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UTLO - Ultra trail del Lago d'Orta 60K

Sto ancora riordinando le idee dopo il turbinio di emozioni di Domenica scorsa. Due giorni interi per riprendermi da una grossa fatica, fisica ma anche mentale, e solo ora sto ricominciando a fare il punto della situazione.

Si parla di una delle gare più belle e frequentate del Nord Italia, l'Ultra Trail del Lago d'Orta ormai è una garanzia in termini di organizzazione e percorsi. L'anno scorso ho fatto la 34, c'è già un resoconto, in una bellissima giornata di Ottobre dove abbiamo corso sempre e solo in maglietta, sotto un bellissimo sole. Quest'anno la gara è iniziata da una settimana prima: previsioni meteo pessime, addirittura allerta arancione. Rischio annullamento. Menomale che pochi giorni prima il meteo ufficiale e sicuro cambia da allerta a pioverà sicuramente ma non in maniera pericolosa. L'organizzazione gara comunica su facebook che la UTLO 2019 si fa, e noi si va. Ovviamente, prosegue la mia maledizione per la quale nel 2019 non riesco a fare una ultra in condizioni meteo decenti.

Quest'anno ho convinto quasi metà dei Survival addetti alle gare a venire a fare il Lago d'Orta. E oltre a loro, un lavoro mirato ai fianchi del Leoncini da parte dello Iannett ha convinto Pietro a dedicarsi a una 60k seriamente dopo mesi di astinenza da Trail.
Il ritrovo è a Pisa, venerdì dopo pranzo. Si va su con la macchina di Gabri, il cui sedile posteriore sarà ribattezzato "il giaciglio del Leoncini". Pronti via, appena entrati in autostrada, il buon Pietro si sdraia, e dorme fino a dopo Genova, e in questo weekend quando non corre o mangia non farà altro che dormire. Nel frattempo io e Gabri parliamo del più e del meno, faccende di squadra che stanno avvenendo, robe abbastanza importanti, lui dorme peso. Poi si incavola perchè non abbiamo fatto il raccordo per superare Genova uscendo dall'autostrada, e dopo che siamo entrati sull'Alessandria - Gravellona, tanto per non saper nè leggere nè scrivere, dormicchia un altro po'. 

Arrivati ad Omegna il tempo è nebbioso, uggioso, umido da far schifo. Non piove, ma le previsioni parlavano di pioggia all'incirca dopo cena. Ci ritroviamo, dopo aver bevuto un birrino fresco e aver visto dalla strada che Sorman era già partito al comando della gara da 140Km (che poi vincerà), all'UTLO village, un agglomerato di stand stupendi dove ritiriamo il pettorale. Ad aspettarci ci sono tutti gli altri selvaggi: Caterina e Ivan, con due amici non della nostra squadra ma che faranno con loro la 34, Ale Tonelli, Luca nonmiricordoilcognome che dormirà con noi e il vicepresidente Carletto Facheris, che tenterà per la prima volta in vita sua 60Km insieme a noi.
Cena a base dell'ormai solito carboload, con sberleffi vari ai vari tizi che fanno i finti celiaci e i vari tizi che fanno i finti astemi, e dopo aver visto la partenza della 100Km, si va a letto. Io, personalmente, con un cuscino che pare più un sacco di patate che un comodo appoggio per dormire, passerò una nottata schifosa. Ma vabbè, sono abituato a dormire male, è l'ultimo dei problemi.

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LA GARA

La sveglia alle 7 suona puntuale. Trovo i compari già intenti a far colazione e, nonostante le solite difficoltà mattutine a ingerire roba, mangio. Ci prepariamo, zaini, decisioni varie sul vestiario: fuori fa freddo e piove poco, opto per maglia a maniche lunghe e gilet antivento; ovviamente, come promesso al presidente, mi metto i pantaloncini Dynafit che mi sono strappato in Apuane quest'estate quando Gabriele tentò di stuprarmi in discesa dalla Pania della Croce eheheh. Diciamo che così per ora sto bene, poi si vedrà. Ci rechiamo alla partenza, dove si iniziano ad accumulare tutti gli atleti che faranno la 60Km. Nonostante non sia ancora la sua ora, Alessandro è venuto a tifare per noi alla partenza, che spirito di squadra cavolo.

Conto alla rovescia dei commentatori delle grandi occasioni, 2km di asfalto con una salitina e poi, entrati in una strettoia sul primo sentiero, si parte per la UTLO.

La prima parte della 60k è uguale precisa alla prima parte della 34k fatta l'anno scorso. La prima salitona è una serie di tornanti su una mulattiera con fondo roccioso dove decido, restando a qualche metro da Gabri che va su più veloce di me, di impostarmi su un passo che mi consenta di andare su bene senza morire in poco tempo, perchè c'è da fare 400m di dislivello in 2km, ed è bene gestire le energie. La scelta di aver imparato ad usare i bastoncini aiuta. Mi supera qualcuno, qualcuno lo supero, tira e molla vari, perdo di vista lo Iannett (ma era preventivato) e arrivo a Quarna sotto. Da Quarna sotto a Quarna sopra (due paesini limitrofi) c'è un pezzetto di bosco, con una prima salita che sarà il preludio di ciò che le piogge della notte hanno creato. Scivoli di fango, ovunque, che saranno il leitmotiv di tutta la gara fino in fondo. E menomale ho i bastoncini: mi aiutano un sacco a tirare su di braccia là dove chi non li ha fatica abbestia a salire, e qua si inizia a vedere la differenza con chi ha deciso di non usarli. Passata Quarna sopra, inizia la salita più lunga e bastarda di tutta la gara: si va sul monte Mazzoccone.

L'anno scorso la salita del Mazzoccone fu un'esperienza spettacolare: il sole di quella bella giornata di ottobre 2018 illuminava la vetta, vennero scattate foto bellissime. Quest'anno, si sale nell'umido, nel disagio, nel fango e nella nebbia. Si vede pochissimo di paesaggio, e le salite di fango inframezzate da scavalcamenti di sassi vari, sono toste. Si sa, è la salita più dura, ma vado su costante. E' il mio ritmo, non un ritmo da pro, rallentato un po' dalla difficoltà del terreno e con uno stop per mettermi l'antipioggia visto l'aumento del vento e dell'acqua inevitabile durante l'ascesa, ed in un buon tempo arrivo alla croce del monte, a 1500m sul livello del mare. Si scende. La discesa verso l'Alpe Camasca, primo ristoro dei 13Km, è un bello scivolo, ma dai noi Livornesi ci facciamo tutta la stagione delle piogge nei motai della Puzzolente, è normale amministrazione.
Alpe Camasca: delirio di gente al ristoro. Fanculo, io salto e prendo solo l'acqua, ciao. Si riparte per il monte Croce, punto più alto della gara.

La salita del monte Croce è tosta, ma è molto più corta di quella fatta prima dell'Alpe Camasca, e soprattutto dopo un primo strappo più ignorante, diventa più dolce. Inizio a superare atleti-zombie della 140km, fino a che, in una nebbia fitta e nell'acqua che sembra aumentare, arrivo in cima pure al Croce. L'arrivo in cima al Croce è il primo gradino che andava superato: in soli 15km alla UTLO si fanno 1900m di dislivello, la parte più lenta e dura della gara è superata, ed ora inizia una lunga discesa sui crinali che mi porterà negli alpeggi in zona Alpe Sacchi.
Tuttavia i crinali oggi sono difficili da correre. O meglio, lo sono per gli inesperti che scelgono di correre sul sentiero devastato dal passaggio di quasi mille atleti. Io mi metto sull'erba, quasi sempre, e supero gente, ovviamente dove possibile, perchè dove tocca stare sul sentiero motoso, si rallenta per forza di cose. Qualcuno ovviamente mi imita, che chi casca prima chi dopo, ogni tanto pure io finisco culo a terra, ma poi migliora diventando meno ripida e si scende bene. Alla fine della prima discesa lunga trovo un ragazzo che zoppica, e siccome è arrivata l'ora del primo pasto serio, mi metto a mangiare camminando un po' con lui. Mi racconta che ha fatto due brutte distorsioni nell'arco di pochi minuti, e non riesce più a correre: sta andando al ristoro del 22Km per ritirarsi. Poi mi guarda le scarpe, minimaliste senza ammortizzazione da 7mm di suola, e mi chiede che robe sono: gli racconto la mia storia ed il fatto che son quasi 3 anni che non uso più gomma sotto ai piedi, mentre mangio, e gli dico che io non faccio una distorsione dal 2017 perchè a correre così ci si spacca i piedi sulle sassaiole ma le distorsioni non puoi fartele; chissà se ci prova. Lo saluto, è arrivata l'ora di ripartire, e dopo un piccolo strappo roccioso e una discesina bella corribile, arrivo all'alpe Sacchi, 22Km.

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Come d'usanza alla UTLO, nonostante la pioggia, non mancano i campanacci dei volontari e anche di qualche bambino più coraggioso che se ne sta sotto ai tendoni. Fa freschino, la discesa mi ha leggermente infreddolito e non c'è particolare casino a questo ristoro. Decido per la prima volta in vita mia di seguire i consigli dei due mentori Gabri e Pietro: mangia roba seria. E io mi faccio un piatto di pasta al brodo caldo. Mi riempie lo stomaco e mi scalda, ringrazio e riparto.
A pochi metri dalla ripartenza, la strada si divide: a sinistra si va alla fine della 34km, le altre gare vanno a destra. Vanno verso un bello strappo di circa 150-200m, che porta all'antennone del Monte Novesso, a 1400m. Su questa salita inizio un po' ad accusare il sonno per via della nottataccia. Ha anche smesso di piovere, mi viene quasi voglia di mettermi da una parte e fare un sonnellino, ma la cosa durerà poco. Dopo la salita c'è una serie di falsi piani in discesa pieni di sassi enormi da scavalcare, e dopo di essi una serie di discese tecniche scivolose che per prima cosa mi risvegliano al volo costringendomi alla concentrazione e per seconda cosa mi spaccano un po' le gambe. 
Passato questo tratto, la discesa si fa più dolce e corribile, ma il terreno è più duro e sassoso. E' uno dei miei punti deboli, la discesa lunga dove devo lavorare tanto di piedi per non spaccarmeli, e l'accuso. Sono circa 6km così, corro eh, per carità, ma non è purtroppo la corsa ideale per me, e rallento parecchio, più che altro mi stanco. Nonostante questo, s'arriva alla base vita di Arola, al 31Km. I vari atleti delle gare lunghe qua hanno un deposito borse dove accedere, cambiarsi ecc ecc, noi no: vado dentro e mangiucchio poco, prendo l'acqua e mi riposo un po'. Devo levare sassi dalle scarpe, perchè mi sono entrati dentro durante la lunga discesa e rompono le scatole, e non è facile farlo con le scarpe putride di fango. Ci sto una decina di minuti e saluto Arola.

Dopo Arola c'è un lungo sentiero in piano/salitina che corro tutto, superando uno straniero del nord Europa che aveva provato a tenere il mio ritmo ma poi aveva mollato perchè probabilmente era già bollito. Questo tratto è bellissimo, perchè scorre in un castagneto fitto, facile da correre, con molti tratti di passaggio su ponticelli su torrenti in piena e cascatelle, una vera gioia per gli occhi, è quasi rilassante. Nonostante questo, mi sono messo su un ritmo più blando, non tiro troppissimo, perchè come sempre a circa 6 ore c'è la piccola crisi da affrontare: lo sento che sono stanchetto, che se forzassi ora potrei pagarla dopo, vado più piano e mi evito di correre un paio di salite dove avrei potuto spingere. E sulla seconda, girandomi indietro, lo vedo: Pietro mi ha ripreso, è a un centinaio di metri dietro di me. Mi fermo a far la pipì e siamo a braccetto. Andando su citando le esclamazioni di mio figlio, mi accorgo che Pietro al momento ha più gamba di me, lo faccio passare e cerco di stargli dietro e anche se si vede che è bello pimpante, al ristoro del 36Km arriviamo praticamente insieme, ma io son dietro. La differenza del risultato, a sto punto, è dovuta solo ai nostri diversi atteggiamenti: io ho già mangiato, sono tranquillo e ricarico solo l'acqua, Pietro opta per una sosta lunga per cambiarsi e mangiare bene e partirà circa un quarto d'ora dopo di me.


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Questo è il momento in cui la mia gara cambia. Non so se è il pepe al culo che mi ha messo il Leoncini, non so perchè mi son ripreso dalla mini crisi, inizio a correre e a tenere un ritmo più alto di prima. Le salite le faccio a passo svelto, in piano ed in discesa nonostante il fango e la pioggia che è ricominciata a cadere più forte di prima, corro sempre. Io vado: supero il bellissimo santuario della Madonna del Sasso, un rendez vous con una bellissima balconata vista lago che nella nebbia è qualcosa di meraviglioso, si vede il lago e l'isolotto di San Giulio, ma non c'è tempo per fare le foto e piove troppo per rischiare il cellulare. Si scende al porticciolo di Pella, e ci toccano un paio di chilometri su asfalto lungo lago, deviazione dal pratino del cimitero e inizia la prima delle due salite più impegnative della seconda parte della gara. Arriveremo fino a 600m di altezza, e dato che Pella è a 200m, fate i vostri conti. Ma non ci sono problemi, passo costante e si va su, la tecnica di Nordic Walking modificata per i N&W Curve imparata in questi mesi con Paolino mi aiuta, la spinta coi bastoncini curvi mi salva tanto sia dalla scivolosità del sentiero pieno di fango che per preservare un lavoro muscolare che altrimenti sarebbe affidato solo ed esclusivamente alle gambe. 
Siamo in dirittura d'arrivo verso l'ultimo ristoro, quello di Grassona, al 45Km. Il problema è che al 45Km il ristoro non c'è, e non c'è neanche al 46, al 47 ed al 48!
La cosa crea un po' di sconforto, ma al 49esimo si arriva finalmente al ristoro. Ho bisogno solo di togliere qualche sasso dalle scarpe, mettermi la frontale in testa (sono le 18, tra poco farà buio) e riprendere l'acqua. Dovrebbero mancare 11Km, ma gli addetti ai lavori ci confermano che, nonostante tutti i partecipanti a cui chiedo siano sui 49-50Km sui loro orologi, mancano ancora 14Km, e inizia ad insinuarsi in me il dubbio che la gara non sia 60Km ma 63. Però questa cosa non mi abbatte, anzi, se devo essere sincero mi sono detto: meglio, perchè il cinghiale a fine Novembre è da 90Km, e se faccio più chilometri è tutto di guadagnato.
Inizia l'ultimo tratto della gara, ci mancano altre due salite da 150-200m ciascuna, e poi sarà solo discesa.

Ovviamente la pioggia si intensifica, io corro tranquillo senza grandi affanni, ma questo è un problema: quando dopo mezz'ora dalla ripartenza inizia a essere necessaria la luce della frontale, l'illuminazione non è ottimale. I raggi della lampada illuminano la pioggia che cade, e non si vede bene il sentiero. Sconforto? No. Siamo tutti sulla stessa barca, come ci vedo male io ci vedranno male anche gli altri. Trotta vai, invece di stare a lamentarti, mi dice la testa. E quindi corro fino a che non mi ritrovo ad affrontare l'ultima salita. La prima parte è su asfalto, ed io me la faccio con due ragazzi: uno farà la 60Km con me ma è sul bollito andante, uno è un disperato della 100Km. Lui mi racconta che è da quasi 24 ore che è sveglio, che ha ancora energie ma è molto stanco, e che sta bestemmiando perchè ha deciso di fare questa gara come sua prima 100 ma non è stata proprio la giornata ideale. Inoltre, non ha mai corso al buio, e di questo sono un po' perplesso perchè, cavolo, lo sai che dovrai correre tanto al buio, fai qualche allenamento prima no? Vabbè, affari suoi. Io lo saluto, al bivio: lui dovrà fare altri 22Km e e 1000D+, io circa 7...o 10, non si sa.

Corro, ed arrivo piano piano al lungo piano che passa di fianco ai laghetti di Nonio. Ora, dopo i laghetti ci si ricollega al giro della 34Km, e io l'ho già fatto. Quando si passa dai Laghetti, nella 34, inizia l'ultima discesa e mancano circa 4Km. Al bivio c'è un'omino che poveraccio, sta lì con impermeabile e torcia e ombrello a dire ai vari tizi che passano dove devono andare, saranno ore che è lì e lo ringrazio tantissimo, perchè stare lì da volontario con tutta la pioggia che scende, di notte, meriterebbe un bacio. Passato quel punto guardo l'orologio: siamo a 56km. Allora cavolo, hanno sbagliato loro al ristoro di Grassona, sono 60Km per davvero!
Questa consapevolezza e una discesa che conosco e che, nonostante il fango, so correre bene, mi manda in berserkr. Per chi non lo sapesse, i Berserkr erano feroci guerrieri scandinavi che prima della battaglia entravano in uno stato mentale di furia, detto berserksgangr, che li rendeva particolarmente feroci e insensibili al dolore. Io d'improvviso ho smesso di sentire la fatica e ho iniziato a pestare in discesa. La gente era in difficoltà, camminava, ed io li superavo. Andavo giù come un forsennato, ero esaltatissimo, non so dire perchè ma mi sentivo in grado di spaccare il mondo, e ogni birillo saltato era un pretesto per esaltare questo mio stato di forma, la testa ripeteva dai dai spingi vai a finire sta gara in meno di 11 ore, ce la farai alla grande. 
Finita la discesa, un falsopiano in sentiero e si spunta sul lungo lago. Non c'è più niente, non più difficoltà, non c'è più buio, ci sono i lampioni e spengo la frontale. Bisogna correre, correre soltanto fino all'arrivo. Non c'è il solito casino dell'anno scorso, ma c'è Alessandro ancora una volta che attende, e mi urla per incitarmi. Io lo vedo, sorrido, e alzo i bastoncini al cielo in una vera e propria esultanza.


E' fatta, è finita, anche questa 60Km è sconfitta!
Mi vado a scolare una birra allo stand Menabrea. Trovo Gabri in casa, Pietro arriva un quarto d'ora dopo e Carlo e Luca finiranno in 13 ore.

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Che dire?

Volevo finire in circa 9-10 ore, ho finito in 10h 49min. Voi direte: hai fatto schifo. Io dico no. Abbiamo corso per quasi 11 ore sotto alla pioggia, più o meno incessante, e le ultime ore di gara sono state sotto al diluvio. Le condizioni del terreno erano pessime, sono caduto più volte e spesso in discesa ho dovuto fare affidamento all'appoggio sui bastoncini per avere più stabilità. A volte ho dovuto fare derapate su sentieri assolutamente impossibili da correre, tutti a parte Sorman che è disumano sono stati costretti a rallentare. Non si devono fare le gare sugli altri, ma sono contento di aver saputo che pure Gabriele ha avuto difficoltà, e alla fine dopo il distacco di due ore dell'Ultra trail del Mugello, alla UTLO sono arrivato solo un'ora dopo, e questo è per me un ottimo risultato. Mi alleno per provare anche solo a star dietro a un corridore esperto come lui, ho ascoltato i suoi consigli anche per gli allenamenti estivi e li ho messi a frutto, finendo una gara molto difficile con le gambe ancora in grado di correre anche dopo l'arrivo: la 60Km era ed è stato un ottimo allenamento per il Trail del Cinghiale, e averla conclusa con ancora benzina mi fa ben sperare.

La gestione psicologica della gara però è quella che mi ha reso più contento. Essere recuperato da Pietro a più di metà gara era una cosa che avrebbe potuto abbattermi psicologicamente, e devo dire che un po' mi ha fatto pensare la cosa. Ma non l'ho presa con rancore, anzi, mi sono detto: oh, lui è più esperto, si sa gestire meglio ed è normale che ti possa arrivare avanti perchè di gare così ne ha fatte una marea e tu sei un pivellino, però sei più allenato, ti sei fatto il megaculo quest'estate e quindi devi fare tutto quello che puoi per finire bene. Non mi sarei sentito in colpa se fosse arrivato prima di me, sarebbe stato più bravo, e questo modo positivo di affrontare il problema è stato secondo me molto importante. Alla fine poi, se penso che è stato fermo 15min al ristoro ed è arrivato 15min dopo di me, ho solo gestito il vantaggio e la prestazione è equivalente, ma mi sarei potuto abbattere, potevo non essere in grado di gestire un vantaggio, invece l'ho fatto. 15min su 60km non sono nulla, ma è la lezione impartita quella che conta. Sono contentissimo di aver ricevuto una lezione da un corridore che stimo e che ho sempre reputato un punto di riferimento da raggiungere, perchè ancora il Leoncini ha tanto tanto da insegnarmi ed è stato un onore avercelo incollato alle chiappe a mettermi pressione. Grazie davvero amico mio..

UTLO io ti amo, sei una delle mie gare preferite, e tornerò ad Omegna. E' una promessa.

 

PS: finita la gara e dopo cena Pietro è caduto in un sonno profondo ed ha dormito tipo 10 ore. La mattina dopo, ha ridormito per gran parte del viaggio di ritorno. Pietro è narcolettico, ormai è una diagnosi certa.

Tags: Trail, ageno

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