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UTLO 60Km 2019 di Gabriele Ianett

UTLO2

È tutta colpa dell’Age. Rimasi colpito dell’entusiasmo di cui trasudava il suo racconto dello scorso anno. Scrissi su facebook che quest’anno “mi sarebbe toccato farla” e siccome mia nonna mi ha insegnato che “ogni promessa è un debito…”

UTLO acronimo di Ultra Trail del Lago d’Orta è un evento che nasce e muore nella ridente cittadina di Omegna, locata nel punto più nordico del Lago. L’organizzazione è di quelle importanti. Ci sono competizioni per tutti i palati: si va dal Trail per i bambini fino alla Ultra da 140Km con opzioni intermedie quali 17Km, 34Km, 60Km e 100Km.

In altri periodi dell’anno avrei scelto la 140Km senza alcun indugio, ma purtroppo in questo periodo la vendemmia non mi permette di fare allenamenti decenti per oltre un mese, quindi la scelta ricade sulla 60Km.

Riccardo l’ha messa nel mirino e quindi programmata già dall’anno scorso. Lui è un fottutissimo metodico nella preparazione delle gare. Lo invidio e lo odio al tempo stesso per questa cosa. L’anno scorso fece la 34Km, quest’anno punta alla 60Km. Durante i nostri trail estivi ne parliamo spesso. Io non posso dare conferma della mia presenza fino a quando non conoscerò con certezza le date di fine vendemmia. Intanto però l’organizzazione va avanti ed il gruppo Survival prende forma. Il caldo estivo, si sa, fa male e distorce le menti. Succede che anche quella del prode Leoncini, in verità già distorta per natura, subisce una Ultra Distorsione che lo porta ad iscriversi pure lui alla UTLO 60Km. Cioè il mio ammore va a fare la UTLO e io non so ancora se riuscirò ad esserci: disagio, anzi in questo caso disAge. Il gruppo Survival quindi si “allarga”.

Prima che la vendemmia abbia inizio, cerco di mettere nelle gambe più Km possibili. Correndo con Riccardo lo trovo molto migliorato sia nel passo che nella gestione mentale delle proprie risorse. Il prode Leoninci, Leovinci, Leoqualcosa, insomma Lui, è in netta ripresa. Ha già un buon ritmo e soprattutto sta ritrovando entusiasmo. Devo esserci, penZo.

Inizia la vendemmia, e con il maturare dell’uva, le mie corse tendono rapidamente a zero. C’è una sola eccezione datata Domenica 29 Settembre 2019: il Beer Trail. Evento Survival. Un qualcosa di storico che merita un racconto a se.  In realtà di quel giorno non ricordo molto. Però ho ben impresse nella mente due parole dette da mia moglie nel momento in cui faccio ritorno dal viaggio nelle profondità del mio Lato Oscuro: “Hai Vinto”. Ebbene sì, non me ne voglia il Presidente ma IO sono il Campione Italiano di Beer Trail. Punto. Tutto il resto è fuffa.

Ma torniamo alla UTLO. La vendemmia evolve, gli allenamenti no. Inizio a credere nella mia partecipazione. Il gruppo si è “allargato” e con la mia presenza arriveremmo ad essere in 11. L’ultimo giorno utile per iscriversi mi iscrivo. Sono dentro. Ovviamente nasce la Chat dedicata. Due settimane prima della gara iniziamo a scrutare le previsioni meteo con una certa angoscia. I primi “exit poll” parlano di uragani e inondazioni, maremoti financo a tsunami. Si prospetta un bel week end. Sarebbero dovute venire anche le famiglie, ma questa opzione inizia a vacillare. La prima famiglia a gettare la spugna è la mia. Io e il buon Pietro decidiamo di andare su e dormire nel furgone dei Cubi Rossi. Le previsioni intanto iniziano a migliorare, l’Apocalisse sembra essere rimandata. L’allerta arancione sparisce, e con lei anche il rischio di annullamento delle gare. Un comunicato dell’organizzazione garantisce il regolare svolgimento dell’evento, mantenendosi il riserbo di effettuare delle variazioni ai percorsi qualora si rendessero necessarie per garantire la totale sicurezza dei concorrenti. Le previsioni però rimangono di pioggia intensa per tutto il fine settimana della gara, quindi anche la famiglia Age alza bandiera bianca. Scatta al volo una riorganizzazione logistica che porterà lo scrivente, Pietro e il buon Luca Fabbrucci da Figline ad unirci a Riccardo nel suo appartamento. Tutto ecosesso guadagnato.

Ormai mancano pochi giorni, l’entusiasmo cresce anche grazie a quella generatrice di entusiasmo quale è Caterina. Il gruppo è completo e si presenterà al via con questa configurazione:

  • 60Km: io, Riccardo (Age), il buon Carletto Facheris (alla sua prima 60Km), Pietro e Luca Fabbrucci

  • 34Km: Alessandro Tonelli (Tonno), Caterina Pagano (Cate), Ivan Martorini (alter ego e marito di Cate), Alessandra Pinna (Ale) e due amici di Cate e Ivan.

Il Comandante Tonelli organizza tutta la logistica sul posto, ovvero decide e prenota dove mangiare e bere. Per chi non lo sapesse, l’Organizzazione Tonelli non ha eguali al mondo.

Io, Pietro e Age ci organizziamo per il viaggio. Il venerdì mattina lavoriamo tutti e tre, siamo gente seria noi! Partiamo nel primo pomeriggio.  Alle 14:20 sono sotto casa di Pietro, alle 14:30 imbarchiamo anche Age. Il Leoncini si mette dietro…brutto segno. Io e Riccardo iniziamo a parlare e proviamo a coinvolgere anche Lui. Inutilmente. Dopo pochi Km di autostrada è già steso che dorme. Poverino, è stanco. Noi ragioniamo di Survival, programmi ed idee. Intanto arriviamo a Genova. Dietro suggerimento di Google Maps, imbocchiamo la A7 per aggirare il tratto chiuso dell’ormai ex ponte Morandi. Dopo qualche Km il dormiente si desta, ci fa il cicchetto per non essere passati da dentro Genova (lui è un ex ed un futuro camionista, quindi sa) salvo poi tornare rapidamente nel suo torpore (Cit. Wikipedia – Torpore: negli animali il torpore è uno stato di attività fisiologica ridotta, caratterizzato, di solito, da una diminuita temperatura corporea e da valori metabolici più bassi. Il torpore permette agli animali di sopravvivere a periodi di minor disponibilità di cibo o a condizioni meteorologiche avverse). Attraversiamo parte della Val Padana: nebbia, pioggia ma soprattutto 0 D+. Che tristezza! Per uno che abita qua il trail è pura utopia. Sosta Autogrill: caffè per loro, spremuta per me, pipì per tutti. E si riparte. Ci avviciniamo alla zona dei laghi ed il paesaggio inizia a mutare. La vegetazione è più rigogliosa e ritrova un più naturale color verde. Finalmente arriviamo ad Omegna. La zona periferica ricorda più Calcutta ed è la brutta copia di quella bellissima parte della cittadina che invece si affaccia sul lago.

Ore 18:00 e siamo all’appartamento. Pietro si sveglia. Scarichiamo i bagagli, Age flirta con la proprietaria. Pietro flirta con me, ma io come al solito me la tiro. Terminati i flirtaggi, prendiamo il materiale obbligatorio per la gara ed andiamo a ritirare i nostri pettorali. In zona arrivo il nostro Capitano e Comandante Tonelli è già lì che ci aspetta. Baci&Abbracci, visita agli stand e ritiro di pettorali e pacco gara. Quest’ultimo consta di: maglietta, auricolari, buff ed una strana pomata del potere. Mentre siamo lì, arrivano quelli della 140Km che partiranno alle 20:00. Mi sento decisamente in colpa a non essere tra loro, mi viene il complesso del pene piccolo. Chiedo scusa al mio Ego da lunghe distanze. Ci rifaremo. Torniamo agli stand dove un bravissimo venditore cerca di convincere Age a comprare una super frontale che ad un misero costo di 100 euri è in grado di offrire una durata di ben due ore di luce, oltre ad essere automodulante, emolliente, rinfrescante, espettorante, accattivante. La frontale rimane lì, noi torniamo all’appartamento a farci belli per la cena. Prepariamo un po' di cose per la mattina dopo. Pietro giustamente è stanco e si fa un riposino. Usciamo giusto in tempo per andare ad assistere alla partenza della 140Km. Aspettiamo il gruppone in un punto tranquillo, 500m dopo lo start. Vedo sbucare due corridori da dietro una curva ed annuncio “eccoli!” …ma sono soltanto in due, quindi mi viene fatto notare che non possono essere della gara. Si avvicinano, uno è il buon Carletto Sorman, l’altro è Ornati (che corre in casa). Sono loro. Hanno un passo di 4’ al Km. Il terzo è a oltre 100m di distanza. La gara è già finita. Passa il gruppo: si narra che Sorman e Ornati siano già al primo ristoro.

Raggiungiamo gli altri al ristorante pizzeria selezionato dal Tonno. La serata è goliardica ed allegra, come sempre. L’acqua non è la benvenuta sul nostro tavolo, la Birra sì. Pizza, carne, patatine, dolci. Ce la godiamo. Poco prima delle 23:00 usciamo, giusto in tempo per andare ad assistere ad un’altra partenza, quella della 100Km.

Torniamo in appartamento, si unisce a noi anche Luca. Meno di 5 minuti e Pietro dorme già. Poverino, è stanco. La nostra partenza è comoda: ore 9:00. Puntiamo le sveglie alle 7:00. Io mi alzo 10 minuti prima ed inizio a fare colazione con calma. Pan Carré tostato con marmellata di more, Yogurt con fiocchi di avena e thè verde. Mi raggiungono anche Luca e Riccardo. Pietro dorme, poverino, è stanco. Alle 7:20 lo butto giù dal letto. Mettiamo sotto stress il water. Inizia la vestizione. Fuori piove, fa freschino ma non freddo. Opto per maglia a maniche lunghe e antivento smanicato. Pinocchietti sotto il ginocchio. Nello zaino ho un cambio completo, antipioggia a maniche lunghe, guanti, manicotti, 1 litro di acqua, frutta secca, miele, caramelle, barrette e panini al farro incartati nell’alluminio (in questi mesi non posso mangiare né grano né latte vaccino fresco, quindi per certe cose devo organizzarmi).

Alle 8:20 lasciamo l’appartamento. Alle 8:40 siamo in zona partenza dove ci ricongiungiamo con Carletto Facheris e il mai domo Tonno venuto ad assistere alla nostra partenza. Che omo! Foto di gruppo. 10 min prima della partenza ovviamente una nuova defecathio bussa al mio intestino. Per fortuna proprio davanti a noi sono allocati cinque bagni chimici. Espleto la funzione in modo ineccepibile. Torno in zona partenza. Siamo poco più di 400 al via. Pioviscola. Conto alla rovescia, tre, due, uno…

Partiti. Mi metto sulla destra del gruppo e cerco di recuperare un po' di posizioni. Riccardo mi ha informato di un imbuto che si forma dopo circa 2Km, all’imbocco del primo single track. Poco prima di questa strettoia mi affianca Riccardo. Ha un ottimo passo, grande. Arriviamo all’imbuto, ma non c’è fila. Iniziamo a salire. Il sentiero è stretto, si sale in file indiana o al massimo in coppia. Sembra una strada di montagna, bervi tratti di rettilineo rotti da continui tornanti. Già dall’inizio lo Spirito Trail si spreca: ci sono i fenomeni che si mettono a tagliare i tornanti “per fare prima”. Il serpentone che si forma è lunghissimo e l’andatura è lenta.  Per un po' Riccardo sale insieme a me, poi ci perdiamo. Sono contento ed ottimista perché l’ho visto bene, fisicamente c’è e soprattutto è concentrato. Cerco di trovare regolarità nel passo, ma è impossibile. Quando intravedo uno spiraglio di sorpasso, faccio un breve allungo e cerco di portarmi più avanti possibile, poi però mi devo riadeguare al lento incedere del serpentone. Purtroppo, si fa più fatica così anche se si va più piano, rispetto a salire costanti del proprio passo. Ma questo è. Arriviamo al primo dei molti paesi che attraverseremo, Quarna, suddiviso in Quarna di Sopra e Quarna di Sotto. Iniziamo a familiarizzare con il fango che brevemente si trasformerà in mota (mota: stato evoluto del fango in un miscuglio ancor più plastico, appiccicoso ed entropico). Una volta passato Quarna di Sotto, inizia la salita più dura della gara, quella che porterà in vetta al Monte Mazzoccone (1424m s.l.m.). l’incipit della salita è fantastico, una rampa ripida di mota dove si fa fatica a salire anche con i bastoncini. Mi viene in mente il Trail del Cinghiale, prossima gara in programma a fine novembre e capisco subito che la giornata di oggi sarà un ottimo allenamento in vista dei 90Km di mota che ci attenderanno a Palazzuolo sul Senio. Noi “bastoncino dotati” riusciamo a salire seguendo il sentiero, quelli “bastoncino sprovvisti” devono per forza passare dal bosco per aggrapparsi a rami, alberi, caviglie di quelli che li precedono, marmotte, liane ed i più fortunati a qualche cinghiale di passaggio. Sembra di essere a Giochi Senza Frontiere. E intanto piove. “Chissà se Pietro è stanco e si è fermato a fare un pisolino, penZo”. Piove. A mano a mano che saliamo, il sentiero, che per la maggior parte è in single track comincia a trasformarsi da boschivo a montano. E non so se fa parte della trasformazione, ma arriva anche la nebbia. Siamo ancora in formazione “serpentone” ed il passo è sempre il solito. Adesso però si aggiunge una nuova variabile: iniziamo a recuperare i concorrenti della 140Km. Questo è un problema, per loro e per noi. Più volte mi sono trovato a vivere questa situazione dall’altra sponda. So bene cosa si prova, quando si è stanchi ed abbiamo bisogno di silenzio, concentrazione e soprattutto di poter mantenere il nostro passo con costanza ed invece si è costretti a fermarsi di continuo per lasciar passare quelli che arrivano da dietro, più freschi e più veloci. Questa volta mi trovo a viverla dalla parte di quelli che arrivano veloci da dietro. Posso certificarvi (ISO, IFS, Bio, Vegan, ecc.) che è una gran rottura di palle da entrambi i punti di vista. Certe situazioni dovrebbero essere evitate. Si ha un enorme dispendio di energie mentali e di conseguenza fisiche, per entrambi. È un pò come ciclisti e automobilisti che su talune strade non possono essere presenti contemporaneamente, è un dato di fatto, finendo per disturbarsi a vicenda: tutti e due hanno ragione o nessuno dei due ha torto, come preferite.  Semplicemente in quel momento ci troviamo entrambi nel medesimo piccolo spicchio di mondo con esigenze e quindi punti di vista completamente differenti. Se invertissimo le due persone, entrambe inizierebbero a pensare nel modo esattamente opposto.

Loro frenano noi, noi interrompiamo il passo a loro. Però c’è rispetto, questa è una delle meraviglie di questo sport. Loro lasciano passare, noi ringraziamo e gli facciamo i complimenti. Già perché quando sono stato dall’altra parte, ho provato quanto faccia piacere avere una gratificazione ed un incoraggiamento dagli altri concorrenti. Ricordo alla Bora di una persona, che nel passarmi, mise delicatamente una mano sulla mia spalla e mi fece un sacco di complimenti. Gesti semplici che rimangono impressi. È proprio ripensando a questi gesti ricevuti, che mi sforzo a fare altrettanto con la maggior parte dei concorrenti delle gare lunghe che incontro lungo il percorso. Mentre mi avvicino alla vetta del Monte Mazzoccone, in mezzo a nebbia, pioggia ed un vento che disturba, passo una ragazza della 140Km, con un impermeabile azzurro, ed il cappuccio che le copre quasi completamente il volto. Mi lascia passare, la ringrazio, le faccio i complimenti e passo oltre proprio mentre mi sussurra “Gabriele, sono la Daniela…”. Mi giro, è proprio lei, Daniela Rausse, infreddolita e stanca. Non l’avevo riconosciuta. Le chiedo come sta, ma la faccia dice più di mille parole. È stanca ed ha intensione di ritirarsi al prossimo ristoro. Per fortuna manca soltanto un chilometro e mezzo di cui un chilometro di discesa. Le chiedo se ha bisogno di aiuto, mi dice di no perché ormai manca poco al ristoro. Io riparto perché sono vestito un po' leggerino e lì fa freddo. La vetta del Mazzoccone è immersa nella nebbia. Inizio subito la discesa che nel primo tratto è completamente ricoperta da una fitta coltre di paleo che agevola la corsa. Meglio quello delle rocce e della mota.

La discesa finisce al primo ristoro: Alpe Camasca, siamo al Km 13,5. C’è troppa confusione, prendo un thè al volo, un po di frutta secca e riparto. Adesso non piove, ma c’è nebbia e vento. Dobbiamo salire sul Monte Croce a oltre 1600m s.l.m.. Decido di mettermi l’antipioggia a maniche lunghe della Raid light. Uscito dalla calca del ristoro individuo una bella roccia piatta che scelgo come punto di pit-stop. Si aggregano altri due compagni di fatica con i quali scambio alcune battute. Saluto e riparto. Ci aspettano circa 500D+ in 3Km.

Intanto comincio a guardare il GPS e a fare due proiezioni. Il mio obiettivo era quello di arrivare in circa 8h, tempo impiegato al Mugello per fare 63Km. Capisco subito che sarà impossibile realizzarlo. In tre ore ho percorso solo 15Km, ovvero 5Km/h e se è vero che dopo il Monte Croce le salite dure saranno finite, con il fondo distrutto dalla mota, anche nelle parti corribili spesso si è costretti a camminare o addirittura a scendere con molta circospezione per evitare infortuni. Più volte mi torna in mente la distorsione dello scorso anno al Trail del Cinghiale, quindi appena trovo situazioni potenzialmente pericolose, metto da parte l’aspetto ludico del Trail nella mota, e scendo o salgo in modalità Safety. Voglio limitare al massimo il rischio infortuni.

La salita sul Croce è breve, ma ti guarda in faccia. Salendo, incontro una persona di una certa età, ha una respirazione affannata. La seguo per un pò, non si sposta, è troppo concentrata nel suo sforzo, nella sua sofferenza. Appena posso la affianco, la guardo in faccia. È concentrata, ha occhiali da lettura sulla fronte. Racchiude in se tutta la sofferenza e la passione per questo sport.

Sulla vetta del Monte Croce (1640m s.l.m.) c’è una croce. Che inaspettata sorpresa! È avvolta nella nebbia. Sulla vetta del Monte Croce (1640m s.l.m.) c’è un ristoro abusivo. Che inaspettata sorpresa! Però fa freddo e tira vento, quindi decido di non approfittarne e passo oltre. Il primo tratto di discesa è sempre su crinale roccioso. Scendendo rientriamo nel bosco per approdare nuovamente a motai traditori intervallati da forestali più corribili. Il prossimo ristoro si trova al Km22, Alpe Secchi. È il momento dei primi crampi, si inizia con l’adduttore della coscia destra. La scarsa preparazione unita alla durezza del fondo motoso, si fanno già sentire. Cambio stile di corsa e gestisco questa prima ondata di acido lattico. In questo tratto inizio a condividere il viaggio con una ragazza che ha un bellissimo stile di corsa e mi colpisce per la regolarità e costanza con cui mantiene il passo. Un metronomo… o metronoma? Decidete voi.

Arrivati al ristoro bevo thè caldo, mangio arance, frutta secca e cioccolato. Tolgo dallo zaino alcuni panini per spostarli nelle tasche laterali e mi ritrovo davanti una brutta sorpresa. L’alluminio si è sfatto ed è passato sul pane e sul companatico. Questa è una pessima notizia, perché viene meno la mia unica fonte di carboidrati. Me ne faccio di una ragione e riparto.

Altra piccola salita di circa 200 D+ fino alla cima del Monte Novesso (1410m s.l.m.). Dopo ci aspetta la discesa più lunga della gara. Siamo un gruppetto di 4-5 che corriamo più o meno assieme. La ragazza dal bel passo ha paura nelle discese motose e rallenta molto, salvo poi recuperarmi nei tratti più corribili. Cerco di rimanerle attaccato perché stando con lei ho un passo più regolare. Al Km28 però i crampi tornano galoppanti ai flessori di entrambe le gambe. Questa volta faccio più fatica a gestirli. Sembro pinocchio che corre i 100m piani. Stringendo i denti arrivo assieme al gruppetto ad Arola, base vita per le lunghe e terzo ristoro per noi (Km 31). Qui mi fermo e decido di darmi una calmata per far smaltire un pò l’acido lattico. Mangio un piatto di brodo e le solite cose degli altri ristori. La ragazza riparte e mi guarda come per chiedere “riparti anche te?”. Io la guardo come per dire “in bocca al lupo, io faccio con calma”. Un po mi pento della decisione, ma so che sarà quella giusta. Non ho l’allenamento per mantenere quel passo fino alla fine, troppo rischioso. Infatti da lei prenderò mezz’ora precisa.

Riparto da solo, con un passo più consono alla mia situazione e nella speranza che qualche cosa cambi, come accadde al Mugello dove ritrovai una corsa addirittura più efficace rispetto all’inizio. Sappiate che non avverrà, se non in minima parte negli ultimi 10-15Km. Ma per adesso torniamo al km35. Crampi ai flessori di entrambe le gambe e attenzione attenzione, abbiamo una new entry: il polpaccio destro. La situazione si fa imbarazzante. Faccio fatica a correre perché i crampi sono fetidamente latenti. Mi spaventa anche l’idea di dover arrivare alla fine senza poter più assumere carboidrati. Decido di camminare per un po. Voglio evitare  infortuni muscolari. Sarebbe veramente sciocco. In fin dei conti sono qui per divertirmi, e questo è il primo giorno di ripresa della preparazione, quindi non facciamo bischerate. Mi godo questo tratto di bosco, simile all’appennino e ricco di corsi d’acqua abbelliti da cascate e ponticelli in legno. Avendo ridotto il ritmo, ho più tempo per riflettere: mi accorgo di non aver mai praticato la nobile arte della defecathio in gara e di aver praticato una sola volta l’urinathio. Preoccupante. Comincio ad avere caldo e una vocina mi dice…togliti il Raid light e rimetti l’antivento smanicato. So che dovrei farlo, ma non mi fa voglia. Allora l’Universo si muove a compassione e crea l’occasione irrinunciabile per far si che ciò avvenga. Trovo davanti a me una ragazza della 100Km dotata di gonnellino e piegata ai fatidici 90° tutta intenta a fare un cambio di giacca pure lei. Magicamente decido di fermarmi pure io, proprio lì. Guarda te che caso. Lei riparte, io completo il pit-stop con una urinathio e riparto. La recupero, la stacco. I crampi mi ripresentano il conto. Lei mi recupera e se ne va. In questa fase faccio fatica a stare con i 100Kmtristi.

Il ristoro successivo è vicino, Boleto Km36. Prendo ancora brodo, frutta secca, arance, thè caldo e riparto. Cammino. I muscoli fanno ancora male, troppo acido lattico. Poco allenamento, non poteva essere diversamente. Cerco di pensare ad una soluzione. Mi drogo di miele, prendo qualche gel e qualche caramella. Parlo con i muscoli, ci ragiono con calma…sono un po permalosi in certi momenti. Mi fanno capire che oggi non c’è trippa per gatti. Allora faccio labbruccio io e dico, vabbé se proprio non si può fare di meglio camminerò fino alla fine… Arriviamo alla Madonna del Sasso da cui godiamo di un panorama vista lago veramente splendido. Vorrei fare qualche foto, ma piove troppo. Proseguo. Scendiamo giù fino al lago, lo costeggiamo per qualche centinaio di metri, poi deviamo sul prato di un cimitero ed iniziamo la penultima salita. Sono rassegnato al mio misero passo. Le proiezioni parlano di oltre 10h. Ormai non ci penso più. La prendo come allenamento e con spirito goliardico.

Continuo il mio dialogo con i muscoli, quando ad un tratto il genio…  “pensate se ci raggiunge il Leonc…” non faccio in tempo a finire il cognome che i crampi allentano la tenZione. Siamo a 15 Km circa dall’arrivo. Ricomincio a corricchiare. Sto meglio. Parliamoci chiaro, non è una corsa efficace, ma almeno non è una passeggiata da escursionista della domenica. Arrivo all’ultimo ristoro, Grassona. Chiedo quanti Km manchino all’arrivo perché non mi tornano i Km sul GPS con quelli della mappa. Il ristorante (addetto al ristoro) afferma che a tutti in quel punto risultano circa 48Km e non 46Km come da mappa, “comunque, dice, mancano dai 10 ai 14Km”. Una forbice minima via. Ho ritrovato fiducia, e decido di darmi un nuovo obiettivo: devo arrivare senza tirar fuori la frontale. Mi impegno a correre al miglior passo possibile. I crampi latenti sono sempre lì e i muscoli sono irritati, però adesso vado meglio. L’ultima salita è quasi tutta su asfalto e questa cosa stranamente mi rende felice. L’odiato bitume ad un tratto diventa un alleato strategico. Salgo regolare di buon passo, senza fare grossa fatica. Sono solo. In cima alla salita trovo una deviazione: 100Km e 140Km a sinistra, 60Km a destra. Inizia la discesa verso il lago. La luce sta calando, ma sono ottimista. Mancano 5-6Km di cui gli ultimi 3 sono lungo lago dove avrò dalla mia parte la luce dei lampioni. Attraverso un tratto di bosco e ritrovo il bitume. Mi illudo che il bosco sia finito. Invece no. Torniamo su sentiero in discesa, ripido e motoso. Un collega di fatica mi chiede: sarà il caso di prendere le frontali? Io rispondo “ormai ci siamo, io voglio arrivare senza” “anche io ci provo”, risponde lui. Scendiamo insieme. Incontriamo un gruppetto di 4 persone, ferme ed intente a mettere le frontali. Io e il mio collega arriviamo di buona lena, per cercare di uscire il prima possibile dal bosco buioso. Ma una dei quattro mi punta involontariamente la frontale negli occhi e mi dice “Ianett”… io rimango un attimo scioccato dalla luce e non capisco chi ho davanti… “sono Cate” … la riconosco dalla voce. Mi dice che non ce la fa più, io serafico le rispondo come lo gnomo alla gnoma: “gnamo gnamo mancano solo 3Km”. Proseguo la discesa con il compagno del momento perché ormai la luce è pochissima. Finalmente il bosco finisce, siamo su un tratto di sentiero largo che costeggia il lago. Luce c’è né. Ormai ci siamo. Da dietro inizia ad arrivare gente a tutto foo. Io più di tanto non riesco ad andare, ma soprattutto non ho voglia di distruggermi negli ultimi 3Km. Sono tranquillamente dentro le 10 ore e mi godo il lungo lago. Faccio un resoconto mentale della giornata: ho fatto un buon allenamento, non ho rischiato niente, non mi sono fatto male, ho preso acqua a secchiate… in definitiva mi sono divertito quindi entusiasmooooo.

Ormai si sente chiara la voce dello speaker. Ultima foto e siamo in dirittura di arrivo. Ultima curva, vedo il Tonno che mi incita. Oh, ma lui c’è sempre, è più costante del pi greco.png. È proprio un pi greco.pngonno Insuperabile…

Il rettilineo finale è sgombro, è tutto per me. La folla mi acclama. Fan impazzite, urlano come matte. Forse. Salgo sulla pedana dell’arrivo finendo questa fatica in 9h46’. Manco mi accorgo del fotografo (che infatti mi fa delle foto pessime). Una ragazza mi mette la medaglia al collo e guardandomi stranita mi chiede “Tutto bene?” “sì sì”. In effetti sono un po stordito. Faccio fatica a trovare l’uscita. Vorrei una birra, ma non la trovo. Vado a cercare il Tonno, ma non lo trovo. Passano i minuti, mi raffreddo, piove. Mi riparo sotto alle logge del comune e chiamo prima il Tonno e poi Flavia. Riprendo di buon passo la via dell’appartamento. Mi entra il freddo. Mi butto subito sotto la doccia calda. Ma ormai è troppo tardi: ho già preso la consueta congestione da freddo. E questa volta proprio a bischero. Nello zaino avevo un cambio completo ed asciutto. Sarebbe bastato sfruttarlo dopo l’arrivo. Ma ormai è tardi. Sto quasi mezz’ora sotto la doccia bollente e poi mi asciugo con il phon. Riesco a non vomitare e una volta asciutto mi distendo sul letto in attesa degli altri. Sto meglio. Inizio a leggere alcune delle centinaia di messaggi arrivati. L’effetto non è dei migliori. Torna la nausea più forte di prima. Nel frattempo arriva Riccardo e si butta anche lui sotto la doccia. Dopo un quarto d’ora ecco anche Pietro. Ci raccontiamo sommariamente le nostre gare. Dopo la doccia Pietro si fa un pisolino, poverino, è stanco. Riccardo lo trascina via per portarlo al Pasta Party. Io non sono in grado, ho lo stomaco ancora contorto e decido di rimanere a letto. Dormo un paio d’ore. Mi sveglia Pietro quando torna. Tempo cinque minuti ed è già a letto che dorme. Poverino, è stanco. Riccardo è rimasto a chiacchiera con Carletto. Nel frattempo mi si apre la voragine. Mi divoro 2 toast con brie e cotto che però non placano la fame. Arriva Riccardo e dopo poco anche Luca. Con questa fame ritrovata decido di accompagnare Luca al Pasta Party. Fuori piove, pace. Ho fame. Nel tendone del Pasta Party fa caldo e siamo in pochi. Io prendo Minestrone di verdure, arrosto di maiale (di quelli confezionati), fagioli, fagiolini e insalata. Una birra media e sono a posto. Spolveriamo ogni cosa e verso mezzanotte e mezzo torniamo in appartamento. Fuori piove, dentro Pietro dorme, poverino, è stanco.

La mattina Luca va via presto per problemi familiari. Noi ci alziamo con calma alle 8:00. Facciamo una lauta colazione e svuotiamo l’appartamento. Proviamo a togliere qualche Kg di fango sparso in giro e ripartiamo. Pietro vorrebbe guidare, ma lo vedo stanco. Infatti si mette dietro, si sdraia e dopo la sosta caffè si assopisce in un lungo sonno. Poverino, è stanco. Il viaggio di ritorno scivola via tranquillo e nonostante una sosta in Autogrill per un pranzo fugace, per l’ora di pranzo siamo a casa.

Finisce così un'altra bella avventura fatta di Trail e amicizia. Perché il Trail per noi è amicizia, condivisione, crescita. Noi siamo Survival e a noi piace così.

P.s.: se incontrate Pietro, fate piano, deve dormire. Poverino, è stanco.

UTLO 3

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UTLO 2019 UN TRAIL EPICO di Alessandro Tonelli

Mi piace raccontare ma non scrivere, però per questo trail devo fare sicuramente un’eccezione.
Piccola premessa : è circa un paio d’anni che mi impegno in questa disciplina che mi ha stregato nel vero senso della parola dopo una vita passata tirando calci ad un pallone.
Poi,  un grave infortunio mi ha fatto appendere le scarpe al chiodo. Ma non definitivamente ho solo cambiato modello.
Malgrado l’infortunio, devo essere sincero,  la mia vita nel mondo dello sport è stata davvero fortunata.
Infatti quando si parla di “squadra” posso dire di essere appartenuto e di appartenere a un team dove lo spirito dello sport viene esaltato in tutte le sue componenti.
Questa breve prefazione ci voleva perché ho 56 anni e questo dimostra che non è mai troppo per tardi iniziare una nuova attività.
Una vita da mediano come dice una famosa canzone quindi il fiato non mi è mai mancato.
Ma veniamo alla UTLO.
Un acronimo che io ho modificato in :
Uniti (nel)
Trail ( della )
Lunga
Odissea
Perché alla fine di questo si è trattato.
Il viaggio.
Circa 300 km di distanza mi dividono dal lago d’Orta. Le previsioni meteo sono pessime sia prima, che durante e dopo la gara.
Questa volta sono perfette non sbagliano di  una virgola.
La pioggia sarà una compagna inseparabile:  lungo l’autostrada, al ritiro dei pettorali, a cena , al ritorno al bed and breakfast, alla mattina appena sveglio, lungo i 34 km del percorso, in attesa al traguardo dei miei compagni, sia della lunga da 60 km che della “corta” da 34 km.
La sera prima della gara, come nella perfetta tradizione dei Survival Trail Runners si cena insieme.
Chi opta per i carboidrati chi per le proteine ( i carboidrati sono  comunque in comune per tutti con dei gran boccali di birra ; non voglio mettere sul banco degli imputati  l’eccezione alla regola). L’atmosfera come al solito è allegra e rilassante.
Per tutta la settimana Riccardo mi ha tormentato con il suo tempo fatto l’anno prima sulla 34 km di cinque ore e 39 minuti. Sottolineando che gli ultimi chilometri li aveva fatti scalzi causa la rottura dei suoi sandali ( È un accanito minimalista ).
Mi dice che non posso fare di più, ma io guardando in faccia la realtà,  so che l’ultima corsa molto simile a questa, l’ho chiusa in oltre  sei ore ( Hannibal Sky Race ).
Ok Scommettiamo.... indovinate cosa ?
Ma una birra è  ovvio !!..... nella mia testa già gliela offro volentieri.
Si rientra alla base : preparo meticolosamente l’equipaggiamento per domani, mi bevo come ormai abitudine una bella tisana rilassante e punto la sveglia.
Una volta avevo paura di addormentarmi, ora con l’avanzare dell’età ci si sveglia sempre prima e sono contento di questo, così potrò vedere la partenza  dei miei amici della 60.
Arrivo alle otto ad Omegna  ( pioveeee ); i miei amici sono già lì trepidanti con gli occhi che brillano, eccitati... per il via che sarà di li a poco.
Foto di rito e smarcamento del chip.
10..9..8... bum PARTENZA ! Forza Carlo ! Forza Gabriele ! Forza Luca ! Forza Pietro! Forza Riccardo !!
Li incito  al loro passaggio e con il mio ombrello mi avvio verso un riparo, mancano ancora 2  ore al via del mio Trail.
Ho scordato il mio latte di soia con proteine e i fichi secchi con mandorle e miele ( una buona dose di energia prima del via ). Eh pazienza....
Attingo allora alle mie scorte alimentari mangiando poco prima del via 4 bei datteri.
Intanto mi raggiungono Alessandra, Caterina e Ivan ( i miei compagni della 34 ).
Ore 11 si parte !!
Guardando il tracciato so di già che i primi 16 km saranno di sofferenza estrema sia per il terreno motoso come dicono i miei amici toscani ( pieno di fango ) sia per il dislivello che è concentrato in questo tratto.
Causa l’estrema scivolosità del terreno nei primi 10 km rischio di essere infilzato seriamente almeno 4 volte dal popolo dei bastoncini.
Ho una mia teoria personale nel loro uso, nel senso che se il grosso del dislivello è concentrato nei primi km ne faccio volentieri a meno perché fisicamente sono ancora fresco. Mentre sono utilissimi in una fase finale di gara dove devi affrontare magari salite impegnative.
Non conoscendo il tipo di fondo non immaginavo  di dover arrancare a quattro zampe in molti tratti.
Mi impegno, scivolo, cado con la mia bella divisa giallo flu nel fango .... le mie scarpe però tengono alla grandissima ( Salewa ) e mi permettono di arrivare al Rifugio Sacchi in 158^ posizione assoluta su oltre 540 atleti.
Roba da non credere.... guardo l’orologio ... oddio forse riesco ad avvicinarmi al tempo scommesso.
Sono carico come una molla perché so’ che sta per arrivare la discesa dove solitamente do il meglio di me stesso.
Supero inizialmente una ventina di persone...le gambe girano a mille. Km 22... km 23 via via !!
Iniziò a sognare... vuoi vedere che a questo ritmo mi avvicino ai primi 100 ? ...poi al km 24 sento qualcosa al ginocchio....noooooo... ti prego... inizio a pregare perché il mio sogno non si spezzi.
Stavo andando forte forte ( per i miei parametri si intende eh.... ) ed ecco comparire come nei peggiori incubi il sintomo di un dolore alla bandelletta del ginocchio ( era da più di un anno che non compariva ). Purtroppo o per fortuna ho imparato a conoscere meglio il mio corpo facendo questo sport.
Ma dico.. proprio ora.... DANNAZIONE !!
Iniziano piano piano a superarmi, mentre in alcuni tratti molto verticali di discesa il dolore è insopportabile.
E giù moccoli e imprecazioni varie... guardo però il lato positivo e non mi abbatto. Nei tratti pianeggianti pur non andando al mio solito ritmo riesco a corricchiare.
Ok mancano ora 4 km circa, il cielo inizia ad imbrunire ma il morale è tornato buono perché sono convinto di poterla terminare.
In tutte le gare quando inizio a vedere una discesa sono felice come un bambino perché sono portato a quel tipo di percorso ora invece la guardo preoccupato.
Scendo dal sentiero e gli ultimi due km sono su strada in piano.... finalmente.
Il lago che avrei dovuto vedere dalle montagne in tutta la sua magnificenza ( ma purtroppo causa nebbia reso invisibile ) mi si para davanti all’improvviso come un miraggio.
Dal nervoso non avevo nemmeno più guardato l’orologio.....
Vedo poi un cartello che indica finalmente gli ultimi 500 metri... mi viene da guardare l’orologio.... 5h35.....cosaaaaaa ?
Oddio posso farcela ( !!!! ) mi dico e tiro come non ci fosse un domani , ricoperto di fango... 5.36....5.37.....5h38m30s ..... taglio il traguardo... penso a Riccardo.... penso a quando ho incontrato lui è il Gruppo Survival per la prima volta al Trail del Goffo dei Poeti.... un incontro che in qualche modo mi ha cambiato la vita.
Grazie ragazzi per avermi dato questa magnifica opportunità e di farmi vivere queste bellissime esperienze.... ve ne sarò sempre grato.
Poi alla fine  ho riabbracciato tutti a tavola, logicamente il mio posto preferito dopo il bosco.
Beh questa è stata una corsa che mi ha trasmesso delle sensazioni molto forti.
Forse domani il 5 e il 38 me li giocherò al lotto come mi ha consigliato qualcuno.
Con Riccardo e gli altri ci vedremo presto e quella birra che mi offrirà, sarà una delle più buone in assoluto ( io sono un po’ pignolo sulla qualità della birra 😂 ... ma sicuramente mi accontenterò anche di quelle che beve lui di solito  ) perché  mi ricorderà questa bellissima avventura.
"Tonno" membro dei Survival Trail Runners 💛🐗🖤 

 

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UTLO - Ultra trail del Lago d'Orta 60K

Sto ancora riordinando le idee dopo il turbinio di emozioni di Domenica scorsa. Due giorni interi per riprendermi da una grossa fatica, fisica ma anche mentale, e solo ora sto ricominciando a fare il punto della situazione.

Si parla di una delle gare più belle e frequentate del Nord Italia, l'Ultra Trail del Lago d'Orta ormai è una garanzia in termini di organizzazione e percorsi. L'anno scorso ho fatto la 34, c'è già un resoconto, in una bellissima giornata di Ottobre dove abbiamo corso sempre e solo in maglietta, sotto un bellissimo sole. Quest'anno la gara è iniziata da una settimana prima: previsioni meteo pessime, addirittura allerta arancione. Rischio annullamento. Menomale che pochi giorni prima il meteo ufficiale e sicuro cambia da allerta a pioverà sicuramente ma non in maniera pericolosa. L'organizzazione gara comunica su facebook che la UTLO 2019 si fa, e noi si va. Ovviamente, prosegue la mia maledizione per la quale nel 2019 non riesco a fare una ultra in condizioni meteo decenti.

Quest'anno ho convinto quasi metà dei Survival addetti alle gare a venire a fare il Lago d'Orta. E oltre a loro, un lavoro mirato ai fianchi del Leoncini da parte dello Iannett ha convinto Pietro a dedicarsi a una 60k seriamente dopo mesi di astinenza da Trail.
Il ritrovo è a Pisa, venerdì dopo pranzo. Si va su con la macchina di Gabri, il cui sedile posteriore sarà ribattezzato "il giaciglio del Leoncini". Pronti via, appena entrati in autostrada, il buon Pietro si sdraia, e dorme fino a dopo Genova, e in questo weekend quando non corre o mangia non farà altro che dormire. Nel frattempo io e Gabri parliamo del più e del meno, faccende di squadra che stanno avvenendo, robe abbastanza importanti, lui dorme peso. Poi si incavola perchè non abbiamo fatto il raccordo per superare Genova uscendo dall'autostrada, e dopo che siamo entrati sull'Alessandria - Gravellona, tanto per non saper nè leggere nè scrivere, dormicchia un altro po'. 

Arrivati ad Omegna il tempo è nebbioso, uggioso, umido da far schifo. Non piove, ma le previsioni parlavano di pioggia all'incirca dopo cena. Ci ritroviamo, dopo aver bevuto un birrino fresco e aver visto dalla strada che Sorman era già partito al comando della gara da 140Km (che poi vincerà), all'UTLO village, un agglomerato di stand stupendi dove ritiriamo il pettorale. Ad aspettarci ci sono tutti gli altri selvaggi: Caterina e Ivan, con due amici non della nostra squadra ma che faranno con loro la 34, Ale Tonelli, Luca nonmiricordoilcognome che dormirà con noi e il vicepresidente Carletto Facheris, che tenterà per la prima volta in vita sua 60Km insieme a noi.
Cena a base dell'ormai solito carboload, con sberleffi vari ai vari tizi che fanno i finti celiaci e i vari tizi che fanno i finti astemi, e dopo aver visto la partenza della 100Km, si va a letto. Io, personalmente, con un cuscino che pare più un sacco di patate che un comodo appoggio per dormire, passerò una nottata schifosa. Ma vabbè, sono abituato a dormire male, è l'ultimo dei problemi.

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LA GARA

La sveglia alle 7 suona puntuale. Trovo i compari già intenti a far colazione e, nonostante le solite difficoltà mattutine a ingerire roba, mangio. Ci prepariamo, zaini, decisioni varie sul vestiario: fuori fa freddo e piove poco, opto per maglia a maniche lunghe e gilet antivento; ovviamente, come promesso al presidente, mi metto i pantaloncini Dynafit che mi sono strappato in Apuane quest'estate quando Gabriele tentò di stuprarmi in discesa dalla Pania della Croce eheheh. Diciamo che così per ora sto bene, poi si vedrà. Ci rechiamo alla partenza, dove si iniziano ad accumulare tutti gli atleti che faranno la 60Km. Nonostante non sia ancora la sua ora, Alessandro è venuto a tifare per noi alla partenza, che spirito di squadra cavolo.

Conto alla rovescia dei commentatori delle grandi occasioni, 2km di asfalto con una salitina e poi, entrati in una strettoia sul primo sentiero, si parte per la UTLO.

La prima parte della 60k è uguale precisa alla prima parte della 34k fatta l'anno scorso. La prima salitona è una serie di tornanti su una mulattiera con fondo roccioso dove decido, restando a qualche metro da Gabri che va su più veloce di me, di impostarmi su un passo che mi consenta di andare su bene senza morire in poco tempo, perchè c'è da fare 400m di dislivello in 2km, ed è bene gestire le energie. La scelta di aver imparato ad usare i bastoncini aiuta. Mi supera qualcuno, qualcuno lo supero, tira e molla vari, perdo di vista lo Iannett (ma era preventivato) e arrivo a Quarna sotto. Da Quarna sotto a Quarna sopra (due paesini limitrofi) c'è un pezzetto di bosco, con una prima salita che sarà il preludio di ciò che le piogge della notte hanno creato. Scivoli di fango, ovunque, che saranno il leitmotiv di tutta la gara fino in fondo. E menomale ho i bastoncini: mi aiutano un sacco a tirare su di braccia là dove chi non li ha fatica abbestia a salire, e qua si inizia a vedere la differenza con chi ha deciso di non usarli. Passata Quarna sopra, inizia la salita più lunga e bastarda di tutta la gara: si va sul monte Mazzoccone.

L'anno scorso la salita del Mazzoccone fu un'esperienza spettacolare: il sole di quella bella giornata di ottobre 2018 illuminava la vetta, vennero scattate foto bellissime. Quest'anno, si sale nell'umido, nel disagio, nel fango e nella nebbia. Si vede pochissimo di paesaggio, e le salite di fango inframezzate da scavalcamenti di sassi vari, sono toste. Si sa, è la salita più dura, ma vado su costante. E' il mio ritmo, non un ritmo da pro, rallentato un po' dalla difficoltà del terreno e con uno stop per mettermi l'antipioggia visto l'aumento del vento e dell'acqua inevitabile durante l'ascesa, ed in un buon tempo arrivo alla croce del monte, a 1500m sul livello del mare. Si scende. La discesa verso l'Alpe Camasca, primo ristoro dei 13Km, è un bello scivolo, ma dai noi Livornesi ci facciamo tutta la stagione delle piogge nei motai della Puzzolente, è normale amministrazione.
Alpe Camasca: delirio di gente al ristoro. Fanculo, io salto e prendo solo l'acqua, ciao. Si riparte per il monte Croce, punto più alto della gara.

La salita del monte Croce è tosta, ma è molto più corta di quella fatta prima dell'Alpe Camasca, e soprattutto dopo un primo strappo più ignorante, diventa più dolce. Inizio a superare atleti-zombie della 140km, fino a che, in una nebbia fitta e nell'acqua che sembra aumentare, arrivo in cima pure al Croce. L'arrivo in cima al Croce è il primo gradino che andava superato: in soli 15km alla UTLO si fanno 1900m di dislivello, la parte più lenta e dura della gara è superata, ed ora inizia una lunga discesa sui crinali che mi porterà negli alpeggi in zona Alpe Sacchi.
Tuttavia i crinali oggi sono difficili da correre. O meglio, lo sono per gli inesperti che scelgono di correre sul sentiero devastato dal passaggio di quasi mille atleti. Io mi metto sull'erba, quasi sempre, e supero gente, ovviamente dove possibile, perchè dove tocca stare sul sentiero motoso, si rallenta per forza di cose. Qualcuno ovviamente mi imita, che chi casca prima chi dopo, ogni tanto pure io finisco culo a terra, ma poi migliora diventando meno ripida e si scende bene. Alla fine della prima discesa lunga trovo un ragazzo che zoppica, e siccome è arrivata l'ora del primo pasto serio, mi metto a mangiare camminando un po' con lui. Mi racconta che ha fatto due brutte distorsioni nell'arco di pochi minuti, e non riesce più a correre: sta andando al ristoro del 22Km per ritirarsi. Poi mi guarda le scarpe, minimaliste senza ammortizzazione da 7mm di suola, e mi chiede che robe sono: gli racconto la mia storia ed il fatto che son quasi 3 anni che non uso più gomma sotto ai piedi, mentre mangio, e gli dico che io non faccio una distorsione dal 2017 perchè a correre così ci si spacca i piedi sulle sassaiole ma le distorsioni non puoi fartele; chissà se ci prova. Lo saluto, è arrivata l'ora di ripartire, e dopo un piccolo strappo roccioso e una discesina bella corribile, arrivo all'alpe Sacchi, 22Km.

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Come d'usanza alla UTLO, nonostante la pioggia, non mancano i campanacci dei volontari e anche di qualche bambino più coraggioso che se ne sta sotto ai tendoni. Fa freschino, la discesa mi ha leggermente infreddolito e non c'è particolare casino a questo ristoro. Decido per la prima volta in vita mia di seguire i consigli dei due mentori Gabri e Pietro: mangia roba seria. E io mi faccio un piatto di pasta al brodo caldo. Mi riempie lo stomaco e mi scalda, ringrazio e riparto.
A pochi metri dalla ripartenza, la strada si divide: a sinistra si va alla fine della 34km, le altre gare vanno a destra. Vanno verso un bello strappo di circa 150-200m, che porta all'antennone del Monte Novesso, a 1400m. Su questa salita inizio un po' ad accusare il sonno per via della nottataccia. Ha anche smesso di piovere, mi viene quasi voglia di mettermi da una parte e fare un sonnellino, ma la cosa durerà poco. Dopo la salita c'è una serie di falsi piani in discesa pieni di sassi enormi da scavalcare, e dopo di essi una serie di discese tecniche scivolose che per prima cosa mi risvegliano al volo costringendomi alla concentrazione e per seconda cosa mi spaccano un po' le gambe. 
Passato questo tratto, la discesa si fa più dolce e corribile, ma il terreno è più duro e sassoso. E' uno dei miei punti deboli, la discesa lunga dove devo lavorare tanto di piedi per non spaccarmeli, e l'accuso. Sono circa 6km così, corro eh, per carità, ma non è purtroppo la corsa ideale per me, e rallento parecchio, più che altro mi stanco. Nonostante questo, s'arriva alla base vita di Arola, al 31Km. I vari atleti delle gare lunghe qua hanno un deposito borse dove accedere, cambiarsi ecc ecc, noi no: vado dentro e mangiucchio poco, prendo l'acqua e mi riposo un po'. Devo levare sassi dalle scarpe, perchè mi sono entrati dentro durante la lunga discesa e rompono le scatole, e non è facile farlo con le scarpe putride di fango. Ci sto una decina di minuti e saluto Arola.

Dopo Arola c'è un lungo sentiero in piano/salitina che corro tutto, superando uno straniero del nord Europa che aveva provato a tenere il mio ritmo ma poi aveva mollato perchè probabilmente era già bollito. Questo tratto è bellissimo, perchè scorre in un castagneto fitto, facile da correre, con molti tratti di passaggio su ponticelli su torrenti in piena e cascatelle, una vera gioia per gli occhi, è quasi rilassante. Nonostante questo, mi sono messo su un ritmo più blando, non tiro troppissimo, perchè come sempre a circa 6 ore c'è la piccola crisi da affrontare: lo sento che sono stanchetto, che se forzassi ora potrei pagarla dopo, vado più piano e mi evito di correre un paio di salite dove avrei potuto spingere. E sulla seconda, girandomi indietro, lo vedo: Pietro mi ha ripreso, è a un centinaio di metri dietro di me. Mi fermo a far la pipì e siamo a braccetto. Andando su citando le esclamazioni di mio figlio, mi accorgo che Pietro al momento ha più gamba di me, lo faccio passare e cerco di stargli dietro e anche se si vede che è bello pimpante, al ristoro del 36Km arriviamo praticamente insieme, ma io son dietro. La differenza del risultato, a sto punto, è dovuta solo ai nostri diversi atteggiamenti: io ho già mangiato, sono tranquillo e ricarico solo l'acqua, Pietro opta per una sosta lunga per cambiarsi e mangiare bene e partirà circa un quarto d'ora dopo di me.


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Questo è il momento in cui la mia gara cambia. Non so se è il pepe al culo che mi ha messo il Leoncini, non so perchè mi son ripreso dalla mini crisi, inizio a correre e a tenere un ritmo più alto di prima. Le salite le faccio a passo svelto, in piano ed in discesa nonostante il fango e la pioggia che è ricominciata a cadere più forte di prima, corro sempre. Io vado: supero il bellissimo santuario della Madonna del Sasso, un rendez vous con una bellissima balconata vista lago che nella nebbia è qualcosa di meraviglioso, si vede il lago e l'isolotto di San Giulio, ma non c'è tempo per fare le foto e piove troppo per rischiare il cellulare. Si scende al porticciolo di Pella, e ci toccano un paio di chilometri su asfalto lungo lago, deviazione dal pratino del cimitero e inizia la prima delle due salite più impegnative della seconda parte della gara. Arriveremo fino a 600m di altezza, e dato che Pella è a 200m, fate i vostri conti. Ma non ci sono problemi, passo costante e si va su, la tecnica di Nordic Walking modificata per i N&W Curve imparata in questi mesi con Paolino mi aiuta, la spinta coi bastoncini curvi mi salva tanto sia dalla scivolosità del sentiero pieno di fango che per preservare un lavoro muscolare che altrimenti sarebbe affidato solo ed esclusivamente alle gambe. 
Siamo in dirittura d'arrivo verso l'ultimo ristoro, quello di Grassona, al 45Km. Il problema è che al 45Km il ristoro non c'è, e non c'è neanche al 46, al 47 ed al 48!
La cosa crea un po' di sconforto, ma al 49esimo si arriva finalmente al ristoro. Ho bisogno solo di togliere qualche sasso dalle scarpe, mettermi la frontale in testa (sono le 18, tra poco farà buio) e riprendere l'acqua. Dovrebbero mancare 11Km, ma gli addetti ai lavori ci confermano che, nonostante tutti i partecipanti a cui chiedo siano sui 49-50Km sui loro orologi, mancano ancora 14Km, e inizia ad insinuarsi in me il dubbio che la gara non sia 60Km ma 63. Però questa cosa non mi abbatte, anzi, se devo essere sincero mi sono detto: meglio, perchè il cinghiale a fine Novembre è da 90Km, e se faccio più chilometri è tutto di guadagnato.
Inizia l'ultimo tratto della gara, ci mancano altre due salite da 150-200m ciascuna, e poi sarà solo discesa.

Ovviamente la pioggia si intensifica, io corro tranquillo senza grandi affanni, ma questo è un problema: quando dopo mezz'ora dalla ripartenza inizia a essere necessaria la luce della frontale, l'illuminazione non è ottimale. I raggi della lampada illuminano la pioggia che cade, e non si vede bene il sentiero. Sconforto? No. Siamo tutti sulla stessa barca, come ci vedo male io ci vedranno male anche gli altri. Trotta vai, invece di stare a lamentarti, mi dice la testa. E quindi corro fino a che non mi ritrovo ad affrontare l'ultima salita. La prima parte è su asfalto, ed io me la faccio con due ragazzi: uno farà la 60Km con me ma è sul bollito andante, uno è un disperato della 100Km. Lui mi racconta che è da quasi 24 ore che è sveglio, che ha ancora energie ma è molto stanco, e che sta bestemmiando perchè ha deciso di fare questa gara come sua prima 100 ma non è stata proprio la giornata ideale. Inoltre, non ha mai corso al buio, e di questo sono un po' perplesso perchè, cavolo, lo sai che dovrai correre tanto al buio, fai qualche allenamento prima no? Vabbè, affari suoi. Io lo saluto, al bivio: lui dovrà fare altri 22Km e e 1000D+, io circa 7...o 10, non si sa.

Corro, ed arrivo piano piano al lungo piano che passa di fianco ai laghetti di Nonio. Ora, dopo i laghetti ci si ricollega al giro della 34Km, e io l'ho già fatto. Quando si passa dai Laghetti, nella 34, inizia l'ultima discesa e mancano circa 4Km. Al bivio c'è un'omino che poveraccio, sta lì con impermeabile e torcia e ombrello a dire ai vari tizi che passano dove devono andare, saranno ore che è lì e lo ringrazio tantissimo, perchè stare lì da volontario con tutta la pioggia che scende, di notte, meriterebbe un bacio. Passato quel punto guardo l'orologio: siamo a 56km. Allora cavolo, hanno sbagliato loro al ristoro di Grassona, sono 60Km per davvero!
Questa consapevolezza e una discesa che conosco e che, nonostante il fango, so correre bene, mi manda in berserkr. Per chi non lo sapesse, i Berserkr erano feroci guerrieri scandinavi che prima della battaglia entravano in uno stato mentale di furia, detto berserksgangr, che li rendeva particolarmente feroci e insensibili al dolore. Io d'improvviso ho smesso di sentire la fatica e ho iniziato a pestare in discesa. La gente era in difficoltà, camminava, ed io li superavo. Andavo giù come un forsennato, ero esaltatissimo, non so dire perchè ma mi sentivo in grado di spaccare il mondo, e ogni birillo saltato era un pretesto per esaltare questo mio stato di forma, la testa ripeteva dai dai spingi vai a finire sta gara in meno di 11 ore, ce la farai alla grande. 
Finita la discesa, un falsopiano in sentiero e si spunta sul lungo lago. Non c'è più niente, non più difficoltà, non c'è più buio, ci sono i lampioni e spengo la frontale. Bisogna correre, correre soltanto fino all'arrivo. Non c'è il solito casino dell'anno scorso, ma c'è Alessandro ancora una volta che attende, e mi urla per incitarmi. Io lo vedo, sorrido, e alzo i bastoncini al cielo in una vera e propria esultanza.


E' fatta, è finita, anche questa 60Km è sconfitta!
Mi vado a scolare una birra allo stand Menabrea. Trovo Gabri in casa, Pietro arriva un quarto d'ora dopo e Carlo e Luca finiranno in 13 ore.

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Che dire?

Volevo finire in circa 9-10 ore, ho finito in 10h 49min. Voi direte: hai fatto schifo. Io dico no. Abbiamo corso per quasi 11 ore sotto alla pioggia, più o meno incessante, e le ultime ore di gara sono state sotto al diluvio. Le condizioni del terreno erano pessime, sono caduto più volte e spesso in discesa ho dovuto fare affidamento all'appoggio sui bastoncini per avere più stabilità. A volte ho dovuto fare derapate su sentieri assolutamente impossibili da correre, tutti a parte Sorman che è disumano sono stati costretti a rallentare. Non si devono fare le gare sugli altri, ma sono contento di aver saputo che pure Gabriele ha avuto difficoltà, e alla fine dopo il distacco di due ore dell'Ultra trail del Mugello, alla UTLO sono arrivato solo un'ora dopo, e questo è per me un ottimo risultato. Mi alleno per provare anche solo a star dietro a un corridore esperto come lui, ho ascoltato i suoi consigli anche per gli allenamenti estivi e li ho messi a frutto, finendo una gara molto difficile con le gambe ancora in grado di correre anche dopo l'arrivo: la 60Km era ed è stato un ottimo allenamento per il Trail del Cinghiale, e averla conclusa con ancora benzina mi fa ben sperare.

La gestione psicologica della gara però è quella che mi ha reso più contento. Essere recuperato da Pietro a più di metà gara era una cosa che avrebbe potuto abbattermi psicologicamente, e devo dire che un po' mi ha fatto pensare la cosa. Ma non l'ho presa con rancore, anzi, mi sono detto: oh, lui è più esperto, si sa gestire meglio ed è normale che ti possa arrivare avanti perchè di gare così ne ha fatte una marea e tu sei un pivellino, però sei più allenato, ti sei fatto il megaculo quest'estate e quindi devi fare tutto quello che puoi per finire bene. Non mi sarei sentito in colpa se fosse arrivato prima di me, sarebbe stato più bravo, e questo modo positivo di affrontare il problema è stato secondo me molto importante. Alla fine poi, se penso che è stato fermo 15min al ristoro ed è arrivato 15min dopo di me, ho solo gestito il vantaggio e la prestazione è equivalente, ma mi sarei potuto abbattere, potevo non essere in grado di gestire un vantaggio, invece l'ho fatto. 15min su 60km non sono nulla, ma è la lezione impartita quella che conta. Sono contentissimo di aver ricevuto una lezione da un corridore che stimo e che ho sempre reputato un punto di riferimento da raggiungere, perchè ancora il Leoncini ha tanto tanto da insegnarmi ed è stato un onore avercelo incollato alle chiappe a mettermi pressione. Grazie davvero amico mio..

UTLO io ti amo, sei una delle mie gare preferite, e tornerò ad Omegna. E' una promessa.

 

PS: finita la gara e dopo cena Pietro è caduto in un sonno profondo ed ha dormito tipo 10 ore. La mattina dopo, ha ridormito per gran parte del viaggio di ritorno. Pietro è narcolettico, ormai è una diagnosi certa.

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Trail del Montanaro 2019 di Pietro Leoncini

Dopo mesi di assenza dalle gare, prendo la decisione di iscrivermi ad una delle mie prime lunghe. Il Trail del Montanaro 58 km e 2850 metro D+. Partenza da San Marcello Pistoiese (PT) giro ad anello e rientro.

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Partiamo da Pisa io e Filippo Carloni alle 4.15 di domenica 15 settembre. Arriviamo a San Marcello in orario per il ritiro pettorale, ci prepariamo e posizioniamo sulla linea di partenza fissata per le 7.

Sotto il gonfiabile ritrovo dopo tanto tempo il mitico Alberto Lazzerini detto Bussino, e decidiamo di fare gara assieme. A lui serve un lungo per correre una 170 km ad ottobre in Francia sui Pirenei, a me serve qualcuno che mi tiri un po' il collo e mi stimoli durante la corsa.

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Pronti via, si sale subito in mezzo al bosco per raggiungere il sentiero di crinale 0-0 che ci porterà sul monte Gennaio a 1812 metri slm. Appena usciti dal bosco il paesaggio è meraviglioso, si riesce a vedere quasi tutti gli Appennini tosco emiliani. La giornata è limpida anche se tira vento. Alberto mi ha già distanziato e lo perdo di vista. Cerco di dosare le forze e di tenere un po' il freno a mano tirato, non voglio bruciare troppe energie su questa prima salita di oltre 1200 D+. il viaggio è lungo.

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Arrivato in cima inizio la discesa. Dopo poche centinaia di metri sono costretto a fermarmi per allacciare meglio le scarpe lasciate troppo lente. Prendo un buon ritmo e sorpasso diversi concorrenti. Arrivo al primo ristoro presso il rifugio del Montanaro 14esimo km (altitudine 1567 metri slm). Qui ritrovo il Bussino e un altro ragazzo della Banda dei Malandrini. Siamo in tre ora.

cartografia La58 2017

Dopo un km il Mandrino inciampa in discesa e prende una “legnata” che mi avrebbe messo KO tecnico, questo si alza si spolvera braccia e gambe e riprende la corsa come se niente fosse. Un mito. Non contento , e un poco invidioso, lo emulo durante un attraversamento di un torrente. Botta alla coscia, e riparto pure io. Siamo due miti.

 

Arrivati al ristoro di Pontepetri, commetto un grave errore, mangio troppa frutta e senza masticarla bene, soprattutto l’anguria. Riempio le borracce e riparto, e lascio Alberto e il Malandrino al ristoro, tanto in salita vanno più di me. Ad un bivio non vedo un segnale e allungo di qualche centinaio di metri. Faccio dietrofront e rientro sul percorso fettucciato e appena inizia la salita che mi porterà da 700 a 1200 metri, mi accorgo che qualcosa non va. Provo a spingere ma le gambe non rispondono. Provo con un gel ma niente, sembra che lo stomaco non faccia il suo lavoro, cioè quello di trasformare il cibo in energie. Rallento. Bevo. Provo a fare due ruttini per aiutare la digestione. Nulla da fare, sono in piena crisi. Diagnosi: digestione bloccata, probabilmente dai pezzi troppo grandi di frutta che ho ingoiato. Sono un coglione. Soluzione: o induco il vomito oppure aspetto che i succhi gastrici facciano quello che dovevano fare i denti. Mi gioco la seconda. Rallento ulteriormente per non sottrarre sangue agli organi digestivi. Dopo 10/15’, arrivano due bei sonori rutti che mi indicano che tutto è tornato alla normalità. Bevo e riparto di slancio con nuove energie. Arrivo al ristoro Le Lari km 32 e ritrovo Alberto e il Malandrino. Riempio le borracce, mangiucchio qualcosa e riparto velocemente.

Da qui fino a Piteglio km 45 è una dolce discesa su forestale larga nella Riserva della Dinamo Camp, la corro tutta, tranne una piccola sosta per un “grande bisogno”. Arrivo in 7 ore 7 minuti. Il ritmo sarebbe ottimo. Sono stanco ma non distrutto. I piedi non fanno male. Decido di sfruttare qualche minuto per riposarmi e mangiare qualcosa con calma. Di frutta ce n’è tanta ma roba salata niente, solo frutta secca. Addento un biscotto, mangio due arachidi, mi bevo anche un po' di birra. Mangio altra frutta e riparto.

Ora mi aspetta una ripida discesa fino Ponte Castruccio km 47 e 395 metri slm punto più basso della gara, per poi risalire fino a quasi 900 in meno di 7 km, con un dislivello positivo di 1000/1100 metri. Quasi tutto nei paesini e su mulattiere. Nel frattempo il caldo si fa sentire e mi colpisce in pieno alla prima vera salita. Ho anche una grossa crisi di sonno, è dalle 3 che sono sveglio. Il pensiero del ritiro c’è, ma cerco prima una soluzione. Rallento il passo e mi fermo ad ogni fontanella che trovo nei paesini che incontro. Alla CRO mi ricordo di aver fatto un sonnellino di pochi minuti e di essermi ripreso alla grande. Voglio provare anche qui. Mi sdraio sul pianerottolo all’ombra di una casa. Dormo una decina di minuti, forse meno. Riprendo la salita con calma cercando di capire di cosa ha bisogno il mio corpo e la mia mente. Mi serve calma e serenità. Rallento veramente tanto. Alcuni concorrenti mi sorpassano, ma l’aspetto agonistico ora non mi aiuterebbe. Li lascio sfilare. Bravi loro. I metri passano, il tempo anche. I cancelli sono molto larghi e decido di proseguire rimanendo abbondantemente sotto la soglia della sofferenza.

Arrivo a Cerreto km 54 e 854 metri slm, sono sopra San Marcello, sento lo speaker che intervista i concorrenti. Sono vicinissimo. Faccio la discesa con il mio passo e arrivo in 9 ore 42 minuti.

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Filippo Carloni, arrivato secondo assoluto(complimenti cinghialone), mi vede arrivare e mi viene in contro. Mi accompagna al pasta party, mangio e mi bevo una bella birra ghiacciata (grazie Filippo).

Sono abbastanza soddisfatto della gara. Sono riuscito a risolvere i problemi in cui mi sono cacciato, senza disperarmi troppo e mantenendo la calma.

Alla prossima.

Pietro.

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Ultra Trail Via degli Dei 2019 di Fabiano Picco

Ultra Trail Via degli Dei

125 km e 5100D+ da Bologna a Fiesole attraverso gli appenini sulla strada storica creata da Etruschi e Romani

altimetria 27 ore e passa di corsa

A settembre 2018 ho fatto il mio primo ultratrail, 72 km e 2500D+. Ce l’ho fatta, ok, e poi… dovevo trovare nuovi stimoli. A ottobre mi guardo in giro e trovo le info per questo ultratrail… cosa faccio? Mi butto? Preparazione di 6 mesi e ci provo. So che è qualcosa che va oltre alle mie capacità, ma se non provo non saprò mai se sono in grado di fare un ultra trail del genere.

Anticipo subito alcune indicazioni che potranno essere utili a tutti:
-di notte in Toscana e in Emilia Romagna è buio;
- se un toscano davanti a te grida "attenti al centro!" non controllare se ci sono ostacoli fisici a terra, buttati immediatamente nel fossato, sta per spareggiare un lofione;
- se la fai a piedi non serve pagare il pedaggio autostradale;
- NON assumere un etrusco per fare strade.

La preparazione per queste distanze è lunga, mi sono costruito un bel programma intenso, ho fatto 2 mesi di fondo (mooolto fondo) e allenamenti quasi ogni giorno, poi ho rallentato con il numero di allenamenti e ci ho infilato qualche gara, tra cui un 60km D+ 3700 e un 65km D+2500. Gli ultimi 15 giorni praticamente ero in pausa, salvo qualche corsetta blanda per tenere le gambe attive.

Arrivo a Bologna in treno, lo start-village è in una palestra. Ci si veste, si prepara lo zaino, si prepara la borsa cambio che ritroverai dopo 70 km a poco più di metà percorso. Un odore inebriante di creme, pomate e unguenti, gli occhi sono al limite della sopportazione per la concentrazione di vapori. Mi ungo anch’io un pò, le ustioni da sfregamento sono una bella rogna. Familiarizzo con corridori con ben più esperienza negli ultra trail... ammazza, ci sono dei mostri in confronto a me...

Briefing tecnico dell’organizzazione: "tranquilli, ragazzi, c è acqua nel primo tratto ma non fango".
Si parte dal centro di Bologna alle 23.00 di venerdì, salita di San Luca, l’ho visto che ridacchiava seduto alla fine della salita inerme che ci sbeffeggiava.

Ed è subito sterrato.
Ora, a quello del briefing tecnico non dico di guardarsi SuperQuark, ma almeno 2 puntate di Peppa pig... acqua+terra, ci passano sopra più di 200 persone e ualà, ecco il fango!
20 km di pantano, pozze, scivoloni, rampette in cui chi non ha i bastoncini non riesce a salire... su una salitina impantanata ho puntato i bastoncini a terra dietro ai piedi di una concorrente senza farmi vedere, sennò eravamo ancora lì: sembravamo a Will il coyote che corre dimenando le gambe e resta fermo….

Pozze piccole, in una ho visto rintanata la cugina culona del mostro di Lockness. Molte volte le pozze erano larghe come la strada e ai lati c’erano cespugli, dovevi per forza “tuffarti”. Rimanevano attaccati 2-3 cm di pantano standard sotto le suole. Dopo 12 km sembra che il pantano sia finito, pulisco la suola delle scarpe per alleggerirle, ma dopo 500 metri di asciutto il fango si ripresenta ancora più scivoloso e appiccicoso. Tutti eravamo infangati fino ai capelli.
Dopo 20 km comincia la salita vera, fango, si scivola, io la faccio quasi tutta di lato al sentiero, sulle sterpaglie e cespugli, per non scivolare. Supero così molta gente impantanata, anche se sollecito di più le caviglie.56874509 10213515232223307 107637854737268736 n Comincia la nebbia, fissa. Tratti di vento ghiacciato a 1000mila km/h, tra la nebbia su un crinale si intravedono le pale eoliche che girano facendo un rumore assordante. Tratti in cui la nebbia è così fissa che vedi molto offuscato il terreno sotto di te, vado per pulire la condensa dagli occhiali ma mi accorgo che non ho gli occhiali... si avanza al buio, si vede un segnale di gara e si procede per 300 metri, cercando di trovare il segnalino dopo e sperando di non aver perso di vista una deviazione... Si procede a gruppetti, confidando nel fatto che quello davanti a te riesca a vedere qualcosa in più. A tratti pioviggina. Siamo comunque tutti zuppi, pioggia o no.

30 km, ristoro volante su un tratto d’asfalto, più di qualcuno chiede acqua per sciacquare le scarpe, la risposta è un secco NO. Giustamente: l’acqua serve per bere, se quelli che arrivano dopo non trovano da bere perché quelli prima hanno lavato le scarpe non è giusto. Ho pantano dovunque, tra piede e calzino, tra calzino e soletta, tra soletta e sottosoletta, tra sottosoletta e scarpa. Mi tolgo le scarpe per togliere un po’ di materiale, le solette si muovono troppo e si ammucchiano aumentando il rischio vesciche. Tolgo fisicamente il fango con le mani e grattando sull’asfalto ogni cosa. Rimetto tutto a posto e parto più leggero.57092748 10213515231263283 6202026783668174848 n A 42 km secondo ristoro, sta albeggiando. Metto via la pila frontale, mi cambio, mangio e parto. Mi parte un doloretto all addome, che si presenta quando corro in discesa fino al km 48, poi passa da solo.
Si sale, si scende, si risale, fa fresco freschissimo e poi andiamo sopra i 1000 m e lì è freddo.
A 52 km altro ristoro, mi bevo una birretta, mangio due piatti di brodo caldo e altro (ci hanno rimesso soldi con tutto quello che ho mangiato). Chiedo la mia posizione in classifica, sono 98°. Strano… siamo partiti in 289, non sono abituato ad essere così avanti. Riparto.

I momentini di crisi durante il percorso ci sono, ovviamente. A 60km ne ho un altro. Mi fermo, cerco di prendere da mangiare dalla tasca laterale dello zaino, sono impacciato e stanco e non ce la faccio, dopo più di un minuto di lotta con lo zaino decido di toglierlo, un po’ frustrato. Mi superano in 5-6 persone. Non importa, devo tranquillizzarmi. Prendo le scamorzine e due tramezzini, torno mentalmente fresco e riparto deciso. Fino ad ora i momenti di sconforto li ho affrontati bene, mangio qualcosa o mi cambio e mi sembra di essere un’altra persona.
La mattina è nuvolo, arrivo a mezzogiorno al punto vita, dove ho il borsone del cambio. Fa freddissimo, c è aria, 3 gradi, mi dicono. Mi lavo via il pantano da una fontanella con acqua ghiacciata. I grumi di pantano incrostati alle gambe li lascio per non prendere troppo freddo. Mi cambio completamente, calzini e scarpe inclusi (probabilmente l ho fatto solo io, ma ho fatto bene. Avevo fatto le prove a casa di quello che poteva starci in una borsa da 30 litri e poi in palestra non ho avuto difficoltà a infilarci anche le scarpe). Noto che ho vesciconi sotto ai piedi e mi danno noia le caviglie. Con le scarpe asciutte sento che ho i piedi decisamente gonfi. Metto in carica telefono e orologio sfruttando il mio power-bank, mangio e parto, con cavetti che corrono su braccio e zaino.
Fino ad ora la via degli dei percorreva una strada creata dagli etruschi, dai 70 km c è il tratto della Flaminia Militare, strada fatta dai romani con pietre, il fango non c è più.
A 76 km riparte il doloretto all’addome, me lo porto avanti per 10 km. A 84 km ho fatto la bellezza di due maratone, ma comincio a guardare sempre più l orologio. I maratoneti dicono che i primi 30 km li fai con le gambe, 10 km li fai con la testa, 2 km col cuore e gli ultimi 200 con le lacrime. Dopo i primi 42 mi sono quindi adeguato, 2 km col pancreas, 7 con la milza, 5 col fegato... e pian piano arrivi a 84. Resti senza parti del corpo disponibili. Gli altri 42? Bhe, gli altri 42 col caxzo che li faccio!
Non è vero, non mi sono ritirato. Ma vado avanti 2 km praticamente camminando sempre, e sempre sto doloretto all’addome. Mi superano 2, poi un altro e poi ne arriva ancora uno. Provo a non farmi superare, faccio 5 km correndo, adesso su asfalto, supero quello che mi aveva appena superato ma mi faccio superare dall’altro.
E dopo 5 km arriva quello dietro, mi si affianca, mi dice 2 frasi, rallenta e cammina. Io per non fargli un torto rallento e rispondo. Parliamo e camminiamo un pò, gli propongo di ripartire a correre, facciamo 300 metri e ricamminiamo.
Mi lascio convincere che correre a questo punto non serve... Devo dire che l’idea di non correre per un po’ mi alletta. Mi faccio 2 conti, 37 km e 2000 metri di dislivello camminando... 8 ore buone... vabbè, starò un pò con sto Paolo. Mi racconta la sua vita, ha una certa esperienza di ultra. Arriviamo al km 95 al ristoro, siamo bassi tipo a 300 mslm e fa un po’ più caldo, mi cambio, non ho più vestiti pesanti, metto canotta, maglietta, 2 pettorine paravento e l’impermeabile leggero.

Mangiamo bene, con calma, sembriamo due barboni. Il tavolo in cui mi siederò è a 10 metri dal tavolo-buffet. Vado avanti e indietro a prendere varie cose, con difficoltà a concentrarmi. Sembra una cosa facile, ma non lo è: prima cosa riempio il bicchiere flessibile di acqua e lo riempio per portarlo al tavolo, prendo un piattino di cibarie, vado al tavolo e appoggio il piattino. Il bicchiere non posso appoggiarlo perché si rovescerebbe quindi torno al buffet con il bicchiere colmo in mano, prendo un piatto di minestra e vado al tavolo. Devo prendere ancora qualcosa prima di sedermi… sempre con il bicchiere in mano faccio di nuovo 10+10 metri, ovviamente devo servirmi con una sola mano perché nell’altra c’è il bicchiere… un supplizio zombie… mi hanno preparato il caffè, devo tornare al tavolo buffet… e va,.. e vieni… Mi siedo, mangio e poi con nuove energie ripartiamo in bomba. Sempre camminando...
A 100 km incontriamo un'altro, Marcello, con un ritmo simile, si affianca a noi. Dopo un pò scopro che ha già fatto ben 2 uscite in montagna prima di oggi, un 42 km e un 65. E basta... e basta? Nell’ultimo anno? Vabbè... in effetti si nota che ha momenti di vuoto completo... ci racconta che al ristoro del km 95 ha dovuto distendersi in ambulanza per 30 minuti... Dopo un po’ è ripartito e ci ha incontrato. Aveva esperienza su strada ma sicuramente non basta... devi fare 125 km di sentieri... almeno 150-200km al mese di corsa devi averli fatti… pazzo...
E così ce lo teniamo buono buono vicino a noi, rallentando il ritmo, con l’ansia che se lo lasciamo solo lo ritrovano in un fosso 1 settimana dopo. Ci superano. Amen

Scende la sera. Riaccendiamo le pile frontali.

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Km 109 ultimo ristoro. Dai, siamo arrivati. Mancano solo 4 ore.
4 ore?

...
Che poi con sto ritmo chissà se ci arriviamo in sole 4 ore...

Siamo saliti nuovamente di quota, è notte e fa freddo. Non ho più cambi ma apro lo zaino, prendo la maglia termica zuppa di sudore che mi ero tolto all’ultimo ristoro e me la metto sopra l’impermeabile, in questo modo ho uno strato protettivo in più ed evito il freddo. Sotto l’impermeabile sono zuppo, ma sto al caldo.

Al ristoro chiedo se ci sia un bagno, me lo indicano, dopo 50 metri di su e giù senza trovarlo decido che il muro davanti a me è la soluzione migliore e faccio pipì dove altri prima di me si sono già inventati un bagno di fortuna.
Penultima salita, 150 metri di dislivello, adesso anche una salita breve è impegnativa. La prendiamo comunque con energia, arriviamo in cima tutti e tre provati, io ho nausea, cerco di mettere in bocca qualcosa, gli altri due sono bianchi. Marcello dice che non riesce a fare un'altra salita. Siamo a oltre 25 ore di corsa... Dai, ne riparliamo dopo, adesso c’è la discesa.
Andiamo pianissimo.
Parlo solo io, gli altri due sono in trance. (alcuni, quelli che parlano troppo, li chiamano rompicollioni…)
Marcello è 3 ore che ha la pila frontale che non fa luce, cammina sul riflesso delle nostre. Ogni 20 minuti cerco di convincerlo a tirare fuori la lampada di riserva dal suo zaino. Non sente.
Ogni tot : "Marcello, come sei?" Non mi ha mai risposto... ma continuava a venirci dietro o magari anche a batter lui la strada.
Penso a me: per fortuna sono insieme a loro. Non so se ce l avrei fatta, da solo, al buio, nel mezzo del niente... magari arrivavo in 25 ore o magari non arrivavo proprio. Ci penso, lì al buio.
Malissimo alle caviglie in discesa.
Le vescicone non le sento, le sento solo quando mi fermo ai ristori.
Arriviamo all’ultimo punto acqua, mancano 2 ore all’arrivo. Marcello incontra una sua amica. Faccia da a pesce lesso... "Marcello, andiamo", " Marcello cambia la pila frontale" , Niente da fare. Se fino a quel momento non mi ha mai risposto, vuoi che proprio davanti al carro di buoi mi caghi? Non c erano carri di buoi, ok... cos’era quell’altra cosa che tirava molto? …

Ripartiamo e lui ci viene dietro.
Ci raggiungono altri 2, convintissimi: “mancano 2 km”, mah, guarda, sinceramente, guardando l’altimetria sul pettorale e la traccia gps sull’orologio ne mancano di più… “no, il mio orologio dice 123km, ne mancano 2”. NON CONTRADDIRE MAI CHI HA RAGIONE. Anche se non ce l’ha. Ok, ne mancano due. Auguri. La traccia gps diceva 4 km, ma ad occhio con l’altimetria del pettorale e la conformazione della montagna sembrava che qualcosa non tornasse. Probabilmente ne mancavano di più.

Dopo 1km ribecchiamo i 2 convintissimi, che avevano tra l’altro sbagliato strada. Ma ciao!

Come previsto a 3 km dall’arrivo la traccia GPS dà i numeri, ci ritroviamo a fare 5 km in più... strada giusta balisata. Vabbè… Ultimo strappetto agonizzante di 70 metri di dilivello. 130 km in tutto... Non finiva più...
A 2 km dall arrivo Marcello resta leggermente più indietro e si rende conto che fino a quel momento aveva sfruttato la nostra luce. Cambia la pila frontale. Bene.
A 1 km siamo su strada illuminata, vediamo esserci viventi: “siete arrivati, andate in bomba”. 800 metri in tipo 20 minuti. Perdiamo Marcello, in 800 metri gli diamo 5 minuti di distacco...
Discesa in un Arena sulle scalinate... mannaggia che dolori...
Arrivati! Bravi! The caldo, medaglione da 8 kg, foto di rito, arrivano altri dopo 5 minuti. Ci fanno salire sul pulmino per portarci alle docce: "porto via voi 3 perché siete arrivati primi"
PRIMI
vabbè, intendeva prima degli altri 2 arrivati dopo di noi. Ma ormai l’hai detto. Mi sento primo. Sono arrivato 115°, ma mi sento primo.
120 ritirati su 289 e io l’ho finita!!!830e465ebc653a25b479ba2f29422b20

All’arrivo ci fanno un sondaggio per prevenire gli infortuni: “dove vi fa male?”…

dove!

stranamente la tipa del sondaggio non ride, sembra una domanda seria. Ok, elenco i punti di dolore maggiore, cercando di rimanere entro i 20 minuti di risposta…
Andiamo come zombie a farci la doccia, alle 2 e mezza di notte, sono 35 ore che non dormo.

La doccia è al primo piano, comodo. Faccio i gradini gemendo ad ogni movimento..
Si dorme in palestra.
Hanno messo 20 brandine per 289 iscritti, senza contare i corridori della gara più corta che si sarebbero fermati per la notte...

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Prendo uno stuoino da yoga, sacco a pelo e giù sul pavimento, un ora per trovare una posizione in cui non urlo di dolore. Ho le caviglie larghe come i polpacci. E io i polpacci ce li ho belli grossi. Le vesciche sotto ai piedi sono larghe tutta la pianta."Dormo" fino alle 6 e mezza rigirandomi continuamente. Gente che russa, gente che arriva urlando.
56904938 10213515227543190 6433181128969945088 nAlle 7.20 ci dicono che l’ultimo bus-navetta per la stazione parte tra 20 minuti... da regolamento doveva essere ogni ora fino alle 12.00... mah... sembra che chiudano la strada alle 8 per una gara ciclistica.
Vado in bagno, c’è gente che sta facendo la doccia appena arrivata, noto uno addormentato su una panca tutto impantanato, non c’è verso di svegliarlo. È con questa visione che mi rendo conto di cosa abbiamo appena fatto. Mi viene il piangino.
Salgo in corriera e piango, come un bambino. Felice. Orgoglioso. Uno in parte mi chiede l’ora e nota che sto piangendo. Gli dico l’ora, piangendo di gioia senza vergogna. Continua a guardarmi per i 20 minuti di tragitto perplesso. Io libero le fontane. Siamo dei grandi. Abbiamo corso 130 km , chi in 20 ore, chi in 32. Ma chi siamo???!!??
Ho il treno a mezzogiorno, faccio colazione con birra e brioche. Dormicchio in giro per bar. Alle 11.30 panino con il lampredotto, il vero motivo per cui volevo fare questo trail. E parto verso casa con il treno, finalmente a casa con la mia famiglia e sentirmi un pò più supereroe di quando sono partito.

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Fregona – Ultra Trail via degli Sciamani di Fabiano Picco

Fregona – Ultra Trail via degli Sciamani

75 Km e 4700 D+ dichiarati

Figata, vuoi non fare un trail in cui ti danno dello sciamano!

Iscritto ancora a gennaio, avevo fatto 2 settimane di infortunio, non sapendo come passare il tempo mi sono iscritto a troppe gare, questa per fortuna era l’ultima del periodo di pazzia.

Partenza ore 23.00 di sabato. Non sono al top, ma sono abbastanza determinato e deciso ad affrontare la gara per finirla.

Dopo 2 km vedo una concorrente al telefono che dice “no, vienimi a prendere”. Dovevamo praticamente ancora partire e si era già scoraggiata. Non c’è da meravigliarsi, partire la notte sapendo che dovrai correre 15-20 ore fa paura a tutti, probabilmente la paura dopo 2km ha superato la voglia.

Subito dopo la partenza attraversiamo su delle passerelle di legno infangate le grotte di Fregona, belle, penso. Bisognava guardare dove mettere i piedi, stare attenti a non prendere la testa, cercare di non sbattere contro quello prima o farsi investire da quello dopo. Forse ho visto qualcosa, non so. Saranno sicuramente state belle…

Mi sono fatto una strategia di corsa, non esagerare in salita per riuscire sempre a correre in piano e discesa. Faccio perlomeno i primi 1.500 di dislivello nei primi 15 km facendo il bravo.

Primo scollinamento a 9 km, esco dalla salita con vista sulla valle, sotto si vede tutta la pianura con i suoi paesi illuminati: un cielo stellato verso il basso fatto di lampioni e luci, mille luci bianche, gialle e arancio sotto di me, un effetto davvero molto bello e quasi surreale, corro in discesa con questa vista prima di tornare a buttarmi nel bosco.

A 15 km primo ristoro. Mangio qualcosa, si scherza tra concorrenti e i volontari. “Eh, qui nella foresta del Cansiglio ci sono i lupi”, “sì, con quello che puzziamo, scappano!”. Haha… rido…

Riparto nella notte. Tra un corridore e l’altro c’è spazio, non ci si vede. Le balise (strisce appese sui rami che segnano il percorso) sono ben distribuite ogni 50-100 metri, hanno un pezzo catarifrangente che permette di vederle anche da lontanissimo con la pila frontale, a tratti ne vedi anche 5 di fila, dipende dalla conformazione della montagna.

In un tratto senza alberi spengo la frontale per guardare le stelle senza l’inquinamento luminoso che si ha a valle, qui se ne vedono molte di più. Non mi concedo tanto tempo perché ho ancora la frenesia della gara e la voglia di correre e parto dopo 15-20 secondi.

Nonostante la distanza tra i corridori sento rumori dietro di me, mi giro un po’ di volte e capisco che ho qualcosa nello zaino che fa tipo uno scroscio, tipo dei passi su foglie secche. Poco male, questo rumore mi tiene attivo, per paura di farmi sorpassare aumento il passo. (nota per me per le prossime volte: mettere sempre qualcosa nello zaino che scroscia per mantenere il passo veloce).

Dopo 5 km dal ristoro si piazzano davanti a me due luci verdi con attaccato un cane che ringhia, tipo gli occhi. C’è il padrone in parte con la frontale. Che scherzone: la mente ricorda cosa mi è stato detto al ristoro, collega “luci verdi+animale che ringhia=lupo”, mi sono cagato sotto per un attimo prima di interpretare la situazione per quello che era… Dopo il passaggio sento il cane abbaiare a intermittenza ogni 1 o 2 minuti, questo mi fa capire la distanza tra un corridore e l’altro. Lo sento anche da distante, nel silenzio assoluto del bosco. Nei 10 km successivi un po’ ci ho pensato… cosa fai se ti arriva un lupo… e i lupi non si muovono in branco?

Il paesaggio della foresta deve essere bellissimo, purtroppo al buio vedo solo le sagome nere degli alberi che si stagliano contro il cielo. Ogni tanto vedo la luna tra gli alberi che mi saluta e mi fa compagnia. Il terreno continua a cambiare sui lati, vedo tratti in cui è pianeggiante e tratti in cui ci deve essere un bel burrone in parte a me. Resto concentrato sul sentiero.

Sento un rumore subito dietro di me: mi giro, girandomi senza accorgermene tocco un sasso che rotola sulle foglie giù dal sentiero: credetemi, attimi di vero panico, questa figura del lupo che mi si ripresenta al buio fa veramente paurissima. (nota per me per le prossime volte: non pensare nemmeno di mettere qualcosa che scroscia nello zaino che magari penso sia un lupo).

Comincia a schiarire, mi si accoda un altro concorrente, lo vedo, mi giro ancora una volta per controllare se è un lupo travestito da corridore: no, tutto a posto, è un concorrente. Accelero per non farmi superare e me lo tengo dietro per una decina di km.

Alle 4 e mezza sento un “cip” nel silenzio totale, poi un altro. Nel giro di 60 secondi tutti gli uccelli della foresta del Cansiglio si svegliano e fanno un casino assordante. Bellissimo.

Poi finalmente la luce del sole, assieme al buio anche i pensieri negativi passano, penso che effettivamente con tutti quegli “in bocca al lupo- crepi” dei giorni scorsi ci sarà stata una moria nella foresta del Cansiglio e non c’era da preoccuparsi. Mi hanno detto anche degli “in culo alla balena”, ma per fortuna l’habitat non permette la presenza di balene. Si esce dal bosco. L’altro corridore è ancora 50-100 metri dietro di me. (nota per me per le prossime volte: nei boschi con i lupi tenersi sempre dietro un altro corridore, così i lupi sbranano lui e io ho tempo di scappare).

Siamo in un avvallamento in quota tra le punte delle montagne, in una zona erbosa, tra l’erba spuntano massi di roccia enormi qua e là, l’odore dell’erba alle prime luci è molto forte, i fiori ci sono ma sono ancora tutti chiusi. Molto bello. Qua e là ci sono crateri, dei buchi molto grandi scavati dalla neve, passo vicino a uno di almeno 10 metri x 10, profondo. Se mai qui ci dovessero essere balene sarebbero in quel cratere lì, mi allontano subito per sicurezza.

L’altro corridore mi tallona, facciamo un tratto insieme e arriviamo allo scollinamento vicino al monte Forcella assieme, parlando del panorama stupendo e di qualche gara fatta. Scendiamo verso il Piancavallo, lascio andare le gambe e lui rimane indietro. Ristoro, birra delle 6 di mattina di rito. Sono a 36 km e 2500 di dislivello fatti. Il ristoro è a valle invece di essere in cima come indicato sull’altimetria del pettorale. Pian piano sto imparando a non fidarmi del percorso indicato.

3km di piano e poi arriva la bestia: un tratto verticale di 5 km e quasi 1000 metri di dislivello. con pendenza a tratti nei primi 3 km tra il 30 e il 48%, rocce in cui si scivola e si rischia di cadere. Sapevo che avrei dovuto prenderla con tutta calma. Arriva un concorrente e lo faccio passare, arriva il concorrente che volevo far sbranare dai lupi, mi si accoda. Gli dico di passare “no, grazie”. Mi incalza, appoggia i bastoncini sui miei lati per aiutarsi, in questo modo mi dice che devo accelerare… e io, minchione, accelero… gli chiedo di passare 4 volte, “nono,vai, hai un buon passo”. Dopo 3km e mezzo gli dico che mi fermo 30 secondi. Lui finalmente va, io sono in crisi nera, mi sento di aver sforzato troppo, lo stomaco che dice “adesso vomito”, la mente che dice “bravo, stomaco, fagli vedere chi comanda”. Mi programmo di arrivare alla sella dove c’è il ristoro Semenza e lì fermarmi a fare una pausona. Avanzo, piano, arrivo alla sella, l’altro concorrente mi avrà dato 10 minuti. Un volontario mi dice “il ristoro è vicino”. Invece sono alla Forcella Val Grande, il ristoro è dall’altra parte della vallata… passo sotto il monte cavallo da dietro, tra le rocce e i ghiacciai, 2-3 km infiniti, non sto bene. Il paesaggio era stupendo in questa zona con i crateri nella roccia, la vista verso la vallata, le punte delle montagne che mi attorniavano. Non risco a godermi la vista.. Mi fermo un paio di volte pensando di dare ragione allo stomaco. Ma arrivo indenne al ristoro. Purtroppo hanno solo albicocche disidratate e noci… non mangio niente, bevo due tazze di the caldo stando seduto (probabilmente era il ristoro più importante della gara, capisco che era di difficile accesso, ma se porti le noci porta anche qualcosa in più…). Faccio 2 km in discesa modello zombie che comunque mi aiutano a recuperare un po’ lo sforzo.

Tratto pianeggiante, mi fermo, tiro fuori dal mio zaino un tramezzino e mi spuppo le scamorzine che mi ero portato, rinasco. Faccio 2 km correndo e lì un gruppo di corridori mi fermano perchè stiamo sbagliando strada, confusione, telefonate, gente che va avanti e indietro e dopo 20 minuti ripartiamo tra il convinto e il confuso. Le tracce scaricate 4 giorni prima della gara sono sbagliate in più punti. Seguiamo le balise, un po’ perplessi.

Siamo di nuovo nella foresta del Cansiglio, finalmente riesco a vedere la meraviglia che mi ero perso di notte.

3 km di corsa in discesa, mi affianco ad un altro friulano, chiacchieriamo un po’, mi dice che sta preparando il Tor des Geants e dovrebbe camminare. E poi si mette a camminare. Rallento con lui, pendo dalle sue labbra. Il Tor è tra le gara-obiettivo di tutti gli ultratrailers. 7 tappe di 40-60 km e 2500-4000 dislivello l’una, da fare però in 6 giorni. La maggior parte della gente dorme 10-15 ore in 6 giorni. E come si fa a non parlarci? E così gli dedico 15 km di “camminata-viaggio” carpendo informazioni sulle sue esperienze. La competizione a questo punto passa in secondo piano, è più importante il viaggio.

Km 59 invece dei 55 dichiarati: arriviamo ad un ristoro con i controcohones, mangiamo di tutto e ripartiamo. Da qui la strada si unisce con il trail “corto” di 48 km.

Continuo la strada affiancato l’amico del Tor. Condividere un tratto di strada durante gli ultra trail è molto bello. Ti conosci, entri in una sorta di intimità strana, sai che stai condividendo un esperienza importante che pochi sono in grado di fare. Difficile da spiegare: ti senti come se foste due supereroi che si trovano nella sede generale dei supereroi a chiacchierare del più e del meno, lasciando intendere che ti senti bene ad essere un supereroe ma non hai bisogno di dirlo. Ma comunque l’orgoglio resta: il tipo mi suggerisce di girare il pettorale dietro di me, così chi ci supera sa che stiamo facendo la lunga… umiltà 0. Dopo aver girato il pettorale ci ritroviamo sommersi di complimenti da quei sporadici corridori che ci passano. Un po’ mi vergogno anche. Ma un po’ me la tiro. E’ giusto.

Dopo 15 km di chiacchiere e appunti saluto il mio amico, supponendo comunque di rivederci all’arrivo. Corro stando dietro ad altri corridori della gara di 48 km partiti la mattina e che hanno l’ultimo tratto di gara in comune con noi, tengo il ritmo, discesa, piano, salita. Ne supero alcuni, in fondo ho fatto un tratto di 15km “passeggiando” e sono riposato (bisognerebbe provare a “passeggiare” in salita dietro il mio amico del Tor, per capire quanto sia “lento” il passo di un ultratrailer…).

In questo tratto mi affianco a uno che sta facendo la 48 km. Sta entrando nel mondo dell’ultra, in modo diverso dal mio, diciamo più tecnico e griffato, comincia a parlarmi di scarpe e marche… io non memorizzo molto i nomi delle scarpe… non ci muoio dietro, mi piace correre, mi piace capire dove posso migliorarmi, mi interesso delle mie gambe e dei piedi, mi interesso anche degli accessori ma non dei nomi degli accessori… il mio discorso si è ridotto in un “bho, prima avevo scarpe blu, adesso le ho gialle… non chiedermi il tipo…”. Mi ha tolto subito la parola e praticamente non abbiamo parlato più… amen.

Km 67 invece di 65, arrivo all’ultimo ristoro, ultima salita e poi tutta discesa. Mancano circa 10 km. Chiedo una birra, mangio salame e formaggio, “ma non lo vuoi un panino con la salsiccia?”, nono… (che mi si chiude lo stomaco) “ma dai, è piccolo”… nono… vabbè…. Dammi sto panino… “cipolla? Peperoni?” ma certo! Sono un foglione… ho le mie a finirlo, buono lui, ma sono a 15 ore di corsa, lo stomaco ha difficoltà a farmelo finire. Annaffio con birra e poi riparto. Lo stomaco accetta tutto zitto zitto e non dice più niente. Gli ultimi 10 km sento la stanca ma corro spessissimo, con una certa dignità.

Arrivo in 17 ore e 20, 40 minuti in più del tempo che mi ero prefissato. 2km in più del previsto. Contento del risultato, è stata dura. Mi urlavano “bravo sciamano!” all arrivo. Soddisfazioni.

Arriva l’amico del Tor dopo un pò, gli propongo una birra, mi dice prima la doccia e mi dice di sfruttare le fisioterapiste che fanno massaggi gratis. Ok, doccia, in caso massaggio e birra: bel programma.

Esco dalla doccia, ci sono 3 lettini disponibili e mi piazzo su uno, mi oliano e massaggiano le gambe… vado in un’altra dimensione… passa a 5 metri da me il tipo del Tor: “Marcooo…” niente, l’ho chiamato più volte nei suoi due passaggi davanti a me ma non mi ha sentito… si è perso la birra ed è andato via… dispiace, ho una birra sulla coscienza.

Vado a mangiare la pasta e chiedo alla volontaria 50enne : “serve il pettorale per avere la pasta?”, “no, per te no, si vede che sei un atleta”.

Atleta.

A me!

Io.

Stavo per buttarmi e chiederle di uscire a vedere un film al cinema ma mi sono trattenuto…

 

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