, le strutture alberghiere ed i vari ristoranti dove cenare alla sera.

Purtroppo la fretta fu cattiva consigliera. Il periodo scelto era la prima settimana di dicembre ma ahimè si dovette rinunciare a causa del meteo avverso. 

Certamente non era periodo favorevole, ma la voglia era tanta e si sottovalutò questo aspetto non secondario. 

Ci ripromettemmo di provarci l’anno successivo con l’intento però di farlo ad inizio autunno ; ma soprattutto prenotando poco prima della partenza in modo da tenere sotto controllo il meteo.

Scelta non fu più azzeccata e così il 5 ottobre di quest’anno in un tardo pomeriggio assolato abbiamo intrapreso la famosa Via degli Dei da Bologna a Firenze.

130 km con 4500 metri di dislivello.

È un percorso che normalmente si fa tra i 5/7 giorni a trekking , ma noi non abbiamo tutto quel tempo a disposizione e quindi optiamo per un trail alternato ad un trekking a passo sostenuto.

D’altro canto i 7 kg di zaino che portiamo sulle spalle non ci consente di fare solo ritmo trail… ma va bene così.

Si parte dalla stazione ferroviaria di Massa, cambio a Parma e si arriva a Bologna.

Le stazioni sono una fucina di personaggi e ne incontriamo subito un paio in partenza. Uno è un artista scultore che decanta le sue opere come fosse Leonardo Da Vinci, un altro sembra uscito da un fumetto. Ha l’aria di Superciuk il famoso supereroe avvinazzato. Sbanda pericolosamente sui binari. 

Gli diciamo di non fare scherzi perché abbiamo la coincidenza e non possiamo permetterci ritardi 😅.

Arriviamo a Bologna. Sul piazzale antistante la stazione l’orologio segna ancora le 10.25 di quel triste 2 agosto 1980.

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La struttura che ci ospita per la notte è un B&B che dista un paio di km in zona Saragozza.

Passiamo dalla bellissima Piazza Maggiore. Siamo in tenuta praticamente estiva ; pantaloncini e maglietta… il tramonto cala sulla piazza con il suo inconfondibile color arancio. Siamo carichi ! 

Nettuno ci da la sua benedizione.

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La serata si chiude alla trattoria Bertozzi, un’istituzione bolognese per la cucina tradizionale. Non possiamo dare completamente sfogo alla nostra passione, ma un buon piatto di prosciutto crudo e parmigiano apre le danze. E poi un bel pieno di carboidrati con un abbondante piatto di tagliatelle con ragù alla bolognese.

Due passi per digerire e due risate finali prima di coricarci.

Si dorme in quella che deve essere la cameretta di due bimbi piena di giochi e quadretti divertenti. Ci adeguiamo subito 🤣

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Sveglia alle 6, doccia e bella colazione al bar sotto casa… alle 7.05 del 6 ottobre parte ufficialmente il nostro “ ViaggioTrail”.

Imbocchiamo la lunga salita che ci porta al Santuario di San Luca attraverso 3 km di portici e scale. Un opera a dir poco straordinaria che ammiriamo con stupore.

Le interminabili scale ci fanno sentire più vicini a casa con i tipici sentieri liguri.

Al Santuario primo timbro sul passaporto che ci è stato rilasciato al momento della partenza. Al 5^ timbro hai diritto ad un gadget che ritirerai direttamente all’arrivo di Firenze presso il bookshop di Palazzo Vecchio.

Dopo la tortuosa salita, un altro tratto di asfalto in discesa ci porta su sentieri a noi più graditi. Si entra finalmente nel bosco fino a raggiungere il lungofiume Reno.

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Il terreno è secco e polveroso per lunghi tratti. Mentre Maurizio mi precede scatto qualche foto e faccio qualche video. Alla fine del viaggio ne conto in totale 203 😂.

Mi piace documentare le mie uscite e rileggerle a distanza di tempo. Un modo come un altro per rilassarsi.

A mezzogiorno ( di fuoco 🔥 ) finalmente si raggiunge la vetta del Monte Adone.

A proposito… la Via degli Dei è chiamata in questa maniera perché le montagne che si attraversano portano il nome delle divinità mitologiche romane.

Davvero particolare la conformazione morfologica di questa montagna. Sembra di attraversare un canyon dello Utah.

In questa prima tappa che ci porta al paese di Monzuno, questo tratto rappresenta la parte più bella dell’itinerario odierno

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Passa mezz’ora ed arriva il momento del BeerTime. 

Appuntamento fisso a metà e fine percorso della giornata, che si chiude dopo circa 40 km e 1500D+.

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Si alloggia all’hotel MonteVenere, un decorosissimo due stelle con annessa trattoria.

All’ingresso troviamo un ragazzo tedesco che è stato appena cacciato dall’hotel perché dopo essere stato ospite per due notti non aveva i soldi per pagare. 

Il sorriso da ebete e un numero spropositato di valige che si porta dietro ( a piedi !! ) mi fa pensare che più di un hotel ha bisogno di un ricovero in qualche clinica specializzata.

A cena si preferisce prediligere i carboidrati e così diciamo al nostro oste che non mangiamo il secondo previsto nel trattamento di mezza pensione ma di abbondare sul primo piatto.

Detto… fatto ! 

Arrivano due enormi pirofile. Una di casarecce con sugo di piselli e prosciutto ed una di tagliolini panna e prosciutto.

Era da una vita che non riuscivo a terminare un piatto di pasta . Un avvenimento veramente rarissimo. Ogni porzione superava abbondantemente i 2 etti 😅

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L’indomani sarà la tappa più impegnativa del percorso con 50 km ed altri 1600D+.

Maurizio non ha ancora affrontato due distanze così lunghe e ravvicinate e si addormenta con qualche dubbio sulla prova che lo attende l’indomani.

Io sono fiducioso, perché so’ che dove non arriva eventualmente con il fisico ci arriverà con la testa.

È così è stato !

Ci svegliamo con il buio e l’umidità che contraddistingue questi posti. 

Luce frontale accesa e si parte….siamo carichi a pallettoni 💪.

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Oggi attraversiamo la parte più bella del cammino, la famigerata Via Flaminia, famosa via militare costruita dal console Gaio Flaminio nel 187 AC in Appennino.

Questa si ipotizza, servisse a spostare velocemente le legioni tra Fiesole e Bologna.

Lungo la via si attraversa il confine tra Emilia e Toscana.

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Anche oggi un meteo a cinque stelle.

Il sole che albeggia ci mette subito di buon umore, le gambe girano, avanzando attraverso tortuose strade bianche.

Dopo una decina di km inizia una lunga salita che ci porta al Passo delle Banditacce ( 1204 m ); si tratta del punto più alto della Via degli Dei. 

Il bosco è di un colore verde smeraldo ;

calpestiamo le millenarie pietre della Via Flaminia immaginando le truppe della famosa Legione Gemina di cui troviamo il simbolo.

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La “ Legione Gemella” è storicamente la più degna di nota delle legioni che furono condotte da Giulio Cesare nelle sue campagne in Gallia e anche nelle successive guerre civili.

È soprattutto la legione che per prima passò il Rubicone il 10 gennaio del 49 AC.

Ci scambiamo battute tipo “ Caro console che ne pensa del tragitto odierno ? È di suo gradimento ? “

“ Da pretore di questi luoghi avrei fatto costruire qualche taverna in più ! “ 

E così parlando di taverne controlliamo la nostra traccia GPS per vedere se nei dintorni possiamo fare il nostro consueto BeerStop. 

Dobbiamo rimandarlo di qualche ora. Nessuna traccia di civiltà fino al Passo della Futa dove arriviamo intorno alle 11.30.

Poco prima di arrivarci facciamo una sosta al Cimitero Monumentale Germanico della 2^ guerra mondiale che ospita più di 30.000 soldati tedeschi caduti durante l'offensiva alleata alla linea Gotica

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Superata la grande rotatoria del Passo, ci tuffiamo di nuovo nel bosco. 

Una salita impegnativa ci porta all’Antico Passo dell’Osteria bruciata…. Dannazione! La nostra birra deve ancora attendere 😂.

Ci accontentiamo di fare rifornimento idrico alla Fonte del Cigno con acqua cristallina e fresca.

Fortunatamente il tratto odierno si è corso dentro il bosco, al riparo dal sole, che oggi picchiava di brutto. 

Ora il percorso si fa tutto in discesa e finalmente giungiamo a Sant’Agata, il primo centro abitato di questa 2^ tappa.

Il bar del paese brulica di escursionisti, la birra scorre a fiumi come i taglieri di salumi e formaggi appoggiati sui tavoli.

Ci rinfreschiamo ad una fontana e ci riposiamo su una panchina con il nostro boccale tanto desiderato.

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Mancano pochi km a San Piero a Sieve, siamo stanchi ma soddisfatti della prestazione odierna.

Alle 16.30 arriviamo in paese. Qui alloggiamo in un appartamento del centro storico. Una bella doccia in attesa della cena. 

Proseguiamo con la nostra dieta mediterranea 😅… che prevede Pici all’Aglione !

Al momento di pagare il conto ci accorgiamo che c’è qualcosa che non va’… 91 € per due piatti di pasta, due antipastini di verdure, due birre e un caffè.

Mmmmmm… fammi controllare ! Senza batter ciglio erano stati aggiunti 5 dolci, senza nemmeno fare una battuta, magari scherzosa, visto che eravamo solo in due !

Vengono decurtati subito 35 €… bravo, ma non farlo più. 

Si rientra in camera. Mettiamo sotto carica tutti i nostri dispositivi e click… buonanotte 🌜.

Ore 6 ⏰ ⏰⏰. Ultima tappa.

Prima di colazione ci prepariamo due panini con della mortadella tartufata che troviamo nel frigo. Gentile omaggio della signora che ci ha affittato l’appartamento.

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Chi ben comincia bene finisce dice il proverbio.

Le gambe stamani sono un po’ imballate ma bastano pochi km per rimetterle in ordine e proseguire nell’ avvicinamento al capoluogo toscano.

La prima parte prevede due salite impegnative nei pressi della Villa Medicea del Trebbio fino a raggiungere un bosco dominato da lecci e castagni.

Una luce primordiale attraversa il fogliame creando un’immagine celestiale.

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Anche oggi il caldo si fa sentire; sembra che le mezze stagioni siano sparite.

Ci sentiamo sempre di più vicino alla meta e proviamo a spingere su diversi single track che scendono da Poggio Pratone.

Visto che è domenica incontriamo diversi gruppi escursionistici che rimangono meravigliati dal nostro ritmo… evidentemente non conoscono il trail running. Prima di entrare nel lungo tratto asfaltato che ci porta a Fiesole incontriamo due posti singolari.

Il primo è un piccolo altare buddista immerso nel bosco.

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Il secondo è sulla vetta di Poggio Pratone, detto il “Tetto di Fiesole”, dove viene rievocata la battaglia di Montereggi tra Romani e Ostrogoti

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Ancora poco e arriviamo a Fiesole dove veniamo raggiunti da Fabio, un altro cinghialaccio 🐗 fiorentino e compagno di tante uscite.

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Ci offre birra e panino nella piazza principale del paese. È venuto con la funzione di comitato d’accoglienza e noi apprezziamo questo suo gesto di autentica amicizia.

Intanto a Firenze arrivano le due sante donne ( Cristina & Patrizia ). Al telefono rimaniamo d’accordo di trovarci in Piazza della Signoria. Ci raccomandiamo di fare un breve video del nostro arrivo come ricordo.

Da Fiesole veniamo giù a buon ritmo… è tutto asfalto e ci adeguiamo. 7 km circa di bitume bollente non è il massimo dopo aver percorso una trentina di km.

Ore 15 di domenica 8 ottobre arriviamo trionfanti in centro a Firenze.

La Via degli Dei è completata.

Ma quelle sante donne dove sono ? La piazza è grande e affollata di turisti, che guardano questi due elementi sporchi e sudati.

Semplice …hanno sbagliato piazza è stanno degustando un bel calice di Chianti.

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E cosa vuoi dirgli ?!? 😂🤣😂

Ci sediamo sui gradini di Piazza della Signoria, per dirigersi poi in stazione centrale, dove ci laviamo e cambiamo nei bagni pubblici.

Cambiati e profumati ci dirigiamo a ritirare la mappa del nostro cammino che è il gadget promesso in base al numero di timbri che metti lungo il cammino.

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Un esperienza che rifarei domattina… ci sono comunque nuovi progetti nel cassetto.

Alla fine non importa dove vai, ma con chi vai. Grazie Mauri.

Alla fine sono i passi brevi che ci faranno compiere lunghe distanze… non avere fretta, passo dopo passo arriverai ovunque.

E con dice Salman Rushdie ( che non conosco assolutamente 😅 ).. “ Nel biscotto della vita, gli amici sono le gocce di cioccolato “

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FINE 😅😅😅

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Stabbiano trail running di Andrea Pelleriti

Stabbiano(Lu) l’ho nel cuore non solo perché, grazie a Fabrizio, è stata la mia prima corsa nei boschi e, da quel momento, è iniziata una nuova stagione podostica in simbiosi con la natura ma anche perché è l’unico paese della lucchesia in cui il Linchetto era molto gentile e, mentre in molte altre località collinari, si divertiva a fare scherzi alle persone o impaurire gli animali nelle stalle, a Stabbiano no. A Stabbiano, il Linchetto era gentile, entrava nelle case, andava nelle camere e rifaceva il letto in modo che, chi rincasava la sera, stanco, lo trovasse pronto e accogliente.

E così da Stabbiano, sempre in compagnia di Fabrizio, ho iniziato a scoprire ogni angolo di bosco, da quelli più battuti a quelli più selvaggi e poco o nulla esplorati; a provare sentieri per percorrere anelli sempre più ampi, scorgere panorami sempre più incantati, come quello della “valle incantata“, appunto, come l’ho battezzata, che è dalle parti di Pretale lungo il fosso di Croci, irraggiungile per chi non conosce bene la zona.

L’ultimo giro fatto è stato molto interessante.

Prima si è passati sotto la croce di Stabbiano, che non avevo ancora mai visto;

poi per sentieri non segnati sulle app, si è raggiunta Farneta dopo aver costeggiato il Rio della Certosa e poi Formentale che è un gruppo di case adagiato in collina tra Chiatri e il monte Quiesa. Un percorso selvaggio in alcuni tratti ed è per questo che mi è piaciuto più di altri. Mi piacerebbe riprovarlo in notturna anche per misurarmi con le difficoltà del percorso non battuto ma non so se lo farò… Avrei sicuramente molta paura a passare, di notte, davanti la marginetta al limite del paese… Perché si dice appaia lo spirito della Dannata! Una donna scomparsa misteriosamente nella notte, forse uccisa e mai ritrovata. Lo spettro, racconta chi lo ha visto, è alto, vestito di bianco, con un mestolo infuocato in mano col quale respinge tutti coloro che passano di li…

Proseguendo la nostra corsetta si è lambita la cima del monte di Croce (456 m slm) per raggiungere Monti di Chiatri, ancora una volta per un sentiero selvaggio, stretto, dove si sono incrociati 2 cinghiali, e dal, quale si scorge a un panorama che era costituito esclusivamente da boschi fitti. Tratti con rocce che ricordano quelle che leggenda vuole di origine lavica sul Monte Le Croci (comprensorio dei Monti pisani). Bellissimo!

Un piccolo capitombolo in una radice e via… siamo a Chiatri.

Da Chiatri si rientra a stabbiano passando per un sentiero che lambisce l’inizio del fosso o solco della Lupaga, da cui si gode una bella vista sulla valle della Contesora, su Fibbialla, Piazzano, Vecoli. Punto non solo panoramico ma anche ricco di mistero… Si narra infatti che di notte, da Fibbialla, si possano vedere dei lumini che si arrampicano lungo il corso del solco. Una volta in cima, proprio dove siamo ad osservare il bel panorama, questi ruzzolino verso il basso tornando al punto di partenza, emettendo dei lamenti. Anime del purgatorio costrette a scontare la loro pena in un luogo così bello(se potessero conquistare la cima del solco) ma costrette a rimanere nell’ orrido del solco stesso.

Ancora una volta un bel giro, ma le esplorazioni intorno a Stabbiano non sono ancora concluse…

Alla prossima!

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Rocca di Ripafratta e dintorni di Andrea Pelleriti

Da tempo avevo in mente di fare un giro che unisse il sistema difensivo medioevale del confine Lucca-Pisa, in particolare Nozzano e Ripafratta.

E così, in una mite domenica, quasi primaverile da Nozzano Castello, correndo, si è fatto rotta sulla Rocca di Ripafratta (conosciuta anche come castello di Ripafratta o rocca di San Paolino), passando sotto la torre dell’Aquila per attraversare poi il Serchio e iniziare a salire verso la rocca.

In verità, avevo già visitato fugacemente la rocca in occasione del TA bisesto, nel 2020, pochi giorni prima del lockdown ma la voglia di tornare per completare l’esplorazione era tanta.

Il “nome ufficiale” della Rocca di Ripafratta è “Rocca di San Paolino“. Un nome abbastanza insolito. Sapete perché?
San Paolino è il patrono della città e diocesi di Lucca. La Rocca fu costruita dalla consorteria dei Da Ripafratta, che durante l’alto medioevo erano feudatari del Vescovo della città di Lucca. Alla loro residenza fortificata, eretta sul colle Vergario in località Ripafracta o “Ripa”, vollero dare il nome del patrono della loro città. E, anche se, con il passare degli anni, i Da Ripafratta passarono sotto Pisa, il “protettore celeste” della roccaforte restò sempre San Paolino.

Dopo aver visto quel che resta della Rocca, via a salire verso la Cima del monte Maggiore, percorrendo anche un tratto dello 00. Su per sentieri che, se corsi di notte, può capitare di sentire un assordante rumore di zoccoli di cavalli e grida di cavalieri! La cavalcata degli spiriti di quei guerrieri che tanto hanno combattuto nelle guerre tra Lucca e Pisa e, che non continuano a trovar pace per tutte le nefandezze compiute!

Non ci lasciamo suggestionare dalle leggende locali e proseguiamo con la nostra corsa che ci porta prima a rupe cava, poi sulla cima del monte Tondo e poi, prima di iniziare la discesa su quella del monte Maggiore.

Rupe Cava ci soffermiamo qualche minuto. Non è possibile accedere a quel che resta del monastero, peccato! Ma qualcosa riusciamo a scorgere e sicuramente incanta la quite del posto dove gli eremiti vivevano nella pace e nella preghiera, amministrando i romitori sparsi per la collina, creando immagini devozionali che poi posizionavano lungo i sentieri. Si dice che anche S. Agostino abbia soggiornato qui a Rupe Cava o Lupo Cavo come anche vien chiamato il posto. Già Lupo Cavo… Perché nella zona c’era un lupo che danneggiava i poveri contadini uccidendo le loro bestie. La Madonna lo inceneri proprio in prossimità del luogo dove poi sorse l’eremo e, sulla roccia, si formò una macchina scura che riproduceva il profilo del lupo!

Prima di rientrare a Nozzano un’ultima sosta, alla torre del Centino.

È la torre di vedetta, sotto il monte Maggiore, che, oltre il Serchio, ha davanti quella dell’Aquila. Qui si favoleggia vi fosse un tesoro nascosto ma nessuno l’ha mai trovato! Nemmeno noi ci riusciamo. Se venisse scoperto, però, per aprire il forziere servirebbe una chiave particolare; ovvero in grado di far scattare la serratura solo se incandescente 

Bhe il giro è terminato, il rientro a Nozzano è veloce, dopo circa 15km e poco meno di 600 m. di dislivello positivo, quasi tutti corribili. Soddisfatto per quanto visto, arricchito da queste bellezze e dai panorami assaporati che dalla vetta del monto Tondo spaziavano fino al mare.

Alla prossima!
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Sulle tracce della "Nevidio Casarosa" di Andrea Pelleriti

Sono pronto per una nuova avventura Trail running sui monti pisani. Stavolta voglio ripercorrere qualche sentiero che un tempo fu solcato dai partigiani della formazione Casarosa. Una importante, intensa e dolorosa pagina di storia che sembra lontana, una pagina da non dimenticare.

La partenza è dalla pieve di Calci con la sua facciata in stile pisano ed il campanile incompiuto che per la possente base quadrangolare, si pensa sia quanto resta di un’antica torre difensiva o di avvistamento, le cui fondazioni potrebbero essere ancora sotto il livello stradale.

Nella seconda metà di maggio 1944, insieme ad un primo nucleo di uomini appartenenti alle squadre d’azione, riuniti sui monti pisani dal giovane Martini Uliano, ad Asciano, si venne costituendo il distaccamento “Nevidio Casarosa” che iniziò la sua attività ai primi di giugno. La formazione aveva elementi della Democrazia Cristiana ed apolitici, ma sopratutto un considerevole numero di Comunisti. Dall’occupazione iniziale dei contrafforti sud dei monti di Asciano, la formazione si spostò a nord del Monte Faeta, sede di una dei settori con cui la zona era stata divisa. Il monte Faeta è proprio la meta di oggi.

La salita è per il sentiero 131 e la forestale fino a Foce di Calci (484 m slm), poi un bel single track fino a Campo di Croce (612 m slm) dove c’è qualche cm di neve che rende più suggestivo il bosco. Fa freddo, siamo, sudati pertanto la sosta è il tempo necessario per confermare che si vuol proseguire per raggiungere la vetta del Faeta.

Campo di croce il 4 luglio 1944 fu zona di un’azione partigiana. Infatti, una squadra di 8 uomini del Settore dei monti di Calci attacca una pattuglia tedesca di 12 uomini. Nell’imboscata rimasero uccisi 1 ufficiale e 2 soldati tedeschi, mentre gli altri se la dettero a gambe nel bosco e la scamparono.

Da campo di croce la salita in vetta è per un single track fino al laghetto artificiale, poi per la carrabile, tutta corribile, ed infine, gli ultimi 100 metri per la parte finale del vertical che è ghiacciato.

Sono in vetta!

Cima Monte Faeta, 830 m slm, da cui il panorama è ancora una volta stupendo. Le immancabili foto di rito e via… Si rientra.

Chissà che pensieri avranno avuto i partigiani su questa cima, sede del comando, con un panorama così bello ma funestato dalla guerra! La zona circostante fu anche oggetto di pesanti rastrellamenti tedeschi, sostenuti dalle brigate nere di santa Maria del Giudice, nell’agosto del 1944, effettuati per cercare di catturare non solo i membri di questa formazione ma anche i suoi sostenitori. Sicuramente, in quel periodo, ogni momento era frenetico, il tempo interamente dedicato ad organizzare la difesa della popolazione locale, trovare cibo, pensare ad azioni d’attacco per sconfiggere i tedeschi. Non penso ci sia stato tempo per soffermarsi ad ammirare il panorama; ora possiamo farlo grazie al loro impegno e sacrificio.

Il Comando della Formazione ha avuto sede proprio, sul Monte Faeta, fino al 2 agosto 1944, poi sul Monte Pruno dove vorrò andare in una delle prossime uscite, fino al 10 agosto e, poi, di nuovo sul Faeta fino alla liberazione che, senza i nostri partigiani, senza dubbio sarebbe stata più difficoltosa.

La discesa è divertente, scivolosa e veloce per il sentiero Lavinia che nella parte alta è parecchio ripido. In due balletti siamo nuovamente a Foce di Calci e per un sentiero diverso rispetto a quello corso a salire siamo nuovamente in Paese.

Che bel giro!

Grazie Cristina che ci hai fatto conoscere questi sentieri.

Ma chi era Casarosa? Un giovane falegname di Calcinaia, uno sportivo come me e tanti di noi, ma sopratutto il comandante di una formazione GAP. Si era scontrato con reparti di nazisti in località Badia di Pontedera, nei pressi di Cascina, perdendo la vita. Oltre che per il suo coraggio, Casarosa era molto conosciuto proprio per la sua passione per gli sport; così nell’immediato dopoguerra, al valoroso gappista, sono stati intitolati il velodromo di Fornacette e il circolo sportivo di Calcinaia.

Alla prossima!

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La torre dell'acquila di Andrea Pelleriti

Oggi, nella prima giornata arcobaleno del 2021 … arancioni x allerta neve a bassa quota, gialli per allerta rischio idrogeologico, rossi per contenimento covid, non mi son fatto mancare un bel trail tra nevischio, pioggia, qualche lampo a illuminare il sentiero con la compagnia musicale dei tuoni, tanto fango, belle discese divertenti che ho corso di gusto e bei panorami avvolti molto spesso nelle nuvole basse e rimasti impressi nella mia memoria perché pioveva talmente tanto che non mi sono fermato a fotografarli.

Dallo splendido Nozzano Castello rotta su la Torre dell’Aquila , tratto finale (o iniziale) dello 00 che un giorno farò tutto d’un fiato !

La torre conosciuta anche col nome di Torre Segata si trova su un colle (144 m slm) sopra Castiglioncello in un punto strategico sul confine tra Lucca e Pisa. A base esagonale, eretta con pietre riquadrate, in un punto strategico di vedetta, probabilmente da un bravo architetto (come dimostrano i muri rimasti belli robusti). Come tutti i luoghi di confine ha vissuto momenti turbolenti non a caso è “segata” … dopo la caduta di Pisa per mano dei fiorentini , furono ristabiliti i confini delle città rivali e, manco a farlo apposta, quello tra Lucca e Pisa passava proprio in mezzo alla torre ! 

Dentro la base, tra l’altro, è ancora visibile la pietra che lo testimonia!

I pisani non vollero intatta la loro metà perché temevano finisse in mano ai lucchesi e, allora, decisero di demolire la loro porzione ! Era più o meno il 1350 e da allora non si chiama più dell’Aquila ma Segata.

Per chi fosse curioso, le belle pietre squadrate della meta abbattuta si dice siano state usate per costruire la chiesa di Filettole.

Ho sostato solo pochi minuti sotto la torre perché nei giorni di bufera, come oggi, sembra che prima che scocchi la folgore, appaia lo spettro di un soldato con la testa mozzata e una lancia in mano … chi riesce a vederlo, nell’attimo della folgore, senza rimanere impaurito dall’aspetto terrificante,​ e riesce a cogliere dove punta la lancia, potrebbe scovare un tesoro di ingente valore. Io, purtroppo, temo le folgori e poiché il tempo era veramente pessimo, ho proseguito il mio percorso, correndo sotto la cima del monte Bozzi prima e Niquila poi , per tagliare, infine, il fosso delle Cavine e, tramite un single track, in discesa molto divertente, fangoso e attraversato, nella parte centrale, da un bel rigolo d’acqua, sono arrivato a Balbano.

Imperversava il temporale e proseguire non era prudente,​ secondo me. Da Balbano a Nozzano per la via asfaltata e la testa che elaborava nuove esplorazioni in zona … perché ci sono ancora dei sentieri che voglio percorrere …

Nozzano Castello sotto un bella nevicata mi sono goduto il giro del Castello prima di rientrare alla base.

Alla prossima, restate sintonizzati, siamo solo all’inizio dell’anno …

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Monti pisani lucchesi di Andrea Pelleriti

Un bel giro, divertente, allenante, in alcuni tratti panoramico è quello che, partendo da San Lorenzo a vaccoli, percorrendo la via dei bovi, permette di arrivare alle Croci di Vaccoli e da lì, percorrendo il sentiero 00 , arrivare all’Eremo della Spelonca prima e a passo di Dante poi.

La via dei bovi sale nella valle del Rio di Vaccoli tra il monte le Croci e il Penna. È molto verde, con dei tratti in cui si cammina in una stupenda galleria naturale di alberi caduti.

È la via che percorreva spesso anche il pastore Giuseppe, un pastore che viveva verso i 4 venti. Una sera, mentre tornava a casa, proprio sotto il monte Penna vide un agnellino. Pensò fosse uno dei suoi, anche se non si capacitava come fosse finito così distante da casa, e così, se lo mise sulle spalle e iniziò a salire il sentiero. Più Giuseppe saliva, più il peso sulle spalle aumentava ed aumentò così tanto che fu costretto a farlo scendere. Come l’agnello ebbe le zampe a terra scappò via veloce scomparendo nel buio con una risata beffarda… Fu uno scherzo del Linchetto che si aggira in quella zona! 

Arrivato alla croce di vaccoli, ho preso lo 00 in direzione monte Aguzzomonte Pervia, Le Cimettemonte Cupola, fino all’Eremo e alla grotta di Spelonca. Un percorso che un tempo fu camminato(io corso, ma lui non era allenato ) anche dal Diavolo che, senza saperlo, si trovo all’improvviso davanti proprio l’eremo della Spelonca. Io, giunto lì, mi sono fermato per osservare la cappellina, per vedere le vasche intagliate nella roccia che forse fungevano da fonte battesimale e fare qualche foto.

Lui, il diavolo, invece, se la diede a gambe finendo in un rovo di more che si coprirono di muffa! Era l’11 ottobre di un anno che fu e da allora, infatti, se vogliamo cogliere le more ancora dolci e buone dobbiamo farlo prima dell’11 ottobre perché dopo quella data si coprono di ragnatele e diventano acide… Provare per credere 

Dall’eremo, proseguendo si arriva a passo croce.

Da qui, si può proseguire a passo di Dante o scendere a Cotro(sobborgo di Santa Maria del Giudice). Scendendo a Cotro, come ho fatto in una delle mie escursioni Trail, si percorre un sentiero dove si narra si trovi una misteriosa “ciampata“. È l’impronta di dello zoccolo di una mucca su una pietra. Gli anziani del posto raccontano, ancora oggi, che sia stato lasciato da una vacca d’oro che è stata nascosta da quelle parti. Scendendo ho guardato attentamente ma anche io, come molti che hanno cercato di trovarla, non ho visto niente!

Alla prossima!

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