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Tor des Geants 2021 di Fabiano Picco

TDG – I giorni prima

BorsoneA casa ho preparato il materiale per il borsone, usandone uno leggermente più piccolo di quello che mi daranno per fare le prove. In questo modo sono sicuro che tutto il materiale ci starà dentro anche dopo 3-4 gg di roba sporca o riuscirò ad infilarcelo quando sarò poco lucido e al buio di un dormitorio.

Ho optato per fare sette sacchetti zip-loc con il nome della base vita, in ogni sacchetto c’è mutanda, canotta termica, maglietta, calzini, fascia scaldacollo, manicotti. Poi sacchetti con maglie a manica lunga, pantaloni, calzini, ramponicini… materiale che si usa una o più volte. Un “beauty-case” da 20x15x8 da elettricista portacavi, in tessuto, con i settori e cernierine, molto ordinato e accessibile, ci ho messo dentro dal power bank al cottonfiocc, passando per le creme antiabrasioni e i medicinali di emergenza.

Arrivo a Courmayeur il venerdì pome, l’aria odora di grande sfida, tutti sfoggiano le loro magliette/giacche dei grandi eventi a cui ha partecipato, LUT, UTMB, prima comunione, Mortadelethon e corsa coi sacchi delle elementari.

Li vedo tutti magri, persino il pizzaiolo della pizza al taglio è bello asciutto e tirato, sono fuori luogo con la mia panzetta e i miei chili di troppo.

Sabato mattina giro in paese, l’aria ha un profumo misto di festa e caghetta, voglia di cominciare, paure, ci si sente grandi. Si cerca di stare seduti più possibile, non bisogna stancarsi il giorno prima.Giorno 1

Nel pomeriggio ritiro sacca al village, ti mettono un numero sul petto e quel numero sarà il tuo ticket di ingresso, bighelloni in giro in attesa che l’APP dica che tocca a te. Niente code infinite. Bene.

Vedo Bosatelli, mi saluta come si salutano i Visps, io ricambio con un “ma chi ti conosce?”… non sono credibile, eh? Vabbè… gli faccio io una foto di nascosto, a questo gigante tra i giganti. Mi sento un po’ un pulcino bagnato nel mezzo di questi mostri del Trail…

 

 

Prima tappa Courmayeur-Valgrisenche

giorno 1 bAlle 9.00 c’è l’appuntamento per l’ingabbiamento pregara, senza molta ressa si entra tra le transenne, si vive il momento con serenità, ci sono atleti che salutano i loro cari o il gruppetto di tifosi. La musica e gli speaker pian piano incalzano e aumentano il ritmo, le emozioni aumentano, si respira a fondo, sia per ricordarsi il momento che per tranquillizzarsi, stretching, zips che si aprono e si chiudono, ultimo controllo degli oggetti a portata di mano, piedi che non vogliono stare fermi, gli speaker che ci iniettano nelle vene la voglia di spaccare tutto e finalmente il via: partenza attraverso il centro da favola, 2 km di corridoio di gente che urla, suona campanacci, applaude, siamo come tori a Pamplona, ma più cazzuti, io comincio a singhiozzare, non vedo un cacchio, ho le lacrime agli occhi, urlo, rido, corruccio anche ma le gambe è bene che facciano il loro lavoro da sole adesso, che io mi sto sconquassando tutto dalle emozioni e sto cercando i visi di mia moglie e delle bambine, sbattendo gli occhi per mandare via le lacrime. Mi tengo indietro per riuscire a vederle ed evitare la folla di corridori. Finalmente le vedo, do un bacio a tutte e tre, saluto e parto, non è più il momento di crogiolarsi, abbiamo 350 km da fare.

Puntualizzo che sono nel primo gruppo di partenza, quello dei top runners. Il motivo è che 2 anni prima ho vinto una gara di 120 km, dove eravamo solo in 5 persone. Questo ha fatto in modo che ho un punteggio ITRA veramente cazzuto, ma sopravvaluta le mie capacità, quasi tutti quelli che sono attorno a me sono più fighi, lo so e lascerò sfilare tutti e mi terrò indietro per evitare di sfinirmi da subito.

Dopo 3 km c’è il famoso imbottigliamento a inizio sentiero, vicino a me c’è quello che deve spiegare tutte le regole per sopravvivere al TDG e continuerà ad elencarle per tutti i 350 km. Mi infilo più avanti nella coda, per tenermelo lontano un po’ e non sentirlo.

L’atmosfera è quella di una uscita domenicale, si parlucchia, si avanza anche un po’ determinati ma non c’è ansia da prestazione.

Dopo 500 metri di dislivello tengo monitorato il cardio sull’orologio, stiamo pompando troppo, lascio passare, lascio passare fino a quando non mi trovo addirittura ultimo, assieme ad una tailandese, la strada è carrabile e dietro a me c’è una Jeep che chiude la gara, averla dietro dà un po’ fastidio, avanza fino a noi e poi si ferma un minuto per poi ri-raggiungerci… Finalmente la strada diventa sentiero e la macchina deve fermarsi, mi concentro sul sentiero con il mio passo costante, supero 4-5 persone con calma e arrivo in cima al Col Arp, esulto, invoco un po’ di casino tra la 30ina di persone ferme a pranzare dopo la loro scampagnata, ricevo urla, applausi, incitamenti e riprendo ad andare in discesa sorridendo. E’ la mia prima discesa del Tor, non so come prenderla… corruccio/cammino, poi corro, poi camminuccio… cacchio se è difficile tenersi…

Ristoro, sembra un plotone di accoglienza, pieno di volontari pronti a servirti, assaggio la cocacola di tutti, per non fare torto a nessuno.

Si continua a scendere, per ora troppo asfaltoso, ma mi fa sentire più tranquillo, chissà cosa mi credevo di trovarmi come terreno.

Gente che incita, dappertutto è una sagra di paese, in fondo è domenica e c’è gente in gita ovunque.

Ristoro in valle, le regole Covid qui si rispettano ancora decentemente. Mangio, dimentico i bastoncini, riparto. Ritorno indietro di 300 metri a prendere i bastoncini, saluto tutti e riparto di nuovo.

Seconda saGiorno 1 elita, si sale prima dentro il bosco, poi pian piano aumenta la pendenza, fino ad uscire allo scoperto, dopo i 1000 metri di dislivello, dietro a noi, una valle creata da un ghiacciaio, di traverso rispetto alla discesa, ampia e larga, con un piccolo bordo che sembra sia stato molto coraggioso a suo tempo nel contenere questa discesa di ghiaccio. Nel mezzo un ruscello che avanzava in modo molto irregolare e forma un laghetto. Molti se lo saranno perso, in questa fase si gareggia e non si guarda in giro.

Conosco un francese che ha 26 anni, ha fatto il tor 2 anni fa e l’ha chiuso facendo gli ultimi 20 km in retromarcia per un problema muscolare, quest’anno la fa senza convinzioni, ha avuto un aneurisma ed è già contento di poter partire… che gentematta….

Discesa a gradoni, salto e balzo come uno stambecco, forse sto esagerando ma mi diverto un casino e non mi ferma nessuno fino al ristoro.

giorno 1 fTerza salita, tra le piante di mirtillo, poi sentiero, il colle non arriva più, tra i pietroni. Il sangue pompa nelle cosce e finalmente in cima! invece no: è solo una sella e adesso si viaggia sulla cresta di destra, aiutati da corde nei punti più impegnativi, scalini di lastre di roccia spaccata. Arriviamo in cima con il buio, mettiamo la frontale e parto correndo nell’aria frizzante della sera, le teste sono ancora sgombre, i pensieri sono leggeri. Passo davanti ad un monumento, è qui che è morto il concorrente giapponese nel 2012 o giù di lì, mi fermo un attimo a salutarlo e poi riparto.

Nel buio supero uno, con conati di vomito. Gli chiedo “need help?”, mi risponde di no e procedo. Supero varia gente che ormai ha deciso di non correre più fino all’arrivo alla prossima base vita. Arrivo all’asfalto e decido anch’io che è il momento di rilassarsi un po’, qualcuno mi recupera. Ristoro, mancano 5 km alla base vita, ho lo stomaco chiuso, bevo mezzo bicchiere di coca ma ho difficoltà, mi impongo di chiudere lentamente, per non farmi danni già alla prima tappa.

Arrivo a Valgrisenche dopo 10 ore e 50, quasi 2 ore prima del previsto.

 

 

Seconda tappa Valgrisenche - Cogne

giorno 1 gFinito la prima tappa di 52 km e 3900 D+. Mangio bene, pasta al pomodoro con aggiunta di patate, tonno, prosciutto, fontina a pezzi, cracker, tutto nello stesso piatto, la volontaria mi guarda perplessa negli occhi “non mi giudicare…” le dico. A completamento joghurt e una bella birrazza. Vedo molte persone sfinite in base vita, io invece mi sento bene, chiamo mia moglie per dirle come sto andando, non capisce una cippa di quello che dico, sarà il segnale, sarà che parlo a bassa voce per non disturbare gli altri, sarà che ho la bocca piena, “ti richiamo amore”. Non avrei dovuto dormire qui, ma visto che sono in anticipo voglio concedermi un po’ di riposo. Doccia veloce e provo a mettermi giù. Ma l’adrenalina è tanta e c’è un cogl…ne che continua a rovistare nel borsone: non riesce a infilare tutti i suoi sacchetti di nylon dentro, non riesce a chiuderlo, preme ogni singolo sacchetto di nylon rumoroso, muove la zip, ritira fuori tutto, schiaccia a suon di pugni, rimette dentro… 20 minuti così… mi alzo dalla branda e me ne vado seccato, chissà come farà alla 6^ tappa con più roba sporca…

Mi trovo due principi di vesciche nei talloni, non ne ho mai avute in vita mia… mi metto il Compeed. Mi ricremo i piedi con la pasta Fissan per evitare vesciche, mi metto la crema all’arnica da caviglie alle anche per evitare problemi muscolari e di giunture. Ho le ginocchia leggermente affaticate dalle discese.

Richiamo mia moglie dopo la doccia e la semi-nanna, me ne ero dimenticato, non capisce una cippa nemmeno adesso, poretta, è l’una passata di notte, stava dormendo tranquilla ormai…

Mi sono imposto di stare almeno 20 ore in questa seconda tappa, inizialmente prevista in 16, per riposare un po’ le ginocchia e per godermi un po’ di più il viaggio, visto che sto tirando come un dannato. E’ la tappa più lunga e con più dislivello di tutte, 56 Km e 4100 D+, rallentare un po’ non mi farà male.

Nonostante sia notte fonda riesco mentalmente a pensare che c’era un ieri e che ora c’è un oggi, sono all’indomani, sono fresco.

Ho un’illuminazione, obiettivo del giorno: trovare un vigile o un poliziotto e dirgli “agente, cos’è successo, stavo correndo troppo???” (non troverò un agente di nessun tipo fino all’arrivo, purtroppo, la battuta la conservo per un altro trail…)

giorno 2 fenetreSalita al Col Fenetre, al buio, da solo. Non ho paura a stare da solo, le prossime notti magari avrò bisogno di compagnia, ma non la prima, adesso sto bene. Arrivo al rifugio Chalet Epee in un attimo, trovo un altro che sta vomitando dopo aver cercato di mangiarsi mezza arancia, siamo a 3 persone che vomitano davanti ai miei occhi, io per evitare continuo a mangiare lentamente e solo cose che mi allettano e mi sembrano leggere (prevalentemente minestra, per capirci…). Scambio due battute e riparto. Siamo ancora poco sgranati, in salita conosco varie persone che poi rivedrò, o che non vedrò mai più, ma nella notte è più facile scambiare battute o parlare, diventiamo più ciarlieri e facciamo amicizie. Nell’ultimo pezzo faccio tre pause di 30 secondi prima di arrivare in cima, da tanto che tira questa salita. E sono al Col Fenetre. Foto di rito e riparto allegro, ma la discesa è un muro verticale, si scende a zig-zag su una parete ripida, il sentiero è molto polveroso, quando si fa la traversa va anche bene, sia la zig che la zag, ma quando si gira è dura, ci sarà una pendenza del 50% del terreno, è proprio quel trattino tra lo zig e lo zag che frega. Gente che mi supera, io proprio non mi arrischio… come faranno… Dopo almeno 30-40 tornanti il terreno spiana leggermente, ma io sono smonato e non ho voglia di ricominciare a correre, vado piano, quando arriva qualcuno da dietro mi fermo a fare pipì o a sistemarmi una scarpa per farlo passare. Sono rimasto piuttosto impaurito da quella pendenza, il giorno prima era un carnevale di Rio in confronto. Discesa lenta e inesorabile fino a Rhemes de Notre Dame, senza fretta, recuperando un po’ di sicurezza. Che poi non mi stanno superando in molti, eh… L’effetto caghetta deve essere stato più o meno uguale per tutti.giorno 2 nanna 2 Arrivo al ristoro, mi siedo, mangio la mia minestra gourmet con dentro questo e quello, oltre alla pastina. In parte a me si vedono i primi che dormono appoggiati, braccia sul tavolino, dietro a me c’è uno con l’assistente personale con 2 borsoni, lo cambia di tutto punto e gli prende da mangiare, praticamente è il suo Sheerpa. Rimango un po’ perplesso, che gusto c’è a farsi servire e riverire… stai facendo un endurance trail, ci si diverte a sporcarsi le mani…

Riparto per il col Entrelor, pian piano albeggia e poi schiarisce, parlo con Aline, svizzera e tutta d’un pezzo, parlo con Aldo, valdostano che conosce la zona. E’ giorno in cima. Ci arrivo con le mie difficoltà alle 8:30, tardi per vedere l’alba assieme ad una gnocca e limonare… vabbè. Salita veramente dura, per fortuna la discesa non è impegnativa, anche se lunghissima. Continuo a cercare di non correre, faccio il bravo.

Conosco Filippo il siculo e reincontro Aldo il valdostano in discesa, poi provo a lasciarmi andare un po’ lasciandoli indietro, supero alcune mucche e un toro che cercava di ingropparsi le mucche del pascolo … accelero per sicurezza per evitare di diventare troppo attraente agli occhio del toro.

giorno 2 vista montagneArrivo al ristoro di Eaux Rossex, fa caldo, bevo senza mangiare, fa molto caldo. E si parte verso la cima più alta di tutto il TOR, col Loson, con i suoi 3.300 metri di altitudine. Si sale in gruppi, mi unisco ad Aldo e a Filippo, ci si ferma spesso, a 2.500, poi a 2.800, poi a 3.000. A 2800 mi sparo una barretta tarocca del LIDL e mi bevo mezzo litro di sali. Dai 3.000 in poi è un vai/fermati continuo. La mancanza di ossigeno e l’aria fredda si fanno sentire. Ho le mie prime allucinazioni, sono convinto che in parte a me ci sia una baracca, mi giro, non c’è, guardo giù e ho la percezione nuovamente che ci sia, ma non c’è. Questo per 3 volte. Sole, fatica, altitudine. Amen.

Il terreno alla fine è fatto di pietrame spaccato, ghiaino spigoloso e scivoloso, si avanza lentamente, tutti si fermano varie volte, sembra una via crucis. Finalmente in cima, foto di rito, dietro la cima c’è un bivacco in plexiglass, salutiamo il volontario e partiamo in giù subito, troppo vento per fermarsi.

Dopo 500 metri di dislivello provo l’ebbrezza di fare pipì controvento con l’aria freddissima. La privacy imponeva di non far vedere il pipo agli altri e quindi controvento sia… per fortuna evito di p…rmi addosso.

Parlo con Filippo, non ha mai fatto ultra prima dell’iscrizione al TOR, da marzo ha fatto un 45 e un 60km, oltre ad allenamenti specifici snervanti di palestra. Non mi convince molto la sua situazione, gli auguro ogni bene ma la sua presenza nel TOR è decisamente azzardata.

Discesa infinita, con Filippo che in discesa proprio non va benissimo. Io mi rompo le scatole di camminare e comincio ad andare anche se ho le ginocchia leggermente infiammate, Filippo comincia a starmi dietro. Ci supera Carlo, tipo 65 anni, che va come un capretto. Lo tengo davanti a me e facciamo un bel pezzo assieme, correndo in discesa, Filippo sempre al seguito. Io e Filippo ci mettiamo d’accordo di ripartire assieme, io propongo 3 ore di sosta, lui 4… malvolentieri ma vada per 4, prevediamo arrivo a Cogne per le 20.00, partiremo a mezzanotte, mi chiede di svegliarlo se rimane addormentato (???).

Arriviamo all’asfalto/carrabile, Cogne dista ancora quei 5 km, qui camminiamo veloci senza correre. In fondo, non dobbiamo arrivare prima di Bosatelli.

A 2 km da Cogne una coppia ci propone un sorso da un bottiglione di dubbia provenienza, glissiamo elegantemente, poi io lascio indietro Carlo, Filippo e un altro che si era unito e corruccio, voglio arrivare. Arriviamo alle 19.30. Dico a Filippo di partire per le 23.30, mi manda a quel paese che ha cose da fare…

 

 

Terza Tappa Cogne - Donnas

giorno 2 minestra prosciuttoMangio l’ennesima minestra “potenziata”, sono a 8 minestre in 36 ore, doccia, tolgo i compeed in doccia e faccio un macello, sangue dovunque… sembra una macelleria… vado in infermeria, mi faccio medicare, mi bendano e mi massaggiano, dovevano mettermi il tape alle ginocchia ma ormai avevano messo crema massaggio per errore… Io tendo a scherzare con chiunque e questo forse fa in modo che i volontari facciano passare prima quelli incazzosi: a me di alzare la voce non va, i volontari stanno facendo un ottimo lavoro e preferisco aspettare sparando cazzate e divertendomi, perdendo un po’ più di tempo. Finito vado a nanna, tra una cosa e l’altra sono passate già 2 ore da quando sono arrivato. 2 ore complete di sonno in branda, lusso. Dormo benissimo.

Sveglia alle 23.45, alle 24.00 sono all’ingresso.

Cambio le scarpe e metto le ghette: opto per la versione protettiva per i piedi. Se partivo così non avrei avuto ancora vesciche a questo punto. Adesso ne ho anche tra le dita e sotto la pianta. A saperlo prima…

Filippo non si vede.

Lo cerco dovunque, chiedo a chiunque. Dopo 25 minuti di ricerca avviso in dormitorio, in refettorio, in zona partenza che io vado, che lo avvisino che l’ho cercato… non sono la mamma…

Questa tappa sarà la più facile, una volta su e poi giù fino a Donnas. 50 Km e 1500 D+.

Dispiace per i Tape, che in discesa avrebbero aiutato ed evitato di fare danni.

Sono abbastanza incacchioso per l242765124 10219580867180390 4329159375824603855 na mancanza di Filippo alla base vita, di conseguenza trotto molto e al primo ristoro di Lillaz raggiungo 4 toscani (3 toscani e un adottato, per la precisione), che accompagnavano il conosciuto Aldo, mi accodo a loro e mi faccio tirare, poi tiro a mia volta e saliamo con una certa velocità il colle. Si parla, nel buio, si scherza. Arriviamo al rifugio Sogno in pochissimo tempo, veramente dei treni.

Al Sogno c’è gente che dorme su un divano, si mangia finalmente una minestra non di dado, con pezzi di verdura vera dentro. Si vede che ci mettono un po’ di cuore. Qui per l’ennesima volta incontro il Texano, uno che nei sentieri lo senti a 2 km di distanza, da quanto urla, lo saluto e scambio due battute. Stiamo fermi 45 minuti, troppo per i miei gusti, vorrei andare ma aspetto il gruppo con cui sono venuto fino a qui. Arriva Filippo, mi chiede scusa, si era fermato a farsi fare un massaggio… (!!!) ed è partito mezz’ora dopo di 242797578 10219580869740454 2426289458158797965 nme (praticamente quasi all’1.00). Partiamo, ancora nel buio, senza Filippo. Si arriva al colle in poco tempo, la strada non è lunga. Foto di rito e si riparte in discesa, adesso ci si sgrana, davanti io, Aldo e il Toscano adottato Mauro, gli altri 3 rimangono indietro. Passiamo il rifugio Miserin, chiuso di notte, incontriamo subito dopo il gestore che stava andando ad aprire a piedi, arriviamo al Dondena che albeggia. Qui sul bancone avevano una boccia di latte fresco… una gola… chiedo un caffelatte… me lo servono in una tazza di ceramica… VERA… prendo 12-15 biscotti, mi siedo e mangio quello che sarà ricordato come il piatto più buono di tutto il TOR: caffelatte con i biscotti. Divoro tutto mentre guardo 5-6 persone abbattute sul divano in un angolo a fare un pisolo. Io non ho sonno, sono in paradiso con il mio caffelatte. Talmente buono che vado a prendere il bis e mi risiedo nella mia postazione, mentre guardo gente dormire.

Saluto la congrega toscana, ho la famiglia che arriverà a Donnas e voglio arrivare prima possibile.

Ormai c’è luce, parto corrucciando in discesa, allegrotto.242851585 10219580870860482 1842276356065109146 n

30 km di discesa, infinita, ma tanto è solo discesa.

Arrivo dopo 12-13 km a Chardonney, mangiucchio, bevo, saluto, “ancora 15 km e sarai a Donnas, tutta discesa.”, parto correndo. La famiglia aspetta.

242821919 10219580874500573 8024574429895642547 nPoint Bosses “bene, bravo, da qui in poi c’è un bello strappo di 500 D+, poi si scende.” COOOSA? Ma dai…. Tutta discesa, no?242833667 10219580877020636 5911780794060385078 n Vabbè… bevo un the caldo e assisto alla simpatica diatriba tra due volontari ultra 70enni, uno ha fatto l’alpino a Artegna e Venzone, l’altro ha fatto l’artigliere a Tolmezzo, fanno a gara a chi ce l’ha più lungo. Ho la brutta idea di uscirmene con un: “hei, io sono friulano!” ed entrambi fanno a gara a raccontarmi le loro avventure nominandomi giudice per definire chi dei due merita più onore… perdo 3 ore di orologio ad ascoltarli, col sorriso, che bella cosa le persone. Riparto senza rilasciare verdetto, accompagnato da un altro corridore friulano, che perderò poco dopo. La salita non me l’aspettavo, veramente infima, ormai le gambe si erano spente… oltre a questo fa veramente caldo, siamo scesi ben sotto i 1000 metri di altitudine e si sente l’afa… non sono più abituato, dopo 4 gg che sono sopra i 1300. Superiamo 3 ponti assurdi, con equilibrio instabile, uno peggio dell’altro, in uno salgo assieme all’altro friulano, io faccio saltare lui e lui fa saltare me mentre camminiamo sulle uova, pardon, sulle assi instabili… senso di mare mosso incredibile… ma sono a norma sti tratti qua??? Finalmente finisco lo scollinamento, scendo verso Sant Martin, arrivo in centro, sono sul marciapiede, vedo una ragazza tutta indaffarata che chiude il portoncino a chiave velocemente, cammina sul vialetto preoccupata, esce sul marciapiede, mi guarda, cambia espressione e con un sorrisone deciso mi dice “Forza!” facendo moto con il pugno a mezz’aria. Cacchio, sta qua, incasinata nella sua vita, trova un attimo di serenità per donarmela e farmi andare avanti… mi viene un groppo alla gola per l’umanità di questa ragazza, attraverso verso una fontana e mi sciacquo la faccia e le lacrime. Alzo la faccia e uno mi fa: “ciao, sono di Radio punto TOR, posso intervistarti in diretta?”… “sì, ma piangerò tutto il tempo”… va bene… e mi intervista, racconto quanto sono contento di essere qui, quante lacrime ho già versato, quanto mi sta dando il popolo della Valle d’Aosta e che mi aspetta la mia famiglia a Donnas. “Vai, allora, corri dalla tua famiglia!”.

Non me lo faccio ripetere due volte, cerco di guardare la strada attraverso le lacrimone bloccate sugli occhi e corro, ci sono altri 3 km di strada in paese, molto belli e suggestivi, sento mia moglie al telefono, condivido la posizione su whatsapp. E alla fine della zona storica di Bard sono lì, due scricciole che mi corrono incontro urlando “papà!”… io che piango e non riesco a dire niente… le abbraccio, le bacio, nel frattempo arriva mia moglie, bacio anche lei, c’è anche mia suocera ma a lei basta un ciao, che di baci ne ho dati abbastanza. Cerco di concentrarmi sulla gara per bloccare un po’ la crisi di pianto, facciamo 30 metri assieme, piango, rido, bacio, abbraccio, facciamo altri 20 metri assieme e poi gli dico di andare alla base vita che ormai ci siamo.

Passo davanti ad una scuola, la porta è aperta, sento la maestra che urla e sbraita agli alunni, sono 2 giorni che è iniziata scuola e già urli… sono le 12.20… la tentazione di entrare in classe e urlare “ricreazioneeeee!!!” è forte ma mi trattengo e procedo.

Becco 4 della gara, uno prima e uno dopo, che sono stufi e non vedono l’ora di arrivare in base vita, li supero: ho chi mi aspetta, io.

Arrivo alla base vita, negozio l’entrata delle bimbe e di mia moglie nella zona autorizzata con l’alpino volontario e gli allungo un centone per lasciar fuori mia suocera, sto mezz’ora con la famiglia, che bello, che pace. Parlo un po’ con loro, non ci diciamo praticamente niente, ma saranno momenti che mi caricheranno molto. Poi, come sono arrivate, se ne vanno. Scaccio subito pensieri tristi e mi riconcentro sulla gara. Ho 4 ore e mezza di pausa adesso.

 

 

Quarta tappa Donnas - Gressoney

242815702 10219580879180690 6826364261793057520 n242911481 10219585248809928 1652573085492840696 nQuesta base vita è all’interno di quella che potrebbe sembrare una specie di palestra, forse la peggio organizzata, ci sono 4 docce, senza un ripiano dove mettere la roba asciutta, tutte in una stanza. Provo a salire a dormire ma hanno 20 brande e la coda di persone che aspetta di andare a dormire, “dormi sul palco”… ok… vado sul palco, ci sono i massaggiatori che vanno su e giù, e muovono le assi del palco… mangio sereno, abbondante, mi metto in coda per i bendaggi alle vesciche, ma la coda è infinita. Poi compilano un elenco di chi ha bisogno di bendaggi/massaggi/tape e mi mandano a dormire, sempre sul palco. Dopo un tempo indefinito mi mettono il tape ma non hanno più bendaggi e devo aspettare… il materiale arriverà alle 16.30, io avrò aspettato tutto il tempo senza dormire, mi bendano e dormo finalmente 15 minuti mentre sono sul lettino dei bendaggi… Sto partendo per la tappa più lunga, ho fatto più di 48 ore di corsa con 2 ore e 15 di sonno, non bene. Ho una tosse infima, dovuta all’aria fredda in cima. Chiedo al medico presente e mi dice di prendermi Tachipirina e Fluidomucil Mucolitico che avevo con me.

E parto, praticamente senza dormire.

Se fino ad ora la gara era qualcosa di “atletico” da ora in poi si trasforma, diventa effettivamente una gara di endurance… pura resistenza.

Parto in salita assieme al gruppo toscano, ma comincio ad avere bruciore di stomaco, probabilmente dovuto ai due medicinali presi assieme. Li lascio andare e mi unisco a un certo Doriano, facciamo un tratto assieme. Arrivo a Sassa che sto pensando seriamente di ritirarmi. Col senno di poi mi rendo conto che avevo sonno e che il bruciore di stomaco era solo uno dei motivi per cui volevo ritirarmi. A Sassa provo a mangiare un po’ di pasta, ma ho sforzi di vomito e lascio perdere, prendo the caldo e molto zuccherato. Dico a Doriano che non sono bene e lui “Prenditi tutto il tempo che vuoi, ti aspetto”, una frase che mi rasserena molto e mi rimette in gara quasi in serenità. Saliamo assieme al rifugio Coda, la sua presenza mi aiuta. Sono ancora in equilibrio precario.

Al Coda: “c’è un posto dove dormire un attimo?” “No, se volete potete appoggiarvi sul tavolo”… il rifugio è chiuso agli atleti, hanno montato un gazebo svolazzante davanti al rifugio, vari atleti con la testa piegata sul tavolo che dormicchiano, c’è una che dorme sotto il tavolo con un sacco termico… la scena è molto triste e sconsolante. Quest’atteggiamento di chiusura dei rifugisti sconsola molto, la voglia di mandare a fancuore tutto è veramente tanta. Comincio a sentire la botta di sonno, mi vesto di tutto punto e mi butto sul tavolo, 25 minuti di sonno. Mi sveglio intorpidito e con voglia 0 di qualsiasi cosa… Chiedo cos’hanno di caldo, mi propongono le solite cose, ma in più una pasta panna e prosciutto, chiedo quella tentato dalla novità. La panna è qualcosa di spettacolare, mangio avidamente la pasta, raccolgo con la forchetta quanta più panna riesco, lasciando lì il prosciutto. Quella panna merita il secondo posto nella classifica dei piatti migliori del TOR, ci si aggrappa a ogni pensiero positivo per poter andare avanti, è dura…242886820 10219585253010033 2352129253070526201 n

Ripartiamo assieme, io e Doriano. La ragazza è ancora che dorme nel sacco termico sotto al tavolo.

Doriano mi dice che lui non corre su un sentiero in discesa se ci sono sassi. Ma proprio non cammina, si trascina. E’ caduto non so nemmeno quando una volta e adesso ha paura. Dopo 3 km sono lì che lo aspetto, lo incito, ma non ce la fa. Io non voglio lasciarlo, lui ha aiutato me e io aiuto lui. Mi suggerisce più volte di andare, che lui viene con il suo ritmo, rifiuto. La scena che si ripete varie volte è questa: vado avanti 100 metri, mi giro, non lo vedo, mi siedo e aspetto, arriva, riparto e vado avanti 100 metri… dopo 7-8 volte gli dico che così non ce la faccio, rischio di addormentarmi seduto, ho freddo. Per l’ennesima volta mi dice di andare, che arriva con calma. Alla fine non ce la faccio più e dopo un colpo da 100 metri vado avanti di altri 100 senza aspettarlo, mi giro, vedo la sua frontale e vado avanti per 100 e 100, ormai procedo, ma il sonno mi ha raggiunto, comincio a chiudere gli occhi mentre vado, il sentiero è di sassoni, le gambe vanno sicure ma non sono io che le guido, non vedo dove vado. Quanti km ho fatto? Quanti km sono passati? L’orologio segna tipo 170 , ma è un numero che non capisco, 170 cosa? Non possono essere km, è un numero che non capisco… Fino ad ora mi sono concentrato su tappe di 50 km e 170 proprio la mia testa lo rifiuta. Ho 8 km dal Coda al ristoro di dopo, ma quanto faccia 165+8 non lo so. 8 km che non finiscono più. Tiro fuori il GPS, ma non capisco nemmeno quello. Brancolo nel buio, occhi semichiusi, procedo, non vedo, fa freddo. Ho anche uno stimolo corporale, ma non è il momento, fa freddo, ho sonno, non riuscirei a reggermi con le gambe nel vuoto. Potrei usare un ramo per sedermi. Sono passati almeno 12 km dal Coda, c’è qualcosa che non torna, non capisco i numeri. Trovo un ramo, potrei metterlo a cavallo tra due rocce e sedermi sopra, ma è pieno di spuntoni, non è il caso, procedo. Ho voglia di piangere, sto morendo, sto morendo di sonno e se scivolo batto la testa e la finisco qui. Le gambe però, le gambe non tentennano, le gambe procedono, sante queste gambe, i piedi non sbagliano l’appoggio, non so come facciano, io non vedo. Passo davanti ad una stalla abbandonata, mi metto dentro 10 minuti? E se da casa con il GPS si accorgono che c’è qualcosa che non va? Mi viene da piangere, ma procedo per non far preoccupare qualcuno (mi immagino chi guardava il mio puntino alle 4 e mezza di mattina, ma questo pensiero era al momento insormontabile). Procedo e finalmente dopo 20 km faccio quei caxxo di 8 km tra il Coda e il Barma. Respiro, ho un groppo in gola enorme. Avanzo dentro, vedo una volontaria: Posso appoggiarmi a dormire da qualche parte? “vieni, ti porto”, no scusa ma prima devo andare in bagno “vieni, ti porto”. Mi accompagna in bagno, il cuore ricomincia a battere speranzoso, la vita forse non è finita qui. Dopo la pausa in bagno torno dalla ragazza, dove posso dormire? “vieni, ti porto”, mi accompagna in dormitorio, mi offre un letto vero, VERO, io la guardo disperato, non posso dormire lì, sono sporco, impantanato e sudato, non me lo merito, “togliti le scarpe e infilati sotto le coperte, hai un’ora”.

In quel momento ho provato tutte le gioie del mondo. Ero un rifiuto, una mer.a, tutto sporco, e questa ragazza mi ha detto “vai bene così come sei”. Mi sono messo a dormire come un bambino, sereno, chiudo gli occhi e mi svegliano subito “è passata un’ora”. Guardo l’orologio, sono le 6.02, effettivamente ha ragione, l’ora è passata senza che me ne accorgessi, mi alzo mi metto le scarpe, mangio qualcosa, lentamente, esco dal rifugio che il cielo comincia a schiarire, con un alba nel cuore. Prima di addormentarmi volevo ritirarmi, adesso sto uscendo da un momento molto buio, ma vedo la luce davanti a me. Cammino avanti, ragiono su quello che è successo, comincio a piangere, ho rischiato grosso, non è possibile che si arrivi a questi livelli, respiri profondi, vado in iperventilazione, ho una specie di attacco di panico, respiri profondi, caccio indietro le lacrime, i piedi vanno, iperventilo, annaspo, lacrime agli occhi. Passo davanti ad una malga, sono le 7, esce il malgaro, vedo solo la sagoma nera, mi guarda, gli dico buongiorno, “Vuoi un caffè?”, cioè, cazzo, ti sei appena svegliato, hai le tue robe da fare, vedi un minchione qualsiasi e gli apri casa tua? Caccio giù un groppo alla gola e “grazie, l’ho appena bevuto”. Mi chino e raccolgo un sasso, lo metto in tasca per ricordarmi di quel posto speciale. Cerco di tranquillizzarmi, respiro a fondo e decido di mandare un vocale all’ultima persona che se lo sarebbe aspettato: mio papà. “Ciao papà, qui tutto bene, ho appena passato la metà della gara!”, chissà se è capace di sentirlo. Ma io ne avevo bisogno, di dirgli che sono ancora vivo, che suo figlio non è morto prima di lui. Dopo un ora mi scrive mia mamma dicendo che mio papà è andato da lei per ascoltare il messaggio più volte, contento.

Adesso procedo, cazzuto più che mai. Spacco tutto.

Ci sono vari su e giù, vari colli, avanzo tranquillo e beato, il momento dell’Orcolat (l’uomo nero) è passato, da inizio gara a ogni colle ho raccolto un sasso, faccio una specie di collezione alternativa, ho messo i sacchetti con i nomi dei colli nel borsone e a casa avrò una pietruzza per ogni fatica. In questa tappa ne dovevo raccogliere 6, più uno a Barma per aver superato l’Orcolat.

242901773 10219585256570122 614471476513438662 nPioviggina, ma non importa, so che verso Courmayeur prevedono temporali, qui l’acqua che scende non è un problema e la vivo con serenità.

Lago chiaro, scambio due battute, parto e faccio 500 metri in discesa, dopo mi accorgo che ho lasciato i bastoncini indietro… cacchio, torno su, raccolgo i bastoncini e riparto. Scendo un attimo e incontro Valentino, corridore barbuto, scambiamo due battute, viene con me un pezzo che non ce la fa. Comincia la salita alla Crena du Ley e Valentino parte là davanti come uno stambecco, ho difficoltà a stargli dietro, la salita è impegnativa, tengo il ritmo mantenendo una distanza di 20-30 metri. Arriviamo al passo, lui è al telefono che dice che adesso non riesce a venire giù, in salita ce la faceva ma adesso… bhe… potevi pensarci prima di arrivare quassù… adesso che fai? Lo lascio al telefono e scendo, c’è molta aria sulla sella e piove bene.

Scendo trotterellando, mi supera una, la riconosco, è Emanuela Ita, sta facendo il Glaciers, parliamo un attimo, le racconto la nottata, lei mi dice che ha fatto tutta una ferrata con gli occhi chiusi la notte scorsa, senza moschettoni… d’un tratto quello che io vedevo come “momento vicino alla morte” lo percepisco come una cosa da poco… forse non è una cosa strana… forse questo mondo gira così…

243008379 10219585257370142 6706129324936705594 nArriviamo insieme al ristoro del col della vecchia, lei mangia pasta dopo un lungo periodo di digiuno perché le si era chiuso lo stomaco. Io non voglio. Entro sotto la tettoia-gazebo, hanno appena fatto la polenta… prendo un piattone di polenta fumante, mi ci buttano sopra una scaloppa di bistecca di collo grigliata, esco dalla tettoia strappando un pezzo di carne, tirando con i denti, le papille gustative che attaccano il sugo della carne unta, la carne è dura ma io lo sono di più, mastico, rido, mi faccio vedere da Emanuela e la invito a prenderne un pezzo, ricordo dopo che lei è vegetariana, ma un pezzettino se lo concede, visto l’inferno che ha passato. Finito il piatto non la vedo più, è già partita con il suo passettino silenzioso. E il podio dei piatti più buoni del TOR si chiude con il terzo posto proprio qui.

Scendo verso Niel, con calma, un po’ cammino, un po’ corro, un po’ cerco di farmi uno stuzzicadenti da un ramone per sfilare un pezzo di carne incastrato tra i premolari, dopo mezz’ora ce la faccio e vado avanti sereno.

Smette finalmente di piovere, arrivo a Niel accolto da dei mega campanacci, non ho fame, mi siedo e saluto Elia, “hei, io parto adesso, vieni con me?”… sono arrivato adesso… vabbè, mangio uno joghurt veloce e lo seguo, senza fermarmi.

242906637 10219585260450219 7740480680204436792 nTrottiamo veloci, è assieme ad una amica che abita a Courmayeur, in salita tirano come disgraziati, dopo aver fatto 700 metri di dislivelli a una velocità impossibile e prima che io tiri le cuoia li saluto e rallento. Mi rimetto l’impermeabile, non piove ma fa fresco, salgo e penso che un pisolino ci starebbe, visto che questa salita è veramente lunga, che sono abbastanza in basso, che non piove, che c’è un bel prato. Sveglia 10 minuti e provo il mio primo microsonno programmato. Ogni 2 minuti passa uno a chiedermi come va, io alzo il pollice senza effettivamente svegliarmi. Dopo 10 minuti sono rinato, mi alzo e vado su, ho proprio un bel passo, raggiungo altri, quasi in cima mi arriva il torpore del sonno, fuori luogo, faccio un bel pezzo in cui viaggio molto bene, ma vedo e sento tutto ovattato, come dietro ad un vetro lavorato della doccia. Ma le gambe vanno, e chi se ne frega. Arrivo in cima sul col Lasoney, attorno ai 2300 m, foto, sasso e parto in giù. La discesa adesso passa per la valle di Loo, una valle scavata da ghiacciai, dicono che 50 anni fa c’era ancora il ghiacciaio qui, sono dentro una nuvola, c’è molto vento e la temperatura percepita è quella di un ghiacciaio, cerco di corrucciare per lo meno per non prendere freddo, ho pantaloni antipioggia, maglia, impermeabile, guanti e sopraguanti, ma ho freddo. E ho sempre questo sentore di mondo ovattato. Corro nel prato in discesa, arrivo al rifugio a 2000 di altitudine.

Ora, non so se ho salutato con un Hola all’inizio, ma mi scambiano per spagnolo, parlo in italiano, mi rispondono in inglese, faccio dei discorsoni in italiano e gli dico che sono di Madrid e mi credono. Facciamo discorsoni, parliamo di frollatura di costata di manzo, ci mettiamo d’accordo di rivederci 17 giorni dopo, quando la carne sarà pronta per la cottura. La mia testa ormai è in pappetta ma non lo do a vedere. Tolgo i guanti e parto, vedo due ragazze salire in canotta, avviso che su si gela, in bocca al lupo…

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Voglio correre gli ultimi km, ma le gambe non ne vogliono sapere… A Gressoney ci sarà di nuovo la famiglia, per tornarmi i power-bank carichi. Chiamo la moglie, le dico che sarò giù per le 18.00. Scendo, ma dopo la discesa si trasforma in un sali-scendi sfiancante, i km non finiscono più e io inizio a sentire la stanca, arriverò 45 minuti dopo, sfinito. Ma vuoi mettere l’emozione di quelle due scricciole che stanno correndo verso di me? Corro verso di loro, le abbraccio, piango. Che bella roba…

 

 

Delle bandellette e dei cerotti

Faccio una breve pausa, mettere questo post alla fine sarebbe troppo scontato e non gli darebbe la giusta importanza.

Al TOR è impossibile arrivare senza essersi fatti male da qualche parte.

Bisogna aver fortuna per non farsi male troppo e doversi fermare. Fortuna con la C maiuscola.

E bisogna anche aver carattere (la C maiuscola non faceva riferimento al carattere… ma ci sta bene anche qui) per andare avanti nonostante tutto.

Le vesciche fanno male, le contratture fanno male, le giunture fanno male, lo stomaco fa male. Bisogna sopportare e andare avanti.

Ho avuto vesciche dalla prima tappa, dalla seconda tappa ho cominciato ad usufruire dei fisioterapisti e volontari. Alla seconda tappa la fisioterapista è sbiancata vedendomi le piante dei piedi tumefatti, mi ha fatto un bendaggio perfetto, con questo mi pareva di non sentire niente, me lo sono fatto rifare altre 2 volte prima dell’arrivo, man mano che me lo rifacevano coprivano altre parti, bucavano vesciche, curavano, proteggevano. Mani sante che hanno curato i miei piedi, che mi hanno aiutato ad arrivare.

Alla terza tappa mi hanno massaggiato le ginocchia troppo sollecitate, messo a posto le bandellette e messo il tape sui tendini tra polpacci e cosce, alla quinta e alla sesta massaggi e sistemazioni varie, alla 6^ mi hanno messo il tape alle ginocchia, ormai al limite della sopportazione. Partito, mi sentivo le rotule in gola, ma questo ha fatto in modo che io riuscissi a spingere oltre ogni previsione, correndo fino alla fine.

Più passavano i km e meno coordinato ero, ovviamente. Ho sbattuto i piedi contro ogni roccia, messo male i piedi e tirato le caviglie.

Non ci si può concentrare sui dolori, bisogna andare avanti. Bisogna fare finta che non ci siano.

Se non c’erano i volontari non arrivavo a Courmayeur. Possiamo quasi considerarlo un mezzo imbroglio? Bho…

A Valtournenche e a Ollomont ho fatto 30 minuti di nanna sul lettino, mentre mani sante mi curavano e rimediavano ai danni che mi ero procurato.

Ringrazio i fisioterapisti, che hanno rimesso le ali ai nostri piedi, oltre alle bende.

A Ollomont c’era un infermiera che scrutava negli occhi tutti quelli che arrivavano e chiedeva: “Come va?”, se non eri capace di mentire abbastanza ti fermava e non ti lasciava andare avanti. Ringrazio anche questa infermiera, che aveva la responsabilità di salvarci da noi stessi, all’occorrenza.

Ringrazio gli angeli volontari, che vedono di noi, che ci fanno una battuta, che risollevano gli spiriti, che ci rinfrancano come possono.

 

 

Assistenza

Avere qualcuno che ti assiste è come fare un altro TOR.

L’assistenza arriva a tutti, in vari livelli.

Può essere quella dei messaggi da casa, di cui ho fatto tesoro, mi sono ritrovato a rileggere messaggi alle 3 di notte, al buio. Hanno fatto più questi di molti piatti di pasta.

Può essere quella di parenti e amici che ti vengono a trovare, o ti cambiano la borsa/zaino, ti sostituiscono in tutto e per tutto per alcuni momenti. Questa è l’assistenza vera e propria, ti salva la vita e sicuramente può farti guadagnare 10 ore di TOR.

assistenzaIo ho avuto una semi-assistenza in gara.

Mia Moglie Michela Marina Mior (5M in tutto) è venuta da me a Donnas come da accordi, mi ha aiutato a sistemare lo zaino, ha tolto le cose sporche dal borsone e mi ha dato i sacchetti dei vestiti per il giorno dopo. Mi ha preso i power bank da caricare e mi ha preso la frontale scarica. Le è sembrato quasi di fare poco, ma quell’attimo di respiro è stato indispensabile.

E’ venuta poi a Gressoney, lì l’effetto pit-stop Ferrari è stato splendido, mi ha sistemato le garze, mi ha ripulito le gambe, montato la luce, tornato il power bank, fatto lo zaino. 20 minuti che sono valsi 2 ore, che mi hanno permesso di andare avanti.

Il TOR io l’ho fatto e finito con 5M.

Il TOR inizia quando cominci a pensare di premere “preiscriviti”, da quel momento cominci a tartassare 5M con tutte le tue seghe mentali, tabelle, considerazioni, paure, tecnicismi. 5M magari non capisce tutto, ma ascolta e dà spazio. 5M è lì, subisce i tuoi allenamenti, subisce i weekend mancati al mare perché tu devi fare un lungone o sei in carico. 5M è santa.

Poi 5M passa 9 giorni a Courmayeur, pregando che torni vivo, in silenzio. Fa quello che può, va in farmacia a prenderti le garze, ti gira le tabelle che le hai mandato su whatsapp 2 settimane prima e non capisce, ti rincuora, ti risponde a messaggi incomprensibili.

Finisce il TOR e piange più di te, tu sei ancora ubriaco e non capisci cosa sta succedendo, ma lei si commuove per te.

Il TOR io l’ho fatto e finito con 5M, la medaglia è anche la sua. Il sudore è anche il suo.

Amo Michela e la ringrazio. Non vuole che la chiami “mia moglie”. Azzardo un 5M, spero non si arrabbi, o perlomeno spero che sia più felice che la ringrazio di quello che è arrabbiata.

 

 

Quinta tappa Gressoney-Cretaz Valtournanche

L’incontro con la famiglia qui sembra un pit-stop della Ferrari, avevo concordato tutto con 5M (mia moglie, Michela Marina Mior) al telefono per evitare di perdere tempo in base vita. Evito la doccia e i bendaggi. Cedo i bastoncini curve a mia moglie, uno dei due ha perso il chiodo, ho quelli di riserva nel borsone giallo. Le bambine mi puliscono le gambe dal fango con le salviette, mia moglie mi tira fuori i cerotti, pulisco tutto, metto crema, mi cambio, cambio le pile e recupero quelle robe che mia moglie mi ha lavato e asciugato. Sistemo lo zaino. Cambio la batteria nella frontale. In 15-20 minuti faccio quello che avrei fatto in base vita in 2-3 ore. Saluto, bacio, abbraccio e entro in base vita, dispiaciuto che non possa stare di più con loro. Non so quando le rivedrò.

In base vita mi cambiano il rilevatore GPS, ormai scarico.

Vado a mangiare: hanno verdura fresca!!! Mi faccio un piattone di insalata, radicchio, carote, pomodori. Questo piatto lo percepisco stupendo ma non entra nella top 3. Ormai la top 3 è conclusa: HO fatto parte della gara respirando a bocca aperta, ho fatto lunghi tratti con la parte finale della bocca completamente asciutta, ogni tanto me ne accorgevo, chiudevo la bocca e cercavo di portare un po’ di saliva in quella zona, sembravo un vecchietto senza dentiera, per capirci. Da qui in poi non sentirò molto i sapori e quindi se mangerò cose molto buone non me ne accorgerò, purtroppo. In compenso the caldo e sale li sentirò che grattano in gola.

Finita l’insalata vado nuovamente al buffet e faccio un giro di sola carne, mi giustifico con il volontario facendogli vedere che ho il piatto sporco di verdura, prendo arrosto di tacchino, salame, bresaola, crudo, cotto… e una birrazza per annaffiare tutto.

Prendo e vado a buttarmi su un materassone della palestra, nella stanza destinata al dormitorio. Smessaggio a 2-3 persone, metto la sveglia e dormo. Per la prima volta devo stare attento al cancello orario, a Donnas avevo tipo 9 ore di anticipo sul cancello, qui con 2 ore e mezza di sonno partirò con solo 30 minuti di vantaggio. Cosa vuol dire dormire/non dormire… Se sono troppo cotto procedo comunque, ma lentissimo. Conscio di questo mi metto la sveglia dopo 2 ore e mezza. Questo sonno aiuterà ad andare più veloci.

Dopo 1 ora e mezza, ciclo di sonno completo, apro gli occhi e guardo l’orologio… mi impongo di dormire ancora, dopo un'altra mezz’ora però sono in piedi, non ho sonno. Me la prendo con calma, passo per il bagno, mangiucchio ancora qualcosa e parto per la prossima tappa, semplice-semplice, due su e due giù.

Al punto ristoro chiedo se piove ancora, no, non piove. Perfetto.243138860 10219593710981477 3905551281878209324 n

Uscendo faccio due battute con i volontari rilevatori di chip, mi cazziano perché sono in pantaloncini corti, mi danno dell’irresponsabile, fuori piove. Mah, mi hanno appena detto che non piove… “ah, non piove?” eh… no… “allora va bene…”

Esco, è una bella serata post pioggia, si sente l’aria umida e calda post pioggia, la temperatura è confortevole e in pantaloncini e maglietta termica si sta da dio. Ovviamente è buio, sono le 22.30 di sera. Tipo 5 km di asfalto in leggera salita, vado deciso, mando due messaggi a questo e quello, conforto 5M che sta andando tutto alla grande (sempre mia moglie, Michela Marina Mior) e la ringrazio per l’assistenza di prima. Sento Marco, quello la cui colpa è stata farmi iscrivere al Tor, scambiamo due battute e mi incoraggia, mi dice che su SpiritoTrail stanno tifando per me.

Finito l’asfalto sono in parte ad un francese, gli dico subito “Je ne parlè Fransè: 1) Abatjour 2) Garage” e faccio motto con le mani che ho finito lì le mie conoscenze. Lui l’inglese proprio lo mastica male, ma la magia del TOR fa in modo che io e questo Greg francese ci facciamo un mega discorsone sulla capacità del nostro corpo a sopportare le situazioni limite, mi racconta che a Gressoney era senza borsone giallo perché gliel’avevano perso, e mille altri discorsi. Ci raggiunge il suo amico francese Alain, che puntava alle 130 ore ma che ha avuto problemi fisici e adesso si accontenta di arrivare.

Comincia il sentiero, andiamo avanti un pezzo assieme, senza accordarci. Arriviamo al rifugio Alpenzou già un po’ divisi, li saluto e gli dico di andare. Riparto con il conosciuto Doriano, io sempre in pantaloncini e maglietta confortevoli.

Si sale un po’, ma Doriano da subito è in difficoltà, da quel che ho capito non ha dormito molto fino ad ora. Io sono forte e fresco con le mie 4 ore e 25 di sonno, anche se è la notte tra mercoledì e giovedì, quindi ho superato le 86 ore di gara. Procediamo abbastanza bene, ma sopra i 2000 mi dice che deve fare un microsonno, si alza il cappuccio sulla testa, si appoggia ai bastoncini, chiude gli occhi, “quanto ho dormito?” 40 secondi… avanziamo 3 minuti, “devo fare un altro microsonno”, chiude gli occhi di nuovo, “quanto ho dormito?” 1 minuto… così 5 volte fino ai 2500, io mi vesto bene a questo punto, che aspettare fermi a queste altitudini di notte non aiuta. A ogni sosta prende qualcosa di diverso, gel, barrette, oki, mi impunto un po’ che fare microsonni a queste altitudini fa più danni di quello che aiuta. Finalmente arriviamo alla cima, foto di rito, ma se in salita non ce la faceva in discesa è uno strazio. Io continuo a cercare di tirarlo, lo aspetto, mi sento sempre in debito, se al Sassa lui non mi avesse aspettato non sarei qui a tirarlo, sarei già a Courmayeur senza braccialetto.

Pioviggina, a momenti, mai niente di serio, ci si bagna un po’, io ho impermeabile e pantaloni antipioggia, non ho paura di niente.

La discesa è un supplizio, prende qualsiasi cosa per restare sveglio, se all’1 aveva gli occhi chiusi, adesso sembra che la faccia gli si sia contorta verso il centro in un unico punto, ha gli occhi vicinissimi al naso e la bocca altissima sulla faccia. Sembra un cartone animato di Braccio di Ferro, quando danno un pugno nel naso a uno, faccia avviluppata. Non so come abbia fatto a contorcersi così, lo si vede che sta soffrendo. Io non lo mollo, anche se sono molto tentato anche solo per evitare l’abbiocco che sta scendendo su di me. Guardo l’orologio, guardo Doriano, magari sono anche un pelo severo, ma sembra che se “alzo un pelo la voce” mi segue e accelera. Ritorno alla civiltà, attraversiamo un paesino di montagna, vediamo un corridore che si fa una pennichella su uno sdraio di una casa, in parte ai bidoni dell’immondizia. Inutile dire che questo tran-tran comincia a mettere ben sonno anche a me. Arriviamo alla strada carrabile, ormai ci siamo e dico a Doriano che la strada è diventata facile, ci vediamo al rifugio. Dopo 1 km torna ad essere sentiero, ma non ho balle di fermarmi, mi si stanno chiudendo gli occhi, accelero invece, è tutta la discesa che ho allucinazioni visive da un bel po’ (nei sassi o nei rami a terra vedo animali stilizzati, facce di persone, fate, teschi…). Un altro km e si arriva alla periferia di Champlouc.

Qui ricorderò il momento più HOT di tutto il TOR, mi giro a SX e vedo una finestra al primo piano illuminata di rosso, guardo dentro e vedo una ragazza, bionda, che sta facendo la vasca con la schiuma, nuda. Mi giro incredulo verso la strada, guardo l’orologio, sono le 4 e mezza di mattina. Penso subito ad un allucinazione, sono a posto. Però…

Riguardo verso la finestra, è lì, con la sua schiuma e il braccio alzato che sta insaponando. Impossibile. Continuo a procedere, senza più guardare. Dopo 30 metri mi dico: “se ti giri adesso non vedrai niente, neanche la luce rossa”. Mi giro, la casa ormai è inclinata, ma la luce rossa si vede ancora. Chiederò poi ad altri concorrenti, molti hanno notato la luce rossa di notte, solo io ho visto la donna nuda. Ma tutti tifano perché quello che io ho visto fosse la verità. Rimango con il parziale dubbio.

2-3 km di centro, infinito, quanto lungo è questo Champlouc, non potevano chiamarlo Champ-cort…

Arrivo al ristoro, ben poco accogliente visivamente, chiedo un posto dove dormire, hanno le brandine, chiedo alle due ragazze volontarie una ninna nanna, mi guardano negli occhi e mi dicono che non serve, effettivamente… vengo svegliato mezz’ora dopo, come richiesto. Dormo bene, vedo in parte a me Elia che sta dormendo, naturalmente non lo sveglio. Esco dal dormitorio, chiedo se c’è un infermeria, mi dirigo dall’infermiera, le chiedo di darmi una scotchata all’alluce SX che mi si sta staccando un unghia. Visto che sono col fiatone nel rimettere la scarpa, mi controlla con il saturimetro, tutto a posto. Mi propone di prendere qualcosa per il dolore all’unghia. “Che dolore?” “All’unghia, visto che è alzata ti farà male” “Sinceramente no, non ho tempo e voglia di sentire il male…”, “ok, non prendere niente… contento tu”. Non sono un supereroe, ho fatto gli ultimi due mesi prima con una mezza influenza, curata con l’OKI, poi ho preso 15 giorni di antibiotico perché mi era comparso il cerchio tipico del morbo di LYME, dopo aver avuto vari morsi di zecca, e ho avuto una bella influenza nella seconda metà di agosto, ho cercato di prendere medicine il meno possibile e ho finito di fare l’aerosol 2 giorni prima del TOR. Ho cominciato il Tor che ero stufo di prendere medicinali e ne ho preso solo uno a Cogne come indicazioni del medico per poi pentirmene per il mal di pancia.

Chiedo un the caldo e una pasta. La pasta la lascio lì, dura e asciutta, sembrava mi aspettasse da almeno 3 ore nel piatto. Vedo Doriano, la faccia è ancora in versione-popeye. Lo scruto tra le fessure della pelle, dove dovrebbero esserci gli occhi, e gli dico “vai a dormire, 1 ora, poi ti alzi, mangi e riparti fresco” Ha tutto il tempo per farlo, è partito 2 ore dopo di me, non ha cancelli che incalzano (scoprirò dopo parlando con Elia che non lo ha fatto, ha fatto 20 di semisonno sul tavolo ed è ripartito).

Parto, ancora mezzo rintronato, i primi km sono in un parco/bosco, con statue di legno intarsiate ogni 30-50 metri, molto bello, se non fosse che sono completamente rincoglionito. Ma il cielo sta schiarendo, e la luce del sole porta via il buio e il rincoglionimento. Ci sono ancora nuvole. L’orologio mi segna 250 km, probabilmente canna 5-10 km in più, mi ha dato qualche problema a 230 km e ha sfarfallato un attimo, ho dovuto togliere l’auto-lap perché continui a registrare. A Gressoney cmq segnava 210 km, penso correttamente. Alla fine della gara mi segnerà 440 km. Dopo tutti questi numeri, il succo è che adesso segna 250 km e come da accordi giro la foto ai miei amici di casa, tenuti a fare un brindisi ogni 50 km. Questa gara può generare grossi problemi di alcolismo…

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243156779 10219593719021678 483965319510696174 n243165104 10219593714861574 6839669856171661762 nMi sono spogliato, fa caldo, mi sto un po’ troppo trascinando, mi raggiungono il gruppo dei 3 toscani, Matteo, Luca e Federico, già conosciuti in precedenza, facciamo la salita assieme, a patto che non tirino troppo. E invece… tirano. Facciamo una mezza pausa per fare la foto al Cervino, su cui ha nevicato sta notte. La pausa consiste nel rallentare 2 passi per tirare fuori il cellulare, loro non fanno tutti le foto, uno dei tre è delegato a fare le foto, per ottimizzare i tempi, dopo 2 passi “lenti” ripartono a palla. E io dietro, sorrido, protesto senza troppa convinzione. Arriviamo a 2500, chiedo una pausa per mettermi qualcosa addosso, e loro accelerano il passo… così ci si scalda senza bisogno di strati… disgraziati… Arrivo al Grand Tournalin, campane di mucche che suonano a manetta, ristoro, saluto il gestore (gestrice, si dice?), dovrei bere una grappa per un mio amico, ma sono le 9.00 e opto 243148111 10219593713941551 5468316043279138130 nper un the caldo. Salita al col di Nana veloce e poi discesa assieme ai toscani, si parla del più e del meno, uno ha la mezza sotto l’ora e 20 e la maratona ben sotto le 3 ore, ma cosa ci faccio io qui con loro… Chiedo della ragazza che faceva la vasca nuda, hanno visto la luce rossa, hanno il mio appoggio, ma non hanno visto la ragazza.

Si scende dal col di Nana veloci, la vista è stupenda, le nuvole a ciuffi cotonosi lasciano spazio ad un cielo azzurro, timido, ma c’è e dà energia. Si scende bene, assieme. In 3 ore siamo a Cretaz-Valtournenche, senza accorgerci del tempo che passa mentre parliamo.

Ho di nuovo 7 ore di vantaggio sul cancello orario, cosa vuol dire dormire bene…

243149509 10219593718421663 1018872609384110031 n

 

Sesta tappa Cretaz Valtournanche – Ollomont

E’ mezzogiorno, arrivo alla base vita determinato, non voglio farmi fare massaggi, non voglio fare la doccia, mangio, mi curo da solo, dormo e parto.

E invece…

Passo davanti alla zona massaggi, che si trova sul palco di un teatro, non c’è nessuno che occupa i lettini, do il mio numero di pettorale, tolgo i bendaggi ma non i tape, vado a fare l243263829 10219598198533663 4484619915755948370 na doccia, torno e salgo subito sul lettino. Una ragazza (sarà innamorata di me, sarà affascinata dal mio atteggiamento maschio, sarà che ci mette passione in quello che fa, più probabilmente) si prende cura di me, le dico: “tu lavori e io dormo?”, “vai tranquillo”. Mi massaggia, mi mette a posto la bandelletta destra, mi sistema un po’ il gonfiore alle ginocchia, mi sussurra “puoi abbassarti un po’?”, le dico che può anche svegliarmi in modo più grintoso, che con il sussurro non è detto che mi sveglio, mi inizia il bendaggio ai piedi, mi sussurra “puoi girarti?” continua con i suoi lavori, mi massaggia, fa il bendaggio ai talloni. Sarei rimasto a dormire lì in eterno, ma dopo 20 minuti arriva il suo “capo” e dice “questo qui è stato abbastanza”, mi manda via, io ringrazio, scendo dal palco e guardo l’ottimo lavoro, è rimasto scoperto l’alluce con l’unghia alzata, chiedo un pezzo di cerotto e me lo scotcho da solo. Ottimo lavoro.

Metto i calzini per evitare di rovinare i bendaggi, metto le infradito… le infradito sui calzini, sui bendaggi, sui piedi gonfi… non ci stanno… cammino scalzo con le infradito in mano fino al tendone, mangio, comincia a piovere bene e dopo esco dal tendone con le infradito “ai piedi”, senza bagnarmi nei 3 metri dal tendone al teatro/palestra-dormitorio. Scalino di 40 cm fatto con una certa difficoltà, con le mie calzature da hawaiano, ma non mi bagno. Destinazione nanna. Mi metto il piumino, mi metto il scaldacollo sugli occhi e mi butto in branda per 2 ore meritate di sonno, mentre la pioggia batte sul tetto della palestra.

Dopo 45 minuti arriva Elia, mi sveglia: “Hei, prevedono tempo peggiore tra un po’, è meglio partire subito”

(cioè… mi hai svegliato per…)

(45 minuti di sonno per…)

“Grazie.”

Richiudo gli occhi.

Ma ormai il tarlo del brutto tempo si è insinuato nel mio cervello… E chi dorme più…

Quel “grazie” che suonava molto come un “vaffancu.o” non detto… non si può svegliare uno che sta dormendo durante un ultratrail…

Mah, ormai non dormo più.

Mi alzo. Piove.

Metto i pantaloni da corsa per la prima volta, ho freddo. Vado in bagno e mi sento ridicolo. Vedo Aldo, che sta per partire, ha i pantaloncini e le gambe unte. Vedo i toscani, anche loro con i pantaloncini.

Evacuare in base vita: Entri in bagno, ovviamente si tratta di una turca e soffri già al pensiero di dover utilizzare i tuoi quadricipiti a sorreggere il tuo peso dopo 260 km mentre tu sei un pelino costipato.

Chiudi la porta, ma la porta non si chiude (oh, sono falegname, non ho trovato una porta in tutta la valle d'aosta che chiudesse bene... potrei aprire una sede in VDA, farei i soldi), non è che non si chiude a chiave, l'anta non sta nemmeno vicina, rimangono 2 cm di fessura...

Farò veloce.

Trovo una posizione adeguata, chino e mettendo la mano dietro tra la schiena e il muro, dovrebbero inserire questa posizione tra quelle che ti insegnano a yoga, la posizione dello str..zo. (=struzzo). Praticamente sono "quasi seduto".

Fatto? Fatto.

6 rotoli di cartaigienica aperti disposti a torre, raccolgo il primo dalla pila mentre rimango nella posizione dello struzzo. Ovviamente la manualità non è delle migliori, prendo il primo ma il secondo cade e subito rotola via... srotolandosi per terra nel bagno, mi alzo con i pantaloni chinati e gli corro dietro a 90, lo prendo e nell'esatto momento che l'ho preso si spalanca la porta, OCCUPATO! sollevando la mano con il rotolo impugnato malamente che parte con una traiettoria y=-x²-4X+2 a parabolissima, la porta si chiude, il rotolo vola e va ad atterrare magicamente al centro della turca.

Vabbè, parto, va…

Tolgo i pantaloni lunghi, mi ungo bene per far scivolare la pioggia. Quei 5 minuti con i pantaloni lunghi mi ha ridato comunque il calore corporeo di comfort. Per non parlare dell’apporto dell’imbarazzo

Mangio una robina, per dare grinta al cervello, non ho fame visto che ho mangiato 1 ora prima.

E parto con i toscani, sotto la pioggia.

1 ora e mezza di pioggia battente, poi smette.

1 ora e mezza che potevo dormire.

1 ora e mezza che se dormivo non mi sarei bagnato.

Non si può svegliare uno che sta dormendo in un endurance… ognuno si fa i suoi programmi e nessuno può dire agli altri cosa è bene o non è bene fare. Soprattutto non può dirglielo quando dorme… mannaggetta… Pace, ormai la pioggia l’ho presa.

243252746 10219598198893672 2369600457856460361 nIn quest’ora e mezza ho passato i 17696 metri di salita, due Everest, giro il messaggio a 5M, mi risponde con un messaggio di sole immagini whatsapp, bottiglie, facce che ridono e piangono, io mi lascio andare a un momento di commozione e piango a dirotto. Ho lasciato andare i toscani per godermi il momento.

Si passa sotto un muro di una Mega Diga, sopra c’è il rifugio Barmasse, dove mi fermo un attimo, ci sono vari turisti abbastanza brilli che mi osannano, bevo qualcosa di caldo, saluto due compagni di avventura (uno dei due sa dove si trova Flaibano, stranamente non gli ho chiesto se conosce Buriano) e parto.

Questa tappa è bella lunga, ha un dislivello con i contrococones, ma è tutto un saliscendi, senza troppi strappi lungoni… io preferisco quando le salite sono 3 ma sono massacranti, invece di 5-6 piccole. Non mi rendo conto di quanto manca così. Sono sicuro che manca tanto, ma in testa non riesco a figurarmi questi 50 km e 4000 di dislivello, come si svilupperà. E’ snervante.

243269229 10219598200973724 5735445501571915199 nIl lago davanti al Barmasse è bello, pioviggina ancora una mezz’oretta, poi si rasserena e si vede il cielo azzurro, che pian piano diventa buio. Arrivo allo scollinamento della Fenetre d’Ersaz senza frontale, mi fermo per tirarla fuori dallo zaino, faccio due foto, saluto due francesi che mi superano, respiro l’aria della sera a pieni polmoni, sono felice di essere qui.

Riparto camminando, bastoncini alla mano, tic-tic tic-tic, un francese si gira verso di me e mi fa motto di fare silenzio. Io smetto di respirare e cammino in punta di piedi fino a loro, a 5 metri da noi c’è una volpe, enorme per essere una volpe, avrà 50-60 cm al garrese, la sua sagoma in cima ad una collinetta, ci guarda, uno dei due francesi fa qualche foto e poi partono, io armeggio un po’ col cellulare, la foto viene uno schifo e mi accontento di godermi questo momento di intimità unico con la natura, saluto la volpe, continuo leggero e silenzioso come sono arrivato. Mi sento fortunato.

243286968 10219598204693817 140314980802082111 nNemmeno un km e siamo al rifugio Vareton, è quasi buio, fa freddo. Ci invitano ad entrare in una stanza 3x3, c’è una stufa a legna, tutti hanno messo qualcosa attorno alla stufa ad asciugare, siamo in 7 seduti attorno al tavolo 1x1, impossibile che ci stiamo tutti, ma ci stiamo. Mi portano una minestra calda, che non ho chiesto, ma che accetto volentieri. Dopo 2 parole capisco che sono l’unico italiano, 6 francesi presenti, ciò nonostante tengo banco e scambio battute con tutti. Uno si fa portare ghiaccio per il ginocchio, chiedo “mojito?” e giù a ridere, 6 francesi e un italiano stanchi, vicino ad una stufa accesa, a 2300 mslm, di notte. Che mondo meraviglioso. Mi accordo per partire con i 2 francesi della volpe, esco, prendo i bastoncini, armamento un attimo con lo zaino e non so più se loro sono già partiti o se sono ancora dentro.

Parto veloce per prenderli, raggiungo altri 3 del gruppo di 6, chiedo dove sono, sono davanti.

Cerco di tenere il passo ma pian piano il buio è completo e il sonno torna a farsi sentire… 5 ore e 40 di sonno su 270 km, su 110 ore di viaggio, non benissimo. Per fortuna la luna mi accompagna, una luce flebile che sostituisce, per quel che può, il sole.

I 3 francesi pian piano mi staccano, io guardo le loro luci davanti, cerco le bandierine, mi concentro sul sentiero. Sento delle urla dietro a me, mi giro, uno sta correndo in salita, dove io farei 3 passi lui ne fa 1, urla “Oouuu? Ma come ti permetti? Delinquente!!”, non capisco con chi ce l’abbia, si avvicina sempre più “Perché togli le bandierine? Disonesto!!” (ometto parolacce e bestemmie, le frasi erano più colorite). Ma di cosa parli? E dove dovrei avere le bandierine che tolgo? “Le strappi dal terreno e le butti per terra!!” Cerco di farlo ragionare, pian piano si calma, gli faccio notare che i bastoncini delle bandierine sono tutti masticati dalle mucche, che i cristiani non masticano i bastoncini così, gli parlo un po’ in veneto adattandomi a lui e si calma. Lo ringrazio perché mi ha svegliato dal coma, effettivamente non avrò più sonno per 3 ore…

Sella Fenetre du Tsan, foto e parto in discesa, il veneto urlante procede veloce davanti a me, non lo vedo più, per 2 km non vedrò nemmeno una bandierina e il sospetto che si sia vendicato si insinua in me, per fortuna c’erano varie mucche a lato sentiero, il sospetto si è subito dissolto. La discesa pian piano spancia, diventa meno pendente, ho la luce frontale scarica e devo usare quella meno potente, avere poca luce non aiuta, due concorrenti mi superano e io mi unisco a loro, cercando di non perderli, sguardo fisso sulle loro schiene per evitare di addormentarmi. Arriviamo assieme al rifugio Magià. Sono in coma.

Entro, prima ancora di chiedere se c’è un posto dove dormire, sento che rispondono ad un altro corridore “abbiamo un letto a partire dall’1.30”. Guardo l’orologio, sono le 0.08, non posso aspettare 1 ora e mezza per dormire un’altra ora… ormai la domanda l’avevo in testa e chiedo comunque “c’è un posto dove dormire?”, la risposta ovviamente è no. Ci sono solo 4 brande, nella stanza destinata al ristoro, pur sempre al caldo dentro al rifugio. Mi sposto lentamente, tolgo le scarpe pronto a dormire appoggiato al tavolo, prendo un the nel mio bicchiere di silicone, ci sono fondi di tutto, cocacola, zucchero, sali, è un mondezzaio questo bicchiere. Il the bollente magari igienizza qualcosa, mi siedo con lo sguardo spento.

Arrivano due, chiedono se possono dormire sul tavolo, gli rispondono di sì e questi si mettono distesi, uno sopra e uno sotto. Probabilmente il rifugista non aveva capito bene cosa intendevano, lo vedi stranito dalla conseguenza della sua risposta, io mi appoggio con i gomiti a 10 cm dalla testa di quello sopra e sto attento a non calpestare quello sotto… Morfeo mi conquista verso le 0.45 mentre sento il rifugista padre dire “c’è troppa gente qui, ma io non posso mandarli fuori, devono poter riposare”. Santo uomo, da quel che ho capito ha aperto una camera per accogliere altra gente, mi sveglio alle 1.10, c’è molta meno gente in stanza, i due del tavolo non ci sono più, sono partiti all’1. Io sono cadavere, ho gli occhi aperti ma il corpo sta ancora dormendo. Il rifugista figlio mi guarda, se vuoi ti do una branda all’1.30… non voglio perdere tempo, ma non posso andare avanti così. Sosta in bagno, ok, all’1.30 mi stendo. Vedo Doriano, appena arrivato, gli dico: “dormirò in branda un ora”. Bevo un the, guardo quelli stesi, chissà chi farò alzare per mettermi giù, quasi mi sento in colpa… chissà come funziona, il rifugista lo butterà giù e metterà me sotto le coperte… ore 1.25 Greg il francese mi dice in francese “noi andiamo via adesso, vuoi venire con noi?” Guardo la branda, guardo Doriano, sono un pelo impaurito dal dover fare un’altra notte da paura in sua compagnia, guardo Greg… Ok, vengo con voi. Mi accontento dei miei 25 minuti di sonno. In caso tra poco ci sarà il Rifugio Cuney, se non ce la faccio, dormo lì.

243271161 10219598206853871 2687031691504970343 nVia nella notte, insieme ai due francesi Greg ed Alain. Saliamo di buon ritmo al Cuney. Qui il rifugio è chiuso, si entra nel gazebo in parte, hanno un cannone che spara aria calda collegato ad una bombola GPL, non si sta male, ci sono 4 sdraio, 2 sono occupate dai miei due compagni di nanna sul tavolo di prima, fanno altri 15 o 30 minuti di sonno. Greg ha dolori alla pianta del piede, gli do una mia bustina di gel per massaggi, Alain che lo conosce già da 30 ore (!?!) gli fa un massaggio per recuperare la pianta dolorante, come se fossero amiconi di vecchia data. Che bella cosa il TOR. Io mi metto un attimo davanti al cannone a scaldarmi, mangiamo e ripartiamo.

Il col Chaleby dista uno sputo, e poi c’è un altro sputo per arrivare al Bivacco Clermont. Ma di notte è tutto più difficile, arriviamo al Clermont, si entra in un bivacco diviso in 2 stanze, 2x3 ciascuna, una ha 2 letti a castello stipati dentro (non si capisce come li abbiano portati dentro, probabilmente hanno fatto il bivacco attorno ai letti), letti occupati da gente stremata. L’altra stanza ha un tavolo e due cassepanche a piena stanza, uno spolert, due rifugisti dal cuore grande e 8 persone dentro. Ci si schiaccia, ci si sposta e si sta tutti, al caldo. Mangiamo di nuovo bene, Greg sembra stia un po’ meglio.

Comincio ad essere poco lucido e facciamo i conti di quanto manchi al cancello orario di Oyace. Non ce la faremo mai. O tiriamo come disgraziati oppure ci fermeranno perché siamo troppo lenti. Facciamo due considerazioni in inglese assieme, siamo nella cacca.

Dopo una pausa di 15 minuti ripartiamo, il col Vessonaz è subito dopo ma siamo (o sono?) molto agitati per la mancanza di tempo. Sul colle per la prima volta non faccio la foto, ogni secondo per me è importante. Gli altri due invece si fermano per millemila selfie… forse non hanno capito l’urgenza.

Scendiamo veloci, “veloci”…

243379630 10219598208933923 8650895434544713049 nPian piano schiarisce, parlo con Greg dicendogli dell’ansia del cancello, mi da ragione, poi Greg e Alain parlano tra di loro, in francese, che io nuovamente non capisco… Il loro discorso mi crea sonnolenza, anche se il cielo ormai è chiaro. Sono stufo, voglio arrivare ad Oyace. Corro davanti a loro, chiudo gli occhi e corro a occhi chiusi, braccia pronte con i bastoncini in mano, mi inciampo a dx e la mano dx scatta, dà un colpo di bastoncino, mi raddrizzo e mi sveglio di soprassalto… richiudo gli occhi dopo pochi secondi e la cosa si ripete a sinistra… 2 km di tortura… Niente di provato, niente di voluto, il mio corpo adesso è sveglio e la mia mente e i miei occhi dormono… come avrò fatto a rimanere in piedi…

Greg fa una pausa tecnica tra i cespugli, mi si avvicina Alain, mi dice che Greg così non riesce a procedere, chiedo se si ritira, no: chiama la ragazza, che chiama il medico, la ragazza lo richiama e lo autorizza a prendere un antidolorifico, lo tira fuori dallo zaino e lo prende. Aspetta che faccia effetto e parte zoppicando… In Francia non prendono medicine senza l’autorizzazione del medico... Ti va di culo che alle 7.30 il medico ti ha risposto… Ha prenotato subito una visita da un medico vero (vero?) dell’ASL per farsi controllare, non si fida dei medici (finti?) dell’organizzazione, lo porterà alla visita la sua ragazza da Oyace. Che robe complicate i francesi… L’antidolorifico fa effetto e mi lasciano indietro nell’ultimo km verso il ristoro di Oyace. Io mi rifaccio i miei conti e scopro di essere più di 4 ore in anticipo, la lucidità sta notte non era mia amica. Non vedrò più i francesi, scoprirò all’arrivo che il medico ha detto a Greg che era tutto un problema di testa, e arriverà all’arrivo quasi un’ora prima di me…

Bevo cocacola da un volontario che sbagliava ogni cosa che gli si chiedeva, vado in bagno, dormo un’ora in branda, potrei azzardare qualcosa di più, ma manca solo uno scollinamento alla base vita, non voglio mangarmi tutto il vantaggio qui. Parto fresco, c’è il sole, vedo bambini che giocano, gente che sorride, Oyace meriterebbe una visita più lunga. Supero qualcuno e vado avanti deciso, il sonno di 1 ora è stato una manna.

243240576 10219598212254006 8324353311820415591 nArrivo in cima al terzultimo colle, Col de Brison, sono le 2 del pomeriggio… comincio a sentire che quest’avventura sta finendo, mi viene un po’ di malinconia, anche se mancano più di 60 km… Smessaggio a 5M, sempre pronta a rispondermi subito per dirmi che sono un figo. Aiuta, eh!

Incontro altri 2 francesi dei 6 di prima, quello del ghiaccio sta scendendo all’indietro perché ha troppo male al ginocchio. Scoprirò dopo che ha fatto 3 ore dal medico a Ollomont, e indovina-indovinello… il medico ha detto al francese del Mojito che era tutto un problema di testa, e arriverà all’arrivo comunque prima di me… sti francesi e le loro teste…

Scendo veloce. Arrivo correndo al ristoro di Berio Damon, ho come l’impressione che manchi solo io, che sia l’ultimo, non vedo nessuno, ringrazio i volontari, esco. Un vecchietto mi dice dove devo andare, gli presto la massima attenzione, non perché io non veda le bandierine, ma perché a lui sembrava di aiutarmi e io mi faccio aiutare volentieri dai vecchietti che gli sembra di aiutare. Il popolo della VDA mi ha dato tanto, torno un po’ di quello che ho ricevuto.

Arrivo ad Ollomont poco prima delle 16.00, il cancello d’entrata era alle 17.00, tutto a posto, calcolato. Voglio farmi medicare e fare un ora e mezza di sonno. Devo ripartire prima delle 19.00.

 

 

Settima tappa Ollomont- Courmayeur

La zona massaggi è dentro al dormitorio, in un tendone da sagra, è praticamente deserta, “fatti la doccia e vieni qui”, scatto. Le docce sono in degli sgabuzzini all’aperto: la mia porta, che ovviamente non si chiude bene, è davanti alla finestra della cucina, sapessi a questo punto quanto me ne frega di farmi vedere nudo… entro in doccia, mi spoglio, apro, prendo quello che mi serve dalla panchina davanti, chiudo, riapro, saluto il cuoco che mi guarda perplesso. Vado in zona massaggi, ci provo anche qui: “tu lavori e io dormo? Perfetto”. 20 minuti di nanna nel lettino, mi fanno i bendaggi nuovi, mi mettono i tape nuovi, frontali per aiutare le ginocchia, sento le rotule in gola ma aiuterà molto. I tape nuovi sono neri e bianchi, sono vestito a festa!

Mangio e mi metto in branda, sotto 2 strati di coperte, oltre al piumino. E’ pomeriggio, non fa freddissimo ma siamo a 300 e passa km e adesso il corpo ha bisogno di un po’ di assistenza.

3 minuti che sono lì, quasi addormentato. Arriva “il mio amico veneto”, entra urlando in dormitorio, dice tutto quello che deve dire ai massaggiatori: da quel che ho capito da Oyace è salito al Brison, ha avuto un problema muscolare e invece di continuare a Ollomont ha seguito il suggerimento di una signora incontrata sul percorso che gli ha detto che a Oyace c’erano i massaggiatori, è ritornato indietro, non trovando nessuno… Naturalmente mi toglie il sonno. Mi alzo e parto, ho dormito 1 ora a Oyace e 20 minuti in zona massaggi, programmo altri 30 minuti al prossimo rifugio Champillon, che dovrei raggiungere al tramonto.

Sono fuori con 1 ora di anticipo sul cancello, non avrei potuto dormire molto comunque.

243387872 10219601824984322 5837656045559357595 nSalgo di buona lena, arriviamo ad un pascolo stupendo, faccio foto, vedo il pastore, gli dico che è fortunato ad essere qui, “non c’è internet e quando piove è un puttanaio, ancora una settimana di questa mer.a”… punti di vista… io farei firma.

Salgo ancora, il Champillon è là davanti, il sole sta scendendo, accelero anche se faccio gli ultimi 300 metri praticamente al buio. Vedo il rifugista, comincio a parlare, mi schiarisco la gola e poi dico “c’è un posto dove dormire una mezz’ora?”, dal tono sembrava fossi disperato, il rifugista premuroso mi dice che posso salire, vado nella camera con i letti a castello, sono le 20.20, metto la sveglia alle 21.00. Sento urlare tra rifugisti fuori, protestano che hanno troppa gente a dormire, sposto la sveglia alle 20.50 per correttezza.

“Ehi! Sveglia! Sei qui da un’ora!” Coooosa? Guardo l’orologio… 20.40… sono 20 minuti… “ah, scusa, mi sono confuso con un altro…”

Ormai… mi alzo.

Con questo siamo a 3 risvegli non desiderati nelle ultime 30 ore. Non bene.

Vado sotto la tettoia dedicata al ristoro, fa calduccio, scambio due parole con uno, mi dice che farà 1 ora di pausa a ogni ristoro d’ora in poi, seduto, senza dormire. Bevo un the zuccherato e mangio frutta disidratata, mi decantano la minestra di qui, sembra gustosa ma ormai sono al dolce e ho lo stomaco un po’ chiuso. Andiamo, va…

Il sentiero sale bene, ma incredibilmente, dopo 300 km e più di 22.000 metri di dislivello fatti, i muscoli rispondono perfettamente, non mi pesa la salita, anzi. Sono arrivato al punto che io “discesista di professione” preferisco la salita alla discesa. 300 metri di dislivello su meno di 1 km, fatti. Arrivo al penultimo colle, “ogni biel bal al stufe”, ogni cosa se fatta troppo a lungo stufa. Foto e sasso al Col Champillon, scrivo a 5M e vado, lei tifa per me. Anche Marco mi dice che se ho bisogno, di chiamarlo a qualsiasi ora. Mi sento le spalle coperte.

243450716 10219601830744466 5377798901306674537 nDal colle cominciano le allucinazioni. E’ l’ultima notte, sono a 8 ore e 05 di nanna in 131 ore di viaggio. Vedo immagini di qualsiasi cosa sui sassi, ad un certo punto mi rompo le scatole, tiro fuori il cellulare e ogni “faccia” che vedo la fotografo (nessuno a casa nelle foto vedrà quello che ho visto io questa notte… quegli occhi, quegli sguardi da terra… che ansia…). Mi sorpassano in due, uno prima e uno dopo, metto via il cellulare che non sono venuto qui solo per fotografare allucinazioni.

Ogni sasso mi fa vedere qualcosa, è una situazione pesante, cerco di non fissarli, ma devo guardare il sentiero per forza, che fatica.

Mia mamma, santissima donna, mi manda una registrazione di una canzone di chiesa per supportarmi… ho un burrone profondo 500 metri sulla SX, ho un muro di roccia sulla DX e sto ascoltando una musica di messa… “Signôr, cjolmi cumò!”, Signore, portami in paradiso adesso…

Mi concentro sulla discesa, va. Si vede laggiù il ristoro di Ponteille Desot, ci sono delle luci, si vedono le luci delle frontali davanti a me per tutta la discesa, in questo momento si vede bene quante povere anime siamo in giro sui monti, cacchio, tutti davanti a me… procedo, fa caldo, scendendo di quota però la temperatura scende, passiamo sopra un fiume e c’è una corrente d’aria veramente fredda, il ristoro non arriva più, ho paura di aver sbagliato strada, chiedo, ma sono giusto, guardo indietro, la montagna è tempestata di lucine, aaaah, allora non sono l’ultimo…

243364266 10219601831464484 4238147882577146547 nArrivo al ristoro, griglia accesa, “ti facciamo un panino?” yeeessssss! Capocollo e zucchine unti, bevo coca, mangio il panino, ma fa un casso di freddo, indosso impermeabile, pantaloni antipioggia, guanti, sopraguanti, ma fa freddo, c’è tanta aria. Mangio di corsa e scappo, se fosse più caldo mangerei ancora qualcosa. Il panino deve essere stato delizioso, ma ho la gola in fiamme e deglutisco con difficoltà quel ben di dio senza sentirne troppo il sapore.

Parto verso la discesa più lunga del tor, magari sembra a me, entro in trance, mi sembra di essere un deportato o un prigioniero, mi stanno obbligando a spostarmi da un posto ad un altro, infinito, procedo veloce camminando ma odio tutto e tutti. La discesa è blandissima, 200 metri in giù su 10-12 km di strada sterrata, o poderale che dir si voglia. Ma è infinita. Sono in coma. Raggiungo Doriano, mio compagno delle notti di coma… non aiuta molto, eh… è con gli sforzi di vomito, non vede bene dove va. Ma meglio che stare da soli. Gli racconto delle mie allucinazioni, mi suggerisce di stare sulla corsia di DX, lontano dal burrone, ottimo suggerimento.

243441703 10219601848704915 3616102826689751961 nGli faccio notare che davanti alla luna le nuvole sono a forma di trattore, disegnato come lo potrebbe disegnare un bambino, proprio ben disegnato con un pennarello, lui non lo vede. Figurarsi quando gli faccio vedere che adesso si vede uno slittino e una ballerina distesa sopra… Disegnato bene, nitido sul cielo, Doriano mi guarda di traverso. Mi godo da solo i successivi trip, senza condividerli, se non sono apprezzati…

Continuo ad avere questa sensazione di ansia di deportato…

Doriano ogni tot si ferma, con sforzi di vomito, non scaricherà mai. Io ogni volta approfitto per togliere o rimettere i pantaloni antipioggia, ho caldo, ho freddo, in realtà sto soffrendo per il sonno e il corpo mi manda messaggi assurdi, sperando che per un motivo o per l’altro io mi fermi.

Arriviamo a Saint Remy, il ristoro mi sembra di vederlo nel mezzo, là sotto, facciamo un giro infinito prima di arrivarci, mi sento torturato, quanto ci fanno girare per arrivare qui sotto… magari me lo sono immaginato ma mi è sembrato che ci facessero avvicinare a spirale, 2-3 km di giro-giro assurdo. Ma arriviamo.

243451410 10219601834264554 6939855135405999268 nTendone da sagra in piazza, entro, c’è uno, brutto e grosso che mi guarda, peserà 150 kg (oh, senza offesa, ma non so se vedo bene, questa era la mia impressione da allucinato…), mi chippa, chiedo dov’è un bagno, mi risponde descrivendo il percorso infinito che ha fatto Ulisse per tornare a Itaca, ringrazio, esco dal tendone e vedo una ragazza, sembra gentile, le chiedo dov’è il bagno, mi risponde “lì”, indicando una porta in parte a me. Lodata sempre sia la ragazza gentile. Entro, la luce non va, l’interruttore non c’è, cacchio se sono in trip. Poco male, accendo la frontale e faccio quello che va fatto. Esco dal bagno e entro nel tendone, il chippatore mi guarda in cagnesco, lo supero schivandolo, chiedo a uno dove posso dormire, “dove vuoi!” muovendo il braccio a ventaglio con la mano aperta mostrando tutto il tendone… mi guardo in giro, per terra hanno messo linoleum a coprire i sampietrini della piazza, c’è gente che dorme sopra tavoli, sopra le panche, per terra, gente seduta appoggiata alle braccia sul tavolo. Eccolo, il lager dei deportati. Per fortuna non ho chiesto delle docce… (battuta magari triste, ma capitemi…).

243444022 10219601832504510 532780755351172003 nCerco un buco dove appoggiarmi, uno si alza da sotto il tavolo, gli chiedo se posso distendermi lì, “certo!”, che culo, mi ha lasciato il posto! Per terra sotto al tavolo… Quello in parte a me ha 3 teli sopra, uno termico e due di nylon rumoroso. Il tendone è scaldato da un cannone, si accende ogni 2 minuti per 30 secondi, ogni volta che si accende i teli di nylon si alzano a vela, il tipo li blocca e se li porta giù, fa un fracasso incredibile e dorme.

Ho troppo sonno, mi addormento, nel sonno ogni tanto sento rumori di nylon che si stropicciano, ma dormo. Suona la sveglia 30 minuti dopo, il tipo del nylon è ancora lì, mi alzo, non è il momento di temporeggiare. Mangio mezza mela (sono stato 1 settimana senza frutta…), Doriano non c’è più (avrà mai dormito in tutto il TOR?). Parto da solo, abbandonando il lager. L’ansia del cancello orario del prossimo punto di Merdeux incalza, non so quanto manchi. Il cancello sarà alle 8, o alle 6, non capisco bene quello che mi manda Marco da casa. Sono le 3 di notte, dovrei farcela più o meno facilmente.

Avanzo spedito, sono fresco adesso, dopo 2 km mi giro e vedo una decina di luci dietro di me, faccio da apripista, sento il texano che sarà indietro di 500 metri, che sbraita al buio. Accelero il passo, supero 2 persone, in due punti diversi, che dormono a bordo sentiero. E il cervello torna a spegnersi… di nuovo le allucinazioni, ho la percezione che ci sia una casa in sasso sulla DX e che ci sia un cavalcavia sopra di me, ogni volta che sposto lo sguardo per metterli a fuoco non c’è niente, a dx prato o alberi, sopra stelle. Che aria pesante.

Passo in parte ad una casa, sarà Merdeux? Urlo, chiamo “c’è qualcuno?”, un cane in casa comincia ad abbaiarmi, vado avanti e indietro, un altro cane comincia a latrare assieme al primo, sempre chiusi in casa, per fortuna. Ok, se qualcun altro si fosse fermato qui, i cani erano già incacchiati prima del mio arrivo, procedo.

Non vedo niente, anzi, vedo le bandierine che riflettono, i catarifrangenti aiutano, quando alzo lo sguardo vedo tante lucine, alcune frontali, vedo il ristoro là davanti, forse… o forse è tutto buio e mi sto immaginando tutto…

Arrivo ad una mega stalla… che sia Merdeux? Ma un nome più carino potevano dare a sta mer.a di posto che devo raggiungere… non è sicuramente Merdeux, vedo uno che esce dalla stalla, sta iniziando la sua giornata di lavoro, al buio, mi fermo per farmi vedere, ma non mi dice niente, non mi caga, ok se qui dovevano chipparmi mi avrebbe detto qualcosa. Avanzo 30 metri, ma poi mi viene il dubbio, magari non mi ha visto… macchecazzo… un cane mi guarda incuriosito, sull’angolo della stalla… vabbè… vado avanti, va… non ci sono gli striscioni tipici della gara e mi convinco a procedere.

Lucine, si vede là lontano che ci sono le luci del rifugio, di una tonalità più calda rispetto ai catarifrangenti, abbasso lo sguardo, lo alzo, ci sono i due rifugi, uno dietro l’altro, Merdeux e Frassati, ok, pompo, alzo lo sguardo, si vede proprio il contorno delle finestre del Merdeux, la volta successiva che guardo, però, il primo ristoro è scomparso. Ci sono lucine catarifrangenti, belle allineate, troppo allineate, le sto immagginando. Mi incacchio, questo sentiero non porta da nessuna parte, sto crollando, sto morendo. Fanculo (si può dire?), mi siedo e tiro fuori il cellulare.

Mi sveglio, sono seduto con il cellulare in mano… cazzo, mi ero addormentato.

Apro il programma GPS del cellulare. Non c’è internet. Apposto.

Guardo whatsapp, Marco mi ha scritto 1 ora e mezza prima che dovevo arrivare a Merdeux entro le 8. Gli scrivo “Ma dola ca l è?”, dov’è? Sono in panico, sono stanco. Non posso andare avanti così. Devo dormire in sicurezza, altrimenti mi addormenterò in piedi. Avanzo, cerco un posto in cui non si rischi di rotolare giù dalla montagna (sì, sono in pendenza, non so quanto pende sta montagna, ma se cado addormentato non la racconterò a nessuno sta cacchio di notte…), trovo un posto ideale, mi metto giù di traverso sul sentiero, zaino addosso, incassato dentro un cespuglio di rododendri per tenermi bloccato. Metto la sveglia dopo 10 minuti. Dopo 9 minuti mi sveglio, mi stanno scavalcando in 3 corridori, chiedo scusa, aspetto la sveglia e mi alzo.

Fermo, in piedi.

Per terra c’è la brina.

Cazzo, fa freddo.

Fa molto freddo.

Penso “ipotermia”

Penso “devo essere aiutato?”

No, cacchio, ho freddo, ma non sto congelando. Batto i piedi, scuoto le mani, saltello. Freddofreddofreddo. Tiro fuori un TWIX tarocco dallo zaino, mangio avidamente, veloce, mentre attacco la salita in rapidità, per generare difficoltà al mio corpo, il mio cuore pompa sangue a palla per gestire i miei stimoli e mi scaldo velocemente.

Maddovecazzoèstomerdeux…

Meno di 10 minuti e sono davanti al Frassati… non capisco bene perché sono già al Frassati, ma entro, sto pensando che ho saltato il chippamento del Merdeux. Io indietro non ci torno, MI RITIRO. Ma magari torno lo stesso indietro, il cielo sta schiarendo e forse il coraggio da qualche parte lo trovo… per tornare a Merdeux…

Mi chippano, due concorrenti seduti in parte mi guardano e mi dicono che è tutto a posto… a posto cosa…COSA?

Merdeux quest’anno non era un cancello orario, non chippavano. Io non capisco.

Sono confuso.

Esco a guardare l’alba del nuovo giorno, non so se ho freddo, non so se sono vivo.243452992 10219601836184602 3887108816031543611 n

Vedo l’alba, non mi sembra sia lì per me. Bella come non mai, ma io non posso godermela, il cielo non sta schiarendo per me, io sono da un’altra parte, forse.

Esce il responsabile dei Chip, deve chipparmi, mi hai già chiappato, “ok”, rientra.

Lo seguo con lo sguardo, i miei piedi lo seguono, non so se il resto del corpo segue i miei piedi ma mi ritrovo dentro.

Sono ancora vivo.

Esisto.

Mi metto vicino ad una stufa a legna accesa.

Mi guardo in giro.

Facce stralunate con dei pettorali. Ok, mi sto orientando, sto facendo una gara. Assurda, ma sto facendo una gara.

Mi tocco lo zaino. Cacchio, ho ancora i 50 euri che mi ero messo in zaino per i momenti neri. E’ un momento nero. E’ “IL” momento nero.

Vado al bancone. Voglio premiarmi. Esco con una battuta per chiedere una crostata, non mi viene bene, il barista mi guarda stralunato, probabilmente ho detto una cosa tipo “Ciao, sono un non-morto, voglio succhiare il tuo sangue”, o qualcosa del genere, vedendo la sua espressione. Mi schiarisco la voce, rinuncio alla battuta, riformulo e dico: “cappuccino, succo, crostata, pago”.

243389395 10219601840024698 2938949480523904300 nMi siedo ad un tavolo, con un altro concorrente, mi guarda male, cosa sto mangiando? Non potevo accontentarmi del buffet standard del ristoro? Mah, guarda, ho pensato: “stavo per morire, non sono morto, se morivo sti 50 euro non li avrei spesi. E’ giusto spenderli adesso, in onore della vita”. Non gliel’ho detto, ho pianto pensandoci, soffocandomi con la crostata che mi sono sudato. Tossisco e finisco la colazione del campione, pagata.

Mi rimetto davanti alla stufa, mi scaldo. Cacchio se sono cazzuto. Montano in me tutte le emozioni del mondo, un orgia di emozioni, a momenti mi sento un dio.

Esco, vado a godermi l’alba. La guardo, mi dice che è lì per me. Scendono lacrime, silenziose. Faccio due foto. Sono vivo ancora, anche oggi. Non è uscito ancora il sole, c’è una skyline stupenda, sotto nuvole, davanti la linea di montagne, sopra un cielo rosaaranciato. Io sono qui. Lo sguardo resta qui, ma io procedo, fluttuando sul sentiero. Mi accorgo che sto già guardando il Malatrà, avanzo. Saluto uno della gara del Tor des Glaciers, mi rigiro, finalmente esce il sole, io sono già in moto e non mi ferma nessuno.243434324 10219601841784742 4890698671948152392 n

Volto le spalle all’alba, ultimo scollinamento sull’erba, davanti ho un arco invalicabile di montagne burbere, grigio nera, pietrame, l’ambiente è sterile e freddo.

Sono già stato qui?243519692 10219601842904770 3360807755502379095 n

Ommioddio! Sono a Mordor! La somiglianza di quest’angolo di Valle d’Aosta allo stereotipo di Mordor del Signore degli anelli è straordinaria… Incute timore. Mi sento Samvise Gamgee. Non Frodo, non sono protagonista, sono quello con la pancia sfigato che mai avrebbe avuto il coraggio di fare quest’avventura. Ma cacchio se l’ho fatta. Sono qui, sono cazzutissimo. Se mi vedesse il mio gaffiere…

243503102 10219601844264804 4996042371179234040 nAvanzo tra il pietrame, che scivola sotto i miei piedi, senza paura, arrivo al pertugio, all’ultima sella da scalare, senza timore, c’è una coppia di anziani salita prima dell’alba per vedere noi sopravvissuti all’ultimo scollinamento, mi applaudono. Il fotografo ufficiale mi plaude. Il Col Malatrà è fatto, mi sento ormai nella storia. Ora, sola discesa.

Smessaggio, mi godo due risposte arrivate al volo, corro in discesa.

E prendo Doriano…

Doriano che non riesce ad avanzare sui sentieri di sassi… che mi toglie il sogno di una volata finale…

Lo accompagno un pezzo, non mi sento più in dovere ma lo accompagno. Mi sento di avergli tornato tutto, con gli interessi, ma non lo mollo. Metto da subito le cose in chiaro: io voglio fare gli ultimi 15 km da solo, me lo devo, voglio rivivere i momenti di quest’avventura e stamparli nella mia anima. “Ma non hai corso fino adesso da solo?”

Cacchio, non vorrei si offendesse, ma mi sembra quasi che stia facendo i capricci…

Ho pagato sangue per quest’avventura, ho sudato, mi sono sacrificato, voglio goderne.

Da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano, per citare un telefilm che guarda mia figlia piccola Ginevra. Da soli però si percepisce tutto in modo più forte, le emozioni sono più forti, sei più vulnerabile e ti lasci investire da tutto, paure, soddisfazioni, gioie e ansie. Insieme ad altri crei uno strato, una protezione, tu sei più forte e non vivi a pieno le sberle o le carezze che ti arrivano. E’ tutto più facile ma meno gustoso. Oh, insomma, praticamente ho preso sberle da solo per 340 km, le carezze le voglio vivere a pieno.

Guarda, ti accompagno fino al Bertone, ma dopo la strada sarà in solitaria.

Accetta, quasi malpagato.

Si mette a tagliare i tornanti dei sentieri (!?!) sull’erba in una pendenza assurda, cade, scivola, ma insiste fuori sentiero, gli dico che così io non riesco, le mie ginocchia soffrono. Seguo il sentiero, faccio 3-4 volte tante il suo percorso, ma avanziamo assieme da quanto è lento e cade.

Arriviamo al punto più basso, il sentiero risale, lo saluto, ma rimango ancora un attimo con lui, poi Doriano rallenta e quasi mi sfugge, io vorrei quasi rimanere ma le mie gambe vanno, le mie gambe sono stronze il giusto, le mie gambe pompano e non sentono le ragioni del mio cuore e della mia mente che dicono di aspettarlo.

Arrivo al ristoro, bevo solo cocacola e chiedo com’è la strada adesso: “7 km in discesa con 800 D-, un saliscendi di poca importanza e di nuovo 7 km in discesa con 800 D-, totale 14 km”.

Cacchiooooooooo! I miei piedi partono, le mie gambe pompano, io sto ancora bevendo cocacola al ristoro ma la parte bassa è già che corre là davanti! Non ho già fatto 340 km, sono partito adesso. Corrissimo.

Guardo whatsapp, scrivo a tutti che dovrei arrivare tra l’una e le due.

Leggo il tifo dei miei amici, cacchio se sono gasato!

Il Bertone lo vedo in parte ma non lo cago nemmeno.

Pompo subito, tutto quello che ho, sorpasso!

Ma… c’è qualcosa che non va, mollo le ghette, ho le scarpe slacciate, sistemo, ripartooooooooo!!!

Risorpasso

Mi fermo, tolgo l’impermeabile.

Risorpasso

Mi fermo ancora, mavaffancuuulooo, tolgo pantaloni antipioggia e maglia, tolgo tutto, che adesso si pompa e ho caldo.

Risorpasso quei poveri 3 che si sono visti sorpassare 4 volte dallo stesso minchione che poco dopo si ferma… ma sta volta volo fino al traguardo, e prendetemi se ci riuscite!!!

Via! via, senza un domani, non ho il polpaccio sinistro che sembra si stia aprendo dallo sforzo, non ho le vesciche che stanno per esplodere nelle scarpe, non ho le ginocchia che battono ferro contro ferro sullo stinco. Ho 20 anni, sono appena partito e spacco tutto!!!

Scendo, inciampo ma corro.

Arriva il su e giù: sul “su” corro lo stesso, cacchio se sfondo tutto. Secondo “su” corruccio… Terzo “su” cammino veloce spingendo con i bastoncini… cacchio se questi “su” sono tanti… sorpasso ancora ma pian piano rallento, cacchio. Forse “cacchio” l’ho già detto ma il vocabolario a 350 km si riduce, CACCHIO. 5 km di su e giù.

E la gente, la gente che ti dice che manca poco. E allora tu vai.

E la gente che ti dice che mancano 500 metri al ristoro. E tu vai ancora.

E invece mancavano 2 km, ma non torni indietro a imprecare contro quello dei 500 metri, lo maledici, ma con poca convinzione. E vai ancora.

Ristoro, sorrisone. “Manca pochissimo”, non sono convinto. “Sì, guarda, da quello spuntone si vede Courmayeur.”, io vado a controllare se si vede, faccio 10 metri in più ma non mi faccio fregare di nuovo. Courmayeur è là!!! “4 km di discesa, asfalto e sei arrivato”

Cooooorrroooooo! Scendo!

Ci sono pietre sul sentiero, il piede davanti salta la pietra, il piede dietro non riesce quasi mai ad alzarsi abbastanza, do delle pedate assurde alle pietre, mi sto sfasciando la parte sopra dei piedi, ma fanculo, vado!!!

Famiglie intere che mi sentono arrivare, si fermano, si spostano e applaudono! A me? Sì, a me!… piango… corro. Sto facendo 15 km correndo come un pazzo…

Incontro Collè, il primo arrivato con 66 ore e bruscolini, già 3 giorni prima, mi urla “Bravo!”.

Mi fermo.

Lo guardo in faccia.

Eh, no, cazzo, Franco, bravo tu. (testuali parole)

Lui bofonchia qualcosa, sul fatto che io sono bravo per altri motivi. Non capisco molto bene, ma mi convince. Sono bravo.

Corro in discesa, una ragazzina di 14 anni mi insegue, con il suo zaino rosa inadatto.

Finisco il sentiero, faccio due passi camminando sulla poderale, mi giro e le faccio i complimenti, “non fermarti, corri!”

Mapporcamiseria, non si può respirare in questa gara… vabbè corro!!!

E giù, la strada entra in paese, diventa asfaltata, le signore del sabato mattina che mi dicono:

“Bravo”, grazie!

“Bravo”, grazie!

“Bravo”, niente, alla terza signora non ce la faccio, sto piangendo e non riesco a parlare.

Con un rantolo di voce chiedo a due bambini da che parte, “di là”, giro entrando nel parco Bollino. 30 bambini, con le bandierine che urlano, io urlo di più: EEEEEEEEEEEEEEEE! E loro rispondono urlando, scendo in picchiata tra di loro, le nostre voci diventano un tuttuno, loro corrono in discesa con me, mi sento un dio, EEEEEEEEEEEEEEEEEEEE, il cuore tra un attimo mi esplode, avrò i battiti a 2000, urlo, sembro una cometa con la mia scia di scintille, 30 scintille urlanti! Che figata!!!

Esco sull’asfalto, giro verso il centro, gente che applaude, gente che ha gli occhi puntati su quello sfigato che corre come un pazzo dopo 146 ore…

C’è un matrimonio, la sposa sta salendo in macchina, urlo VIVA LA SPOSAAAA! Urlano tutti, con me, che mondo meraviglioso!

Corro, un simpaticone amico della sposa mi chiede se posso fermarmi per fargli una foto, rido, avanzo tra le viuzze del centro, la gente si sposta per me, mi applaude, che robe… arrivo alle transenne, vedo le mie piccole e Michela 5M, butto i bastoncini a terra, prendo le mani delle mie figlie, mia moglie ride e singhiozza, corro con le bambine tra le transenne, arriviamo alla pedana gialla, ho paura che non ce la facciano a salire e quasi le sollevo, facendo gli ultimi 2 metri di dislivello! Urlo! Siamo arrivati! Non ho più lacrime! Le mie bambine sono vicine a me, manca solo… eccola! Scendo a baciare Michela, non mi accorgo che mi stanno mettendo la medaglia, bacio Michela, lei sta piangendo e singhiozzando, io sono fatto, ubriaco e non capisco più un caxxo. La mia vita è qui, in un metro quadrato attorno a me. Sono felice. Il mondo può anche finire adesso.

 

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PS: quanto ho corso nell’ultimo pezzo? Bhe… al Pas Entre deu Saux non hanno rilevato il passaggio di Collè… Guardo quello del secondo classificato: Jonas Russi ci ha messo 2 ore e 46 dal Pas a Courmayeur… io ci ho messo 2 ore e 40… capite… insomma, stavo correndo.

PPS: Approfitto per fare i ringraziamenti, senza essere troppo prolisso o sentimentale:

Ringrazio la mia famiglia per la pazienza e l’aiuto indispensabile

Ringrazio Marco (farco), Gigante 2019, per tutte le dritte, la compagnia e il supporto dato

Ringrazio i miei amici di corsa di Codroipo del Niu Cube, per il tifo e per gli allenamenti fatti assieme

Ringrazio mia suocera, perché tocca e perché se non ci fosse stata anche lei sarebbe stato tutto un po’ più difficile.

Ringrazio l’azienda di famiglia in cui lavoro, per avermi lasciato lo spazio di vivere quest’avventura.

E un grazie lo lascio qui, per chi mi sono dimenticato di ringraziare

Tags: Trail, Picco

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