Ultra Trail du Mont Blanc, per insomniam ad somnium! di Stefano Bosetti
Parte prima - Da Brescia a la Balme: insonnia, batticuore e un presagio sorprendente
Giovedì 30 alle 15.20 sono in strada verso Aosta, viaggio scorrevole con qualche inevitabile rallentamento nell’attraversare Milano, a un tratto quasi mi commuovo nel vedere la Serra di Ivrea, terra di conquista degli ultimi punti di qualifica, stagliarsi a sinistra e a destra dell’autostrada con in alto a destra il paesino di Andrate, da cui avevo osservato una delle più belle albe in assoluto 😎, il mix della vista con il brano del DJ turco Burak Yeter “Another World” è qualcosa di magico e lo rimetto su un bel po’ di volte, sarà un po’ la colonna sonora di tutta la tre giorni e lo usero’ anche per un breve video in Val Veny e come doping musicale en plein air.
https://www.youtube.com/watch?v=-DrS4coGls4
18.10 sono già all’alberghetto, per cena non ho nessuna voglia di prendere l’auto e di stare troppo in giro per cui ripiego su una famosa catena di pizzerie lì a pochi metri, mai provata tra l’altro, che poco o punto c’entra con la valle…ma le linguine allo scoglio e la
pizza mi lasciano proprio soddisfatto e rientro in camera alle 21, pronto a sorbirmi quello che dovrebbe essere un buon sonnifero e cioè una fiaschetta che fu di una celeberrima grappa di Bassano, riempita nuovamente alla bisogna dell’ottimo liquore Tagliatella del medesimo produttore.
TUM 💓 TUM 💓 TUM 💓 TUM…
Ne faccio fuori subito quasi metà ma, incurante del pur sensibile torpore indotto dalla bevanda, il cuore procede imperterrito nella sua marcia accelerata a 60 bpm che di protrae più o meno dall’1 di notte dello stesso giovedì…i quarti d’ora passano in fretta e per di più la stanza è ancora parecchio calda, per cui alle 22.30 decido di provare a stancarmi facendo in anticipo il lavoretto di divisione definitiva tra la borsa che resterà in auto, quella per la base vita, quella extra da lasciare alla palestra e lo zaino gara.
Niente da fare, proseguo l’assunzione del superalcoolico ma il cuore non demorde, alla mezzanotte la fiaschetta è vuota e provo addirittura una curiosa procedura di addormentamento che prevede di appoggiare la lingua dietro gli incisivi, espirare a bocca aperta, inspirare etc…🙄 …mah!
Purtroppo arrivano le 6.30, orario che avevo impostato sui due cellulari per la sveglia, allora decido di darmi una mossa e mi lavo, poi scendo a far colazione, senza pero’ esagerare come faccio di solito quando sono in vacanza…
Come estremo tentativo risalgo in stanza lasciando detto alla gerente di bussare alla mia camera alle 8.30 nel caso dovessi addormentarmi, pero’ anche questo ultimo tentativo è vano.
Alla stazione parcheggio l’auto e salgo agli stalli degli autobus, noto immediatamente due colleghi d’avventura, Corrado che scopro essere amico di due delle Bestie Barbute che conosco e Cristina già finisher una volta, che avendo già ritirato il pettorale mi farà da preziosa guida verso i punti topici dell’organizzazione.
Anche nel viaggio verso Courmayeur nonché nel tratto verso Chamonix con un altro mezzo niente da fare per il sonno…il tragitto verso il controllo materiali e deposito borse è abbastanza lungo, e l’aria freschetta non lascia presagire nulla di buono per quelle che saranno le condizioni alla partenza.
Attraverso il vascone fitto di negozi, bar, concorrenti e turisti un po’ stranito, invidiando quelli che se la stanno spassando seduti a un tavolo che evidentemente hanno avuto più possibilità di riposarsi.
Per il controllo materiali dovro’ aspettare 50’ durante i quali mi metto sul retro degli stand dell’atrio, dove ci sono alcune brandine e coperte; anche qui non riesco a combinare nulla 😥.
Controllo materiali random che costringe a disfare tutto lo zaino, a metà dello stesso mi accorgo drammaticamente di non avere più ai fianchi il marsupio extra con frontali/batterie/barrette, ovviamente vado subito in fibrillazione ma un solerte volontario mi rassicura da lontano, chiedendomi se è mio quell’affare che è appena finito al reparto oggetti smarriti!
Foto di rito ad uno dei tabelloni e mi reco al deposito borse, anche qui c’è da aspettare, per di più in piedi all’aperto una mezz’oretta, le pratiche sono veloci e la mia borsa extra viene accettata con grande disponibilità.
A questo punto smangiucchio ancora qualche barretta e mi reco di nuovo nell’area brandine, cercando di coprirmi gli occhi con berretto e coperte, ogni tanto esco per controllare il meteo, alla fine per sfogarmi della tensione faccio due parole anche con Moira Guerini forte trailer conterranea…
16.30 è ora di avviarsi verso la piazza, all’ultimo scelgo di coprirmi con Tshirt, Pile non troppo tecnico del Deca e il Kway da 4 € che dovrebbe essere il muletto del guscio costoso, e che invece terro’ addosso quasi tutta la gara.
In Place du Triangle de l’Amitié ritrovo Corrado e facciamo due parole e due selfie su fb,
poi si avvicina la partenza e finalmente vedo sui maxischermi i big, ascoltando per la prima volta dal vivo il mitico Silvano Gadin; prevedibilmente struggente il countdown con una versione leggermente rock con chitarrista dal vivo della classica “Conquest of Paradise”, si parte con i primi trecento metri ammassati, poi si riesce ad iniziare a correre, il cardio dà subito brutti segnali, sui 145 per un ritmo sui 6’, ed inizio a sentirmi molto caldo, probabilmente ho esagerato a coprirmi…a Les Houches mi fermo e tolgo il kway visto che la pioggia è quasi a zero, ma i battiti restano alti…in salita verso Le Delevret muscoli ok ma cuore a mille (155-160)…che succede???? Probabilmente lo stress da mancato sonno sta presentando il conto, io dovrei adeguarmi abbassando il ritmo ma in realtà non posso permettermelo, in questa prima parte da trail collinare fino a la Balme c’è da metter via minuti sui cancelli per cui insisto col fiatone, la salita è bella tosta e in cima, dove c’è qualche ondulazione prima di scendere, come se non bastasse si manifesta un bell’imbarazzo intestinale che mi rende scomodo correre…per fortuna di lì a poco l’oscurità mi permette di alleggerire il disagio senza staccarmi troppo dal sentiero, la discesa verso San Gervais è misto prato, terra e sassi, c’è da stare attenti col fango ma miracolosamente faccio solo due innocue scivolate, dopo la seconda mi controllo il kway e scopro che nel rimettermelo lo avevo indossato alla rovescia 😂, pero’ non perdo tempo a rivoltarlo visto che comunque fa il suo lavoro anche così (lo togliero’ e girero’ solo a Courma).
A San Gervais arrivo in 3h20’ quindi con 40’ sul cancello, non male, mi fermo solo per un bel bicchierone di acqua, proseguo per il tosto mangia e bevi per Les Contamines, sento sempre un grande affanno e sudo copiosamente, so che non potrà durare ancora a lungo con questo impegno ma non ho scelta e tengo duro, al passaggio conservo 41’ e nell’uscire dal paese accade una cosa veramente curiosa, una tipa mi viene incontro e mi parla in inglese, io le racconto del disagio dovuto probabilmente all’insonnia, lei mi consola dicendo più o meno che ho comunque una bella cera, che ce la faro’ e che mi attende al traguardo (!!!)
Il tratto per la Balme inizia con un leggero falsopiano, io per prudenza innesto un bel fitwalking per abbassare il regime, 3 km e pero' attacca la bella salita che culminerà verso l'inizio del tratto di montagna vera...sono un po' pessimista e al ristoro confido nelle provate virtu' del brodino, questa volta in versione francese con dei curiosi spaghettini scotti.
Parte seconda - Spaghetti scotti, Buon Natale!, si schiaccia un pisolino
Al rifugio la Balme cerco di mettermi un po’ calmo, e di ingerire qualcosa di caldo, si profila la prima incursione in alta montagna del giro e quindi è essenziale partire con buon confort, per la prima volta assaggio la mitica pasta corta stracotta in minestra alla francese, due bicchieri, insieme ad un po’ di coca e due barrette, il primo tratto verso i 2000 m è relativamente facile e la fila ancora bella fitta dà grande sicurezza, nel contempo inizio ad avvertire che il cuore si sta “calmando”, non più 150 ma 130-135 con un passo che mi permette talvolta di sorpassare qualcuno, buon segno, anche il fiatone da over 2000 si rivela abbastanza modesto, e in ogni caso molto più gestibile del cuore in gola delle prime 7 ore! 2100…2200…ancora pioggerella fastidiosa ma si marcia lenti come formichine, le rocce iniziano a farsi discretamente tecniche, qualche volta è necessario mettere giù le mani, un paio di volte per prudenza mi fermo qualche secondo a fiatare, alla fine pure il Bonhomme se ne va senza troppi patemi, e la discesa su Chapieux sancirà il primo verdetto di giornata: VALE LA PENA PROSEGUIRE O NO, CON TUTTE LE INCOGNITE LEGATE ALL’INSONNIA 🤔?
Nella discesa l’attenzione alle difficoltà del percorso, un misto abbastanza tosto di sassi, terra pressata e anche qualche canalino scavato con relativo grosso rischio per l ecaviglie, il tutto reso bello scivoloso dalle piogge, contribuisce a farmi dimenticare gli affanni passati e futuri, noto inoltre che riesco più o meno a bilanciare sorpassi fatti e subiti, e alla fine passo a Chapieux ancora con un discreto vantaggio (45’ in entrata e 30’ in uscita) affrontando quindi il tratto più lungo senza ristori con una certa serenità.
Il primo tratto è in asfalto e cerco di fare un buon ritmo sbacchettando, poi si passa su sentiero e man mano perdo vigore, quando la strada si impenna e vedo il serpentone di frontali 3-400 m più in alto mi lascio un po’ prendere dallo sconforto, come se non bastasse becco anche una bella pozza di fango profonda mezzo metro col sinistro, per fortuna il mesh abbastanza denso delle scarpe riesce a non far penetrare il bagnato. Le soste per riprendere fiato si infittiscono, e perdo parecchie posizioni, a un tratto mi sembra di vedere Corrado fermo a lato, lo ritrovero’ più avanti perché nel frattempo, malgrado i problemi di stomaco, avrà la forza di raggiungermi prima del culmine.
Un errore poi di comprensione dei cancelli mi fa inoltre preoccupare, mi sembra di ricordare che il Lac Combal è alle 15 ore, se va avanti così sarà difficile sfangarla, poi pero’ mi fermo e tolgo da un taschino un foglietto scritto a mano, è bello zuppo ma si legge ancora : Lac Combal 16 ore (!!!)…la prospettiva cambia alquanto, anche perché il taglio delle Pyramides Calcaires non è posa cosa.
E così, pur nella nuvola molto umida che diventa poco a poco neve minuscola e radissima, mi avvicino al Col della Seigne con rinnovata fiducia, accogliendo con un “Bon Noel a tout le monde 🎅” i due simpatici uomini del Soccorso proprio alla frontiera virtuale tra Italia e Francia, dove mi faccio fotografare proprio accanto al cippo.
La discesa, fortunatamente tagliata del tratto delle Pyramides Calcaires esattamente come lo scorso anno, è più facile rispetto a quella del Bonhomme e non solo perché ormai è giorno fatto, si riesce a trottare mica male e il cielo che si apre moltiplica le energie, ne approfitto per un paio di foto e per ascoltare qualche canzone en plein air dal cellulare (ancora Burak Yeter, adattassimo ad un fitwalking pompato dai bastoncini, e poi Corrado Rossi).
Sulla sinistra si stagliano i ghiacciai del Bianco e a poco a poco si avvicinano il Rifugio Elisabetta, ancora chiuso, e il Lac Combal con la stradina ormai facile e in leggerissima
discesa…è in questo punto che finalmente chiamo mia moglie e le dico serenamente che la decisione di un eventuale ritiro “da esaurimento” ad Arnouvaz è rimandata alla ripartenza da Courmayeur, il tempo che ho passato “elaborando” l’idea stessa del ritiro mi ha fatto capire che il nostro corpo e la nostra mente al momento giusto sanno tirare fuori energie inaspettate 😎 .
E la mocetta del ristoro dà anch’essa una bella carica, inducendomi ad un bel post su fb pieno di speranza anche per il buon vantaggio sul cancello (1h26’).
Ritrovo ancora Corrado e faccio con lui anche tutta l’ascesa all’Arrete du Mont Favre, dove esito un po’ ma alla fine scollino ancora ben carico per il tratto verso il ristoro di Col Checrouit, dove ci attende un’inaspettata pasta al ragù! Decido di fermarmi lì a mangiare a sufficienza, riservando la sosta a Courmayeur esclusivamente al cambio abiti e al tentativo di dormire, che dovrebbe in teoria, se con esito positivo, rappresentare la svolta decisiva.
Ultimo ostacolo verso la base vita il rognosissimo sentiero a zig-zag nel bosco, pendenze da capre e terra polverosissima, sembra che non piova da mesi lì, mi metto a pensare come possano affrontarlo i big a tutta senza rischiare seri infortuni alla caviglia!
Un volontario alle soglie del palazzetto (ore 11.37, vantaggio di 1h38’) urla il mio numero ad un altro che sfila dalla rastrelliera la mia borsa, io passo ringraziando e la agguanto, chiedendo subito all’interno dove sia possibile cercare di dormire, indi arrivo dietro un tendone dove ci sono materassi da palestra e ne becco uno, mi svesto, cambio la maglietta, tolgo le scarpe e sfilo per sempre il cardio (media globale 129), mangiucchio una barretta e quindi mi dedico al rito della speranza, sono le 11.43 sul mio Nokia Asha 302, riesumato per l’occasione per l’autonomia ben maggiore rispetto ai moderni smartphone, apro la sveglia e imposto le 12.10, poca roba se dovesse riuscire ma in teoria sufficiente per proseguire un pochino meglio riposati per qualche ora………………………………………………………………………………………………………………………………………… nel mezzo succede, o meglio, NON SUCCEDE, …qualcosa………………………… . 😴😴😴 apro gli occhi e sono le 12.08!!!!!!!!!
CE L’HO FATTA!!!
Mi rimetto a ravanare nella borsa cambio per decidere bene con quale maglia calda ripartire, mangio di nuovo barretta e fruttino, raduno la sporcizia che avevo accumulato nella tasche in attesa di poterla buttare in un cestino e riparto alle 12.37 (vantaggio 38’) pieno di fiducia per la prossima tappa verso Arnouvaz, di grande fascino dato che il percorso ricalca parzialmente, ancorché alla rovescia, quello del finale del Tor des Géants.
Parte terza - Aria di Tor, la prova del fuoco, un po' di noia
Nella prima parte in asfalto sono molto su di giril, lo si vede anche dal filmato di Place de L'Ange quando prendo la gradinata prima del tappeto, suscitando l'entusiasmo di un volontario che, riconoscendo la cuffia del CRO, mi insegue per chiedermi di dove sono e come sto, la cosa mi fa molto piacere e mi ricorda con un po' di malinconia le vicissitudini dell'ultima edizione di questa leggendaria gara, che ho avuto l'onore di terminare due anni fa, saltata per problemi organizzativi.
Insisto ancora finché non attacca il sentiero, convinto chissà perché di trovare una frazione "materasso" per lo più su stradina di fondovalle...subito pero' devo ricredermi, il primo tratto nel bosco per il Bertone tira bene e cerco di stare un po' sulle mie, qualche escursionista in discesa dà la giusta carica per tenere botta, poi piano piano il paesaggio si apre, la cosa strana che riscontro è il gran secco del terreno che durerà fin quasi ad Arnouvaz, sembra che l'orografia da queste parti giochi brutti scherzi, facendo scaricare le nuvole per lo più negli altri due paesi...mi dovro' ricredere in parte ma solo nel finale del Ferret.
Finalmente il sentiero si apre ed ecco il Bertone, è la prima volta che mi approccio ad un ristoro con una certa rilassatezza. Minestrina di rito, Coca Cola e si riparte, le ondulazioni si susseguono senza sosta e fanno un po' male, sembra che il corpo, dopo aver tirato fuori il meglio in condizioni davvero difficili, si ribelli all'idea di tirare anche qui dove, vento a parte che si sta facendo sempre più fresco e teso, si può godere di un discreto panorama.
A lato del sentiero inizio a vedere gente assopita, alcuni con l'apposito cartellino "Non disturbare" appuntato sullo zaino, spero solo che non finiscano sul banco di qualche pescheria l'indomani 😁.
L'ultima salitina verso il Bonatti, con vista sul tratto iniziale verso il mitico Malatrà, mi va proprio di traverso, medito quasi di andare nel rifugio a farmi qualcosa di caldo, alla fine pero' ripiego su un po di tè caldo e coca, cazzeggiando forse due minuti di troppo su una panchina...man mano che si avanza Arnouvaz, inizialmente individuata a caso in un certo gruppo di casette, si rivela sempre più lontana del previsto, e quando finalmente si riesce a vedere il tendone a qualche centinaio di metri guardo l'orologio del GPS e toh....sono già le 5.07 e non è certo il caso di scherzare, il cancello non è a rischio ma il cuscinetto di 37' in uscita da Courmayeur verrà in parte consumato.
Nell'avvicinarmi al tendone medito già di fare quello che guarda caso un solerte assistente mi indicherà come obbligatorio, e cioè di infilarsi i pantavento, dentro mi prendo due barrette di scorta e mi fermo appena dopo l'uscita, purtroppo tocca sfilarsi le scarpe e perdere un paio di minuti di troppo, per prudenza infilo anche la combinazione di guanto impermeabile, mi attende una bella impennata di 800 m e non voglio rischiare nulla anche se lo scenario è di certo molto meno fosco rispetto alla neve gelata narrata e immortalata dal mitico Alvin lo scorso anno.
All'inizio della scalata mi piazzo dietro un terzetto dall'accento lombardo-occidentale,
cercando il ritmo ma anche una certa protezione durante l'attraversamento di una nutrita mandria che invade senza pudore il sentiero, poi dopo un quarto d'ora mi sfilo e fiato mezzo minuto, ormai la tattica da over 2000, imparata per istinto durante la 4 luglio '15, scatta automatica e mi rimetto in marcia dietro altri, e così via gestisco l'affanno con una decina di micropause, pian piano il passo si avvicina e la tenda degli assistenti dà proprio l'idea di un'atmosfera polare, ormai anche la micropioggia quasi impalpabile ha smesso ma il freddo resta intenso e non riesco neppure a fermarmi per fare una foto, è meglio riprendere a trotterellare senza indugio, finalmente giunti in terra elvetica, per tornare a quote più basse.
Rivedo ancora Corrado e gli sto dietro mentre riusciamo a rimontare qualche posizione, ad un certo punto si scende sotto il livello delle nuvole e torna in vista qualche albero, tolgo i guanti pesanti, ancora discesa netta ma con frequenti microondulazioni che fanno male, è qui che vado di nuovo in crisi e perdo Corrado definitivamente, proseguo un po' sconsolato ma poi mi rendo conto che forse è meglio mangiare qualcosina, l'effetto (forse anche un po' placebo?) è quasi immediato, tiro un sospiro di sollievo e mi fermo a rimettere la frontale, le pendenze si addolciscono e inizia a vedersi anche un po' di sterrato, insieme a terra pressata e liscissima, che a tratti fa immaginare che ci sia una pozzanghera anche dove non c'è...precisione svizzera o allucinazioni incombenti 😂? E arriva anche il ristoro di la Fouly, altra bella pasta ed inizia la "tappa di trasferimento" verso Champex, all'inizio misto asfalto e sterrato facile, poi pero' ci si infila in un bosco con sulla destra un leggero strapiombo, è chiaro che rispetto al bitume infinito narrato da Alvin qualcosa è cambiato, mi immagino che al di là ci possa essere il lago, pero' soffro un po' a non poter osservare il panorama ed inizio ad annoiarmi, nel frattempo chiamo finalmente mia moglie...e alla fine supero le mie personali colonne d'Ercole a Champex Lac, dopo 30h45' di gara, con ben 1h45' sul cancello.
Da qui in poi tutto può succedere....