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L'Antica Via degli Abati di Gabriele Ianett

The Abbots Way, per gli internazionali, L’Antica Via degli Abati, per gli italiani. Fu sempre lui a farmela conoscere, lo scorso anno. Mi affascinarono da subito il nome e la storia di questa gara. Il pensiero di calpestare i sentieri che gli Abati percorrevano fino a qualche secolo fa per spostarsi dal Monastero di Bobbio a quello di Pontremoli mi risultava quanto meno intrigante. Sono specchi per allodole, lo so, però funzionano. Mi piace far viaggiare la fantasia e mentre attraverso questi posti, pregni di storia, provare ad immaginare come dovevano essere secoli addietro. Quantomeno mi tiene la mente occupata e i km passano più velocemente. A volte mi dimentico anche di lui.

Lo scorso anno, mentre seguivo la sua corsa dal gruppo whatsapp, verso l’ora di cena ebbi una folgorazione di amore, o forse compassione, non so. Decisi di andare ad aspettarlo al traguardo di Pontremoli. Ebbe dei problemi e sembrava che volesse ritirarsi. Grazie ad Alvaro mi ritrovai a fargli compagnia per gli ultimi 20Km. Alla fine lui non era entusiasta del tracciato, ma era rimasto affascinato ugualmente dallo “spirito” della gara. Avrebbe voluto rifarla.

A dicembre ci siamo già iscritti a due gare over 100Km: la Dolomiti Extreme Trail ed il Cro Magnon. Mi manda un messaggio e mi informa che lui si è iscritto anche alla Abbots e qualora fossi stato interessato, c’è una finestra di pochi giorni con il prezzo dell’iscrizione ribassato. Mi iscrivo, ovvio. Non posso mandarlo da solo, mi sentirei in colpa e perderei i contributi dal SSN.

L’Antica Via degli Abati è una Ultratrail di 125Km con 5500D+. A volte viene corsa in direzione Bobbio – Pontremoli, a volte nella direzione opposta. Il 2017 ricorre il decennale e si partirà da Pontremoli.

La nostra preparazione parte da lontano. La sua preparazione parte da lontano. Io dal problema al tendine di Achille avuto ad agosto, inizio un calvario di piccoli e medi infortuni da cui non riesco a trovare la via di uscita. Conosco Alberto Bussino Lazzerini e decido di farmi allenare da lui. Iniziamo un programma di “recupero” muscolare. Mi fa visitare da un angelo di nome Claudio Maggi, che finalmente trova la causa dei miei problemi. Tre sedute in cui mi scioglie decine di piccole contratture nascoste nel collo e sulla schiena. Rinasco. Ma ormai mancano soltanto tre settimane alla gara. Alberto mi fa lavorare al meglio per due settimane, la terza sarà di scarico. Il lungo più lungo che ho nelle gambe non arriva a 30Km. Però mi sento tremendamente bene. Il morale è altissimo.

Con lui abbiamo iniziato il “quotidiano” conto alla rovescia da 27gg prima dello start. Manca una settimana alla partenza e le valigie sono già pronte. Abbiamo studiato e  preparato tutto alla perfezione. Questa volta sono proprio contento perché ho curato tutto nel minimo dettaglio. Lo scopo della mia gara, o forse è meglio parlare di allenamento “lungo” in vista della DXT, sarà quello di arrivare almeno fino a Bardi, ovvero al Km65. Tutto quello che verrà in più sarà di riguadagnato.

Eccoci, siamo al giorno -1. Nel primo pomeriggio passo a prenderlo. Eccitatissimi abbandoniamo i nostri abiti “cittadini” e iniziamo la metamorfosi in Abati. Arriviamo a Filattiera, a casa della sua nonna. Saluti&Convenevoli. Carichiamo Alvaro ed andiamo a Pontremoli. Ritiro pacco gara, pettorale e guarda ganzo…un GPS. Niente chip&chiop. Un semplice GPS da nascondere nello zaino, grazie al quale saremo tracciati per tutto il corso della gara.

Vantaggi?

  • 1) Tutti potranno seguire la gara di ogni atleta in tempo reale, seguendone la traccia GPS e sapendone istantaneamente tutti i dati “tecnici”

  • 2) NESSUNO POTRA’ TAGLIARE IL PERCORSO

  • 3) Qualora un concorrente andasse fuori traccia o avesse un problema, verrebbe immediatamente localizzato e contattato dell’organizzazione

  • 4) Non c’è necessità del Chip e relative pedane

Svantaggi?

  • 1) Non ci possiamo imboscare con l’amante

Pomeriggio di relax a Pontremoli. Cena alla pizzeria di suo cugino. Dormiamo assieme in letto matrimoniale a casa di sua nonna. Mi propone del sesso, ma me la tiro e dico di no. Se n’ha a male e la notte dormirà poco. Ben gli sta. Suona la sveglia. Sono rilassatissimo, lui meno. Non essermi imposto mentalmente obiettivi, né di tempo e né di piazzamento (tecnica consigliata nientepopodimenoche da Marco Olmo) mi ha permesso di arrivare alla gara concentrato ma rilassato. Ottima esperienza in vista delle prossime gare. Prepariamo le borse che ci saranno recapitate a Bardi (metà gara) e a Bobbio (arrivo). Vestizione e colazione. Alvaro ci accompagna in partenza. Fa fresco, il clima è piacevole. Mi mancava l’aria frizzante del prepartenza. Arrivano i furgoni che caricano le borse. Siamo tutti schierati dietro al gonfiabile. Faccio un po di riprese con la GoPro. Conto alla rovescia. Si parte. Siamo partiti. Cento metri e c’è subito una curva a gomito sulla sinistra che ci immette in una strettoia. Caos. Va peggio alla anziana signora che sta percorrendo l’angusto viottolino in senso contrario. Mi risale rapidamente alla mente la definizione di pianta infestante che mi hanno insegnato all’università: una pianta infestante, è una pianta che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ecco, mi sa che l’anziana donnina, quella mattina, si fosse trasformata per pochi secondi in infestante! La schiviamo…passo un Ultratrail runner vestito da contadino anni ’40. Al bizzarro non vi è mai fine.

I primi Km sono prevalentemente bitumosi e servono per il normale assestamento: i più veloci vanno via veloci, i medi si assestano nel mezzo e i più lenti rimangono dietro. Non fa una grinza. Io e lui partiamo tranquilli ma agili. Ben presto formiamo un gruppetto di una quindicina di figurine bizzarre con cui faremo un continuo tira e molla. C’è la ragazza dal gonnellino improponibile e c’è la bella ragazza dal pettorale imbarazzante: ma ha carattere per indossarlo. Ci sono i chiacchieroni e i cani solitari. Ci sono due che fanno i bischeri. Quelli siamo noi, tutto normale.

Il percorso può essere suddiviso in 4 blocchi da circa 30Km l’uno. Il primo è quello che va da Pontremoli a Borgo Val di Taro, di 32Km. Il secondo arriva a Bardi, e lì avremo percorso 65Km. Quindi Farini, e siamo a 97Km. Quarto ed ultimo, Bobbio, e siamo a 125Km. Lui vorrebbe chiuderla in 20 ore e si fa un programma ideale che prevede un tempo medio di 5h per ogni tratta. Siccome 5x4=20, almeno sulla carta, il suo ragionamento non fa una piega.

Il primo tratto è una ascesa di circa 900 D+ spalmati in 20Km più o meno corribili, fino al Passo del Borgallo. Molto bosco e qualche tratto di asfalto. Io&Lui, Lui&Io per un po. Poi io devo fare la mia sosta defecathio e mi fermo nel bagno dietro al cespuglio. Mi attardo circa 5 minuti, me ne esco profumatissimo grazie alla carta igienica che mi ha comprato Flavia. Grazie al GPS tutti si accorgono che rimango attardato, ma non sanno i  motivi…il bagno non era segnalato sulle mappe?!? Già si fantastica che io sia in crisi e non tenga il suo passo. Cardio frequenzimetro al polso, battiti tra 150 e 155 massimo e si risale la china. Ripasso uno a uno tutti quelli che si erano messi tra me e lui. Dopo una ventina di minuti, forse anche meno, lo rivedo davanti a me. Guadiamo un torrente e mi rimetto in scia a lui.

Curo l’alimentazione e l’idratazione in modo oltre che maniacale. Ogni ora devo bere almeno una borraccia di acqua e a certe scadenze di tempo devo mangiare reintegrando 4-500 calorie per volta, alternando gel, biscotti, barrette, parmigiano, frutta secca, ecc. ecc.. Ho con me un totale di calorie che mi renderebbe autosufficiente per diversi giorni. Non sgarro mai. Sono concentratissimo sul passo e sulle scadenze. Ogni due ore prendo una capsula di sali minerali.

Iniziamo ad incrociare i nostri Angeli custodi: Alvaro, Tisbe, Pietro e Luisella che ci seguiranno in parecchi punti fino a Bardi, fornendoci acqua, supporto, conforto e facendoci riprese. Il clima è veramente dei migliori. Fisicamente sto benissimo e in discesa riesco a fare anche dei salti “stilosi” che prima mi sognavo. Penso e ringrazio Claudio.

Arriviamo al Passo del Borgallo, ristoro e giù in discesa. Figata.

Arriviamo a Borgo Val di Taro, fine del primo segmento, in netto anticipo. Ci abbiamo impiegato soltanto 4h. Problema. Lui va in crisi…siamo andati troppo veloci. Io sto benissimo. Mi fermo al ristoro, cambio assetto, risistemo un po di cose nello zaino, mangio&bevo, riparto. Lui si è già avviato. Io lo seguo dopo alcuni minuti. Costeggi0 il fiume. Faccio gruppo con dei chiacchieroni. Troppo chiacchieroni. Insieme lo raggiungiamo. Iniziamo una salita tremenda, che proprio non mi aspettavo. Inizia a fare caldo. Un ragazzo se ne accorge più degli altri ed ha una crisi importante. Ci sono già altre persone con spirito trail ad assisterlo e quindi noi andiamo oltre. Inizia il momento più duro della gara. Fa molto caldo, troppo. L’altimetria è bizzarra, è un continuo saliscendi che spacca e riduce l’andatura. C’è più silenzio in giro. Le facce sono sempre le solite e la solidarietà è tanta, soprattutto nel richiamare qualche compagno di viaggio finito fuori percorso a causa di un balisaggio, talvolta non proprio impeccabile. I ristori sono francamente deludenti. Per me non è un grosso problema, non avevo aspettative a riguardo…per lui si. Quello dei ristori abbondanti e luculliani era stato uno dei cardini delle sue motivazioni a iscriversi per il secondo anno a fila. Questa cosa dei ristori miseri e tristi, pervade il suo spirito che ne prende sempre più corso e figura. Il suo passo è sempre più ciondolato. Capisco e in silenzio cerco di fare l’andatura. Fin che posso…Km 50, ed ecco l’invasione dell’acido lattico. Si rompono le dighe ed entrambe le mie cosce si allagano di quel meraviglioso liquido, che tanto utile è nel proteggere la muscolatura, per l’acidità dei vini bianchi, e nel correggere il pH durante il mash della birra. Ma deh, per la dinamica della corsa non è proprio l’ideale. Ma non è la prima volta che mi succede, quindi so come affrontarlo. Sarà un ottimo compagno di viaggio fino alla fine…e non solo.

Intanto, defecathia anche lui. Proseguo con passo leggero. Ci ricongiungiamo. Arriviamo a Bardi, dove ad aspettarci ci sono sempre i nostri Angeli Custodi. Questo secondo blocco è stato decisamente più lento. 5h e 30’. Recuperiamo gli zaini, mangiamo una minestrina di verdure con riso, ma senza parmigiano. Non per scelta nostra. Lui è tristano, io Isotta. Prima che scada la decima ora ripartiamo. Salutiamo gli Angeli e ci diamo appuntamento per la mattina successiva all’arrivo di Bobbio.

Si sale verso il Monte Lama. Lui mi ribadisce che quella sarà la salita più dura della giornata. Tanto per tirarci su il morale… saliamo insieme ai soliti volti noti. Non riesco bene a capire quale cavolo sia la vetta di sto Monte Lama. Ad un certo punto iniziamo a scendere. Chiedo a lui se l’abbiamo già passata. Serafico mi risponde “Boh?!?”. Mangio e bevo regolare. Sto bene. Scendiamo verso Bruzzi, ormai abbiamo passato i 75Km e non ho avuto nessuna crisi né d’identità né epilettica. Sono ancora pelato, quello sì, e diversamente alto, ma per il resto sto bene.

Il sole cala, la temperatura più di lui.

Secondo me, tutto sommato stiamo andando bene. Conti alla mano intorno alle 20h potremmo ancora farcela. Ultimo tristissimo ristoro prima di Farini. Questo è veramente brutto…è buio, freddino, e troviamo soltanto un Thè a temperatura di fusione ma totalmente privo della componente zuccherina, acqua e quasi niente da mangiare. Mannaiata al morale. Ripartiamo, ma Lui comincia a correre male. Ci recupera un gruppo di 6 lucine dei soliti noti e ci svernicia. Lui si gira e mi dice “io ho troppo dolore ad un piede. Faccio fatica a camminare. A Farini mi ritiro. Te vai pure”. In realtà anche io comincio ad avvertire un certo fastidio al polpaccio sinistro. Non ricordo se gli rispondo, ma ricordo bene che l’ultima cosa che avrei pensato di fare, sarebbe stata quella di lasciarlo solo. La mia gara, anzi, il mio allenamento era finito a Bardi. Ero già parecchio oltre. Più ci avviciniamo a Farini, più il polpaccio si indurisce. Prendo un Nimesulide, ma non cambia niente. Comincio a mollare mentalmente anche io. E’ parecchio freddo, oramai anche io posso solo camminare di passo svelto. Mi interrogo. Avrebbe senso continuare da solo? Mancano 28Km, di cui 10Km di salita. Se il problema al polpaccio peggiora e devo fermarmi? E’ un freddo cane, si rischia anche l’ipotermia. Ci sono pochi presidi. Se questo affaticamento degenera ad infortunio comprometto DXT e CRO. Da solo al buio nei boschi ho paura! E poi, diciamocelo sinceramente, sarebbe anche da bastardi verso di lui. Decido: mi fermo anche io.

Siamo a poche centinaia di metri dal ristoro di Farini, al Km 97, e lui mi dice che sta leggermente meglio. Gli chiedo se vuole continuare. “No, risponde, meglio di no. Se mi riprende come faccio?” Realizzo definitivamente che è la soluzione “di coppia” migliore.

Allo scoccare delle 15 ore, entriamo nel rifugio, lui va diretto da una persona dell’organizzazione e annuncia il nostro ritiro. E’ una sconfitta? No, assolutamente. O meglio, lui la trasformerà in sconfitta dal giorno successivo ragionando con il senno del poi. Ma sono fermamente convinto che sia stata la scelta sì più dura ma anche la più saggia. Non è facile abbandonare un viaggio così a pochi (relativamente) Km dall’arrivo. Il senso di incompiuto è umano. Ma se avessimo ragionato con l’orgoglio invece che con il cervello, probabilmente adesso sarei a scrivere con piglio diverso, e a raccontare di un epilogo peggiore. E con 97Km sulle gambe non è facile ragionare. Ma avevamo mangiato e bevuto con regolarità maniacale, quindi eravamo lucidi.

Ci ristoriamo. Per forza, siamo al ristoro. Il miglior ristoro. Minestra di verdure affogata con badilate di parmigiano. Fiumi di birra. Formaggi. Dolci. Caffè. Questo è un ristoro! Dopo il secondo piatto di minestra, ho uno scossone interiore. Oramai mi conosco: non mi ero ancora cambiato, mi si è ghiacciato il sudore addosso. Congestione. Corro fuori e ributto fuori tutte e due le scodelle di minestrone. Peccato.

Fuori è un freddo che si zizzola. Sono circa le 22:30. Mi cambio e mi vesto il più possibile. Nella stanza la temperatura è tiepida, ma io ho freddo. Mi rannicchio per scaldarmi. Lui va addirittura in cucina. Ci avvertono che tra le 23 e le 24 passerà la navetta per portarci a Bobbio. Ci viene offerto un passaggio da una persona che conosce Lui, ma siccome saremmo stati costretti a dividerci, rifiutiamo e aspettiamo la navetta.

Intanto arrivano un sacco di compagni di viaggio. Qualcuno si ferma per pochi minuti. I più fanno soste medio lunghe, anche di un’ora. Mangiano, si riposano, si cambiano e ripartono.

Chiacchierando, apprendiamo che noi eravamo arrivati lì tra la trentesima e la quarantesima posizione. Dato confermato dal piazzamento finale dei volti noti che avevano fatto il viaggio insieme a noi…ogni tanto avanti, ogni tanto dietro.

Ma la navetta dov’è? Cane delle berve! Sono le 1:00 del mattino, ho freddo, ho sonno e ancora niente. Mi prende l’uggia e mi trovo in una situazione di disagio. La navetta arriva alle 2:15 e partiamo che sono quasi le 3:00. L’autista è indeciso sulla strada. Arriviamo a Bobbio che sono quasi alle 5:00 del mattino. Recuperiamo intanto la borsa destinata all’arrivo. Quelle di Bardi non sono ancora arrivate. Io vado a farmi la doccia, Lui prima fa un pisolo nel dormitorio. Io torno dalla doccia e faccio scambio con lui: io pisolo, lui doccia. Mi telefona alle 7:10. Sono arrivati Alvaro e Tisbe. Ci caricano come due sacchi in macchina e ci riportano a Filattiera a recuperare la mia macchina. Durante il viaggio raccontiamo nei dettagli la nostra avventura. Io sono fiero e soddisfatto di quello che ho fatto. Lui invece comincia a mutare…ma non in farfalla. Alla fine però cosa è che conta? La prestazione? Noooooo. E’ l’aspettativa che ci diamo. Il non raggiungerla ci porta delusione e tristezza. Non darsi un vincolo preciso di tempo o classifica, ma semplicemente impegnarsi a dare il 110%, è sicuramente più redditizio. Si corre mentalmente più liberi e probabilmente si rende D+.

Filattiera, recuperiamo le valige dalla sua nonna. Con la mia macchina, insieme a Tisbe, facciamo ritorno alle nostre case.

Sono un grumo di acido lattico con ossa, ciccia (poca) e capelli (pochisssssssimi). Però sono contentissimo. Altra bellissima avventura da cui ho imparato tante cose nuove.

Grazie di cuore ad Alvaro, Tisbe, Pietro e Luisella per il supporto ed il tempo che ci hanno dedicato.

E grazie de core a Lui…cioè, sono riuscito a non nominarlo mai, vi rendete conto?…a già per gli analfabeti, Lui, sarebbe Pietro Leoncini. Un amicizia che cresce sempre D+.

Abate Gabriele e Abate Pietro vi danno appuntamento alla DXT. Baci

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