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Classic Poggiata di Andrea Pelleriti

Un bel giretto sulle colline intorno alla zona denominata Bagnetti della Puzzolente (LI), perchè un tempo c'erano le terme di acque sulfuree di cui oggi è rimasto solo la costruzione in disuso e pericolante e odore di zolfo vicino ai corsi d'acuq che si incrociano.

Abbiamo corso circa 15 Km con un  d+ 600, capitanati dal mitico 🐺 Age che conosce bene la zona.

Quindi, parcheggiato davanti le vecchie terme, ci siamo incamminati, con corsetta leggera, iniziando un bel percorso Trail non troppo difficile col quale siamo saliti sul monte La Poggia per poi scendere a villa Cristina e tornare indietro dai single track del poggio la Fontaccia🌳.

Prima volta, per me, in questi boschi di cui sono rimasto affascinato e soddisfatto per il giro fatto. Boschi in cui ho trovato tanto fango e verde ma anche qualche salita ripida che ho fatto camminando pensando se un riuscirò mai a farle correndo, tra cui la “Little Sheep” di cui avevo sentito parlare (300 m. d+ 80) con cui ci siamo arrampicati sul Poggio la Fontaccia…

E' stata anche l'occasione per imparare un pò di cose ... ad esempio che nella caccia al cinghiale 🐗 🐗, i cacciatori sono orientati e dovrebbero sparare in una direzione, quella della battutta, per cui se si incrociano le "sentinelle", facendosi dire la direzione di caccia, è possibile continuare a correre mantenendosi alle spalle della battuta.

E' stata l'occasione per toccare con mano le vie di corsa dei cinghiali, le famose cinghialaie e così calpestare la diversa consistenza del terreno che si ha dopo il loro passaggio.
È stato un bel trail entusiasmante, sempre piacevole correre e …. farsi aspettare dagli amici, ora compagni di squadra, e capire che in un trail non è importante "ammazzarsi" in salita ma anzi forse meglio meglio mantenere un passo sostenuto piuttosto che correre per poi recuperare in discesa.

Insomma, un bel giro, posti nuovi e esperienza che entra !

Ma il momento più bello, il ristoro post corsa, ed il reintegro sali con delle belle birrette fresche !

 

 

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Monte Faeta trail di Andrea Pelleriti

Cima Monte Faeta

Il mio terzo trail, per festeggiare l’ultimo giorno dell’anno del 2019 è stato la salita al Faeta “diretta” partendo da Asciano (PI) con il percorso dalla chiesa, Mirteto, Conserva e su fino alla cima. La discesa dal sentiero Lavinia e dall’acquedotto entrambi con tratti ripidi e scivolosi ma molto panoramici.

Pellerun sulla cima del monte Faeta, 860 m.

Ritrovo al parcheggio di Asciano con amici di vecchia data e nuovi, compagni di viaggio con cui il percorso diventa ancora più piacevole.

Da Asciano saliamo alla chiesa da qui proseguiamo per via martiri della liberazione su strada asfaltata, che di li a poco inizierà a salire, per arrivare ad una sbarra da dove lasciamo l’asfalto. Iniziamo a salire, il terreno si presenta non regolare con sassi, radici e con una certa pendenza, è un sentiero battuto e facilmente seguibile; dopo un po’ si arriva a un sentiero lastricato con degli scalini in pietra e ai ruderi del “paese” di Mirteto.

Splendida foto che riassume tutta la goliardia del gruppo

Proseguiamo costeggiando la chiesa e tenendocela sulla sinistra la oltrepassiamo sul fondo della stessa. Anche qui il sentiero ha una discreta pendenza soprattutto nella parte finale con cui si arriva al passo della conserva.

Qui inizia l’ultima parte della salita, nel primo tratto quasi pianeggiante, costeggiando una rete di recinzione; poi la pendenza della salita aumenta notevolmente, ed il sentiero diventa più difficile anche per i solchi scavati dall’acqua. Dopo un po’ si raggiunge una strada sterrata, dove si può scegliere se proseguire su quella o continuare sul sentiero. Noi abbiamo proseguito sul sentiro e dopo pochi metri siamo in vetta del monte Faeta dove siamo ripagati di tutte le nostre fatiche, godendo i un panorama stupendo le isole (Elba, Gorgona), la costa (Livorno fino al golfo di la Spezia), Pisa (si vede molto bene l’aeroporto, l’Arno, Marina di Pisa), mentre il versante lucchese è coperto dalla vegetazione, ma si vede il lago di Massaciuccoli con tutti i suoi canali. Per il rientro abbiamo fatto, come detto, il sentiero Lavinia e dall’acquedotto.

Cima Faeta, versante lucchese

 

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Canyon di Calignaia (LI) di Andrea Pelleriti

Fantastico new year eve trail, ospite dei Survaival, 10k, d+400 nel kanyon della Calignaia fino a Calafuria per risalire la via del telegrafo, la giostra e lo tsunami (salita impegnativa in cui ci si aiuta con le corde) guidati da Riccardo e Alberto. Tanta roba 😀
Mi sto forse trasformando da #pellerun a #pelletrail ?
Bho, non lo so, difficile dirlo, una cosa è certa… mi diverto come un bambino e cerco di imparare a correre nei sentieri, spesso sconnessi e, soprattutto, in discesa dove ancora ho molto da imparare …

Avanti con i vostri suggerimenti!

 

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Giocando sulle Tracce dell'Ultrapuanica di Gabriele Ianett

Giocando sulle tracce dell’Ultrapuanica

Era nell’aria. C’era già stata qualche avvisaglia mascherata in deboli progetti e frasi del tipo “prossimo fine settimana vado a fare l’Ultrapuanica in solitaria”. Ragazzate. Poche settimane dopo però questo desiderio  diventa progetto reale. E ormai lo si capisce subito quando c’è la voglia di mettere in pratica. Pochi messaggi ed è già tutto programmato.

L’Ultrapuanica è un progetto. È più di una bozzetto, ma non ancora un quadro finito.

Non è nostro, però l’abbiamo adottato. Lo coccoliamo, lo culliamo, ci giochiamo. In fin dei conti siamo le uniche due persone ad averla fatta integralmente tutta in una volta.

Arriva la proposta, serafica, contenente una variazione rispetto all’originale. “…facciamo il 7 a salire fino a Foce di Valli, poi andiamo all’Uomo delle Nevi, Cresta Est della Pania, Del Freo e 125…così facciamo un 8”. Mi piace, molto. Accetto subito, ovvio. E poi come si fa a dinni di no.

Provo a proporre una partenza notturna, sapendo però che a lui non piace correre la notte. Ma l’amore fa miracoli si sa, e quindi accetta. La notte correremo poco. Accordo fatto.

Dobbiamo calcolare di arrivare alla Cresta Est con le prime luci dell’alba perché quella al buio non si fa. Decidiamo di partire alle 23:00 da Camaiore. Manca soltanto da definire il numero di birre da portare.

Alle 22:00 sono sotto casa sua. È cari’o a pallettoni. Forse non ha ancora realizzato cosa stiamo andando a combinare. Ma a noi?...

La serata parte alla grande. Camaiore dista da Pisa circa 40Km. Strada ormai nota, o forse no…riusciamo a perderci per ben due volte, rischiando pure di ritrovarci in autostrada. Solo nel momento in cui ci vediamo spersi in mezzo ai campi, in strada a fondo chiuso, decidiamo di affidarci al navigatore per scongiurare il rischio di girare in macchina tutta la notte, alla ricerca del nirvana.

Finalmente arriviamo al parcheggio del cimitero, il nostro “originale” punto di partenza. Sbagliamo pure l’ingresso al parcheggio, ma con un pò di estro riusciamo ad entrare e parcheggiare. Siamo in serata…e non abbiamo ancora bevuto!

Nonostante tutto, siamo nei tempi. Ci prepariamo con dovuta perizia, doto la mia camelbag di the caldo, selfino e alle 22:55 partiamo. 

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È buio (bella scoperta), è umido e fa freschino. Il piumino smanicato è essenziale. Corricchiamo i primi due chilometri, tanto per scaldarci, poi la strada inizia a salire e sfumiamo la corsa in camminata. Abbiamo la traccia della volta precedente caricata sul cellulare, e in questa prima parte servirà per rinverdire alcuni passaggi.

Ma non basterà! Dopo una ventina di minuti canniamo un bivio. Risolviamo scendendo per un altro sentiero parallelo ma un po' più “rovoso”.

Prima tappa, Candalla. Zona nota agli arrampicatori e a chi in estate ama fare il bagno sotto ad una bellissima cascata. Il tempo di fare due foto e ripartiamo…anzi riparto, perché lui manco si ferma, il solito insensibile alle bellezze della natura. Gli piaccio solo io, o allora?

Saliamo senza indugio fino a Casoli, il paese famoso per i murales. Impieghiamo poco più di un’ora. Nell’ultimo tratto di salita mi concedo una riflessione profonda… “unico paese che troviamo in tutto il giro…il prossimo che incontreremo sarà sempre questo ma al ritorno. Da qui in poi solo sentieri e qualche rifugio…”. Attraversiamo Casoli senza incontrare anima viva. Altra piccola riflessione, questa volta sul disagio che vivono questi paesi e sul progressivo abbandono che stanno subendo. Velo di tristezza, but the show must go on.

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Adesso inizia un bel sentiero che ci porterà fino a Foce di San Rocchino, punto in cui termina il primo tratto di salita. Il sentiero è bello e si sale bene, quindi gli perdoniamo quei frammenti bitumosi che ci costringe a percorrere. Arriviamo alla chiesina di San Rocchino in due ore precise. Pietro entra diretto nella stanza adiacente la chiesina e senza indugio ordina: “facciamo una sosta e mangiamo”. In effetti lì dentro siamo al riparo dal freddo e dall’umido. Ci sediamo sulla panchina e ci prepariamo un lauto banchetto con tigelle, formaggi, frutta secca e merendine. Non ci facciamo mancare assolutamente niente. Siamo viziati. Questa sosta ristoratrice ci piace così tanto che ci imponiamo di ripeterla ogni due ore. Siamo lì per divertirci e stare bene dentro al nostro disagio.

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Ripartiamo imboccando il 121. Inizia adesso un lungo tratto di sentiero corribile, tutto in saliscendi. Arrivati a Foce di Grattaculo proseguiamo sul 121 scivolando sotto il versante Est del Monte Matanna. Siamo nel bosco, troviamo diversi alberi caduti che intralciano il passaggio. La neve scioltasi pochi giorni prima, rende il fondo umido, quasi fangoso ed in certi tratti leggermente scivoloso. I corsi d’acqua cantano la loro bellissima musica. Contesto ideale per trovare Bodde (rospi) e l’immancabile e bellissima Salamandra Pezzata.

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Scivoliamo via lesti fino al Rifugio Forte dei Marmi, tappa obbligata per il rifornimento idrico. Sono trascorse 3 ore precise. Ancora un’ora ci separa dal prossimo banchetto.

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Proseguiamo girando intorno al Procinto ed alle sue Bimbe per andare ad imboccare il 124. Correre nel buio, focalizzati soltanto su quella piccola zona luminosa che ci concede la luce frontale, rende l’atmosfera molto più intima. Non in quel senso…

Troviamo una fonte d’acqua naturale allo scadere delle 4 ore. Perfetta per la seconda sosta. Il banchetto si ripete. Ripartiamo e dopo poco ci imbattiamo in alcuni vecchi ruderi, che conservano ancora un gran fascino, per poi percorrere diversi ponticelli in legno caratteristici di questo tratto.

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Scivoliamo sotto al Monte Forato, fino a raggiungere Collemezzana. Sono le 4.00 del mattino. Lì finisce la pacchia. Su una piccola freccia in legno, colorata di bianco e rosso, è segnato un numero: il 7. Inizia la nostra variante alla traccia ufficiale, inizia la salita vera. Il primo tratto è ancora nel bosco, ma presto, la presenza di faggi ci indica che stiamo per uscire dalla zona “alberata”.

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Siamo al crepuscolo, quel limbo che separa l’oscurità della notte dalle luci del mattino, fatto di ombre sbiadite e colori appena accennati.

L’aria è umida, si sale molto, in certi tratti si va su dritto per dritto sulla roccia. Si suda tanto. Non è semplice mantenersi sul sentiero.

In uno dei nostri picchi di disagio da stanchezza Lui inizia a stilare la sua solita lista di posizioni kamasutriche alle quali avrebbe rinunciato per esser venuto li. Io prontamente gli ricordo della sua indole omosessuale. Lui si cheta e torna sereno. Ormai è un protocollo testato.

Guardo l’altimetro, siamo oltre 1100m s.l.m. e dobbiamo arrivare a 1260m s.l.m.. Non manca molto. Lo testimonia anche il repentino cambiamento di aria. Ovviamente arriva quello che in quel momento proprio non ci voleva: il vento.

Raggiungiamo Foce di Valli che il sole non ha ancora fatto capolino dalle vette degli appennini, però c’è buona visibilità.  Ma purtroppo anche un brutto vento. È forte, teso ed anche se proviene da Sud, lo percepiamo come freddo. Guardiamo la Pania, lei guarda noi. Ci sono delle brutte nuvole in alto. È il momento delle riflessioni, quelle serie. E qui non si scherza. Fare la Cresta Est della Pania con questo vento e quelle brutte nuvole in cielo non ci piace. Non ci sembra prudente. Siamo lì per divertirci e non vogliamo rischiare. Le Apuane sono già pericolose in condizioni buone, figuriamoci così. Decidiamo per un cambio di programma. Accorciamo, andando subito verso il Monte Forato. Se ne avremo voglia, aggiungeremo il Monte Prana nella parte finale. Accordo unanime.

Ripartiamo lesti, buttandoci sulla Costa Pulita, tanto bella quanto fastidiosa da correre per le pietre che fanno da inciampo. Arriviamo al Monte Forato puntuali per l’alba. E qui siamo fortunati. Provo a spiegarvi. Il sole sorge da Est, e fin qui ci siamo. Ad Est del Monte Forato abbiamo la catena degli Appennini, quindi deve sbucare da lì dietro. Di poco sopra alle vette degli appennini c’è una fitta coltre di nubi. Ma è quel “di poco sopra” che fa la differenza. In quella forbice di tempo in cui il sole viene a trovarsi nello quello spazio che separa le vette appenniniche dall’orizzonte delle nubi, assistiamo a dei giochi di luci e colori semplicemente spettacolari. Pietro si rilassa talmente tanto che praticamente si addormenta. Io mi sbizzarrisco a fare foto. Estasi. Già questo ripaga dei sacrifici fatti per essere arrivati fino a qua. Non esistono né un’alba né un tramonto uguale ad un altro. Questo è il nostro regalo.

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Appena il sole scompare dietro all’orizzonte di nuvole, decidiamo di rimetterci in cammino. Prossimo obiettivo Monte Croce. Scendiamo, correndo, verso Foce di Petrosciana e proseguiamo con quel lesto incedere financo a Foce delle Porchette. Qui prendiamo il Sentiero 108 in direzione Monte Croce. Poco prima di raggiungere Foce del Pallino, in una località chiamata “Le Scalette”, ci troviamo a salire una piccola gola di indescrivibile bellezza. Al suo interno scorre un piccolo torrente che complici le nevicate della settimana precedente, è particolarmente ricco di acqua. Scende a balze, formando tante piccole cascatelle che terminano in altrettante piccole polle di acqua, incredibilmente  trasparenti. Mi soffermo a fare foto e qualche filmato. Mi rimetto in marcia all’inseguimento del mai domo Leoncini. Lui ormai ha messo nel mirino il panino & birra del Rifugio Alto Matanna. E chi lo ferma più? …Ma è ancora lunga.

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Iniziamo a salire il Monte Croce. Un luogo noto per la meravigliosa fioritura delle giunchiglie. Lo potrebbero chiamare Monte Giunchiglia, visto che sulla sua superficie crescono soltanto paleo e giunchiglie. E proprio adesso sono in fiore. Una meraviglia che tutti dovrebbero venire a veder almeno una volta. Documento il tutto con foto e filmati. Non sia mai. Lui arriva in vetta poco prima di me, accarezza la croce e si mette seduto nel versante riparato dal vento, che anche qua soffia molto forte. La situazione è ideale per consumare un altro lauto banchetto ma non facciamo in tempo ad aprire gli zaini che lui si accorge di avere i pantaloni pieni di zecche…io invece le gambe. Ci alziamo di scatto e iniziamo velocemente la discesa. Mi fermo a guardare le mie gambe e sono piene di zecche. Confido nel fatto che si perdano tra i peli e non riescano a trovare la pelle. Purtroppo, quattro di loro ce la faranno. Bastarde. Ovviamente da quel momento in poi inizierò ad avvertire prurito ovunque. Fetido inconscio.

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Passiamo Foce del Termine e poco dopo troviamo il punto acqua che la volta precedente ci aveva salvato la vita. Rabbocchiamo le borracce e ripartiamo. Ancora un breve tratto di discesa su sentiero ed arriviamo al tanto odiato bitume. Alcuni Km di asfalto ci separano dall’inizio del Sentiero 3 che ci porterà fino al panino & birra del Rifugio Alto Matanna. Ma quel tratto di bitume proprio non ci piace e stiamo già progettando di rimuoverlo. Il 3, invece, c’è e si sente. È il classico sentiero che sottovaluti, forse perché la mente è già seduta al Rifugio, ma lui è fetido. Non è corto e sale. Si fa sentire eccome. Si sente, sì sì. Saliamo ognuno del proprio passo.

La salivazione aumenta sempre più ad ogni passo. Arriviamo al Rifugio, sembra chiuso, un brivido freddo ci scorre lungo la schiena. L’impatto sul morale sarebbe fatale. Invece è solo una brutta illusione: è Aperto! Entriamo sudati ed un po' infreddoliti. Ordiniamo due panini crudo e pecorino e due Moretti da 66cl. Lo scopo di questo viaggio. Ci rilassiamo. C’è della stanchezza. Io faccio il cambio maglie, ma il freddo non passa. Consumiamo il nostro meritato premio e ci rimettiamo in cammino per l’ultima salita impegnativa del giro. 

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Callare del Matanna e Vetta del Matanna. Oltre al vento stanno arrivando anche le nuvole. Faccio due foto mentre aspetto che rientri Piter e ripartiamo subito.

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Nel tratto di discesa verso Foce del Pallone facciamo la conoscenza di due simpatiche mucche che al solito ci guardano stranite. Come darle torto?

Arrivati a Foce del Termine imbocchiamo il sentiero che ci porterà nuovamente a Casoli. Tutto sentiero di bosco. Per il Prana ci sarà tempo un’altra volta. Attraversiamo un torrente ricco di acqua che mi colpisce per la bellezza di alcuni suoi tratti. Mi fermo a fare foto, financo ad arrischiarmi fin troppo sul ciglio di un dirupo, ma non ho resistito…

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Pietro mi precede di 5 minuti, quindi riprendo di buon passo, fino a che non lo trovo seduto ad aspettarmi. Arriviamo insieme a Casoli, attraversiamo il paese e ci ributtiamo giù verso Candalla. Mi prende uno sturbo mentale e mi butto giù a palla. Perché? Non lo so, mi andava. Scendendo l’aria cambia e di molto. Fa caldo e umido. Arrivo a Candalla, dove vorrei fare foto e riprese che la sera prima non avevo potuto fare a causa del buio, ma c’è una coppia di piccioncini che disturba il mio soggetto. Mi trasformo in elemento di disturbo. I piccioncini volano via ed io finalmente posso fare le mie foto e riprese. Arriva Pietro che transita e prosegue senza batter ciglio. Prima di riprendere mi alleggerisco di qualche indumento.

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Riparto, le gambe girano bene. Recupero Pietro sull’ultima salitella della giornata. Un ultimo sforzo e fagocitiamo anche quella. Adesso è solo discesa fino al cimitero. Sul volto di Piter sboccia un sorriso: il disagio, lo sforzo, i sacrifici che di colpo diventano soddisfazione e autostima.

Lungo tutto l’ultimo tratto parliamo di una cosa sola: delle birre che ci stanno aspettando in macchina.

Ultimi Km di bitume, questi sì graditi, e siamo nuovamente al parcheggio del cimitero. Finalmente possiamo brindare alla fine di questo nostro ennesimo viaggio. Un litro di birra a testa serve a corroborare più lo spirito che il corpo. Siamo stanchi ma soddisfatti e dopo pochi minuti siamo già a parlare delle prossime modifiche all’Ultrapuanica. Un progetto, più di un bozzetto ma non ancora un quadro finito. Ultrapuanica vive.

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Next Time..

 

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Quadrifoglio della morte di Salvatore

quadrifdellamorteIl quadrifoglio della morte

Alla fine della catena dei monti pisani proprio al confine con lucca cè un piccolo monte chiamato Monte Penna, è stato il primo luogo fuori livorno che ho visitato, mi preparavo per il trail del Penna e visto che non e’ lontanissimo, l anno scorso ho iniziato a conoscerlo e devo dire che mi è piaciuto molto ci sono sentieroni molto corribili e pettate rocciose spaccagambe,avendolo fatto un po in tutte le salse  ,creo  un quadrifoglio passando per le salite piu complicate e cercando di metterci il piu dislivello possibile in meno km possibili. Cosi dopo tutte le rivisitazioni fatte con riccardo per evitare sentieri crollati e cancelli di ville, viene fuori questo quadrifoglio di 29 km d+2150 (chiamato amichevolmente QUADRIFIGLIO DELA MORTE.

La prima volta lo provai in solitaria a fine anno,mi resi conto che aveva una difficolta ... una salita molto particolare ed impegantiva (la cresta partendo dalla fine della via dei bovi) vista la difficolta decido che resta un giro per pochi …finchè una domenica di marzo nn ci ritroviamo in 5 e assieme a Riccardo decidiamo che è il giorno perfetto …

È domenica partiamo da Livorno io Riccardo Paolo Alessio e Francesco…..

Alessio ci sta maledicendo avendo scelto il Penna al posto di Calignaia, comunque partiamo dopo un rapido caffe che ci fa riprendere dai bagordi del sabato sera.

Arriviamo a Santa Maria del Giudice (LU) alle 7.45….. siamo solo noi….e il tipo che apre il cimitero…..abbiamo lasciato i 10 gradi di temperatura di livorno per i due gradi della campagna lucchese, la mia indole da terrone mi fa coprire a modo….Francesco mi guarda e ride..terrone maledetto mi dice…Alessio se avrebbe una spranga mi piccherebbe a sangue…Riccardo è “eccitato”(sta guardando dove dobbiamo arrivare)io e Paolo ci guardiamo e facciamo il conto delle birre che ci attendono al terzo tempo…..chiudiamo tutto e si parte .

Il primo sentiero che prendiamo è il 116, un grosso sasso nasconde il sentiero che attraversa il Monte Cotrozzi, completamente nel verde dopo un po questo verde si apre e mostra il moriglione con la sua croce …cambia il fondo e passiamo dalla terra ai sassi , anche se il sentiero che stiamo percorrendo passa sotto al moriglione e ti porta su, la pendenza e la difficoltà del fondo si fanno sentire…mi fermo perche sto scoppiando dal caldo, mi levo l antivento e il collare e li metto nello zaino, Riccardo e Paolo salgono inesorabili ,Alessio e Francesco a seguire, …. Prendo lo zaino e riparto, li raggiungo stiamo salendo verso il muriglione al bivio invece di prendere il sentiero di destra giriamo a sinistra e prendiamo un sentiero che ci porta sull ‘Aguzzo , percorriamo lo 00 fino alla deviazione per la Degna, uno dei punti che piu mi garbano,e parte una sfida a 5 sulla pista di downhill attrezzata ad arte per le MTB, stiamo scendendo agili tutti e 5 e proprio sul piu bello quando ci stiamo prendendo gusto finisce il ruzzino e ci ritroviamo sul bitume alle porte di Molina di Quosa, facciamo un pezzetto della provinciale e rientriamo subito nella stradina che ci permette di imboccare il sentiero 109 passando in mezzo ad una foresta di bambu’ e poi prendendo una deviazione sbuchiamo ai 4 venti. Primo petalo fatto ….

Da 4venti prendiamo lo 00 e tramite la variante prendiamo il sentiero 106 che porta a castel passerino, i discorsi sull ecosessualita tra me Paolo e Alessio si fondono con la storia di Castel Passerino che Riccardo narra non so a chi…….un mozzicone di torre sperduto nel bosco…Riccardo racconta quello che aveva letto sul castello e noi tutti a turno a dire cazzate e a ricordarci che ci attendono un fottio di lattine di birra….cmq il verde e gli ampi spazi ci portano ad aumentare il ritmo ….stiamo andando spediti,e in me che non si dica salta fuori il mozzicone di torre e ovviamente foto di gruppo ,usciamo dal 106 per prendere un sentiero nuovo che ci portera’ sull’ Orma, era una deviazione per caricare un po’ dislivello l unico sentiero che non conosciamo, e proprio per questo ci castiga a morte.

Lo prendiamo e dopo poche centinania di metri il sentiero svanisce ,alberi crollati e terra smossa ,tutto crollato e sfatto e perdiamo un po di tempo tra bestemmie e sfotto’, in una sorte di OCR “ecosessuale” tra tronchi e rovi ,dopo mille peripezie riusciamo a sbucare sul sentiero principale , ci ricompattiamo e iniziamo ad andare in direzione 4 venti, passato il monte Orma riprendiamo un ritmo piu agile e in meno di venti minuti ci ritroviamo nei pressi dei quattro venti , fine secondo petalo

Da li il 110 che ci porta al rifornimento idrico a Gattaiola, breve pausa ci rifocilliamo e ricarichiamo l acqua, carichi piu che mai iniziamo a tornare ai 4 venti arrivati li completiamo il terzo petalo.

Inizia cosi il 24 esimo chilometro da quattro venti ai piedi della cresta attraverso la via dei bovi, sentiero molto bello si respira proprio l aria di bosco fitto, inizia una sorte di gara con il presidente che rincorre Riccardo Alessio subito attaccato e io Francesco a Cazzeggiare dietro ma non troppo parlando di bandellette e ginocchia…..tronchi muschiosi e fitta vegetazione ,sentieri morbidi ,sali e scendi che attraversano la boscaglia ci stanno facendo giocare come bimbi al luna park, a un certo punto spariscono i primi tre dietro una curvettina e il fondo cambia rapidamente li raggiungiamo, seguiamo quello che dovrebbe essere il sentiero ma un certo punto sbagliamo, la totale assenza di segni e vie impraticabili ce ne fanno rendere conto.

Controlliamo i gps ….ed in effetti dovevamo svoltare un po prima,si torna indietro e finalmente troviamo uno dei sassi segnati in maniera molto sbiadita, ma è lui e ci indica la via , iniziamo cosi a salire sulla cresta, il sentiero in realta e’ terreno roccioso e appuntito contornato di sterpaglia e asparagi che sbucano fuori tra un sassone e l atro,poco piu di un km ci separa dalla vetta del penna , una distanza che racchiude pero’ + o - 400 di d+, e allora tutti in quadrupedia a salire sto crestone, le bestemmie si sprecano , prima di arrivare alla croce di legno un letto di pietre ci attende , ci fermiamo  posiamo un sasso su questo lettone e ci ricompattiamo , siamo arrivati bolliti e sta salita spacca gambe sotto al sole cosi ci sta dando il colpo di grazia,diamo fondo all acqua e alle ultime barrette, francesco mi sta odiando e entrato in modalita “maledetto terrone” ….cmq arriviamo alla prima croce quella di legno ,la difficolta si abbassa un pochino e passeggiamo godendoci il panorama fino al muriglione, 2 minuti di relax ,gi godiamo la vista dei monti pisani e tiriamo un attimo di respiro ci stendiamo come anime in spiaggia e dopo questa breve pausa , tutto sembra piu chiaro e limpido fine del quarto petalo.

dalla croce sul muriglione Iniziamo a scendere verso il 116 la discesa qui e piu complicata della salita ma il pensiero delle birre ci guida giu , scendiamo da quella discesona ripida e sassosa bolliti  e sfatti , rientriamo nel polmone verde del cotrozzi ancora corricchiamo attraversandolo rapidamente, , eccolo l asfalto , ultima sferzata di energia ed eccole le macchine…….finalmente.

La sera prima c era stato il compleanno del mio figliolo, quindi pizzette, sfoglie, schiacciata ripiena e altri troiai pieni di carboidrati da party e birra a sfare …..tutto chiuso li in un bagagliaio…

……cmq stremati all osso e con le nostre ultime forze apriamo e diamo inizio al terzo tempo!

Una bella impresa impegnativa ma soddisfacente.

grandi tutti ed ottima la compagnia.

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Tour da 60 sulle Colline

A fine estate del 2018 io ed il mio inseparabile compare di malefatte trail Salvatore Bruno ci cimentammo in un bel Trail da una trentina di Km sulle colline livornesi in cui andammo "dalla cima verso il mare". La cima in questione è la località Valle Benedetta, che col poggio Lecceta (460m slm) rappresenta il punto più alto delle nostre colline, mentre il mare prescelto fu la discesa alla spiaggia di Calignaia, una delle mete preferite del popolo livornese per i bagni estivi sulla scogliera del Romito.

Da quel viaggio iniziai a maturare una piccola idea folle: perchè invece di partire dalla Valle Benedetta, fare un tour delle nostre colline partendo dai bellissimi sentieri della Puzzolente, punto a Nord delle colline da cui partono tantissimi trail delle nostre scorribande Survival?
Così mi misi a studiare percorsi, sentieri di congiunzione, ci siamo messi a testarli e a vedere da dove si poteva passare e da dove non conveniva passare, sempre in cerca dell'occasione giusta per trovare il tempo ed il periodo ideale per realizzare un anello da 60Km che praticamente corresse in tutte le colline livornesi escludendo solamente la parte del promontorio di Rosignano Marittimo.

A fine mese io e Salvatore (e anche Gabri, sennò è geloso) parteciperemo all'Ultra Trail del Mugello, e tra i vari impegni da caposquadra ci siamo ritagliati un giorno di "ferie" per poter fare una prova generale: noi due non abbiamo mai corso per più di 44 (io) e 45 km (lui) perciò non volevamo arrivare alla gara senza sapere cosa ci poteva aspettare da un giro così lungo, senza testare cibo, idratazione, assetti e fatica. Perchè alla fine, la vera novità è stata lei: la fatica. Ne parlerò alla fine.

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Così, dopo aver concordato orari e luogo di partenza, dopo aver provato a coinvolgere lo Iannett che però per precauzione non se l'è sentita di rischiare la caviglia in una doppietta "Maremontana-Colline Livornesi" da 120km in due weekend, io e MrB (Salvatore) ci troviamo al terreno di Paolo per poter lasciare le auto in un recinto custodito e poter usufruire del casotto per cambiarsi alla partenza, all'arrivo e poi pranzare una volta terminato il giro.

Ci troviamo prima delle 6, perchè la gara partirà alle 6 e pure questa è una cosa da provare, perchè non abbiamo mai iniziato a correre così presto nè tantomeno ci siamo mai svegliati alle 4:30 per poter partire in orario. La sveglia è un cazzotto nel viso, per me: Tommaso, il figlio piccolo, ha pensato bene di farsi venire la febbre a 39,5 durante la notte, e nonostante la santa Giulia abbia cercato di farlo star buono, urla e schiamazzi non sono un grande aiuto per dormire. Quindi già si parte in salita: la sola vista della colazione mi suscita la nausea, quindi per ovviare al problema faccio le cose al contrario. Mi vesto prima di far colazione, e quei 10 minuti per prepararmi mi svegliano un po' e riesco finalmente a mangiare.
Ultimi preparativi e si esce. Alle 5:25 sono in macchina. 

Il tempo fuori è uggioso: schizzetta, ma diciamo che non sono gran che preoccupato. Io e MrB abbiamo affrontato il TMP l'anno scorso in condizioni proibitive, le mie colline le conosco come le mie tasche e non faremo sentieri particolarmente difficili fino a che non arriverà la luce quindi si va.
Bene, appena arrivato al casotto del terreno del Presidente trovo Salvatore che si sta preparando. Pronuncia un "Ti odio" ogni circa 30 secondi, e la frequenza dei "Ti odio" aumenta da lì a pochi minuti perchè il cielo decide di esplodere: parte un diluvio di quelli da manuale. Le previsioni lo avevano dato, ma non pensavo che sarebbe venuta giù così forte.

Traccheggiamo un po'. Caffeino, frontale in testa, impermeabili e, con un ritardo di qualche minuto, decidiamo che l'acquazzone non ha intenzione di calmarsi e quindi bisogna partire. Si parte.
Viene talmente forte che la frontale illumina il muro d'acqua e non la strada davanti, ma soprattutto lo scroscio è così potente da non essere fermato neanche dalla vegetazione fitta della Foresta in cui entriamo dopo 100m dalla partenza. Il delirio: le frontali illuminano male, l'acqua è sempre più forte, ed inevitabilmente rinfresca e riammorbidisce lo strato di fango già formato durante le piogge dei giorni scorsi: alla Puzzolente il terreno è argilloso, quando piove si formano delle vere e proprie paludi, e dopo 500m Salvatore si gioca la prima patta della giornata. Giù nel fango, ma niente di grave.

La pioggia scrosciante ci accompagna fino ad una mezz'ora buona dopo che è sorto il sole. Saliamo la nostra piccola vertical, sul Monte la Poggia (380m slm), e si ridiscende giù verso la vallata del Rio Maggiore, principale torrente che dalla Valle Benedetta arriva al mare. Qua primo intoppo: in questo punto c'è uno dei sentieri di raccordo, di quelli che non ricordiamo a memoria, ha smesso di piovere ma l'acqua che la pioggia ci ha lasciato addosso non aiuta certo a sbloccare gli schermi dei cellulari per guardare la mappa. Perdiamo qualche minuto, ma poi riusciamo a trovarlo, e con un bello strappo di 150m in meno di un km siamo al primo waypoint del nostro giro: la Valle Benedetta, 400m slm. Da qui inizieremo l'avventura verso il mare.

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Breve rifocillo prima di partire alla volta dell'infida discesa del Bilancino, resa scivolosa dal fango, fino a spuntare ai piedi del poggio Sperticaia: un altro strappetto, in cui facciamo circa 200m di dislivello, che ci conduce all'enorme tagliafuoco che taglia le colline tra la via di Popogna e la frazione del Castellaccio, prossimo step dove avremo un rifornimento idrico. Corriamo bene lungo il tagliafuoco, una strada bianca senza grandi pretese, ed arriviamo al Castellaccio, da qui scenderemo al mare.
Inizia infatti la parte più "impegnativa" del giro. I sentieri della Riserva Naturale di Calafuria sono bellissimi ma anche gli unici delle Colline Livornesi con dei dislivelli più duri: in 12km faremo quasi 700m di dislivello, che per le nostre colline è tanto. Partiamo subito in discesa, un single track chiamato "i Frassini" che porta in 2km alla salita più bastarda di tutto il giro: la famigerata Tsunami, che quasi in verticale si fa 90m di dislivello in 300m di distanza, ed oggi resa scivolosa dall'acquazzone. Ci sono le corde, per andare su, ed in alcuni punti ci aiutano. Salvatore continua a dire che mi odia, ma arriviamo al Semaforo del Montaccio, colle sul quale una torretta di avvistamento permette di vedere tutto il mar Tirreno e la scogliera Livornese. 

Non ci saliamo, ovviamente, e scendiamo giù verso la Voltina, famoso ritrovo degli stradisti livornesi che vanno a fare la stradona bianca che porta su verso il Semaforo. Noi ne facciamo una parte, e ci imbocchiamo nel sentiero n°1, la via dell'Esbosco, una salita non difficile ma costante che riporta in alto. Finito, scendiamo finalmente al mare: il single track del Telegrafo, col suo finale ripido e sassoso, ci accompagna alla spiaggia di Calignaia. Finalmente posso mangiare il mio nuovo mix "parmigiano & datteri" mentre MrB fa la seconda diretta Facebook. 5 minuti di relax in compagnia delle onde del mare e si riparte.56527807_10218465391254140_8006429032474214400_n.jpg

Risaliamo la bellissima downhill del Kenion (sì, in cima c'è un cartello delle mtb che è scritto così) per tornare verso la strada statale che collega il Romito col Castellaccio: spunteremo nei pressi della Curva Nuvolari, dove c'è una trattoria. La trattoria da Rosa era stata scelta come punto birra. E' aperta ed entriamo: siamo sudati, bagnati, sudici di fango, insomma poco raccomandabili.
"Buongiorno, vorremmo una birra da 66 e due bicchieri di plastica"
"O voi da dove venite?"
"Siamo partiti dalla Puzzolente e ora ci torniamo, sono 30km che si corre"
"Ecco la birra, ve la offro io"
Come fare felici due bambini. Ci scoliamo la birra offerta gentilmente da Rosa, e si riparte: destinazione Gorgo, sentiero 00. Il tempo sembra rimettersi, nel frattempo: si alternano sprazzi di nuvole a sprazzi di sole, a noi basta che non piova più, ma il terreno è comunque pesante. 
Menomale che questo è il tratto più corribile, andiamo per un bel po', ma l'ingresso nel "vero" sentiero 00 ci rallenta: un single track di salita costante dove soprattutto nella prima metà il terreno è un mix di fango e tratti pieni di sassi. Saliamo, non corriamo quasi mai per via della difficoltà dovuta alla pioggia caduta stamattina, ma ne usciamo: arriviamo alle palazzine e da lì si inizia la salita che, sempre sullo 00, porta ai piedi del Poggio Lecceta. Non ci andremo, perchè arrivati al bivio 00-Colognole, prendiamo la discesa che porta al bellissimo Acquedotto.Immagine.png

Ora, l'acquedotto Leopoldino è tanto bello quanto bastardo quando piove. Le sue pietre liscissime modellate dal Poccianti per realizzare questa imponente opera architettonica sono ricoperte da muschio, e con la pioggia diventano una roba pericolossissima. Si scivola, ed in alcuni punti si corre a 7-8 metri d'altezza dal terreno sottostante. Cadere è un attimo, e non possiamo permetterci di sfracellarci.
Oltretutto siamo oltre il 40esimo km, e la fatica inizia a farsi sentire: rallentiamo sia qui che nella salita successiva che porta a Colognole. Secondo rifornimento idrico, e mangiamo ancora. Perdiamo qualche minuto per un meritato riposo, prima di ripartire alla volta del Torrente Morra: lo guadiamo dopo una discesaccia tutta piena di pietre, e qui inizia quello che io chiamo "il giro della Morte". Nonostante non sia il più duro delle nostre colline in termini di km e dislivello, è stato il primo giro con un po' di salitacce bastarde sulle colline che abbiamo testato, e da allora è rimasto il giro della morte. E insomma, farsi il giro della morte dopo il 44km fino al 50esimo è stata un'impresaccia: ci sono due salite, entrambe di circa 200m di dislivello in poco più di 1.5 km, inframezzate da una downhill molto tecnica, piena di sassi e abbastanza ripida. 
Non ci perdiamo d'animo, la fatica inizia a farsi sentire: sono quasi 9 ore che corriamo su terreno pesante, e la seconda salita, chiamata "Two fingers", inizia a far cedere Salvatore. Lo incito, si incita da solo, mi odia, ma tira avanti.

Il giro doveva passare dall'Eremo della Sambuca, ma decidiamo di saltarlo: per scendere lì avremmo dovuto fare una discesa in cui a metà c'è un tratto di pietre scivolose, ed ora le nostre gambe iniziano ad essere troppo stanche per affrontarla. Passare dal sentiero facile vorrebbe dire allungare troppo, e allora chiudiamo l'anello con la strada che porta direttamente all'ultima salita spacca gambe: Little Sheep.
La salita della pecorina è un'altra delle nostre salite più ripide. Corta, ma cattiva, e se la fai al 54Km ti devasta fisicamente. 
Però è l'ultima, vera salita del nostro tour. Non ce ne saranno più dopo di questa e scenderemo soltanto, verso il punto dove stamattina alle 6 eravamo partiti. La saliamo, piano, ma arriviamo imperterriti in fondo. Ora c'è addirittura il sole, ma non ci leviamo le giacche di dosso perchè siamo ancora fradici e c'è un po' di vento che potrebbe dare fastidio. Mancano poco meno di 5km all'arrivo e c'è una stradona bianca, e Salvatore inizia a vedere le Madonne. E' stanco, il terreno bastardo l'ha spaccato, e la pausa forzata di 15 giorni a metà marzo gli ha fatto perdere un po' d'allenamento.

Però si scende.
E proviamo a correre. Io corro, ne ho ancora, anche se le gambe iniziano a essere veramente molto stanche, corro e corro.
Voglio finire almeno in 10 ore e mezzo, che per i vari intoppi successi, il terreno pesante per tutto il giro e la partenza non proprio facilissima, per me è un ottimo risultato.
Salvatore, a ritmo "ultra" mi segue un po' più lento distaccandosi ma mai smettendo di correre. 
L'odore di birra inizia a farsi sentire nell'aria. Arrivato al cancello, lo apro con la foga di chi non ne può più. E' finita!

Mi metto a sedere, sono stravolto. Ora che l'adrenalina cala, inizio a cedere fisicamente. Sono talmente stanco che faccio fatica ad alzarmi dalla sedia mentre bevo la birra. Ma siamo soddisfattissimi. Brindiamo e mangiamo pasta al forno e tacchino arrosto.
58,8 km 2450d+ dice il mio orologio. Non abbiamo mollato un cazzo, nonostante fosse una giornata da lupi, abbiamo finito.
Abbiamo imparato cosa succede in un giro così lungo, abbiamo sentito cosa succede dopo un certo km, abbiamo imparato che da un certo punto in poi è importante gestire la fatica.

L'Ultra Trail del Mugello non ci prenderà alla sprovvista. ARRIVIAMO.

 

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